Confusione sulla diagnosi di ciclotimia
ho sentito tanto su questa diagnosi da essere definitivamente confusa.
Io ho avuto episodi depressivi misti diagnosticati, non solo sintomi, per qualcuno anche episodi maniacali, per qualcun altro no perché l'umore non era comunque mai buono ma c'erano sintomi psicotici e anche bizzarri.
Per qualcuno la ciclotimia è peggio del bipolare 2 perché non ha fasi eutimiche e bisogna prendere i farmaci non dico a vita ma per tanti anni e infatti per me è stato così.
Per qualcuno non bisogna proprio dare farmaci e se devi dare farmaci per il disturbo bipolare allora è disturbo bipolare e non una più lieve ciclotimia.
Ora sto andando il depressione nonostante i farmaci e penso sempre al suicidio, ma raramente sono stata serena.
Gli stabilizzatori tolgono il grosso dei sintomi psicotici, più no.
Però che non si usino farmaci non mi risulta.
Dr.Matteo Pacini
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La lamotrigina va dosata nel sangue per sapere se è a livello efficace, tra le altre cose. Ma mi par di capire però che Lei parli di un disturbo con sintomi psicotici. Quindi solo lamotrigina non mi torna molto.
Dr.Matteo Pacini
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Ho avuto sintomi psicotici veri solo con gli antidepressivi, ma di solito ho sintomi quasi psicotici, mi sento tesa, con una forte pressione alle tempie, mi sento divisa in due persone che parlano, ma di fronte ad estranei riesco di solito a non avere comportamenti irrazionali... anche perché mi isolo. Mi sento solo stanca e confusa, ho difficoltà a portare avanti le mie cose quotidiane e penso sistematicamente al suicidio.
Il problema è che ora questi sintomi sono attenuati ma sono cronica e non sto mai bene. Non posso ragionevolmente pensare ad una vita normale e mi dispiace per chi mi vuole bene che non potrà averla a sua volta, mi sento impotente perché tra l'altro non sono disturbi di cui solitamente si parla.
IL resto è una considerazione delle cure fatte o non fatte. I pensieri di suicidio vanno melio caratterizzati, perché essendo sistematici non è chiaro se intenda timori o progetti.
Dr.Matteo Pacini
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Non sono timori, l'unico timore è il disagio psicologico che causerei alla mia famiglia, avere un suicida in casa è drammatico anche se all'atto pratico magari non è una perdita insuperabile. Non sono timori, io mi rilasso mettendo a punto i dettagli, sapendo che posso mettere fine alla paura e alla sofferenza quando voglio.
Questi aspetti del pensiero sul suicidio vanno riferiti al medico se già non li conosce.
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Quindi, da una parte va controllata e migliorata la cura, se possibile, includendo anche opzioni che riducono proprio la parte suicidaria (ci sono dati contrastanti e non tutti sono chiari, però se si vuole andare nello specifico, qualcosa c'è). In più, una psicoterapia che secondo me prima va scelta da parte di uno psicologo clinico-
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I farmaci intendo il litio? Già lo prendo
I farmaci intendo non solo quello, ma non solo farmaci.
Questa psicoterapia ha un nome come tecnica ?
Dr.Matteo Pacini
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Non so che tecniche usi, è un terapeuta della gestalt, ma è l'unico con cui non abbia avuto un rapporto turbolento. È coraggioso, collabora in maniera molto serena con gli psichiatri e rimane calmo e gentile nei momenti di difficoltà, non li prende come attacchi alla sua persona. Si ricorda le cose, prende tanti appunti, è un buon terapeuta che non farà miracoli, ma non peggiora le cose. Credo il precedente psichiatra me lo abbia consigliato per questo.
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È disperante vedere come l'unico progresso sia non sentirmi divisa e sentire una quasi voce, ora sono unita ma penso congiuntamente le stesse cose. Ho questi sbalzi di umore ancora marcati che sono notati sul lavoro, ma non ne posso parlare con nessuno o rischio di liberare un demone che si mangerebbe la relazione con quella persona. Vede che dopotutto le idee di suicidio vengono anche da questa forzata solitudine.
Comunque c'è chi sta provando a produrre qualche cambiamento in questa ambivalenza, presumo.
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spero che non le dispiaccia se proseguo questo già lunghissimo consulto, ma penso che altrimenti le sarebbe difficile ricordarsi l'antefatto. Ho parlato con il mio psichiatra, che mi ha detto che a) sto facendo una psicoterapia "supportiva" b) fra qualche anno potrei ridurre i farmaci e quindi il rischio di problemi di salute a lungo termine che tanto mi preoccupano, purché io riesca a stare bene. A questo punto ho chiesto che cosa dovevo mai fare visto che per carattere sono abbastanza ligia alle regole e quindi ho uno stile di vita molto sano. Uniche due note dolenti il fatto che esco poco di casa e che quotidianamente faccio un'abbuffata soggettiva che significa che una volta al giorno mangio grandi quantità di cibi dolci confezionati, perché ho un disturbo alimentare cronico da anni. Ho provato a curarlo in un centro per dca di recente ma era evidente che l'umore ostacolava molto il percorso nutrizionale. Quindi, che posso fare di altro? Yoga o altro? C'è qualcosa che posso leggere di utile? Ho letto l'articolo che ha scritto sul suo sito, ma non mi pare di capire molto bene il concetto di temperamento, io ho anche sintomi quasi psicotici, che cosa c'entrano con il temperamento? Non li ho sempre avuti né li ho sempre. La ringrazio come sempre.
Sintomi "quasi psicotici" non saprei cosa vogliono dire, ma non c'entrano con il temperamento.
a) e b), i punti che ha citato, non dicono niente di particolare.
Non è che sia essenziale che si documenti sul dettaglio tecnico, anzi. Ma che comprenda su cosa si misura il miglioramento, e non che lo misuri da sola, il che la porta a confonderlo con gli stessi sintomi (le fasi in cui sta bene). E altri principi, come il fatto che il disturbo non è causato dall'ambiente o dagli altri, che non se ne esce tramite richieste che gli altri debbano soddisfare etc.
Dr.Matteo Pacini
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Ha ragione, il punto a e b non dicono nulla neppure a me, che non ho idea di cosa fare, un po' perché questa terapia non mi stabilizza del tutto, un po' perché non sono motivata a cambiare dato che mai mi sono sentita come gli altri, da sempre è come se nel mondo ci fossi solo io. Potrei anche morire domani, non mi farebbe grossa impressione se non per la sofferenza che causerei ad altri che mi fa sentire in colpa, ma questi sono tutti sentimenti antichi. Questa deve essere la personalità. Se facessi un radicale cambiamento o non lo facessi, sarebbe un po' come il proverbiale albero che cade nella foresta. I cambiamenti che ho fatto li ho fatti per un' etica personale ma, anche qui, sono talmente tante le cose da fare e io sono così perfezionista in questi casi che stretta nelle mie stesse regole duro qualche giorno, poi sono assalita dal senso di impotenza e di futilità. Certo non chiedo un cambiamento agli altri, l'ho chiesto tanto tempo fa (infantile innocenza!), non è andata bene, da lì gli altri per me sono un po' come gli ex mariti, ci si è voluti tanto bene, ci si parla civilmente, ma non ci si aspetta più dall'altro né affetto né sostegno. Si, una personalità problematica, ma è veramente l'unica che ho, non riesco a concepire alternative e tra l'altro è piuttosto separata dalla mia personalità quotidiana, che è "tranquilla" e "gentile" (chiusa e compiacente). E questo vago grado di consapevolezza non fa alcuna differenza, lei esiste da sola ormai, è solo frutto di qualche lettura.
A proposito di fasi su, chi mi dice che non ne ho, chi mi dice che ne ho quando divento tanto sospettosa. Io concordo con l'ultima tesi, ma sono comunque fasi reattive, io potrei averne una anche ora semplicemente rimuginando su un episodio particolarmente stressante vissuto con persone che si occupano di me, ecco, importante è che nom siano miei pari, ma persone cui io mi devo affidare. Mamma mia che risposta lunga, mi scusi.
A parte questo, è bene capire che certe cose producono un limite e non un vantaggio. Poiché per sé si vuole un vantaggio, è come imparare a giocare ad uno sport capendo che le regole e le mosse sono quelle, e non altre che verrebbero facili e che si giudicherebbero naturali e logiche.
La personalità è definita "disturbante" proprio perché ostacola il conseguimento dei propri obiettivi e i propri obiettivi finiscono per diventare spuntarla sugli altri ma in una serie di piccoli inutili contrasti, o in un crescendo di contrasti fini a se stessi.
Chi ha la personalità disturbata (disturbo x di personalità) in altre parole si fissa sul proprio modo di rapportarsi agli altri, a discapito del risultato, che poi coinvolge le stesse reazioni A volte ne è consapevole, altre neanche, perde la consapevolezza o mai l'ha acquisita.
Dr.Matteo Pacini
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Questo per la personalità. Per l'umore invece non capisco, come posso io di mio genio stare bene facendo sia io che chi mi cura sempre le stesse cose? Ci vuole un decennio perché una terapia stabilizzante funzioni? E se nel frattempo continuano a succedere eventi negativi, come in tutte le vite, e io ho questa personalità e queste "fasi" reattive, come fa la terapia a stabilizzarmi?
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