Parere tecnico farmacologico
cari professori mi rivolgo a voi perchè ho bisogno di un consulto di medici competenti che purtroppo non ho trovato durante il mio cammino.
Sono un ragazzo di 22 anni che circa un anno fa, dopo un primo forte attacco di panico generato da due tiri occasionali di canna (non sono nè fumatore nè tossicodipendente), ho avuto 1 anno terribile, nonostante fossi ricorso a psicofarmaci, come prescritto da un neurologo.
Ho assunto citalopram fino ad un massimo di 16 gocce per 4 mesi associato a xanax. Dal primo attacco di panico mi si è generato una forte alterazione dell'equilibrio con una seria sensazione di instabilità che mi accompagnava durante quasi tutto il giorno procurandomi a sua volta altri attacchi, forte scoramento e depressione.
Il citalopram mi ha attenuato abbastanza questo disturbo ma purtroppo con l'aumentare della dose si è dimostrato altamente nocivo per il mio organismo per tutto l'arco di tempo assunto, procurandomi fortissima inappetenza, nausea, vomito e altro. Per questi motivi ho dovuto effettuare una veloce sospensione (avevo perso 10 chili) del citalopram decidendo di voler contare sulle mie forze. Con tanta forza di volontà ho avuto migioramenti progressivi riprendendo quasi la normalità. Il problema è che da quando ho smesso il farmaco le vertigini e l'instabilità sono tornati insieme a dolori al collo e senso di pressione alle orecchie. Ormai sono passati 4 mesi dalla sospensione e questi sintomi fastidiosissimi permangono; volevo chiedere se è consigliabile perseverare non assumendo niente e sperare che con il tempo migliorino le cose, oppure assumere (magari non so chiedo a voi) dosi basse di antidepressivo per ottenere risultati esclusivamente sul disturbo riportato (visto che il resto sono riuscito a superarlo) o ancora prendere farmaci di altra categoria.
In attesa di riposta vi ringrazio anticipatamente per la vostra disponibilità e competenza.
Sono un ragazzo di 22 anni che circa un anno fa, dopo un primo forte attacco di panico generato da due tiri occasionali di canna (non sono nè fumatore nè tossicodipendente), ho avuto 1 anno terribile, nonostante fossi ricorso a psicofarmaci, come prescritto da un neurologo.
Ho assunto citalopram fino ad un massimo di 16 gocce per 4 mesi associato a xanax. Dal primo attacco di panico mi si è generato una forte alterazione dell'equilibrio con una seria sensazione di instabilità che mi accompagnava durante quasi tutto il giorno procurandomi a sua volta altri attacchi, forte scoramento e depressione.
Il citalopram mi ha attenuato abbastanza questo disturbo ma purtroppo con l'aumentare della dose si è dimostrato altamente nocivo per il mio organismo per tutto l'arco di tempo assunto, procurandomi fortissima inappetenza, nausea, vomito e altro. Per questi motivi ho dovuto effettuare una veloce sospensione (avevo perso 10 chili) del citalopram decidendo di voler contare sulle mie forze. Con tanta forza di volontà ho avuto migioramenti progressivi riprendendo quasi la normalità. Il problema è che da quando ho smesso il farmaco le vertigini e l'instabilità sono tornati insieme a dolori al collo e senso di pressione alle orecchie. Ormai sono passati 4 mesi dalla sospensione e questi sintomi fastidiosissimi permangono; volevo chiedere se è consigliabile perseverare non assumendo niente e sperare che con il tempo migliorino le cose, oppure assumere (magari non so chiedo a voi) dosi basse di antidepressivo per ottenere risultati esclusivamente sul disturbo riportato (visto che il resto sono riuscito a superarlo) o ancora prendere farmaci di altra categoria.
In attesa di riposta vi ringrazio anticipatamente per la vostra disponibilità e competenza.
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Gentile utente,
In sintesi: ha tollerato male una terapia a dosi efficaci.
Non si spiega come mai non sia stata sostituita con altra terapia per il panico, ci sono diverse alternative.
La forza di volontà è un'espressione che non equivale ad alcuna funzione cerebrale, mentre per fortuna i disturbi possono migliorare anche spontaneamente, o dopo una cura per poi magari rifarsi vivi dopo un periodo di benessere.
Se una cura è durata meno di 2 anni è consigliabile rivalutare l'ipotesi di riassumerla, o di utilizzare un'alternativa. Ci sono diverse categorie di farmaci per il panico tra cui scegliere, oltre che altre molecole simili al citalopram.
Si faccia consigliare da uno psichiatra.
In sintesi: ha tollerato male una terapia a dosi efficaci.
Non si spiega come mai non sia stata sostituita con altra terapia per il panico, ci sono diverse alternative.
La forza di volontà è un'espressione che non equivale ad alcuna funzione cerebrale, mentre per fortuna i disturbi possono migliorare anche spontaneamente, o dopo una cura per poi magari rifarsi vivi dopo un periodo di benessere.
Se una cura è durata meno di 2 anni è consigliabile rivalutare l'ipotesi di riassumerla, o di utilizzare un'alternativa. Ci sono diverse categorie di farmaci per il panico tra cui scegliere, oltre che altre molecole simili al citalopram.
Si faccia consigliare da uno psichiatra.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#3]
In questi termini rimane una previsione del futuro che non è fattibile sul singolo caso.
Noi ci regoliamo sulle statistiche e quello è il linguaggio che deve essere usato.
Per una diagnosi di "disturbo di panico" si prevede in una parte limitata di casi il singolo episodio che va via da sé con residui non importanti. Nella maggioranza dei casi si ripete o cronicizza.
Le cure controllano il disturbo mentre c'è, facendo vivere come se non ci fosse, salvo residui. Se il disturbo si spenge le cure possono essere sospese senza problemi ma in futuro si può avere una nuova fase. In una parte dei casi per diversi anni il disturbo rimane "vivo" e quindi o ci si cura o si subisce, il che significa avere delle limitazioni nella propria libertà di azione e di scelta.
Le cure che durano meno di due anni lasciano la persona con un rischio di ricaduta importante, è bene che uno lo sappia così poi si regola senza avere sorprese o fare ragionamenti sbagliati o rimanerci male se succede.
Noi ci regoliamo sulle statistiche e quello è il linguaggio che deve essere usato.
Per una diagnosi di "disturbo di panico" si prevede in una parte limitata di casi il singolo episodio che va via da sé con residui non importanti. Nella maggioranza dei casi si ripete o cronicizza.
Le cure controllano il disturbo mentre c'è, facendo vivere come se non ci fosse, salvo residui. Se il disturbo si spenge le cure possono essere sospese senza problemi ma in futuro si può avere una nuova fase. In una parte dei casi per diversi anni il disturbo rimane "vivo" e quindi o ci si cura o si subisce, il che significa avere delle limitazioni nella propria libertà di azione e di scelta.
Le cure che durano meno di due anni lasciano la persona con un rischio di ricaduta importante, è bene che uno lo sappia così poi si regola senza avere sorprese o fare ragionamenti sbagliati o rimanerci male se succede.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.9k visite dal 27/07/2009.
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