Ansia e depressione: ricadute

Salve, sono uno studente di 25 anni. Un paio d'anni fa (nel Settembre 2006) ho cominciato a soffrire di stati d'ansia durante la giornata. La cosa è svanita nel giro di qualche mese. Nel Settembre del 2007 però i sintomi si sono ripresentati ed in maniera più consistente. A quel punto ho deciso di intraprendere la strada della psicoterapia. La situazione non è migliorata ed in pratica ho avuto un calo a strapiombo nelle prestazioni e nell'umore ( non riuscivo più a concentrarmi e non ricordavo quasi più nulla mentre studiavo). Nel Gennaio 2008 il crollo totale: dormivo da mattina a sera e non volevo più fare nulla. Dopo alcuni mesi ho deciso di abbandonare quel tipo di psicoterapia (il mio terapueta sosteneva che potessi farcela da solo, stravolgendo la mia vita) e di consultare un nuovo psicoterapeuta ed uno psichiatra. Quest' ulitmo mi ha prescritto Eutimil da 40 mg (20 a mattina e 20 a pranzo) e mi spronato ulteriormente ad impegnarmi nel trattamento psicoterapeutico. Nel giro di qualche mese ho ricominciato un pò alla volta a studiare ed a riprendere la mia vita in mano, cambiando anche alcuni punti di vista nel mio approccio alle situazioni. Anche all'università sono riuscito a dare esami con risultanti sempre migliori fino QUASI a tornare al mio standard di studente brillante. Ho cominciato lo scalaggio dell'Eutimil a Gennaio (il trattamento è durato in pratica 8 mesi) e comunque la mia vita è migliorata (ho ricominciato a seguire i corsi universitari ed a programmare il futuro). Verso la fine di Marzo, a trattamento concluso, ho cominciato a riavere gli stessi sintomi di ansia e scarsa concentrazione. A quel punto mi sono bloccato (per la paura di ricadere nel cosidetto "baratro"). Non sto male come nel caso dell'episodio depressivo di un anno fa, però sono fermo e la voglia di affrontare le cose è sempre minore. Con lo psicoterapeuta stiamo cercando di affrontare la cosa a fondo mentre lo psichiatra mi ha consigliato di lavorare appunto serratamente in terapia prima di, al limite, riprendere il trattamente farmacologico. La mia domanda è questa: E' POSSIBILE CHE IL PERIODO DI TRATTAMENTO FARMACOLOGICO OSSERVATO SIA STATO BREVE?? Vorrei tornare a vivere al più presto, ma onestamente sento di non farcela senza l'aiuto del farmaco. D'altro canto la cosa mi "deprime" (passatemi il verbo) perchè vorrei farcela davvero da solo...
Ringrazio anticipatamente per la disponibilità
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

Il trattamento è durato troppo poco. Dice "ho cominciato lo scalaggio..." ma in realtà non è che ad un certo punto si "cominci lo scalaggio". Si può provare a vedere se l'equilibrio è mantenuto anche a dosi ridotte, e se questo è stabile nel tempo. Idealmente non si prende niente a lungo termine, anzi idealmente non ci sono neanche le malattie, ma questi sono ragionamenti fasulli che non permettono di sfruttare al meglio il potenziale delle cure. Siccome NON dipende da Lei, altrimenti non sarebbe una malattia, se riceve una cura per una malattia il ragionamento deve essere proprio fatto in termini di rischio di ricadute. Come ha potuto vedere non si tratta soltanto di risolvere qualche sintomo, ma proprio di "svoltare" nelle modalità di approccio ai problemi, cioè fare a meno di una serie di percorsi mentali e comportamentali obbligati che prima erano il nostro pane quotidiano. Questa è la parte più inaspettata della terapia farmacologica, che è un peccato non sfruttare a lungo termine.
Quidni niente di strano che sia ripeggiorata la cosa.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
gentile utente,

effettivamente il periodo di trattamento e' stato troppo breve.
Mi pare che lei rientri in schemi mentali del "farcela da solo" che ben poco hanno a che vedere con la patologia di cui soffre e che va trattata adeguatamente.

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Utente
Utente
Ringrazio anzitutto il dr Ruggiero ed il dr Pacini per la rapidità di risposta. In pratica quindi sono in attesa che il mio psichiatra si decida a ripendere il trattamento. Ne approfitto per risolvere un altro dubbio che mi attanaglia: ma quali sono gli effetti dannosi a lungo termine degli SSRI? nel breve periodo io ho solo notato uno degli effetti collaterali più comuni: l'argonasmia. Ringrazio ancora per l'aiuto offertomi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Che si sappia nessuno. L'effetto che ha detto è comune, non è che nel tempo produca dei danni.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
gentile utente

non si parla di danni a lungo termine in quanto non noti ed anche poco presenti.
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Utente
Utente
Salve. Ieri mi sono consultato con lo psichiatra e mi ha "finalmente" dato l'ok per riprendere il trattamento con eutimil, provando magari con un dosaggio minore rispetto a quello precedente (che era di 40mg/die). Il fatto è che sto vivendo questa cosa con un terribile senso di colpa e disperazione nel non essere uscito definitvamente dalla cosa. C'è possibilità che un prolungamento del trattamento dia risultati migliori e (magari) definitivi??
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Non farebbe questo discorso per una malattia di altro tipo, è che il cervello "non si vede". Riesce facile vedere lo stomaco come fonte del problema se si ha problemi di digestione, vedere il cervello come fonte del problema se si soffre di ansia è invece difficile. Per questo le persone guardano al corpo, all'ambiente, ma l'ultima cosa che pensano è che è una malattia come un'altra.
Le dosi efficaci in passato sono un buon punto di riferimento. Le cure non vanno decise per far contento il paziente. Dose minore nella sua testa significa che ci metterà di meno a tornare a zero. E' un modo di pensare inutile e controproducente. Chi si vuole togliere i farmaci il prima possibile passa più tempo degli altri a riprendere la cura e ottiene di solito anche peggiori risultati.
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Utente
Utente
Gentile dr. Pacini, la ringrazio per la rapida risposta. Il problema è che purtroppo nell'istante in cui avevo cominciato ad avere sedute meno frequenti (per decisione dell'analista) e ad eliminare il farmaco (per decisione del medico), la cosa mi aveva fatto ben sperare. Con questo non voglio dire che c'è stata scarsa perizia da parte di chi mi segue, però capirà che nelle condizioni in cui mi trovo è facile (se non fisioligico) buttarsi giù in men che non si dica e tornare a vedere tutto sotto una chiave di irreversibilità. Probabilmente, come sostiene Lei, c'è stato fin troppo "ottimismo" e di questo parlerò a fondo con chi mi segue, sia dal punto di vista medico che psicoterapeutico.La ringrazio ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
L'ottimismo è il desiderio di non avere ciò che si ha, ma questo se è comprensibile dà spesso come risultato quello di peggiorarne il decorso. L'ottimismo è utile solo quando non c'è speranza.
Siccome questi disturbi si possono curare bene, che "guariscano" o meno, è meglio essere pessimisti così non ci si perde nulla e magari si hanno anche sorprese positive nel tempo.
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Utente
Utente
Le Sue parole (mi riferisco a quelle del dr. Pacini) sono "purtroppo" vere. La cosa che molte volte ci spinge a non accettare il tipo di disturbo, sta nel fatto che esso viene spesso visto in maniera esagerata da chi ci circonda (la situazione a cui alludo è quella dei miei familiari) che, ovviamente, non fa altro che peggiorare le cose. Credo però , nonostante questo sia un "male" alquanto diffuso, ci sia ancora una vergognosa disinformazione che ovviamente "blocca" anche un eventuale approccio alla prevenzione. Avrei infine un altro dubbio da soddisfare: c'è una certa predisposizione genetica? Ho un cugino (col quale ho condiviso anche lo stesso ambiente familiare ed educativo) che soffre da anni del mio stesso disturbo.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
C'è una predisposizione genetica, parziale.
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Utente
Utente
Salve. Ho ripreso da una settimana la terapia con eutimil. Per ora sono a 20mg, ma a dire il vero mi sento anche peggio (ansia per gran parte della mattina, pessimo umore, ed anodenia). E' possibile che ciò sia dovuto al farmaco oppure c'è una relazione col cambio di clima? C'è da dire che lo scorso anno (quando ancora non avevo cominciato la cura) il mese di maggio fu ugualmente critico. Grazie ancora per la disponibilità
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