La quotidianeità non ho mai sofferto
Buongiorno sono un ragazzo di 25 anni con un problema spero risolvibile. Circa 5 anni fa ho avuto un malore in metropolitana e da allora soffro di un'ansia particolare: non riesco ad allontanarmi da casa dormendo più di una notte fuori. Il mio problema è che questo attacco si manifesta solo se la durata della mia assenza da casa supera le due notti. Non importa la compagnia, con qualsiasi persona io sia il problema si pone inevitabilmente. Le conseguenze? Crisi di pianto, perdita di appetito e gambe quasi completamente bloccate. Durante la quotidianeità non ho mai sofferto di attacchi di panico di nessun genere, solo 2 anni fa quando sono stato fuori casa ho preso coscienza di questo problema; a parte quella che ritengo sia un'ansia anticipatoria, la paura di ritrovarmi in quella situazione mi limita perchè ciò mi impedisce di fare viaggi lunghi allontanandomi dal mio "nido". Una notte solo fuori casa la tollero, non mi crea nessun disturbo perchè tanto so che l'indomani sarò a casa mia tranquillo e beato. Nessun'altra occasione mi fa venire questo tipo di crisi : luoghi aperti, luoghi chiusi, auto, guidare in auto di notte, strade, luoghi affollati, NULLA. E aggiungo, quando ho pernottato una notte fuori ho comunque preso un hotel vicino ad un ospedale (tanto per stare tranquilli). Ora il punto è : per il mio caso, è consigliabile iniziare una terapia di tipo farmacologica antidepressiva, o ritenete possa essere curabile con dei metodi non invasivi o alternativi(visto che si presenta solo nel caso allontanamenti prolungati da casa che peraltro io sto evitando per evitare il problema - ultima e unica crisi post trauma 2 anni fa)?
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Gentile utente,
i sintomi che riferisce orientano verso un disturbo di panico, anche se lei diceva che non c'è claustrofobia e altre manifestazioni classiche. In realtà sono classiche anche queste, quella di non dormire fuori casa tecnicamente si potrebbe chiamare ansia di separazione, ma il pensiero dell'hotel vicino all'ospedale è un classico, per così dire, del disturbo di panico.
Molti casi di disturbo di panico per esempio iniziano quando la persona è costretta per motivi vari (es. studio) a spostarsi da casa e soggiornare lontano, o quando perde i punti di riferimento e di soccorso abituali, proprio in senso geografico, cioè i familiari cambiano casa, oppure ci si sposa e si va ad abitare lontano. E' una reazione che non presuppone particolari meccanismi psicologici, è istintiva.
Tornando poi alla sua storia, cinque anni fa ebbe una crisi nel più classico dei contesti "da panico", cio è in metropolitana. Non so come allora fu inquadrata la cosa, ma sostanzialmente adesso si può intanto fare una diagnosi, e poi se il disturbo più o meno è quello una terapia standard farmacologica.
i sintomi che riferisce orientano verso un disturbo di panico, anche se lei diceva che non c'è claustrofobia e altre manifestazioni classiche. In realtà sono classiche anche queste, quella di non dormire fuori casa tecnicamente si potrebbe chiamare ansia di separazione, ma il pensiero dell'hotel vicino all'ospedale è un classico, per così dire, del disturbo di panico.
Molti casi di disturbo di panico per esempio iniziano quando la persona è costretta per motivi vari (es. studio) a spostarsi da casa e soggiornare lontano, o quando perde i punti di riferimento e di soccorso abituali, proprio in senso geografico, cioè i familiari cambiano casa, oppure ci si sposa e si va ad abitare lontano. E' una reazione che non presuppone particolari meccanismi psicologici, è istintiva.
Tornando poi alla sua storia, cinque anni fa ebbe una crisi nel più classico dei contesti "da panico", cio è in metropolitana. Non so come allora fu inquadrata la cosa, ma sostanzialmente adesso si può intanto fare una diagnosi, e poi se il disturbo più o meno è quello una terapia standard farmacologica.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#3]
Gentile utente,
la terapia standard di un disturbo di panico è solitamente una terapia farmacologica. Ammesso che la diagnosi sia effettivamente quella, esistono numerosi farmaci utilizzabili, della categoria commerciale "antidepressivi".
La terapia dà effetti sensibili nell'arco di un mese. L'obiettivo è quello di modificare i comportamenti di evitamento o i condizionamenti, aumentare la sua autonomia fino a renderla completa. In generale il disturbo di panico risponde piuttosto bene.
la terapia standard di un disturbo di panico è solitamente una terapia farmacologica. Ammesso che la diagnosi sia effettivamente quella, esistono numerosi farmaci utilizzabili, della categoria commerciale "antidepressivi".
La terapia dà effetti sensibili nell'arco di un mese. L'obiettivo è quello di modificare i comportamenti di evitamento o i condizionamenti, aumentare la sua autonomia fino a renderla completa. In generale il disturbo di panico risponde piuttosto bene.
[#5]
Gentile Utente,
Concordo con i colleghiche i sintomi descritto
i si configurano verosimilmente come disturbo di natura fobica ai primi esordi. E' auspicabile curare il disturbo prima che diventi inveterato. Senza voler ingenerare facili ottimismi, è opportuno sapere che oggi esistono varie cure per tale disturbo. Le percentuali di successo dipendono da vari fattori, tra cui la tempestvità delle cure, l'età ed altro. Le terapie possono essere farmacologiche, farmacologiche con supporto psicoterapeutico o psicoterapia a secondo dei contesti e dei "livelli organizzativi" che si vengono a verificare.
Concordo con i colleghiche i sintomi descritto
i si configurano verosimilmente come disturbo di natura fobica ai primi esordi. E' auspicabile curare il disturbo prima che diventi inveterato. Senza voler ingenerare facili ottimismi, è opportuno sapere che oggi esistono varie cure per tale disturbo. Le percentuali di successo dipendono da vari fattori, tra cui la tempestvità delle cure, l'età ed altro. Le terapie possono essere farmacologiche, farmacologiche con supporto psicoterapeutico o psicoterapia a secondo dei contesti e dei "livelli organizzativi" che si vengono a verificare.
Cordiali Saluti
dr Giovanni Ronzani
[#6]
Gentile utente,
in accordo con i colleghi precedenti, aggiungo che lei necessita di una diagnosi precisa dalla quale dedurre una terapia adeguata, sia essa psicofarmacologica, psicoterapeutica o integata.
Si rivolga presso uno specialista in psichiatria di fiducia per avere risposte adeguate.
Cordialmente
in accordo con i colleghi precedenti, aggiungo che lei necessita di una diagnosi precisa dalla quale dedurre una terapia adeguata, sia essa psicofarmacologica, psicoterapeutica o integata.
Si rivolga presso uno specialista in psichiatria di fiducia per avere risposte adeguate.
Cordialmente
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#7]
Utente
E' possibile avere da Voi un consiglio su come comportarsi con le persone che soffrono di questi attacchi? Che atteggiamento avere nei loro confronti, come aiutarli, cosa assolutamente evitare; vorrei poter star vicino ad una persona che ha l'ansia descritta nei post precedenti...
Ovviamente in aggiunta a quello che è sicuramente il supporto migliore, cioè quello medico;
non voglio sostituirmi assolutamente ad esso ma vorrei che comunque ci fosse un continuum (di aiuto) anche fuori dalla studio medico.
grazie
cordiali saluti
Ovviamente in aggiunta a quello che è sicuramente il supporto migliore, cioè quello medico;
non voglio sostituirmi assolutamente ad esso ma vorrei che comunque ci fosse un continuum (di aiuto) anche fuori dalla studio medico.
grazie
cordiali saluti
[#8]
Gentile utente,
è assolutamente necessario che i familiari e gli amici di soggetti affetti da problematiche mentali abbiano almeno un chiaro concetto che li guidi nel loro atteggiamento:
la malattia mentale, qualunque essa sia, non è un derivato della "volontà" del paziente di essere malato, ma l'esito di un processo in cui la colpevolizzazione deve essere bandita. Vale a dire che vanno evitati qualsiasi atteggiamento o allusione al fatto che "bisogna impegnarsi di più", "bisogna farsi coraggio e metterci più impegno" etc.
Già avere l'accortezza di NON utilizzare questi comportamenti è un grande contributo per un adeguato appproccio.
Cordialmente
è assolutamente necessario che i familiari e gli amici di soggetti affetti da problematiche mentali abbiano almeno un chiaro concetto che li guidi nel loro atteggiamento:
la malattia mentale, qualunque essa sia, non è un derivato della "volontà" del paziente di essere malato, ma l'esito di un processo in cui la colpevolizzazione deve essere bandita. Vale a dire che vanno evitati qualsiasi atteggiamento o allusione al fatto che "bisogna impegnarsi di più", "bisogna farsi coraggio e metterci più impegno" etc.
Già avere l'accortezza di NON utilizzare questi comportamenti è un grande contributo per un adeguato appproccio.
Cordialmente
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ma ne soffre lei come diceva nei post o qualcun'altro ? Non ho capito.
Se vuole aiutare altri che soffrono della stessa cosa, è essenziale curarsi prima, altrimenti insegnerà agli altri le cose che già da sè la malattia insegna, cioè l'evitamento, l'attenzione ai sintomi corporei, controllare lo stress etc.
Le persone malate sostanzialmente vanno consigliate di curarsi, accompagnate nel caso e incoraggiate a preoccuparsi di curarsi e non di non star male ma senza intervenire. Questo è il favore migliore che si può fare a chi soffre di questo disturbo.
Se vuole aiutare altri che soffrono della stessa cosa, è essenziale curarsi prima, altrimenti insegnerà agli altri le cose che già da sè la malattia insegna, cioè l'evitamento, l'attenzione ai sintomi corporei, controllare lo stress etc.
Le persone malate sostanzialmente vanno consigliate di curarsi, accompagnate nel caso e incoraggiate a preoccuparsi di curarsi e non di non star male ma senza intervenire. Questo è il favore migliore che si può fare a chi soffre di questo disturbo.
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Utente
Non ne soffro io ho semplicemente trascritto ciò che mi è stato riportato; vorrei poter aiutare questa persona come credo un qualsiasi buon amico farebbe, sebbene mi rendo conto che l'argomento sia molto delicato. Per il momento è ben indirizzato a curarsi e ad intraprendere questo percorso seriamente. Ovviamente suppongo che questo sia un passo avanti sebbene non abbia mai notato in lui la "vergogna" del suo problema, tutt'altro, ho notato molta determinazione nel volerlo debellare. Certo che il timore che di una "non guarigione" è palpabile; ma suppongo che anche questo faccia parte degli effetti del "disturbo di panico". Grazie per l'aiuto che fornite, è veramente prezioso...
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 2.4k visite dal 14/04/2009.
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