Disturbo di personalità
sono da più di una settimana in attesa che il mio psichiatra mi richiami.
Ho un disturbo di personalità, mi è stato detto di chiamare se avessi avuto problemi, comincio ad avere sintomi depressivi che conosco bene, non riesco a fare le attività quotidiane se non con grande sforzo e dormo.
Mi sento male e come da accordi chiamo, adesso, se mi arrabbio sono sempre la solita, se non chiamo sono sempre la solita ma meglio, ma provo enorme sofferenza per questo disinteresse.
È il disturbo di personalità, roba mia che in qualche modo devo gestire io, ma è come un tarlo.
Mi abbuffo ma non va bene, perché piena di farmaci sono ingrassata molto e perché spendo molti soldi in cibo e sto fisicamente male.
Altri modi di gestione fanno soffrire gli altri.
Passo le ore paralizzata a piangere, vorrei cavarmela da sola senza toccare il fondo.
Cosa dovrei fare secondo voi?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Lo psichiatra mi ha dato delle gocce per Natale che almeno mi aiuteranno a dormire.
come è possibile dopo anni di cure che non funzioni niente? Il mitico litio, niente. La mitica quetiapina, niente. Ha più senso uccidersi adesso dopo tutti gli sforzi, ricette, visite, analisi, visite, ricette, psicoterapia, controlli, esami, visite. Io il prossimo mese ho 10 appuntamenti, più medico di base e farmacia, neppure la 104 ho, quindi tutti favori a colleghi da chiedere. Ore di vita per curarmi, niente. Prima avevo una speranza, ennesimo cambio di terapia, ho preso 5 kg, non riesco a smettere di mangiare tanto che esco a comprarmi la roba se non c'è, non riesco a concentrarmi, lascio cadere le cose perché non riesco a reagire. Ha sempre più senso uccidermi, perché tanto so che il mese prossimo starò ancora male.
Devo tagliare un po' le cure secondo lei? Forse riesco ad avere il senso di non aver già fatto tutto e che quindi potrò un giorno stare meglio.
Non ha mai discusso del suo problema col medico, con qualche dettaglio in più, sul perché di determinati medicinali, sulle eventuali altre terapie non farmacologiche (non la psicoterapia) ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
ho fatto almeno due approfondimenti diagnostici con test a risposta multipla del tenore "hai mai avuto periodi con un desiderio sessuale particolarmente forte", "hai mai visto cose che altri non vedono", "hai amici intimi" ecc ecc
Ho tenuto per sei mesi un diario dell'umore. Ho fatto un eeg. Ogni volta che cambio psichiatra mi chiede di raccontare tutto di nuovo che, credo, vale come nuovo paio d'occhi. Lo sa che pregavo di avere il disturbo bipolare perché a quanto pare starei bene con una terapia persino più semplice della mia?
Mi hanno parlato di terapie come l'elettroconvulsivante, ma è una procedura lunga e difficile per benefici di breve durata, non può certo essere la mia terapia a vita, così assommiamo i problemi cognitivi alle crisi bulimiche. Per questo le dico che vorrei aver fatto meno per avere più speranze.
" l'elettroconvulsivante, ma è una procedura lunga e difficile per benefici di breve durata"
Direi l'esatto contrario, più breve di altre e dall'effetto protratto. Ma indicata per alcune cose, da qui il discorso della diagnosi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Se lo avessi, sarei felice. Ho una terapia adeguata, la prendo da anni, sono una salutista, sono un po' ossessiva, starei bene, anche dal punto di vista della difficoltà a dirlo ad altri. Quante volte ho detto al medico, all'edocrinologo che prendo il litio, senza specificare, sperando che mi credesse bipolare perché avere un disturbo di personalità non ti fa guardare con occhio benevolo dagli altri. Ti guardano male, ti trattano male. Invece il disturbo bipolare non spaventa, è genetico, fa tenerezza, sono intelligenti, sono energici, se stanno bene fanno anche carriera. Io no
Comunque il borderline ha delle correlazioni note con il bipolare. E i farmaci usati in effetti sono quelli. Però si sa che è un quadro di difficile gestione. Empiricamente si ottengono risultati su alcuni tipi di sintomi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Perché invece mi hanno fatto una diagnosi di borderline che non posso dire a nessuno, pena il sorrisetto e quell'aria di attesa che io commetta chissà quali crimini. Lo sa che volevo arruolarmi nell'Arma? Ma per favore, è umiliante e basta.
Inoltre, lei dice che il disturbo bipolare è di difficile gestione, altri che guarisce in ore con la terapia giusta. La mia è giusta, forse sono sbagliata io.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Dal momento che mi trovo in questa condizione mi rendo anche conto che non ci sono cure incisive. Dopotutto la cosa migliore sarebbe non esserci.
Troverebbe giusto entrare con un test che indica un profilo non compatibile ? Si può discutere sul fatto che alla fine ci sia un rischio specifico, o che ce ne sia uno generico di tipo relazionale, ma a parte questo non capisco perché risentirsi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Lei è psichiatra, non avrebbe però difficoltà ad andare da un collega, magari un medico generico, e dirgli che soffre di schizofrenia?
Non le parrebbe quasi di sentire "andiamo bene?". Non serve che risponda, io si. Io non voglio più uscire di casa, sto male, le cure non funzionano e ho anche un marchio a fuoco che mi farà odiare e/o temere da chiunque lo venga a sapere, inclusi voi sanitari. Non vedo l'ora di finirla, la mia vita è cominciata male e non so perché ho tirato avanti finora, presumo per paura di morire e di non trovare niente neanche di là.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Il fatto è che le cure non funzionano e che ho perso le speranze, tutta questa fatica per che cosa? Per farmi dire che il vero problema è che sono un pessimo essere umano?
Quindi in quali dei comportamenti previsti per la diagnosi non si riconosce ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Visto che dell'ansia cronica sanno un po' tutti coloro che mi conoscono bene, la faciloneria con la quale mi gettano nel panico disorganizzando le mie giornate pare dolosa. Se non sapessero...Alcuni dicono che è a scopo didattico, se permette negli anni non mi ha insegnato nulla se non la scarsa empatia e l'inaffidabilità delle persone.
La famosa indealizzazione/svalutazione non mi riguarda, sono molto grata se mi si fa del bene e mi arrabbio proporzionalmente al dolore che mi viene causato, spesso senza chiedere scusa e attribuendomene completamente la responsabilità. Non so se in ospedale si potrebbe maltrattare un malato oncologico perché vomita, in psichiatria si può. Ad ogni modo, chi ammiravo vent'anni fa è ancora oggetto di ammirazione. La rabbia per qualcosa che uno fa non è "svalutazione".
Detto questo, se anche avessi tutti i criteri e non solo alcuni, nella diagnosi non si discrimina quali né perché li ho e soprattutto non ci sono cure.
Il punto di partenza è l'avere relazioni problematiche, sistematicamente, con fasi iniziali che non sono indicative degli sviluppi, se non in senso paradossale (inizi ottimi, sviluppi pessimi).
C'è un discorso di empatia (e di accusare gli altri di non averla, tipicamente), di visione di sè come "terza persona", di utilizzare determinati elementi, tra cui quelli allarmanti, come strumenti per suscitare interesse o allarme su di sé, non sempre con uno scopo preciso, anzi spesso sbagliando. Cercare e ottenere approvazione immediata e totale (e quindi indurla con mezzi ovvi ma di nessun peso generale), e poi lamentare il venir meno di questa alleanza; oppure scoprire intese profonde basate solo sull'idea che l'altro ci dia ragione, e poi scegliere circostanze improbabili in cui verificare se ci dà ragione e accusare di tradimento, incoerenza, falsità etc. Soprattutto ,cercare di impostare i rapporti sempre rispetto a qualcun altro, e condizionarli facendo riferimento ad altri (tipo "tizio ha detto che tu...", oppure "tu mi vuoi bene, non come lui...").
Questi alcuni degli elementi. Però ripeto, non si tratta di colpevolizzare, ma di indicare un quadro clinico, che, se quello è, comporta delle condotte di questo tipo. Si può descriverle senza evidenziarne la problematicità ? Bisogna tener presente che la personalità riguarda le relazioni, e quindi dicendo che uno ha un disturbo del "modo di relazionarsi", non è come dire che uno ha un disturbo ad una gamba.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Una persona che ha quindi reazioni esagerate/sproporzionate che elicitano quelle degli altri (sani e quindi perfettamente lucidi e giusti), delle quali è sempre responsabile.
Il tutto senza avere uno straccio di cura se non la famosa psicoterapia che consiste nel farci notare quanto siamo emotivamente pazzi e pericolosi. Poi vi lamentate se le persone si suicidano. Cominciate a domandarvi perché le persone fanno quello che fanno, anche io tollero centinaia di persone difficili per lavoro e lo faccio consapevole che lo fanno per un motivo, questa è empatia.
La descrizione è quella della diagnosi. Non di sé. E come mai abbia potuto prenderla come una descrizione di sé, non si capisce.
Se non le stanno bene le diagnosi fatte, chieda altri pareri per chiarire la situazione. Non è vero che c'è solo la psicoterapia, e lo sa bene perché ha citato altre cure farmacologiche.
Ma non ho capito, se per un disturbo non ci fosse neanche una cura, deve incolpare qualcuno ?
Un atteggiamento offensivo e polemico privo di senso.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Le ripeto, l'unico modo è andarsene, lo so che per lei questo è pura follia ma fare, dire, pensare e provare cose che "non hanno alcun senso" può essere inspiegabilmente, assurdamente fastidioso per qualcuno perché tra l'altro così perde anche il diritto di dire ai, smettila che mi fai male. E infatti mi fate male, continuamente, e poi mi dite non è vero, e mi rifate male, e io mi chiudo in casa e me ne vado. E non è una minaccia, perché questo comportamento assurdo e imprevedibile da parte di una persona pericolosa e folle non è colpa di nessuno. Basta dare il mio certificato e tutti annuiscono pieni di solidarietà per voi. Neanche sapete di cosa parlo, per dire. Neanche sapete cosa mi è successo, neppure ne parlo più perché non fa la minima differenza.
Non le serve porsi in questo modo, è chiuso. Non chiede, dice una cosa, decide già tutto, e soprattutto mette se da una parte, e gli altri sulla barricata opposta. Allora però perché chiede ? Se Lei chiede significa che vuol vedere se qualcuno le indica una soluzione. Non importa che abbia in questo fiducia in partenza, ma se denigra gli altri non li predispone umanamente ad avere un rapporto costruttivo con Lei.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Un atteggiamento? Legga i giornali. Paranoia? Meglio la paranoia che far stridere i denti nel vuoto intorno, perché può stare sicuro che chi ti fa del male se ne va in giro sorridente e non si sente affatto in colpa, nessuno ti aiuta e tu hai l'unica scelta di constatare che essere deboli è la peggiore sfortuna del mondo e hai due scelte, andartene o diventare un diavolo. Io non voglio dare a chi mi fa del male la soddisfazione di dire che è stato provocato perciò me ne vado.
Questi tranquillamente mi ammazzano e nessuno mi aiuta, che ne sa lei.
Con questo approccio la totalità delle persone in breve tempo diventa nemico altrimenti. E quelli che le paiono sono spesso e volentieri le persone che Lei inizialmente l'avevano convinta.
Cercare l'alleanza totale con qualcuno è un punto di partenza non funzionale. Non serve, anche se fosse. E' illusorio, fallace, e soprattutto è un arco teso.
Fondamentalmente, una terapia dovrebbe mirare a rendere le sue reazioni meno immediate, così sono meno nette e meno categoriche, e le consentono di regolarsi secondo l'esperienza, che significa conoscere la vita in un modo diverso.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Inizialmente mi hanno attribuito una terapeuta comportamentale che continuava a propormi cose da fare, ma sono molto gelosa della mia indipendenza. Ora ne ho una psicodinamica con cui mi trovo meglio, ma comunque nella vita quotidiana ho sempre questa sensazione di disgrazia imminente tanto che sono preoccupata di farmi trovate pronta.
È bello che questa terapeuta si occupi di offrirmi soluzioni nella vita quotidiana, maternamente, ma nei momenti di stress mi sento sola e impaurita e non riesco a credere che farmaci sedativi come la quetiapina smettano di fare effetto.
Non dipende da me, ho paura e se ho paura non aspetto di capire se gli altri sono buoni o no, anche perché non ho fiducia nella giustizia. Mi sorprende che molti si sorprendano di questo fatto, dove trovano loro la forza di rischiare, probabilmente per beata incoscienza.
Non ho ancora trovato niente che mi facesse sentire al sicuro, in compenso è pieno di cose che mi sconvolgono e non è vero che non mi controllo, rispetto a quello che sento sono estremamente controllata, fosse per me mi sarei già buttata dalla finestra - non letteralmente, ho avuto tanto tempo per pensarci e ormai ho le idee molto chiare sul come.
Non esiste questo concetto, in realtà è l'opposto, cioè lo vuole attribuire più e prima del dovuto, per poi lamentare che non c'è o che è stata disattesa l'aspettativa o quanto era lecito attendersi. Ma è la costruzione di un'aspettativa da imporre alle cose che non funziona. Bisogna seguirle per come vanno, non pretendere che vadano in una maniera in cui è improbabile, anche perché, se le cose andassero come noi ordiniamo in totale libertà, probabilmente per noi sarebbe molto peggio.
Le terapie non devono essere "belle". Questo pare un counseling più che un intervento mirato al cambiamento. A cui Lei fa resistenza evidentemente, perché è "gelosa" del suo modo di condurre i rapporti e in generale il rapporto con la realtà. Ma è proprio quello il nodo.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
La terapia non deve essere bella. Non ho detto questo! Ho detto che è bello che mi venga offerto aiuto, perché è esattamente quello che mi è mancato. Non mi è mancata la grande figura di riferimento che mi dice cosa fare dall'alto del suo sapere. Tutti mi dicevano cosa fare e bisognava farlo, senza appello. Mi è mancata una persona che mi facesse un certificato, che mi desse un consiglio pratico, un numero di telefono, un fazzoletto, una mano.
Tanti terapeuti si offendono perché non mi prostro ai loro piedi profondendomi in ringraziamenti per avermi donato il loro sapere. La verità è che spesso non riflettono su quello che dico loro, pensano che basti applicare questo o quel protocollo per darmi l'idea di aver capito la situazione, ma non riescono ad afferrarla davvero. Dicono sciocchezze che indicano che se la immaginano mettendo insieme spezzoni di film. Sono sola come sempre.
Magari si lamentano che non provo le loro tecniche e che sono arrogante. Io non sono arrogante, io ho paura e queste persone sono inconsapevoli, anche dopo aver spiegato loro sono inconsapevoli. Se avessi potuto guarire con la filosofia del "fidati e impegnati" non avrei bisogno di terapie.
No, non è detto. Seguire un protocollo non è per "capire" che è bene seguirlo, è per produrre dei cambiamenti. Se fosse solo seguire delle regole, si ridurrebbe a quello. Il comportamento induce dei cambiamenti nel tempo, non perché uno lo faccia avendo capito che funziona (come potrebbe saperlo ?). Non c'è da riflettere sulle procedure o gli esercizi di comportamento di quel tipo, quelli devono funzionare in quanto tali, e ovviamente non in tempo reale, nel tempo.
Se uno aspetta di esser convinto della bontà delle tecniche altrui, non impara mai. Vale da qualsiasi parte, a partire dalla scuola. "Fidati" forse non è richiesto, ma "impegnati" si. Anche prendere una medicina è un impegnarsi a far qualcosa, che produce un effetto, se lo fa.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Dovresti avere paura anche di te stesso. Ecco perché le dico che preferisco chi mi da una mano in cose pratiche, anche se minime, perché mi ispirano maggiore fiducia dei maestri di vita, quali alla fine diventano alcuni terapeuti. Si accettano lezioni di vita dai propri simili, non dall'Emiro del Qwait che ha tutt'altro problemi.
Comunque sono passati 20 anni, eccomi qui con la sensazione di aver vissuto una vita di troppo, con grande sforzo mi rialzo e senza alcun potere decisionale vengo rigettata in un pozzo nero da una notizia del TG, dal racconto di un estraneo, da uno sguardo, da una frase. Sono molto stanca.
"Si accettano lezioni di vita dai propri simili,". Ma non dai medici, che devono occuparsi di altro, avente però a che fare con il pensiero, il comportamento e il modo di relazionarsi. Non per insegnarle uno scopo nella vita o il modo "giusto", ma per spiegarle se mai la parte non funzionale, che non le sarà utile e che genererà relazioni problematiche.
Nel suo modo di esprimersi qualcosa di relativo a questo effettivamente si percepisce.
La presentazione delle cose, e non è un storcere le bocca, in chi ha un certo tipo di problemi è sistematicamente piegata all'istinto a presentarsi bene, suscitare emozioni a proprio vantaggio o in maniera da risultare oggetto di attenzioni positive. O di indurre reazioni dell'altro in maniera strumentale ad uno scopo specifico.
Non so se questo sia il suo caso, parlo della diagnosi fatta.
Ma se non ritiene che questo le si addica, faccia rivedere la diagnosi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Oppure sono pazza e allora mi serve un'altra diagnosi che riporti tutto questo a me e solo a me, come un tempo, perché ci sono stati alcuni che non era possibile "manipolare", perché avevano bisogno si fare solo e soltanto quello che hanno fatto, e spettatori del film della mia disperazione. Vogliamo proiettarlo di nuovo per vedere se è l'attrice o il copione? Complicato, mi rendo conto.
Lei è un uomo molto intelligente e io una persona che ha molta paura e che fa molta fatica a vivere e questo è del tutto autentico. Non so davvero come ho fatto ad arrivare ad oggi.
No, appunto, c'è chi invece lo fa. Se il movente è emotivo, è un auto-condizionamento spontaneo. Ho sentito una cosa, ho agito di conseguenza. Il tutto in genere in maniera rapida.
Ma quel "sentire" è ovviamente parte del problema.
Se a chiunque si aumentasse la suscettibilità, ovvio che si indurrebbe la stessa cosa, infatti il problema è la disfunzionalità rispetto a sé, non la normalità statistica o la via che seguono gli altri.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Se è questa la "suscettibilità" cui si riferisce, capisce bene quanto abbia bisogno di indipendenza e controllo.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Sarà stato impaurito anche dal fatto che nessuno sembrava un possibile soccorritore. È orrendo da dire, ma sono quasi contenta che sia morto, perché poteva guarire dalle fratture, ma non da quello che rappresentano. Provo anche a non pensarci, ma il resto della vita è insensato, un teatrino, come quello della mamma preoccupata che porta il figlio in Pronto Soccorso.
La cura non consiste nel disintossicarsi, delegano a me il compito di curarli, non sono un motivatore a non usare droghe, se mai a curarsi per le dipendenze. La cura deve funzionare in sé.
Idem per gli altri disturbi. Sta facendo una serie di ragionamenti sbagliati per giustificare un comportamento di rifiuto che alla fine viene a priori.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Quanto al "giustificare" mi pare un'espressione con una certa sfumatura di giudizio morale. Preferisco "spiegare". Certo, capisco il fastidio che può causare un paziente che rifiuta una cura, deve sapere che mia madre minaccia e tenta in suicidio da ben prima che io nascessi, l'unica terapia seria che ha assunto l'ha poi utilizzata per farne overdose. Anche io ho dovuto smettere di provare coinvolgimento per le sue sorti o avrei dovuto abbracciare una vita dedita al senso di colpa e all'allarme continuo. Mia madre però considera un tentativo di avvelenamento e di controllo mentale qualche goccia di paroxetina, io sto rifiutando l'ennesimo aumento su una terapia complessa portata avanti per anni. Voglio ancora morire, a fronte di due scelte di vita radicalmente diverse il risultato è identico, pensi quanto poco potere ho avuto sulla mia vita se non sono riuscita a farla deviare di un centimetro da un binario già stabilito.
Giustificare significa trovare una giustificazione, certo anche morale, per un comportamento.
Con questa mania di dire che non bisogna giudicare va a finire che uno non può commentare i comportamenti, che sono ovviamente aspetti "morali", etimologicamente. Per cui: tende a trovare spiegazioni a non finire quando invece in sostanza Lei rifiuta un tipo di interazione o di indicazione, ancor prima che emergano dei motivi.
Il che è perfettamente in linea con quanto fino ad ora emerge e riferisce Lei come diagnosi.
Un commento è un giudizio, non è morale nel senso che intende Lei, anzi emerge proprio che questo piano lo vuole trovare Lei, per dirigerlo in suo favore (in questo consulto almeno). Se non le sta bene questo tipo di commenti, allora facciamo prima a non parlare dell'argomento.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
I motivi quelli si, posso dirli con certezza. Prima del Covid andavo da tre psichiatri storici. Uno se n'è andato con correttezza, avvisandomi qualche tempo prima. L'ho salutato con un piccolo pensiero, ho continuato a fargli gli auguri per Pasqua e Natale, una bella conclusione. Il secondo se n'è andato senza neppure avvisarmi, alla "chi ti conosce". Lì è stata veramente dura, anche perché la sua sostituta mi detto che se non mi stava bene potevo andarmene. Sono stata veramente molto male. La terza se n'è andata durante il Covid, lasciandomi da una sua compagna di università, che è andata in pensione poco dopo. Da lì hanno fatto in modo di affidarmi ad uno psichiatra che potesse offrirmi un po' di stabilità. Ho ripreso a cercare a tutti i costi un'indipendenza che avevo perso in modo così fallimentare e sono riuscita, distraendomi, a stare un po' meglio. Ho deciso di approfondire la diagnosi per gestirmi ancora meglio, da sola. Ho trovato una specializzanda che mi ha aggredito a freddo, presumo dopo aver visto il risultato dei test ed essersi resa conto che con la mia diagnosi poteva permettersi di vessarmi un pochino, tanto nessuno mi avrebbe creduto.
Ho avuto una crisi durissima, che ancora perdura. Stava aspettando solo me, presumo. Mi ha detto che potevo chiamare il suo supervisore, se non mi stava bene, ma sappiamo già chi ha ragione no?
Non vedo proprio il senso di vivere viste le circostanze, a meno di non diventare esattamente come questa donna si attendeva da me, priva di scrupoli e di sentimenti. Se solo provassi un qualche diletto in qualsiasi cosa, ma appena tocco un libro, un disco, un dolce, un film...Sembrano acqua, inutili.
"ma sappiamo già chi ha ragione no?". Lei sì, lo sa. Io non mi interesso di questo problema, sta di fatto che nella mia esperienza, quando inspiegabilmente si verificano sistematicamente interazioni del genere, c'è una spiegazione. E menomale, perché altrimenti non ci sarebbe modo di risolvere, mentre invece essendoci una spiegazione, il modo c'è.
Che ancora non sia riuscita a trovare una cura efficace può essere una questione di prove. Che rifiuti di adeguare le dosi invece è una scelta poco comprensibile.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.