Come posso convincere (o costringere) mia madre a curarsi?
Salve.
Sono una ragazza di 29 anni e ho una madre sordomuta che dipende (psicologicamente e non) da me, e che non riesce a rassegnarsi del fatto di essere sorda.
Da qualche anno la sua salute mentale è crollata.
La sua dipendenza verso di me è diventata una vera ossessione.
Se qualcuno, anche in casa, le rivolge la parola, lei risponde non a quella persona ma rivolgendosi a me.
Dice di pensare continuamente a me, mi sogna di notte (nei pochi momenti in cui dorme), non vuole che, finiti gli studi universitari, trovi un lavoro, non vuole assolutamente che io mi sposi e mi crei una famiglia.
Tutto questo si traduce in divieti materiali: posso uscire solo una volta alla settimana, il pomeriggio, e devo tornare entro le 21.
Se devo seguire lezioni universitarie si arrabbia, e mi proibisce di seguire le lezioni pomeridiane.
In casa, devo necessariamente stare con lei, se vado in bagno mi dice di fare presto, e dopo un paio di minuti mi segue e sta in bagno con me.
Mi proibisce di parlare al telefono.
Se studio, sempre in camera con lei, mi interrompe di continuo, e le da fastidio che studio.
Mi dice frasi come "non voglio che tu sia felice perché poi io sarei infelice e tu no", oppure "io vengo prima di te, sono io più importante".
E questi sono solo alcuni esempi, per provare a dare un'idea della mia situazione.
Se provo a "ribellarmi" minimamente (per esempio, una volta sono tornata alle 21.30) lei impazzisce, urla, mi alza le mani, lancia le sedie per aria, mi sveglia durante la notte urlando che sta male per colpa mia, e resta in questo stato per giorni interi.
Inoltre, lei sta sempre più male: ha mal di testa cronico, non dorme la notte, piange più volte al giorno, è perennemente in ansia o nervosa, e quando non è nervosa si sente debole.
In casa non fa più nulla: mi occupo io di cucinare per tutta la famiglia e di tutte le altre faccende.
Nonostante questi disturbi anche fisici, non vuole saperne di farsi visitare, né da psicologi né tanto meno da psichiatri.
Io non so più cosa fare: non posso continuare a vivere in questo modo, soprattutto data la mia età.
Vorrei evitare soluzioni drastiche, come per esempio il TSO nei momenti in cui perde il controllo.
È possibile fare qualcosa per convincerla a farsi visitare e iniziare una terapia da seguire anche a casa?
Grazie in anticipo.
Sono una ragazza di 29 anni e ho una madre sordomuta che dipende (psicologicamente e non) da me, e che non riesce a rassegnarsi del fatto di essere sorda.
Da qualche anno la sua salute mentale è crollata.
La sua dipendenza verso di me è diventata una vera ossessione.
Se qualcuno, anche in casa, le rivolge la parola, lei risponde non a quella persona ma rivolgendosi a me.
Dice di pensare continuamente a me, mi sogna di notte (nei pochi momenti in cui dorme), non vuole che, finiti gli studi universitari, trovi un lavoro, non vuole assolutamente che io mi sposi e mi crei una famiglia.
Tutto questo si traduce in divieti materiali: posso uscire solo una volta alla settimana, il pomeriggio, e devo tornare entro le 21.
Se devo seguire lezioni universitarie si arrabbia, e mi proibisce di seguire le lezioni pomeridiane.
In casa, devo necessariamente stare con lei, se vado in bagno mi dice di fare presto, e dopo un paio di minuti mi segue e sta in bagno con me.
Mi proibisce di parlare al telefono.
Se studio, sempre in camera con lei, mi interrompe di continuo, e le da fastidio che studio.
Mi dice frasi come "non voglio che tu sia felice perché poi io sarei infelice e tu no", oppure "io vengo prima di te, sono io più importante".
E questi sono solo alcuni esempi, per provare a dare un'idea della mia situazione.
Se provo a "ribellarmi" minimamente (per esempio, una volta sono tornata alle 21.30) lei impazzisce, urla, mi alza le mani, lancia le sedie per aria, mi sveglia durante la notte urlando che sta male per colpa mia, e resta in questo stato per giorni interi.
Inoltre, lei sta sempre più male: ha mal di testa cronico, non dorme la notte, piange più volte al giorno, è perennemente in ansia o nervosa, e quando non è nervosa si sente debole.
In casa non fa più nulla: mi occupo io di cucinare per tutta la famiglia e di tutte le altre faccende.
Nonostante questi disturbi anche fisici, non vuole saperne di farsi visitare, né da psicologi né tanto meno da psichiatri.
Io non so più cosa fare: non posso continuare a vivere in questo modo, soprattutto data la mia età.
Vorrei evitare soluzioni drastiche, come per esempio il TSO nei momenti in cui perde il controllo.
È possibile fare qualcosa per convincerla a farsi visitare e iniziare una terapia da seguire anche a casa?
Grazie in anticipo.
[#1]
Il discorso è sempre più o meno lo stesso. Si descrivono situazioni estreme, e poi si parte col dire che non si vuole rivolgersi a nessuno.
Non è chiaro ad esempio perché nessuno della famiglia si attivi, o come è stato materialmente possibile vivere secondo questo regime.
Ma quando parla di "obbligare qualcuno" e poi parte dicendo di non voler arrivare al TSO leggo una certa contraddizione di fondo.
Convincere una persona implicherebbe che la stessa abbia una qualche sofferenza o convenienza nel fare poi quello che le si suggerisce. Qui siamo di fronte ad una persona che non pare esprimersi in maniera critica su se stessa.
"lei impazzisce, urla, mi alza le mani, lancia le sedie per aria, mi sveglia durante la notte urlando che sta male per colpa mia, e resta in questo stato per giorni interi."
Nessuno in queste condizioni si è mai attivato in nessun modo ? Il medico di base non è a conoscenza della cosa ?
Non è chiaro ad esempio perché nessuno della famiglia si attivi, o come è stato materialmente possibile vivere secondo questo regime.
Ma quando parla di "obbligare qualcuno" e poi parte dicendo di non voler arrivare al TSO leggo una certa contraddizione di fondo.
Convincere una persona implicherebbe che la stessa abbia una qualche sofferenza o convenienza nel fare poi quello che le si suggerisce. Qui siamo di fronte ad una persona che non pare esprimersi in maniera critica su se stessa.
"lei impazzisce, urla, mi alza le mani, lancia le sedie per aria, mi sveglia durante la notte urlando che sta male per colpa mia, e resta in questo stato per giorni interi."
Nessuno in queste condizioni si è mai attivato in nessun modo ? Il medico di base non è a conoscenza della cosa ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Innanzitutto, la ringrazio per la risposta. Credo che ogni dipendenza cominci e si sviluppi gradualmente, e quando ci si rende conto, ci si trova in situazioni già estreme o quasi.
Ho cominciato a notare che la mia vita era diversa da quella degli altri quando ero adolescente, e vedevo che i miei coetanei avevano già molta più libertà di me. All’epoca pensavo che mia madre fosse iperprotettiva. Eppure, a volte notavo comportamenti strani e li facevo spesso presenti ai miei professori, i quali puntualmente mi rispondevano che la mamma è sempre la mamma, che un genitore agisce sempre per il bene del figlio, e così via. Ho cominciato a capire che qualcosa non andava quando mi preparavo per gli esami di maturità e mia madre era furiosa perché si sentiva esclusa a causa del fatto che studiavo troppo. È arrivata addirittura a nascondermi i libri per impedirmi di studiare. Da quel momento ho cercato l’aiuto di tutte le persone possibili (vicini di casa, datrice di lavoro e colleghi di mia madre, i nostri farmacisti di fiducia), convinta però che bastasse parlarle, farle capire che i figli a un certo punto vanno lasciati liberi. Mi sono rivolta anche al mio medico curante in diverse occasioni, che mi ha consigliato valeriana, tisane rilassanti o anche il Valium. Nel frattempo, ho sempre continuato a lottare per prendermi le mie, seppur piccole, libertà.
Il peggioramento decisivo è arrivato a causa del lockdown, durante il quale mia madre si è abituata alla mia presenza costante a casa accanto a lei. Finito il lockdown, è stato impossibile tornare alla vita precedente, perché a ogni mio tentativo di vincere su di lei e prendermi le mie libertà, sono iniziati gli episodi esplosivi che ho descritto prima. A quel punto, ho chiesto nuovamente aiuto ai vicini di casa, dicendo loro di chiamare le autorità quando sentivano quelle urla, soprattutto se di notte, cosa che non hanno mai fatto. Gli altri membri della mia famiglia, ovvero mio padre (anche lui sordomuto) e mio fratello, in quei momenti cercano di trattenerla. Su mio padre, essendo anche lui disabile, non posso contare. L’unico con cui mi confronto sulla situazione cercando possibili soluzioni è mio fratello, sebbene sia ancora adolescente.
Mi rendo conto che la mia richiesta di aiuto sia arrivata come contradditoria. Ammetto che non mi fido moltissimo del TSO: un amico con una familiare borderline ha dovuto ricorrere al TSO per tale familiare, la quale è tornata a casa qualche settimana dopo in condizioni quasi identiche. Mi pare, comunque, di capire, in base alla sua risposta, che l’unica strada percorribile sia quella del TSO.
Ho cominciato a notare che la mia vita era diversa da quella degli altri quando ero adolescente, e vedevo che i miei coetanei avevano già molta più libertà di me. All’epoca pensavo che mia madre fosse iperprotettiva. Eppure, a volte notavo comportamenti strani e li facevo spesso presenti ai miei professori, i quali puntualmente mi rispondevano che la mamma è sempre la mamma, che un genitore agisce sempre per il bene del figlio, e così via. Ho cominciato a capire che qualcosa non andava quando mi preparavo per gli esami di maturità e mia madre era furiosa perché si sentiva esclusa a causa del fatto che studiavo troppo. È arrivata addirittura a nascondermi i libri per impedirmi di studiare. Da quel momento ho cercato l’aiuto di tutte le persone possibili (vicini di casa, datrice di lavoro e colleghi di mia madre, i nostri farmacisti di fiducia), convinta però che bastasse parlarle, farle capire che i figli a un certo punto vanno lasciati liberi. Mi sono rivolta anche al mio medico curante in diverse occasioni, che mi ha consigliato valeriana, tisane rilassanti o anche il Valium. Nel frattempo, ho sempre continuato a lottare per prendermi le mie, seppur piccole, libertà.
Il peggioramento decisivo è arrivato a causa del lockdown, durante il quale mia madre si è abituata alla mia presenza costante a casa accanto a lei. Finito il lockdown, è stato impossibile tornare alla vita precedente, perché a ogni mio tentativo di vincere su di lei e prendermi le mie libertà, sono iniziati gli episodi esplosivi che ho descritto prima. A quel punto, ho chiesto nuovamente aiuto ai vicini di casa, dicendo loro di chiamare le autorità quando sentivano quelle urla, soprattutto se di notte, cosa che non hanno mai fatto. Gli altri membri della mia famiglia, ovvero mio padre (anche lui sordomuto) e mio fratello, in quei momenti cercano di trattenerla. Su mio padre, essendo anche lui disabile, non posso contare. L’unico con cui mi confronto sulla situazione cercando possibili soluzioni è mio fratello, sebbene sia ancora adolescente.
Mi rendo conto che la mia richiesta di aiuto sia arrivata come contradditoria. Ammetto che non mi fido moltissimo del TSO: un amico con una familiare borderline ha dovuto ricorrere al TSO per tale familiare, la quale è tornata a casa qualche settimana dopo in condizioni quasi identiche. Mi pare, comunque, di capire, in base alla sua risposta, che l’unica strada percorribile sia quella del TSO.
[#3]
Il TSO non lo decide il cittadino, ma lo propongono i medici dopo aver visto la situazione, tramite il sindaco. L'autorità può disporre prima un accertamento obbligatorio, a seguito di cui si decide cosa fare in base all'esito della valutazione.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.4k visite dal 23/10/2023.
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