Dopo quanto tempo può iniziarsi a parlare di depressione?

Salve a tutti.
Sono un ragazzo di 27 anni, e cercherò di spiegarvi in breve la mia situazione.
Da quando avevo undici anni ho iniziato a soffrire di emetofobia.
Inizialmente era un'ansia che si scatenava solo nei momenti in cui potevo avvertire il "pericolo", quindi un mal di stomaco, un'influenza intestinale, ecc.
Quando il sintomo "pericoloso" passava, stavo automaticamente bene.
Negli anni, questa condizione è diventata sempre più estesa ed aggressiva, tanto che all'età di 22/23 anni ho iniziato a soffrire di attacchi di panico.
Senza starvi a raccontare tutta la storia, in sintesi vi dirò che dal 2017 fino ad oggi ho cambiato cinque terapeuti: la prima avuta per un anno, la seconda per tre settimane, il terzo per due mesi, il quarto per tre anni, e l'ultima da due mesi circa.
Il motivo di questa continua alternanza sta nel fatto che i primi tre non hanno saputo affrontare adeguatamente il problema, il terzo sembrava saperci fare, tant'è che è stato quello più duraturo, ma alla fine, anch'esso, è risultato fallimentare.
Ora sto in cura da una nuova terapeuta da pochi mesi.
Da circa un anno, però, seguo anche una terapia farmacologica da una psichiatra, proprio per l'ansia e gli attacchi di panico.
Per quasi un anno sono stato tutto sommato bene, ma da qualche mese qualcosa è andato storto.
Tra inefficienza ed effetti collaterali dei vari farmaci, ora siamo al quarto nuovo farmaco, che però sto assumendo da meno di una settimana, quindi ancora non sono definibili gli effetti.
Il motivo per cui vi scrivo è questo: da circa due settimane, si è ripresentata, in maniera estremamente violenta, aggressiva e veloce, l'ansia.
Il suo aumento è stato così repentino da farmi cadere in uno stato in cui l'ansia non scompare mai, ed oltre ad essa si è aggiunta una condizione anche emotiva (angoscia, tristezza, frustrazione, esigenza continua di piangere), e la paura di non poterne uscire, di essere senza via d'uscita.
Ci tengo a precisare che un periodo simile l'ho passato nel 2018, ma quello di adesso, per quanto si sia presentato da molto poco, mi sembra tre volte peggio.
Ho continuamente paura, ho il terrore, mi sento agitato, triste, angosciato, ho continuamente un peso al petto, sullo stomaco ed il magone in gola, pensieri negativi ed ossessivi continui, non riesco veramente a concepire la mia vita come una vita normale.
Ho il terrore di rimanere in questo stato, e soprattutto che tenderà a peggiorare.
La mia domanda, a tal proposito, è questa: sono entrato o sto entrando in una fase depressiva?
C'è un tempo per stabilire la depressione patologica di un paziente o anche pochi giorni possono essere determinanti?
Non so cosa pensare, non so se mi sto intrappolando da solo nella mia stessa mente, sono veramente disperato.
Sono settimane che non vedo la mia psicologa in quanto è indisposta per motivi personali, ed il nuovo farmaco lo sto prendendo da troppo poco tempo.
Avrei avuto altre mille cose da dire ma lo spazio disponibile è limitato.
Grazie a tutti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
La domanda che pone fa parte dell'insieme di domande che si sta ponendo, mica è una domanda diversa dalle altre di questo periodo...
Quindi domande da non discutere assolutamente come fossero richieste su cui fare dei ragionamenti.
Non cita la cura che sta facendo però, magari possiamo dire qualcosa su quella.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
Utente
Utente
Scusi ma non capisco cosa intende dicendo che è una domande come le altre. Comunque, il percorso farmacologico è stato:
Stiliden per 8 mesi (efficace ma inibitore della libido);
Brintelix per altri 5 (inefficace)
Fluvoxamina 2 mesi (inefficace per l'ansia; effetto collaterale sonnolenza)
Fluoxetina attuale (da meno di una settimana)
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Che è uno dei pensieri ossessivi e negativi di cui parlava.
L'ultima cura è stata appena iniziata, non vedo perché giudicarla ora.
Della fluvoxamina non specifica la dose, e non è chiaro cosa significhi inefficace "per l'ansia", il riferimento alla sua diagnosi, non genericamente all'ansia come un pezzo staccato (ansia poi è molto generico).
In altre parole: di 2 cure provate, una era efficace. Una in corso. Una (brintellix) non specifica per questo tipo di situazioni.
Quindi il pessimismo è un sintomo della sua condizione.

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
Forse non sono stato chiaro nella domanda. Il mio intento non era quello di giudicare la mia terapia o i farmaci che stessi prendendo, ma di poter dare un nome ed una definizione a ciò che sto passando. L'aspetto fondamentale del mio problema è l'ansia generalizzata che sfocia negli attacchi di panico, ansia legata ad aspetti fobici che ho citato all'inizio. Solo che, improvvisamente, da qualche Settimana, se prima ero riuscito comunque a trovare un equilibrio che mi consentiva di proseguire la mia vita tranquillamente e lavorare parallelamente nella psicoterapia, ora mi sento totalmente giù: l'ansia persiste ogni giorno, gli attacchi di panico diventano sempre più frequenti, e non c'è mai un solo motivo, ma può essere legato a qualsiasi cosa, anche ad un mio semplice pensiero. Questa condizione mi sta facendo vivere in una eterna paura, in un terrore vizioso che non mi dà la possibilità di vedere oltre. al tutto si è aggiunto un forte malessere emotivo, una forte angoscia, ed una continua voglia di piangere. Per questo, chiedevo, se potesse parlarsi in un certo senso di depressione.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Ma infatti è quello che le sto dicendo, di dare un nome (i termini che usa sembrano messi in fila ma non a comporre una diagnosi, secondo una sequenza probabilmente elaborata da Lei (l'ansia generalizzata che sfocia nel panico etc). Dare un nome serve per scegliere lo strumento.
Per questo anche non capsico esattamente come possa essere in corso una psicoterapia senza una diagnosi. Né capisco perché deve scegliere Lei di che diagnosi parlare. Dal 2017 a oggi nessuno ha posto una diagnosi e indicato quantomeno delle opzioni farmacologiche (trattandosi di un disturbo con aspetti ansiosi, dovrebbero essere disponibili e comuni).

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
La mia confusione è data proprio da questo che lei intende. Ho cambiato cinque psicoterapeuti, i quali hanno sempre dato un'interpretazione diversa al mio problema. L'aspetto più comune di cui tutti parlavano è stato quello del disturbo fobico ossessivo. Ognuno ha dato alla mia fobia una motivazione diversa: paura di perdere il controllo sulla realtà; paura del giudizio altrui; scarsa autostima nei confronti delle mie potenzialità; ma la sensazione che ho sempre avuto è stata quella di non essere compreso appieno, laddove alla mia condizione veniva relegata solo una parziale e possibile spiegazione. Le terapie farmacologiche che mi sono state date erano sempre mirate al disturbo ossessivo. Che è sicuramente presente, ma dagli effetti che ho non sono i soli.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
"L'aspetto più comune di cui tutti parlavano è stato quello del disturbo fobico ossessivo."

E' esattamente l'impressione che ho avuto anche io. Le motivazioni e interpretazioni non sono richieste, né verificabili. Il timore di perdere il controllo non è un'interpretazione, è la struttura generale del pensiero ossessivo, indipendentemente dai contenuti. Non è il perché, è il "come".

Quali terapie quindi ha fatto ?

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
Se si riferisce ai vari approcci terapeutici sono stati:
1) terapia strategicointegrata
2) terapia psicodinamica
3) terapia strategicobreve
4) terapia cognitivo comportamentale
5) terapia cognitivo comportamentale
La prima si è basata molto sulla ricerca del problema che stava all'origine, ma non c'è stato alcun intervento diretto sulla sintomatologia.
La seconda è durata pochissimo in quanto si basava solo su uno spasmodico racconto del mio passato
La terza, durata qualche mese, ha avuto solo un leggero effetto palliativo molto limitato e molto parziale, basata su esercizi pratici (quelli basati sulla teoria di G. Nardone)
La quarta è quella durata di più, tre anni e mezzo, ed è stata quella che ha tentato più approcci : esposizione all'oggetto fobico tramite immagini e video; "ricostruire" un'immagine di me più positiva e capace; impormi di non evitare le situazioni. Ma il tutto è avvenuto senza un programma, senza uno schema, tutto molto confusionario, tant'è che ho alternato momenti di apparente serenità a momenti di gravi ricadute.
La quinta, è quella che sto tutt'ora seguendo ma da pochissimo. La psicologa in questione utilizza la tecnica del EMDR, che non abbiamo ancora iniziato ad utilizzare,dato che ci troviamo nel periodo della conoscenza. Spero di aver risposto alla sua domanda
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