Ansia e dubbi su approccio terapeutico intrapreso

Salve, ho 51 anni e da circa 20 anni assumo Xanax per gestire la mia ansia; dallo scorso ottobre la dose che sono arrivata ad assumere (2 mg suddivisi in 3 somministrazioni nell'arco della giornata) non ha più alcun effetto portandomi quindi a rivolgermi ad uno psichiatra.

In sintesi, per non dilungarmi troppo, il medico mi ha diagnosticato, nell'ordine (oltre a dipendenza/assuefazione da Xanax):
- disturbo ossessivo-compulsivo al primo colloquio
- disturbo di ansia generalizzato dal secondo colloquio in poi (mai più menzionato il DOC)
- fase di ipomania due settimane fa
- ciclotimia settimana scorsa
Tutto ciò condito da terapia farmacologica comprendente Mirtazapina, Limbytril 25/10, Zolprem per una forte insonnia che ho nel frattempo sviluppato, oltre allo Xanax che attualmente sono riuscita a scalare fino a 1 mg totale con due somministrazioni e con importanti sintomi fisici che ho tuttora mentre le scrivo.

Dopo due mesi e mezzo io credo che la terapia non stia facendo effetto perché a parte qualche giorno di benessere mi ritrovo a stare peggio di prima, sono ossessionata dal mio stato mentale h24 e sono sicura che questi farmaci abbiano peggiorato la situazione.

Non ho più fiducia nel mio psichiatra, perché nonostante sia anche psicoterapeuta non mi fa parlare molto, parla molto di sé e delle sue cose e io non riesco a dirgli quello che vorrei (a parte che non lo nemmeno io cosa vorrei dirgli... )
Concludo, scusandomi per la prolissità: a parte che sono quasi certa che quando lo rivedrò non avrò il coraggio di manifestargli le mie perplessità, e sapendo che vuole introdurre il Depakin per stabilizzare l'umore, vorrei dirgli di aiutarmi a scalare gli antidepressivi che sto prendendo e lasciarmi, per il momento, solo lo xanax, e che ho intenzione di intraprendere un percorso ben fatto di psicoterapia.

Sono molto confusa, potete darmi un parere?

Vi ringrazio anticipatamente
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
L'intenzione di intervenire chiedendo la terapia è assurda. Può non concordare con le cure e non svolgerle perché è libera di decidere, ma dire Lei al medico la cura che le deve dare è un'assurdità nel rapporto tra medico e paziente. Neanche a dirlo, sono sempre poi lo stesso tipo di richieste.
L'unico farmaco di cui si può fare a meno scalandolo, lo vuole tenere. IL farmaco che giustamente, sulla base della diagnosi, è in previsione, non lo vuole iniziare.
La diagnosi è quindi di disturbo bipolare minore con un disturbo d'ansia (o ossessivo o entrambi) associato, come del resto di norma, e il medico sta cercando di curarla modificando la cura nella direzione logica secondo la diagnosi messa a punto.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze attivo dal 2022 al 2023
Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze
Buongiorno,
aggiungo che le sue critiche al medico nascondono una sfiducia di fondo per l'approccio... che però la porta ad avere sfiducia nei farmaci. E questo non va bene. Per noi è impossibile giudicare l'approccio del collega, ciò che è evidente è che non abbiate comunicato efficacemente, indipendentemente dalla causa.
Quindi secondo me, con queste premesse, o esprime in modo chiarissimo alla prossima visita, tutto ciò che ha detto a noi e comprende come egli si pone di fronte a ciò, oppure è bene che si rivolga a qualcun altro partendo più che dalle presunte pecche del collega, da come sta lei ... anche perchè con queste ipotetiche diagnosi di fondo non può certamente tamponare i sintomi con un ansioltico.
Cordialmente,
Ansia

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