Contatti con le sue ex
Buongiorno, vi espongo un mio problema che non so se affrontare con il mio fidanzato.
In più occasioni mi ha detto che ha avuto delle storie prima di me senza mai dirmi quante, io non l'ho mai chiesto.
È capitato anche che dica che molte delle sue ex sono ora sue amiche.
Quello che mi disturba è che parla di aver avuto tante storie passate ma non sapere quante sono mi crea insicurezza e vorrei affrontare l’argomento e chiedergli quante sono state.
Inoltre mi dice di avere un buon rapporto con le ex, che ora chiama amiche.
Io però vivo i contatti che può avere con loro (anche se non so se le senta, o quando, come) come una mancanza di rispetto nei miei confronti, una minaccia.
Anche di questo vorrei parlargli.
I miei timori sono esagerati?
O dovrei parlare apertamente con lui?
In più occasioni mi ha detto che ha avuto delle storie prima di me senza mai dirmi quante, io non l'ho mai chiesto.
È capitato anche che dica che molte delle sue ex sono ora sue amiche.
Quello che mi disturba è che parla di aver avuto tante storie passate ma non sapere quante sono mi crea insicurezza e vorrei affrontare l’argomento e chiedergli quante sono state.
Inoltre mi dice di avere un buon rapporto con le ex, che ora chiama amiche.
Io però vivo i contatti che può avere con loro (anche se non so se le senta, o quando, come) come una mancanza di rispetto nei miei confronti, una minaccia.
Anche di questo vorrei parlargli.
I miei timori sono esagerati?
O dovrei parlare apertamente con lui?
[#1]
Gentile utente,
lei non scrive l'età di quello che definisce "fidanzato" e nemmeno scrive da quanto tempo siete insieme: mesi o anni? Si può però immaginare, dall'età di lei che ci scrive, che sia intorno ai cinquanta. Se non si è mai sposato o se ha avuto un matrimonio giovanile finito presto, potrebbe aver avuto diverse relazioni, anche molte ogni anno, qualcuna durevole, altre solo incontri erotici senza seguito. Come potrebbe quindi definirne il numero esatto?
Che sia rimasto amico di queste ex, alcune forse solo compagne di un'ora, è indice di tante cose: dal buon carattere alla frequentazione di persone che non cercano una relazione fissa.
Solo una più approfondita conoscenza e il dialogo sereno con quest'uomo, se è interessata a lui, potranno mettere in luce la natura di queste frequentazioni, le sue abitudini, i suoi progetti, sia allora che adesso.
Dal fatto che lei lo definisce "fidanzato" si potrebbe evincere che abbiate formulato un progetto di relazione stabile, con convivenza e/o matrimonio.
Dice di sentire l'amicizia di quest'uomo con le ex come una minaccia, o addirittura una mancanza di rispetto per lei.
Se è chiaro il tipo di rapporto che avete istaurato tra voi, la minaccia non dovrebbe esserci, e meno ancora la mancanza di rispetto. Nemmeno un adolescente rinuncia agli amici quando inizia una relazione, figuriamoci un cinquantenne.
Questo, ripeto, se avete ben chiaro quale tipo di legame avete deciso di avere tra voi: per definirlo va da sé che dovete parlarne con ampiezza e sincerità, quindi perché finora lei ha esitato a fargli domande?
Questo, è ovvio, non si fa nelle prime settimane di una conoscenza che potrebbe essere un incontro esclusivamente di natura sessuale e fine a sé stesso. Presumo che si tratti d'altro, dal momento che lei lo definisce "fidanzato": ma allora perché non avete ancora chiarito questi punti?
Devo aggiungere che lei stessa deve avere ben chiaro cosa si aspetta di ricevere e cosa è disposta a dare in questa relazione.
Ci tenga al corrente, se le è utile.
Auguri.
lei non scrive l'età di quello che definisce "fidanzato" e nemmeno scrive da quanto tempo siete insieme: mesi o anni? Si può però immaginare, dall'età di lei che ci scrive, che sia intorno ai cinquanta. Se non si è mai sposato o se ha avuto un matrimonio giovanile finito presto, potrebbe aver avuto diverse relazioni, anche molte ogni anno, qualcuna durevole, altre solo incontri erotici senza seguito. Come potrebbe quindi definirne il numero esatto?
Che sia rimasto amico di queste ex, alcune forse solo compagne di un'ora, è indice di tante cose: dal buon carattere alla frequentazione di persone che non cercano una relazione fissa.
Solo una più approfondita conoscenza e il dialogo sereno con quest'uomo, se è interessata a lui, potranno mettere in luce la natura di queste frequentazioni, le sue abitudini, i suoi progetti, sia allora che adesso.
Dal fatto che lei lo definisce "fidanzato" si potrebbe evincere che abbiate formulato un progetto di relazione stabile, con convivenza e/o matrimonio.
Dice di sentire l'amicizia di quest'uomo con le ex come una minaccia, o addirittura una mancanza di rispetto per lei.
Se è chiaro il tipo di rapporto che avete istaurato tra voi, la minaccia non dovrebbe esserci, e meno ancora la mancanza di rispetto. Nemmeno un adolescente rinuncia agli amici quando inizia una relazione, figuriamoci un cinquantenne.
Questo, ripeto, se avete ben chiaro quale tipo di legame avete deciso di avere tra voi: per definirlo va da sé che dovete parlarne con ampiezza e sincerità, quindi perché finora lei ha esitato a fargli domande?
Questo, è ovvio, non si fa nelle prime settimane di una conoscenza che potrebbe essere un incontro esclusivamente di natura sessuale e fine a sé stesso. Presumo che si tratti d'altro, dal momento che lei lo definisce "fidanzato": ma allora perché non avete ancora chiarito questi punti?
Devo aggiungere che lei stessa deve avere ben chiaro cosa si aspetta di ricevere e cosa è disposta a dare in questa relazione.
Ci tenga al corrente, se le è utile.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie della risposta.
Le do le informazioni che non le avevo scritto.
Lui ha 50 anni ed ha aviuto una relazione stabile fino a circa 15 anni fa.
Io ho avuto un matrimonio fino a 5 anni fa, ora noi conviviamo da circa due anni.
Finora non ho parlato forse perchè non volevo mostrarmi gelosa, o insicura.
Le chiedo però una cosa.
Sulle mie domande lei mi dice : Come potrebbe quindi definirne il numero esatto?
E poi mi dice anche che Nemmeno un adolescente rinuncia agli amici quando inizia una relazione, figuriamoci un cinquantenne.
Ma poi mi chiede perchè finora ho esitato a fare a lui le domande che ho scritto qui.
Mi pare di capire però dai suoi suggerimenti che siano domande inutili.
Grazie
Le do le informazioni che non le avevo scritto.
Lui ha 50 anni ed ha aviuto una relazione stabile fino a circa 15 anni fa.
Io ho avuto un matrimonio fino a 5 anni fa, ora noi conviviamo da circa due anni.
Finora non ho parlato forse perchè non volevo mostrarmi gelosa, o insicura.
Le chiedo però una cosa.
Sulle mie domande lei mi dice : Come potrebbe quindi definirne il numero esatto?
E poi mi dice anche che Nemmeno un adolescente rinuncia agli amici quando inizia una relazione, figuriamoci un cinquantenne.
Ma poi mi chiede perchè finora ho esitato a fare a lui le domande che ho scritto qui.
Mi pare di capire però dai suoi suggerimenti che siano domande inutili.
Grazie
[#3]
Gentile utente,
se rilegge attentamente la mia risposta vedrà che assieme alle indicazioni generali che possono aiutarla a comprendere i comportamenti del suo partner, ho più volte ripetuto l'invito a parlare con lui, non solo per sapere il numero esatto delle sue precedenti relazioni.
Dopo la sua nuova email gli scopi del vostro auspicabile dialogo a mio parere sono due:
1) L'esternazione del suo stato d'animo: "non ho parlato forse perchè non volevo mostrarmi gelosa, o insicura". Vorrebbe celare al partner la parte più viva del suo sentire? Tenga conto che altro è tenere a bada l'eventuale gelosia e/o possessività, altro è nascondere i propri sentimenti, perdendo così, insieme alla sincerità, anche il diritto di chiedere appoggio e comprensione.
2) La definizione di quello che si chiama il "contratto verbale" della vostra relazione.
Su questo sono tornata più volte; le cito qualche frase: "...quale tipo di legame avete deciso di avere tra voi: per definirlo va da sé che dovete parlarne con ampiezza e sincerità, quindi perché finora lei ha esitato a fargli domande?"; "lei stessa deve avere ben chiaro cosa si aspetta di ricevere e cosa è disposta a dare in questa relazione".
In altre parole, vi siete detti cosa intendete come relazione di coppia, specificamente la vostra? Quali aspettative, quali progetti, quali patti, quali promesse vi siete scambiati?
In altri tempi questo era definito sia dal costume che dalla legge. Oggi il costume ammette svariate forme di legame, e questa è una conquista di libertà, ma è positiva solo se i due sono espliciti e si mettono d'accordo. Che uno dei due miri alla coppia aperta e al poliamore, mentre l'altro vuole la più rigorosa fedeltà, non solo è distruttivo, ma è causa di inutili sofferenze e di continue torture reciproche, se questo non è stato esplicitato.
Nel matrimonio civile (non cito quello religioso perché prevede uno specifico orientamento spirituale di entrambi gli sposi) i contraenti si impegnano a rispettare queste disposizioni di legge: "Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia".
Molti credono, pur contraendo matrimonio, che queste siano solo parole vuote. A quali differenti criteri intendono invece ispirarsi? A me sembra che chiarezza e onestà ma soprattutto buon senso prevedano di dichiararlo.
In assenza di questo, di cosa in seguito ci si può lamentare? Di ciò che non abbiamo chiesto e che l'altro non ha promesso, o addirittura di ciò che tacitamente pretendiamo dall'altro, ma che noi stessi non siamo disposti ad offrire?
L'illusione che l'amore farà da guida e da lubrificante per ogni difficoltà è ingenua anche nei ventenni. In persone che hanno già sperimentato sé stessi, i propri bisogni e i propri fallimenti, da dove può derivare questa mancanza di criterio?
Spero di averle chiarito quanto intendevo comunicare.
Buone cose.
se rilegge attentamente la mia risposta vedrà che assieme alle indicazioni generali che possono aiutarla a comprendere i comportamenti del suo partner, ho più volte ripetuto l'invito a parlare con lui, non solo per sapere il numero esatto delle sue precedenti relazioni.
Dopo la sua nuova email gli scopi del vostro auspicabile dialogo a mio parere sono due:
1) L'esternazione del suo stato d'animo: "non ho parlato forse perchè non volevo mostrarmi gelosa, o insicura". Vorrebbe celare al partner la parte più viva del suo sentire? Tenga conto che altro è tenere a bada l'eventuale gelosia e/o possessività, altro è nascondere i propri sentimenti, perdendo così, insieme alla sincerità, anche il diritto di chiedere appoggio e comprensione.
2) La definizione di quello che si chiama il "contratto verbale" della vostra relazione.
Su questo sono tornata più volte; le cito qualche frase: "...quale tipo di legame avete deciso di avere tra voi: per definirlo va da sé che dovete parlarne con ampiezza e sincerità, quindi perché finora lei ha esitato a fargli domande?"; "lei stessa deve avere ben chiaro cosa si aspetta di ricevere e cosa è disposta a dare in questa relazione".
In altre parole, vi siete detti cosa intendete come relazione di coppia, specificamente la vostra? Quali aspettative, quali progetti, quali patti, quali promesse vi siete scambiati?
In altri tempi questo era definito sia dal costume che dalla legge. Oggi il costume ammette svariate forme di legame, e questa è una conquista di libertà, ma è positiva solo se i due sono espliciti e si mettono d'accordo. Che uno dei due miri alla coppia aperta e al poliamore, mentre l'altro vuole la più rigorosa fedeltà, non solo è distruttivo, ma è causa di inutili sofferenze e di continue torture reciproche, se questo non è stato esplicitato.
Nel matrimonio civile (non cito quello religioso perché prevede uno specifico orientamento spirituale di entrambi gli sposi) i contraenti si impegnano a rispettare queste disposizioni di legge: "Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia".
Molti credono, pur contraendo matrimonio, che queste siano solo parole vuote. A quali differenti criteri intendono invece ispirarsi? A me sembra che chiarezza e onestà ma soprattutto buon senso prevedano di dichiararlo.
In assenza di questo, di cosa in seguito ci si può lamentare? Di ciò che non abbiamo chiesto e che l'altro non ha promesso, o addirittura di ciò che tacitamente pretendiamo dall'altro, ma che noi stessi non siamo disposti ad offrire?
L'illusione che l'amore farà da guida e da lubrificante per ogni difficoltà è ingenua anche nei ventenni. In persone che hanno già sperimentato sé stessi, i propri bisogni e i propri fallimenti, da dove può derivare questa mancanza di criterio?
Spero di averle chiarito quanto intendevo comunicare.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.3k visite dal 23/11/2023.
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