Effetti collaterali da astinenza da ssri. come comportarsi e come gestirli?
Buongiorno, come da titolo del consulto, sono qui per chiederVi qualche consiglio.
Sono un adulto di 29 anni.
Per 2 anni ca ho assunto, sotto consulto e direttive dello specialista che mi segue, una terapia con ansiolitici (delorapepam) e SSRI (zoloft 100mg) per gestire e cercare di alleviare la forma di ansia generalizzata che mi caratterizza fin da quando ero più giovane.
In breve: 2 anni fa, diversi eventi scatenanti, tra cui un attaco di panico in aereo (trigger?) , mi portarono a decidere di seguire una cura mirata e pianificata, con uno specialista in psichiatria che ricercai appositamente, per "prendere in mano la mia vita".
Quindi, qui troverete un paziente/utente del forum, a favore della psichiatria e delle cure da essa prevista.
Insomma, l'ansia come sapete, destabilizza in tutti i momenti e tutto il corpo.
Chi ne soffre, può capirmi e non sarà necessario aggiungere altro; per chi, invece, cerca di aiutarci, non porterò via più tempo del dovuto se non per specificare i miei disturbi.
Di fatto, due: DOC e ansia generalizzata.
Origine: genetica (nonna materna e padre ne soffrono).
Come dicevo per due anni, ho mantenuto con costanza e precisione la terapia prescittra, poi a causa di disfunzioni sessuali (anche invalidanti a volte) ed in assoluto accordo con il mio specialista (di cui tengo a precisare, sarò sempre grato), abbiamo deciso di scalare la sertralina fino alla sospensione.
Ad oggi, sono circa 15gg che non prendo più il farmaco.
Scalaggio: lento, graduale e controllato sotto stretta sorveglianza del mio specialista.
Risultato: meno pesante, ma non invalidante.
Ora mi ritrovo con i classici sintomi da astinenza: ansia (non in forma grave), agitazione, tensione, scarsa concentrazione, scosse elettriche lungo il corpo e capo, ridigità muscolare, spasmi, diarrea, sintomi simil influenzali... Insomma, ho sofferto un pò la sospensione.
Per correttezza a chi mi legge ed è sotto terapia: niente allarmismi, è normale, i farmaci hanno TUTTI effetti colaterali, questo un pelo più di altri.
In tutta la durata della terapia, sono stato seguito da psicologa comportamentale.
Qui le due domande, cui vorrei che voi specialisti con il massimo della sensibilità e sopratutto della sincerità mi possiate rispondere:
Domanda nr.
1: In casi di ansia, anche grave, è preferibile un supporto psicoterapico a quello della psicologia comportamentale?
Domanda nr.
2: è possibile, nonostante la conclamata struttura genetica, "vivere bene" senza farmaco?
Chi lo prende, lo sa, il farmaco aiuta e anche molto, ma bisogna anche capire SE esiste un modo per "allenarsi" a vivere SENZA FARMACO.
Insomma, sono come un calciatore con poca tecnica di base: è sufficiente fare tanto allenamento "psicoterapico" per poi riuscire a diventare un "campione" e andare a giocarsi la Champions (vedi Carles Puyol) ?
Spero possiate cogliere anche gli esempi metaforici di cui sopra; la questione è delicata e vi chiedo un consiglio da figlio/amico, al 100% cosciente dei propri limiti.
Sono un adulto di 29 anni.
Per 2 anni ca ho assunto, sotto consulto e direttive dello specialista che mi segue, una terapia con ansiolitici (delorapepam) e SSRI (zoloft 100mg) per gestire e cercare di alleviare la forma di ansia generalizzata che mi caratterizza fin da quando ero più giovane.
In breve: 2 anni fa, diversi eventi scatenanti, tra cui un attaco di panico in aereo (trigger?) , mi portarono a decidere di seguire una cura mirata e pianificata, con uno specialista in psichiatria che ricercai appositamente, per "prendere in mano la mia vita".
Quindi, qui troverete un paziente/utente del forum, a favore della psichiatria e delle cure da essa prevista.
Insomma, l'ansia come sapete, destabilizza in tutti i momenti e tutto il corpo.
Chi ne soffre, può capirmi e non sarà necessario aggiungere altro; per chi, invece, cerca di aiutarci, non porterò via più tempo del dovuto se non per specificare i miei disturbi.
Di fatto, due: DOC e ansia generalizzata.
Origine: genetica (nonna materna e padre ne soffrono).
Come dicevo per due anni, ho mantenuto con costanza e precisione la terapia prescittra, poi a causa di disfunzioni sessuali (anche invalidanti a volte) ed in assoluto accordo con il mio specialista (di cui tengo a precisare, sarò sempre grato), abbiamo deciso di scalare la sertralina fino alla sospensione.
Ad oggi, sono circa 15gg che non prendo più il farmaco.
Scalaggio: lento, graduale e controllato sotto stretta sorveglianza del mio specialista.
Risultato: meno pesante, ma non invalidante.
Ora mi ritrovo con i classici sintomi da astinenza: ansia (non in forma grave), agitazione, tensione, scarsa concentrazione, scosse elettriche lungo il corpo e capo, ridigità muscolare, spasmi, diarrea, sintomi simil influenzali... Insomma, ho sofferto un pò la sospensione.
Per correttezza a chi mi legge ed è sotto terapia: niente allarmismi, è normale, i farmaci hanno TUTTI effetti colaterali, questo un pelo più di altri.
In tutta la durata della terapia, sono stato seguito da psicologa comportamentale.
Qui le due domande, cui vorrei che voi specialisti con il massimo della sensibilità e sopratutto della sincerità mi possiate rispondere:
Domanda nr.
1: In casi di ansia, anche grave, è preferibile un supporto psicoterapico a quello della psicologia comportamentale?
Domanda nr.
2: è possibile, nonostante la conclamata struttura genetica, "vivere bene" senza farmaco?
Chi lo prende, lo sa, il farmaco aiuta e anche molto, ma bisogna anche capire SE esiste un modo per "allenarsi" a vivere SENZA FARMACO.
Insomma, sono come un calciatore con poca tecnica di base: è sufficiente fare tanto allenamento "psicoterapico" per poi riuscire a diventare un "campione" e andare a giocarsi la Champions (vedi Carles Puyol) ?
Spero possiate cogliere anche gli esempi metaforici di cui sopra; la questione è delicata e vi chiedo un consiglio da figlio/amico, al 100% cosciente dei propri limiti.
[#1]
Il problema riguarda la diagnosi che tendenzialmente tende ad essere sempre presente nonostante i trattamenti.
Il doc può ricevere beneficio da alcune terapie psicoterapiche ma in base alla gravità va valutata la terapia farmacologica
La presenza di effetti collaterali deve far valutare lo spostamento verso molecole che non abbiano quel tipo di effetti.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
Il doc può ricevere beneficio da alcune terapie psicoterapiche ma in base alla gravità va valutata la terapia farmacologica
La presenza di effetti collaterali deve far valutare lo spostamento verso molecole che non abbiano quel tipo di effetti.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#2]
Utente
Buonasera Dr. Francesco Saverio Ruggiero,
Lei mi suggerisce la pacifica convivenza con i disturbi, quali tratti come citato sopra, della mia struttura generetica?
Alcune terapie psicoterapiche, sono meglio di altre? Avrebbe, per esempio, qualche suggerimento?
Altre molecole, verrano brevettate magari diminuendo o escludendo parte degli effetti collaterali... a suo avviso è lecito, accettare la terapia a vita? Come un diabetico prende l'insulina.
Cosa pensa, di un possibile coinvolgimento anche di uno specialista endocrinologo?
L'unica mio dubbio (strano? avendo ansia ahah) è: sarò sempre così "efficiente a livello lavorativo, come sotto farmaco"? (quest'ultima, l'efficienza, in ogni dove è sempre più richiesta insieme ad un iperproduttività quasi scontata ormai ). Ora che non sono più sotto SSRI, mi sento davvero "meno efficiente" e questo un pò, mi porta a pensare, che il farmaco mi renderà una vita più facile. Perché questa mia valutazione ? Perché sotto farmaco, non provo paura, timore, dubbi o perplessità. Ho una visione analitica e risolutiva, in molti problemi che la vita, come giusto che sia, mi pone davanti. Risolvo il problema e basta. Senza farmaco, ho il problema, e mi faccio problemi sull'esistenza del problema. Credo che, anche come modus operandi, sia necessario "abituarsi" al primo automatico ragionamento e cioè: problema = soluzione. Con o senza farmaco.
Indubbiamente, continuerò la terapia psicoterapica a fine di controllo dei disturbi.
Qual'ora, dovessi subire un particolare evento stressante (nuovo trigger?) e la mia risposta del controllo sui sintomi, non dovesse essere all'altezza di un corretto processo decisionale, come mi comporto o mi dovrei comportare?
Pongo queste domande, in quanto legge, che lei è specialista sia in psicologia, psichiatria che in psicoterapia.
Cordiali saluti
Utente 628345
Lei mi suggerisce la pacifica convivenza con i disturbi, quali tratti come citato sopra, della mia struttura generetica?
Alcune terapie psicoterapiche, sono meglio di altre? Avrebbe, per esempio, qualche suggerimento?
Altre molecole, verrano brevettate magari diminuendo o escludendo parte degli effetti collaterali... a suo avviso è lecito, accettare la terapia a vita? Come un diabetico prende l'insulina.
Cosa pensa, di un possibile coinvolgimento anche di uno specialista endocrinologo?
L'unica mio dubbio (strano? avendo ansia ahah) è: sarò sempre così "efficiente a livello lavorativo, come sotto farmaco"? (quest'ultima, l'efficienza, in ogni dove è sempre più richiesta insieme ad un iperproduttività quasi scontata ormai ). Ora che non sono più sotto SSRI, mi sento davvero "meno efficiente" e questo un pò, mi porta a pensare, che il farmaco mi renderà una vita più facile. Perché questa mia valutazione ? Perché sotto farmaco, non provo paura, timore, dubbi o perplessità. Ho una visione analitica e risolutiva, in molti problemi che la vita, come giusto che sia, mi pone davanti. Risolvo il problema e basta. Senza farmaco, ho il problema, e mi faccio problemi sull'esistenza del problema. Credo che, anche come modus operandi, sia necessario "abituarsi" al primo automatico ragionamento e cioè: problema = soluzione. Con o senza farmaco.
Indubbiamente, continuerò la terapia psicoterapica a fine di controllo dei disturbi.
Qual'ora, dovessi subire un particolare evento stressante (nuovo trigger?) e la mia risposta del controllo sui sintomi, non dovesse essere all'altezza di un corretto processo decisionale, come mi comporto o mi dovrei comportare?
Pongo queste domande, in quanto legge, che lei è specialista sia in psicologia, psichiatria che in psicoterapia.
Cordiali saluti
Utente 628345
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.4k visite dal 06/05/2021.
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