Recrudescenza depressione
Buongiorno, mi sono trasferito per motivi lavorativi da una città del Nord all'isola di Ischia, ma le difficoltà di adattamento in parte prevedibili che sto incontrando hanno avuto effetti deleteri sua mia stabilità personale, esacerbando nuovamente una gamma di sintomi che con un dosaggio di sertralina da 50mg al giorno seguito da un anno ero riuscito non a eliminare, ma quantomeno a tamponare: avverto il ritorno di una sensazione opprimente di paura non legata a una causa identificabile, unita a un formicolare di preoccupazioni indotte dal contesto in cui mi troverò a vivere da qui in avanti, in particolare nel nuovo ambiente di lavoro, in cui ho rilevato che si seguono procedure diverse da quelle a cui ero abituato; da due notti ho anche ripreso a fare fatica a prendere sonno, tanto che sono dovuto ricorrere alle gocce di En, che da mesi avevo messo via.
Il mio timore è che questo cambiamento finisca per dilapidare quei pochi, fragili miglioramenti conseguiti faticosamente in un intero anno: avevo accettato di cambiare città per compiacere una esigenza non tanto mia, ma della mia compagna e dei miei genitori ormai anziani, che inoltre ho paura
di deludere informandoli del mio scontento, ma avevo anche messo in conto la possibilità di andare incontro a dei rischi, evitabili se avessi proseguito sulla vecchia via - rischi che poi si sono puntualmente avverati, come dimostra il mio disagio recente.
Non so se mi convenga incrementare autonomamente la dose di sertralina, oppure passare prima per il consulto di uno specialista in loco, cosa non semplice come sembra perché qui mi trovo privo di contatti e di riferimenti e perché il servizio sanitario pubblico sconta una serie ben nota di carenze pregresse.
E adesso trascorro le nottate pensando chi me lo ha fatto fare di cambiare: in un caso come il mio, la priorità dovrebbe essere preservare un equilibrio, invece che sfidarlo inutilmente...
Il mio timore è che questo cambiamento finisca per dilapidare quei pochi, fragili miglioramenti conseguiti faticosamente in un intero anno: avevo accettato di cambiare città per compiacere una esigenza non tanto mia, ma della mia compagna e dei miei genitori ormai anziani, che inoltre ho paura
di deludere informandoli del mio scontento, ma avevo anche messo in conto la possibilità di andare incontro a dei rischi, evitabili se avessi proseguito sulla vecchia via - rischi che poi si sono puntualmente avverati, come dimostra il mio disagio recente.
Non so se mi convenga incrementare autonomamente la dose di sertralina, oppure passare prima per il consulto di uno specialista in loco, cosa non semplice come sembra perché qui mi trovo privo di contatti e di riferimenti e perché il servizio sanitario pubblico sconta una serie ben nota di carenze pregresse.
E adesso trascorro le nottate pensando chi me lo ha fatto fare di cambiare: in un caso come il mio, la priorità dovrebbe essere preservare un equilibrio, invece che sfidarlo inutilmente...
[#1]
Gent.mo,
Descrive una condizione esistenziale meritevole di approfondimento clinico specialistico, anche alla luce dei precedenti.
Contatti un medico psichiatra così da definire una diagnosi e il trattamento più idoneo!
Molti auguri.
Descrive una condizione esistenziale meritevole di approfondimento clinico specialistico, anche alla luce dei precedenti.
Contatti un medico psichiatra così da definire una diagnosi e il trattamento più idoneo!
Molti auguri.
Dr.ssa Stefania Lerro
[#3]
Ha esplicitato il dubbio sulla terapia (da modificare autonomamente) e su un eventuale consulto specialistico: non potendo gestire autonomamente la terapia viene da sé che necessita di un controllo medico psichiatrico. A Ischia ci sono molti colleghi, non ha che da cercarlo.
O vuole sapere altro?
O vuole sapere altro?
Dr.ssa Stefania Lerro
[#6]
Utente
In effetti ci sarebbe un nuovo dubbio insorto in me di recente: la difficoltà di adattamento in un contesto lavorativo anomalo per il soggetto può degenerare per lo stesso in un disturbo paranoideo? So che da parte dei miei nuovi colleghi non esiste alcuna attenzione particolare nei miei confronti, ma ho paura che la mia mente possa finire per aderire a una convinzione che al momento sono ancora in grado di valutare come irrealistica e irrazionale, cioè che il contesto in cui mi sono trasferito nasconda una qualche ostilità e diffidenza verso di me, per cui mi trovo costretto a verificare di continuo di riuscire a riconoscere l'assurdità di una tale ipotesi, allo scopo di scongiurare il rischio che la mia mente stia incubando un delirio persecutorio. E sono preoccupato all'idea di affrontare la relazione con l'ambiente nuovo, ma al contempo tento di razionalizzare questa paura, dicendomi che essa è infondata, ma ciò comporta un rimuginio interno abbastanza estenuante. Non so se si tratta della ennesima metamorfosi del doc, o se davvero stavolta io mi trovi al cospetto di un germe psicotico che il cambiamento di vita avrebbe slatentizzato...
[#8]
Utente
La ringrazio. Purtroppo questi dubbi, chiamiamoli così, sulla mia normalità mentale, sono frequenti e continui e molto variabili per contenuto, anche se riducibili a un denominatore comune che è in fondo la paura di perdere l'esame di realtà. Ad esempio, poco fa, mentre ero ancora a letto e indugiavo ad alzarmi, visto che avevo delle commissioni da portare a termine entro stamattina, mi sono detto "Dai, sbrigati", e un attimo dopo ecco che una nuova strana domanda si è insinuata nei miei pensieri: e se ora iniziassi a interpretare quella esortazione rivolta a me stesso come una "voce"? Se scambiassi il normale rumore di fondo della mia attività mentale per qualcosa di originato all'esterno di me? Se finissi per credere che in me c'è un altro, che il mio io sia scisso e non unitario, sia fatto da due.persone, come avviene per gli schizofrenici? La razionalità mi dice che una simile ipotesi è priva di senso, in quanto i pensieri possono provenire solo dalla mia mente, però ciò non elimina la paura di credere che potrei non identificarmi con la parte di me che li ha pensati: crederla, quella parte, estranea e altra dal mio io, come fosse una entità in cui non mi riconosco. Ciò contraddice il senso comune e mi obbliga, perciò, a verificare che io sia pienamente in grado di demistificare quel pensiero come non realistico, ma se tale esame interno a cui mi sottopongo non riesce in maniera soddisfacente, allora l'ansia cresce, perché mi sento esposto al pericolo di stare delirando. E pensieri di tal genere si succedono in me in una specie di giostra: quello nuovo ora ha preso il posto del precedente (la paura di sviluppare una paranoia), che già mi appare meno urgente da risolvere e difatti di quello non mi sto più preoccupando, perché in questo momento sono totalmente assorbito dalla paura della dissociazione, pur sapendo che domani o tra due ore non ci penserò più e dovrò concentrarmi sulla confutazione di una nuova angoscia...
[#9]
Gent.mo,
Oltre a non indugiare nel letto quando non è il caso le consiglio di non indugiare a rivolgersi a uno specialista della salute mentale quando, come in questo caso, non è il caso! D'altronde cerca un aiuto psichiatrico, seppur virtualmente.
Questi, e altri dubbi, potrà rivolgerli de visu a un collega che, sicuramente, saprà fornirle adeguato supporto diagnostico-terapeutico.
Oltre a non indugiare nel letto quando non è il caso le consiglio di non indugiare a rivolgersi a uno specialista della salute mentale quando, come in questo caso, non è il caso! D'altronde cerca un aiuto psichiatrico, seppur virtualmente.
Questi, e altri dubbi, potrà rivolgerli de visu a un collega che, sicuramente, saprà fornirle adeguato supporto diagnostico-terapeutico.
Dr.ssa Stefania Lerro
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 1.6k visite dal 08/09/2022.
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