Pensieri-ossessivi,Morte, "attacchi di angoscia" e percezione dell'esistenza grigia e insignificante
Dottori buona sera.
Sono un ragazzo di 22 anni e sento che la mia vita stia peggiorando.
Ultimamente penso sempre alla morte, di cosa si proverebbe nel momento in cui morirò, dei miei genitori che non ci saranno più, che forse sarò da solo, che la mia vita cosi come l'ho conosciuta non esisterà più... di quella che SARA' la mia sensazione nel momento del trapasso e che è individuale e che sarà indecibile agli altri... Questo è il circuito di pensieri. Ma c'è di più, che ora vado in angoscia nella quale questa indecibilità mi scaraventa in una solitudine esistenziale pazzesca, inizio a guardare la realtà intorno a me con FORTISSIMA nostalgia anticipata e altri aspetti che verranno detti dopo. Prima di andare in angoscia io pensavo "negativamente" in maniera ossessiva ora si sta trasformando in un umore tendente al depressivo e in attacchi di angoscia terrificanti.
Io non ero cosi.
Io ero tranquillo.
Qualcosa in me non sta funzionando più.
Quando faccio qualcosa anche di semplice insieme alle persone care, mi viene da piangere e vivo immerso in una nostalgia abbaiante pensando che il mio destino sarà necessariamente senza di loro un giorno.
Mi mancano da vivi.
Sono anticipatamente nostalgico di quello stesso momento che passo con un mio caro: in una passeggiata con mio fratello lui mi manca tantissimo. E' da poco che ho questi episodi. Prima si sono configurati come pensieri ossessivi, un chiodo fisso e ora sono diventati un umore costante che delle volte si traduce in episodi di forte, cupa, solitaria angoscia esistenziale riempita di immensa nostalgia anticipatoria nella quale afferro l'insignificatezza della vita e la scorrevolezza del tempo, l'idea che niente è per sempre e che le cose a cui voglio bene un giorno non ci saranno più, e nella quale ho anche la voglia di abbracciarli piangendo di una tristezza infinita, la voglia di sapere tutto quello che hanno fatto e di come, di seguire i loro passi di "passare le loro stesse esperienze dell'esistenza" e se non posso, voglio saperle. Mi capitava di provare qualcosa di simile quando da piccolo cercavo di ricalcare esattamente i passi che mio padre o mio fratello facevano nel salire la scale mentre io ero dietro di loro. Durante questi "attacchi di angoscia" si rispolvera un antico senso di emulazione; ma questo tipo nasce come un desiderio profondo di essere un tutt'uno con la realtà che un domani non avrò più davanti? Un senso di comunione? Un tentativo di afferarla prima che scappi forse? O forse è volere un senso di accudimento? Non è nel mio carattere tutto questo o almeno, in quello che io credo di essere.
Non ho mai fatto serata in maniera ripetitiva. Non esco più sempre da anni e faccio una vita di che molti considerano di merda, ma che non mi pesa più da anni in quanto sono riuscito a mettermela a posto "intellettualmente" al punto che vivo da anni accettando la mia segragazione domiciliare e posso accettare passivamente il fatto di vivere per mesi interi senza uscire. Non mi pesa, ma non ne sono felice. Il computer è una componente importante nella mia vita ma so non essere la fonte della mia vita. Normalmente i miei occhi lanciano uno sguardo realistico e cinico. Ognuno si sceglie la vita che vuole, finché piace ciò che si fa, va bene. Ma so che questa può essere una scusa perché si può stare meglio, sempre. Non tingo di malvagità il mondo esterno per compensare la mia frustrazione e credo di avere una visione delle cose mediamente più completa degli altri, senza presunzione però. Non ho desiderio sessuale, pochissime volte ho avuto libido nel mondo reale (e dico nel mondo reale perché sui social è più facile avercela) e credo di poter stare senza una ragazza ma sono anche vergine e delle volte questo fatto mi pesa. Spesso non ho desideri, passioni, obiettivi. Ho pensato di essere depresso ma dal fatto di disporre lucidità mentale mi sono sempre persuaso di avere la situazione sotto comando in quanto detengo lo strumento che può sistemare la mia rotta, il mio percorso. E' la mia Volontà che è sempre confusa e quasi sempre le mie idee e la mia mente. Ma so essere molto ragionevole se fatto uscire dal mio circuito distruttivo/confusionale di idee.
A casa comunque non sono concentrato; in un periodo (anno) capita di voler fare mille progetti e di non portarne a termine uno. Capita di voler fare tantissime cose e poi, dopo un periodo, di non avere più interesse in ciò. E saltello da una cosa all'altra con molta indisciplina. Sforzi di disciplina sono messi a duro colpo da un atteggiamento vile, pigro e passivo ma che delle volte - più raramente - sa essere energico se stuzzicato in modo corretto e se viene socialmente riconosciuto. Lo stare a casa significa però avere sempre a che fare con le stesse persone e un ragazzo della mia età, specie con una mentalità come la mia si sente necessariamente incompreso. Dei periodo in questo senso è forte. Fino a fare mia l'idea di una incomunicabilità di fondo radicale e una conseguente rassegnazione al parlare data dall'idea a monte di una sicura e postuma incompresione: parlare e non parlare non cambia nulla. Quindi mi chiudo quasi sempre in me. Ma so anche uscire da me e parlare. Delle volte quando parlo faccio estrema fatica però, quasi come se non avessi le parole e dovessi "carburare prima".
Mi piace pensare e adoro la filosofia, ma non è passione verso la materia, è piuttosto come stile di vita e forse anche "tipo psicologico" (se posso dire).
Riesco ad essere lucido anche durante queste nuovissime crisi esistenziali profonde ma sento che la mia percezione del mondo cambia radicalmente e non posso aiutarmi con la "lucidità". Sento che nessuno mi può aiutare e mi sento distante, triste.
Tutto è nero e grigio.
Tinto delle stesse tonalità.
Tutto è insignificante e anche le cose che magari mi facevano stare bene ora sono insignificanti perché si è stagliato un mostro enorme, imbattibile che è la morte, la quale tinge di insignificatezza tutto ciò faccio.
Capita di sentirmi intrappolato nell'esistenza la cui unica via d'uscita sia la morte, sempre lì, spalancata e pronta ad aspettarci.
Non c'è il desiderio di suicidio.
Ma sopratutto temo anche per me stesso perché se a 22 anni io coltivo questo fondo psicologico a 70 sarò già devastato dalla vita, posto che io ci arrivi.
Devo risolverla.
Voglio.
Ho sofferto di attacchi di panico ma non sono frequenti; affatto. Ma non so se definirli di panico in quanto "il mio mondo percettivo" durante quegli attacchi aveva come sfondo lo stesso di questi attacchi di angoscia di ora. E la cosa in comune era il senso di trappola e oppressione esistenziale, l'incomunicabilità, l'idea che solo io posso aiutare me stesso, e il fatto che le voci esteriori perdono di autorità (per quello di panico diventano anche sorde, come se la mia mente fosse concentrata dentro invece che fuori). Solo che quegli attacchi erano generati da ansia e pensieri di ipocondria, quindi tachicardia e senso di ansia crescente fino a quel disturbo
Ho da più di un anno un disturbo di ansia che è presto sfociata in ipocondria. Delle volte si innesca da sola con tachicardia ingiustificata ma spesso viene innescata da pensieri ossessivi riguardo a malattie, tumori, morte ed entro in un circolo visiozo che può tradursi in un attacco di panico coadiuvato anche da dolori fisici che si frappongono e diventano la base per un timore oncologico.
Cosa mi succede? Ora provo anche dolori sordi e profondi localizzati a più punti, "che si muovono nel tempo". Immancabilmente ciò mi fa pensare a tumori anche se razionalmente so che l'ansia fa questi scherzi ma il dubbio aleggia ed è quello che mi corrode. Questa angoscia mi prende ad un livello più alto... non è fisico e neanche psicologico, è proprio esistenziale... e mi intacca là proprio nella mia esperienza soggettiva della vita cambiando i miei occhi. Posso distrarmi ma uscire mi fa "ritornare in me stesso" è vero, ma se rientro in mente so che c'è bello pronto un sistema di pensiero disfunzionali pronto ad attendermi. Al momento devo stare il meno possibile nella mia mente ma anche "fuori di mente" ho pensieri e immaginazioni intrusivi che possono generarmi ansia e il ciclo può ricominciare. Un esempio di ciclo che è perennemente sotto-coscienza è l'idea stessa che io stando male psicologicamente, possa auto-recarmi dei tumori in quanto lo stress può essere un coadiuvante, ed ecco che entro in un ciclo ansiogeno di impossibile rottura. Non riesco più a gioire di cose che 2 settimane fa mi avrebbe fatto stare bene come quando la mia gattina dormiva beata, ora sono impassibile perché ho scrutato "l'abisso". Il mio mondo sta cambiando e sono sconfortato.
Sono un ragazzo di 22 anni e sento che la mia vita stia peggiorando.
Ultimamente penso sempre alla morte, di cosa si proverebbe nel momento in cui morirò, dei miei genitori che non ci saranno più, che forse sarò da solo, che la mia vita cosi come l'ho conosciuta non esisterà più... di quella che SARA' la mia sensazione nel momento del trapasso e che è individuale e che sarà indecibile agli altri... Questo è il circuito di pensieri. Ma c'è di più, che ora vado in angoscia nella quale questa indecibilità mi scaraventa in una solitudine esistenziale pazzesca, inizio a guardare la realtà intorno a me con FORTISSIMA nostalgia anticipata e altri aspetti che verranno detti dopo. Prima di andare in angoscia io pensavo "negativamente" in maniera ossessiva ora si sta trasformando in un umore tendente al depressivo e in attacchi di angoscia terrificanti.
Io non ero cosi.
Io ero tranquillo.
Qualcosa in me non sta funzionando più.
Quando faccio qualcosa anche di semplice insieme alle persone care, mi viene da piangere e vivo immerso in una nostalgia abbaiante pensando che il mio destino sarà necessariamente senza di loro un giorno.
Mi mancano da vivi.
Sono anticipatamente nostalgico di quello stesso momento che passo con un mio caro: in una passeggiata con mio fratello lui mi manca tantissimo. E' da poco che ho questi episodi. Prima si sono configurati come pensieri ossessivi, un chiodo fisso e ora sono diventati un umore costante che delle volte si traduce in episodi di forte, cupa, solitaria angoscia esistenziale riempita di immensa nostalgia anticipatoria nella quale afferro l'insignificatezza della vita e la scorrevolezza del tempo, l'idea che niente è per sempre e che le cose a cui voglio bene un giorno non ci saranno più, e nella quale ho anche la voglia di abbracciarli piangendo di una tristezza infinita, la voglia di sapere tutto quello che hanno fatto e di come, di seguire i loro passi di "passare le loro stesse esperienze dell'esistenza" e se non posso, voglio saperle. Mi capitava di provare qualcosa di simile quando da piccolo cercavo di ricalcare esattamente i passi che mio padre o mio fratello facevano nel salire la scale mentre io ero dietro di loro. Durante questi "attacchi di angoscia" si rispolvera un antico senso di emulazione; ma questo tipo nasce come un desiderio profondo di essere un tutt'uno con la realtà che un domani non avrò più davanti? Un senso di comunione? Un tentativo di afferarla prima che scappi forse? O forse è volere un senso di accudimento? Non è nel mio carattere tutto questo o almeno, in quello che io credo di essere.
Non ho mai fatto serata in maniera ripetitiva. Non esco più sempre da anni e faccio una vita di che molti considerano di merda, ma che non mi pesa più da anni in quanto sono riuscito a mettermela a posto "intellettualmente" al punto che vivo da anni accettando la mia segragazione domiciliare e posso accettare passivamente il fatto di vivere per mesi interi senza uscire. Non mi pesa, ma non ne sono felice. Il computer è una componente importante nella mia vita ma so non essere la fonte della mia vita. Normalmente i miei occhi lanciano uno sguardo realistico e cinico. Ognuno si sceglie la vita che vuole, finché piace ciò che si fa, va bene. Ma so che questa può essere una scusa perché si può stare meglio, sempre. Non tingo di malvagità il mondo esterno per compensare la mia frustrazione e credo di avere una visione delle cose mediamente più completa degli altri, senza presunzione però. Non ho desiderio sessuale, pochissime volte ho avuto libido nel mondo reale (e dico nel mondo reale perché sui social è più facile avercela) e credo di poter stare senza una ragazza ma sono anche vergine e delle volte questo fatto mi pesa. Spesso non ho desideri, passioni, obiettivi. Ho pensato di essere depresso ma dal fatto di disporre lucidità mentale mi sono sempre persuaso di avere la situazione sotto comando in quanto detengo lo strumento che può sistemare la mia rotta, il mio percorso. E' la mia Volontà che è sempre confusa e quasi sempre le mie idee e la mia mente. Ma so essere molto ragionevole se fatto uscire dal mio circuito distruttivo/confusionale di idee.
A casa comunque non sono concentrato; in un periodo (anno) capita di voler fare mille progetti e di non portarne a termine uno. Capita di voler fare tantissime cose e poi, dopo un periodo, di non avere più interesse in ciò. E saltello da una cosa all'altra con molta indisciplina. Sforzi di disciplina sono messi a duro colpo da un atteggiamento vile, pigro e passivo ma che delle volte - più raramente - sa essere energico se stuzzicato in modo corretto e se viene socialmente riconosciuto. Lo stare a casa significa però avere sempre a che fare con le stesse persone e un ragazzo della mia età, specie con una mentalità come la mia si sente necessariamente incompreso. Dei periodo in questo senso è forte. Fino a fare mia l'idea di una incomunicabilità di fondo radicale e una conseguente rassegnazione al parlare data dall'idea a monte di una sicura e postuma incompresione: parlare e non parlare non cambia nulla. Quindi mi chiudo quasi sempre in me. Ma so anche uscire da me e parlare. Delle volte quando parlo faccio estrema fatica però, quasi come se non avessi le parole e dovessi "carburare prima".
Mi piace pensare e adoro la filosofia, ma non è passione verso la materia, è piuttosto come stile di vita e forse anche "tipo psicologico" (se posso dire).
Riesco ad essere lucido anche durante queste nuovissime crisi esistenziali profonde ma sento che la mia percezione del mondo cambia radicalmente e non posso aiutarmi con la "lucidità". Sento che nessuno mi può aiutare e mi sento distante, triste.
Tutto è nero e grigio.
Tinto delle stesse tonalità.
Tutto è insignificante e anche le cose che magari mi facevano stare bene ora sono insignificanti perché si è stagliato un mostro enorme, imbattibile che è la morte, la quale tinge di insignificatezza tutto ciò faccio.
Capita di sentirmi intrappolato nell'esistenza la cui unica via d'uscita sia la morte, sempre lì, spalancata e pronta ad aspettarci.
Non c'è il desiderio di suicidio.
Ma sopratutto temo anche per me stesso perché se a 22 anni io coltivo questo fondo psicologico a 70 sarò già devastato dalla vita, posto che io ci arrivi.
Devo risolverla.
Voglio.
Ho sofferto di attacchi di panico ma non sono frequenti; affatto. Ma non so se definirli di panico in quanto "il mio mondo percettivo" durante quegli attacchi aveva come sfondo lo stesso di questi attacchi di angoscia di ora. E la cosa in comune era il senso di trappola e oppressione esistenziale, l'incomunicabilità, l'idea che solo io posso aiutare me stesso, e il fatto che le voci esteriori perdono di autorità (per quello di panico diventano anche sorde, come se la mia mente fosse concentrata dentro invece che fuori). Solo che quegli attacchi erano generati da ansia e pensieri di ipocondria, quindi tachicardia e senso di ansia crescente fino a quel disturbo
Ho da più di un anno un disturbo di ansia che è presto sfociata in ipocondria. Delle volte si innesca da sola con tachicardia ingiustificata ma spesso viene innescata da pensieri ossessivi riguardo a malattie, tumori, morte ed entro in un circolo visiozo che può tradursi in un attacco di panico coadiuvato anche da dolori fisici che si frappongono e diventano la base per un timore oncologico.
Cosa mi succede? Ora provo anche dolori sordi e profondi localizzati a più punti, "che si muovono nel tempo". Immancabilmente ciò mi fa pensare a tumori anche se razionalmente so che l'ansia fa questi scherzi ma il dubbio aleggia ed è quello che mi corrode. Questa angoscia mi prende ad un livello più alto... non è fisico e neanche psicologico, è proprio esistenziale... e mi intacca là proprio nella mia esperienza soggettiva della vita cambiando i miei occhi. Posso distrarmi ma uscire mi fa "ritornare in me stesso" è vero, ma se rientro in mente so che c'è bello pronto un sistema di pensiero disfunzionali pronto ad attendermi. Al momento devo stare il meno possibile nella mia mente ma anche "fuori di mente" ho pensieri e immaginazioni intrusivi che possono generarmi ansia e il ciclo può ricominciare. Un esempio di ciclo che è perennemente sotto-coscienza è l'idea stessa che io stando male psicologicamente, possa auto-recarmi dei tumori in quanto lo stress può essere un coadiuvante, ed ecco che entro in un ciclo ansiogeno di impossibile rottura. Non riesco più a gioire di cose che 2 settimane fa mi avrebbe fatto stare bene come quando la mia gattina dormiva beata, ora sono impassibile perché ho scrutato "l'abisso". Il mio mondo sta cambiando e sono sconfortato.
[#1]
Pone diverse problematiche esistenziali che possono avere un sottofondo depressivo.
Una visita psichiatrica può essere decisiva per un inquadramento ed in trattamento efficace dei suoi sintomi.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
Una visita psichiatrica può essere decisiva per un inquadramento ed in trattamento efficace dei suoi sintomi.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#2]
Utente
Dottore grazie della risposta. Sono inonandato da stati d'animo che prima non avevo. Sto vivendo la stessa realtà in modo diverso. Più melanconico. Oggi mi son svegliato inappetente, con una costante tensione di stomaco, una sorta di gonfiore che non mi fa venir fame e con "doloretti" ai fianchi bassi. Non ho mangiato per un giorno intero. Quando sono andato in bagno ho riscontrato anomalie nelle feci tipo delle "croste" bianche, simili a chicco di riso e.... alcune piccolissime parti rosse, ho subito pensato al sangue. Mi son informato online e parrebbe io abbia la Colite di tipo psicosomatico. Son andato dalla dottoressa. E ho preso appuntamento via telefono con la psichiatra a cui - riferito per telefono della mia angoscia e della mia ansia profonda - ha consigliato dei medicinali che però sapeva non avrei potuto prendere in famacia senza prescrizione. Mi ha consigliato l'Alprazolam. La dottoressa in farmacia mi ha sconsigliato fortemente di prenderli in quanto "potenti" e perché sono un ragazzo di 22 anni. Sotto sotto mi ha anche sconsigliato di farmi vedere da psichiatri perché a detta sua "appizzano" (rovinano) le persone. So essere un pregiudizio. A cosa è dovuto questo stomaco scombussolato? Perché non ho avuto fame per un giorno intero? Perché le feci erano cosi anomale? Per lo stomaco mi ha consigliato di prendere fermenti lattici, mi ha fatto comprare il Lactoflorene PLUS.
Non so che fare. L'appuntamento con la psichiatra ce l'ho e ho paura di non uscirne più.
Non so che fare. L'appuntamento con la psichiatra ce l'ho e ho paura di non uscirne più.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.2k visite dal 15/10/2020.
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