Diagnosi di disarmonia evolutiva
Buongiorno, lo so che ho scritto altre volte.
Pazienza.
Volevo chiedere circa la diagnosi che ho ricevuto da bambina di disarmonia evolutiva.
Informandomi ho capito che è un sinonimo di spettro autistico (ho chiesto a delle logopediste e psicologhe esperte in dsa e neurodiversitá in generale) Pure la psicoterapeuta da cui andavo, senza che le facessi leggere la diagnosi, era arrivata alla conclusione che fossi nello spettro autistico, più che altro tratti, ormai.
Ho anche una diagnosi di discalculia e disgrafia.
In pratica la mia energia e dedizione verso 1000 interessi è spiegabile con l'autismo.
In effetti ho visto che molti asperger sono plurilaureati come me e anch'essi fanno più sport e hobby in contemporanea.
In pratica io sono molto presa dai miei interessi e mi piace tenermi impegnata perché devo essere sempre produttiva.
Idem le difficoltà relazionali sono quelle dell'autismo, anche se in forma molto lieve.
Io sono si impacciata socialmente (non capisco bene le battute se non sono logiche) sono iperlogica.
Sembro strana esternamente, anche se c'è chi apprezza la mia iperlogicità e estro (per i miei amici sono un genio) Nel senso che c'è chi mi apprezza così come sono, anche se sono imbranata.
Però negli anni ho subito molto bullismo (questi tratti autistici sono più apprezzati in età adulta, che durante l'adolescenza e infanzia) Penso di aver instaurato altri tratti di personalità per sovrastare il bullismo, infatti sono molto diffidente, ossessiva e narcisista...sono anche istrionica.
Sottolineo che mi hanno detto che non sono paranoide, ma solo diffidente.
Mi chiedevo quanto possano influire questi tratti autistici sul quadro generale.
(Sottolineo che i tratti autistici sono una certezza perché valutati più volte, il ché non significa che io abbia un disturbo autistico, non più ora, l'avevo da bambina) Nel senso che i tratti autistici possono attenuarsi, o rimangono?
Pazienza.
Volevo chiedere circa la diagnosi che ho ricevuto da bambina di disarmonia evolutiva.
Informandomi ho capito che è un sinonimo di spettro autistico (ho chiesto a delle logopediste e psicologhe esperte in dsa e neurodiversitá in generale) Pure la psicoterapeuta da cui andavo, senza che le facessi leggere la diagnosi, era arrivata alla conclusione che fossi nello spettro autistico, più che altro tratti, ormai.
Ho anche una diagnosi di discalculia e disgrafia.
In pratica la mia energia e dedizione verso 1000 interessi è spiegabile con l'autismo.
In effetti ho visto che molti asperger sono plurilaureati come me e anch'essi fanno più sport e hobby in contemporanea.
In pratica io sono molto presa dai miei interessi e mi piace tenermi impegnata perché devo essere sempre produttiva.
Idem le difficoltà relazionali sono quelle dell'autismo, anche se in forma molto lieve.
Io sono si impacciata socialmente (non capisco bene le battute se non sono logiche) sono iperlogica.
Sembro strana esternamente, anche se c'è chi apprezza la mia iperlogicità e estro (per i miei amici sono un genio) Nel senso che c'è chi mi apprezza così come sono, anche se sono imbranata.
Però negli anni ho subito molto bullismo (questi tratti autistici sono più apprezzati in età adulta, che durante l'adolescenza e infanzia) Penso di aver instaurato altri tratti di personalità per sovrastare il bullismo, infatti sono molto diffidente, ossessiva e narcisista...sono anche istrionica.
Sottolineo che mi hanno detto che non sono paranoide, ma solo diffidente.
Mi chiedevo quanto possano influire questi tratti autistici sul quadro generale.
(Sottolineo che i tratti autistici sono una certezza perché valutati più volte, il ché non significa che io abbia un disturbo autistico, non più ora, l'avevo da bambina) Nel senso che i tratti autistici possono attenuarsi, o rimangono?
[#1]
Gentile utente,
Quell'espressone indica in effetti una forma atipica di autismo. Lascerei stare il resto delle autodiagnosi, non tutto va descritto come una diagnosi psichiatrica, e soprattutto ci sono autodiagnosi impossibili.
Che sia una forma attenuata in termini di sintomi anche.
A 30 anni solitamente la struttura si è definita, ma trattandosi di sindromi solo parzialmente classificabili, non si esclude che la persona possa apprendere tardivamente aspetti, tipo quello interattivo, il linguaggio affettivo, per esempi e contingenze, più che per una generale impostazione.
Quell'espressone indica in effetti una forma atipica di autismo. Lascerei stare il resto delle autodiagnosi, non tutto va descritto come una diagnosi psichiatrica, e soprattutto ci sono autodiagnosi impossibili.
Che sia una forma attenuata in termini di sintomi anche.
A 30 anni solitamente la struttura si è definita, ma trattandosi di sindromi solo parzialmente classificabili, non si esclude che la persona possa apprendere tardivamente aspetti, tipo quello interattivo, il linguaggio affettivo, per esempi e contingenze, più che per una generale impostazione.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Ex utente
Grazie per la risposta. Chiedevo se secondo lei le mie difficoltà relazionali fossero prettamente riconducibili a questa disarmonia evolutiva? Perché io in effetti non ho molti problemi sociali: sono ben inserita nella società, ho due lavori buoni, sono a una seconda laurea importante e lo era anche la prima; ho qualche amicizia, un amico con cui vado a letto. Perché ovviamente se vai da qualsiasi terapeuta che non conosce queste diagnosi precedenti di disarmonia evolutiva ( avevo anche l'insegnante di sostegno alle elementari) è ovvio che magari osservandomi vanno in confusione. Tipo a me passavano a dirmi che non avevo nessun disturbo ad accennare che avevo un carattere bipolare, perché faccio molte attività e ho difficoltà nel controllo emotivo, ma ho scoperto che sono caratteristiche anche autistiche, anzi, soprattutto autistiche, questo insistere verso più interessi in maniera maniacale...la prima domanda che mi fanno tutti è: come diavolo fai, non sei umana?! Perché ha tutti risulta inverosimile la dedizione che metto in tutte le mie attività. Mi hanno detto pure che sembro dissociata, ma a questo punto mi pare più che normale che io sembri in un altro mondo parallelo, è un'altra cosa autistica. Idem l'ossessività che intravedono in me, io non ho una personalità ossessiva, né soffro di doc, quindi forse ancora vedono l'autismo. Mettiamoci poi che ho dei tratti narcisistici e istrionici appariscenti e il tutto basta per confondere ogni terapeuta; premetto che non ho un disturbo narcisistico o istrionico, ma tratti si. Per far intendere, io ho manie di grandezza, ma ho conosciuto persone bipolari e le loro fantasie non sono come le mie, se ne ne accorgo io, se ne dovrebbero accorgere anche i terapeuti, perché le fantasie bipolari sono irrealistiche, io invece faccio di tutto per raggiungere i miei scopi, sono più calcolatrice, oltre a non essere per niente aggressiva e ad essere paccioccona. Cioè a me non sembra nemmeno così strano avere questi tratti, visto la diffusione generica anche in questi tempi moderni, specie nel mio caso che ho subito bullismo per anni, ci sta che io sia narcisista, poi in casa mia con il fatto che avevo delle difficoltà ho ricevuto un trattamento diverso rispetto agli altri figli e in certo senso vengo considerata il genietto di casa, tipo i miei fratelli mi chiamano la principessina, ci stanno anche i tratti istrionici perché sempre per i miei problemi, se da un lato venivo considerata un genio, dall'altro non potevo fare niente perché considerata incapace, idem i miei genitori avevano paura a farmi uscire con gli altri bambini/ragazzi. Però non ho sviluppato dei disturbi di personalità, ho conosciuto persone con disturbi di personalità e sono molto rigidi, non si pongono mai domande e non modificano i loro comportamenti se neccessario, io invece lo faccio. Tipo a me rode un sacco non essere il capo, non comandare, però so che momentaneamente è così e che appunto sto investendo su me stessa per essere io il capo, però per questo mi servono dei soldi e quindi devo lavorare, questo è un ragionamento che una persona con disturbo di personalità non farebbe. Ho un'altra attività lavorativa che potrebbe rendermi moltissimo, ma sono agli inizi, quindi aspetto. In più essendo una di quelle attività in cui riesce uno su un milione, ho abbinato una carriera buona e più raggiungibile, ancora un pensiero flessibile. Eppure a me rode non essere già ricca e ai vertici della società, ma sto lavorando per arrivarci. Cioè questi sono pensieri narcisistici, ma dubito che siano patologici. Ci sta, voglio riscattarmi dagli anni di bullismo e dal fatto che si vede che sono autistica in qualche modo, anche se lievemente ( per intenderci sono una bella ragazza e lo maschero bene, anche per il look)
[#3]
Ex utente
Altra cosa, si appunto dovrebbe essere un autismo atipico, che è poco conosciuto perché quando si pensa all'autismo ad alto funzionamento, si pensa subito all'Asperger. Da quello che ho capito chi ha un autismo atipico ha molte meno difficoltà relazionali di chi è Asperger, infatti io socialmente me la cavo di più, pure lavorativamente. Non ho nemmeno tantissimi problemi di contatto oculare, anche se in effetti il mio sguardo non è come chi mi circonda. Alle prime visite psichiatriche mi chiedono sempre se ho parenti schizofrenici o bipolari e io rispondo ogni volta negativamente perché non li ho. Nessuno mi chiede mai se ho parenti autistici, quelli li ho, tutti in forma lieve e atipica come me. Ora non so se il motivo è da ricondurre al fatto che abbiamo preso tutti la toxoplasmosi mentre eravamo in utero, so che comporta qualche alterazione neurologica( il mio elettrocefalogramma aveva dei problemi, mi dissero) Io sono nata in una fattoria, idem i miei parenti, per questo la toxoplasmosi. Poi mi sono trasferita in una grande città con la mia famiglia. O magari è genetico, cosa probabile.
[#4]
Mi pare però che non abbia inteso un concetto. Eviti di farsi diagnosi da sé e di usare termini tecnici per descrivere la sua persona, cosa che non ha il minimo senso pratico e confonde le idee a qualsiasi persona, medico o non medico.
Non è che ogni caratteristica vada rapportata ad un quadro clinico. Il fatto che abbia ad esempio dei peli sulle braccia non è definibile "irsutismo" e non ha senso farne una questione in riferimento a varianti patologiche.
Quindi semplifichi, anziché accumulare una miriade di osservazioni, così è solo tutto e di tutto.
Non è che ogni caratteristica vada rapportata ad un quadro clinico. Il fatto che abbia ad esempio dei peli sulle braccia non è definibile "irsutismo" e non ha senso farne una questione in riferimento a varianti patologiche.
Quindi semplifichi, anziché accumulare una miriade di osservazioni, così è solo tutto e di tutto.
[#5]
Ex utente
Ma i tratti di personalità non li hanno tutti? Io parlo in modo tecnico perché ho studiato parecchi libri di psicologia, oltre ad aver dato qualche esame in università, anche se non sono psicologa o psichiatra. È normale che una persona plurilaureata, legga più libri di ogni genere. Anche il livello culturale andrebbe considerato. Consideri che mi piacerebbe specializzarmi in psichiatria, è una delle opzioni che ho scelto, quindi l'argomento mi interessa, anche se sono un po' scettica riguardo le terapie attuali perché vedo un sacco di gente con problemi che più che migliorare peggiora. Tipo a me da un giorno all'altro mi è passata l'ansia, senza prendere medicine o fare psicoterapia, ma perché mi sono autoanalizzata e ho creato delle esperienze di vita per modificare il mio senso di autoefficacia. I farmaci potrebbero avere un senso solo per modificare certi vissuti, ma vedo che per il 99% di chi li assume non cambia le esperienze di vita, ergo non può guarire. È impossibile che un ansioso guarisca se non esce di casa, anche se prende 1000 farmaci e fa psicoterapia, per fare un esempio.
[#6]
Sì, ma il parlare tecnico va bene se deve trattare la sua materia, nel descrivere se è meglio se usa le parole normali. Anche perché quando uno descrive se e gli altri a titolo personale subito la cosa si connota nel senso di un giudizio, inutile pretendere che non accada.
Le sue considerazioni sui farmaci sono errate. Le cose non stanno così di fatto, ma anche in linea teorica non comprendo esattamente la premessa. Innanzitutto intervengono su alcune funzioni di base, ancor prima che sui vissuti. Parliamo di malattie, non di esperienze di vita in un concetto di piena elasticità di scelta o di interazione.
La considerazione "è impossibile che un ansioso esca se non esce di casa" è mal posta. Intanto chi ha stabilito che debba e possa guarire nel senso che dice Lei ? Partiamo con sapere cosa possiamo fare per l'ansioso che non esce di casa. Intanto quello che chiede, cioè dargli la libertà di uscire, modificare il vissuto ansioso quando esce, e infine restituirgli spesso la libertà di agire gestendo l'ansia fisiologica senza i blocchi della fobia che aveva prima, con relativi ragionamenti, aspettative e prospettive demoralizzanti.
Non si capisce esattamente cosa intenda Lei quando dice che uno, anche se fa mille cure, non può guarire. E' falso concettualmente e anche tendenzialmente a livello concreto.
Se le cure non incidessero su una malattia, e cioè non è curabile, da dove esce fuori che è guaribile con una qualche misteriosa forza che annulla i sintomi....
"Tipo a me da un giorno all'altro mi è passata l'ansia, senza prendere medicine o fare psicoterapia, ma perché mi sono autoanalizzata e ho creato delle esperienze di vita per modificare il mio senso di autoefficacia."
Le è passata l'ansia, tutto qui. Capita. E nello spazio libero ha anche avuto modo di autoanalizzarsi con calma, forse anche giungendo a conclusioni completamente fuorvianti sui meccanismi delle malattie del cervello.
I malati che si guariscono da soli sinceramente appartengono ad una fanta-medicina che deriva solo dal non ricordarsi che il cervello è lì, dentro al cranio.
Le sue considerazioni sui farmaci sono errate. Le cose non stanno così di fatto, ma anche in linea teorica non comprendo esattamente la premessa. Innanzitutto intervengono su alcune funzioni di base, ancor prima che sui vissuti. Parliamo di malattie, non di esperienze di vita in un concetto di piena elasticità di scelta o di interazione.
La considerazione "è impossibile che un ansioso esca se non esce di casa" è mal posta. Intanto chi ha stabilito che debba e possa guarire nel senso che dice Lei ? Partiamo con sapere cosa possiamo fare per l'ansioso che non esce di casa. Intanto quello che chiede, cioè dargli la libertà di uscire, modificare il vissuto ansioso quando esce, e infine restituirgli spesso la libertà di agire gestendo l'ansia fisiologica senza i blocchi della fobia che aveva prima, con relativi ragionamenti, aspettative e prospettive demoralizzanti.
Non si capisce esattamente cosa intenda Lei quando dice che uno, anche se fa mille cure, non può guarire. E' falso concettualmente e anche tendenzialmente a livello concreto.
Se le cure non incidessero su una malattia, e cioè non è curabile, da dove esce fuori che è guaribile con una qualche misteriosa forza che annulla i sintomi....
"Tipo a me da un giorno all'altro mi è passata l'ansia, senza prendere medicine o fare psicoterapia, ma perché mi sono autoanalizzata e ho creato delle esperienze di vita per modificare il mio senso di autoefficacia."
Le è passata l'ansia, tutto qui. Capita. E nello spazio libero ha anche avuto modo di autoanalizzarsi con calma, forse anche giungendo a conclusioni completamente fuorvianti sui meccanismi delle malattie del cervello.
I malati che si guariscono da soli sinceramente appartengono ad una fanta-medicina che deriva solo dal non ricordarsi che il cervello è lì, dentro al cranio.
[#7]
Ex utente
I miei dubbi nascevano dal fatto che conosco persone che assumono farmaci, ma onestamente non vedo miglioramenti. Questo non me lo so spiegare. Vedo gente che prende combinazioni di ansiolitici, antidepressivi e vedi chiaramente che hanno dei problemi. Avendoli conosciuti anche quando non assumevano farmaci, noto che sono esattamente uguali a prima. Diciamo che mi aspetterei che l'ansia o la depressione spariscano con i farmaci. Poi non so come si sentano internamente queste persone, ma esternamente sono uguali a prima, anche se a me hanno detto di sentirsi meglio, anche se stanno ancora malissimo. Si, poi il fatto che a me l'ansia è passata da sola mi ha fatto pensare. Oltretutto parlando con queste persone ho scoperto che quello che sentivano dentro, fastidio, sofferenza, era esattamente uguale a quello che sentivo io, solo che io non ho mai fatto tutte quelle storie. Diciamo che non è un dubbio solo mio, la stessa domanda se la fanno tutte le persone che sono entrate in contatto con chi prende medicine, noi esternamente non vediamo miglioramenti. Che ne pensa? Non crede che i farmaci andrebbero presi con il giusto approccio psicologico?
[#8]
Ex utente
Cioè non so se mi spiego...secondo me se la persona non vuole guarire anche se prende 1000 medicine non guarisce. A molte persone potrebbe piacere avere una malattia mentale, non so se mi spiego. Diciamo che magari un depresso in fin dei conti può voler rimanere depresso inconsciamente, altrimenti i farmaci dovrebbero funzionare, no? A parte che i farmaci agiscono solo su una componente neuronale e non nel complesso, questo è il problema: l'azione in un solo circuito. Un altro dubbio riguarda me stessa: i medici ai tempi che mi fecero la diagnosi dissero a mia mamma si non aspettarsi niente di buono da me e che sarei finita barbona, senza lavoro e drogata e che comunque non avrei avuto miglioramenti, volevano pure prescrivermi il serenase ma mia mamma( fortunatamente) non volle. Diciamo che comunque il mio caso un po' fa riflettere, no? Non so se ci è stato un errore di valutazione, se questo discorso vale solo per me, ma io assolutamente non sono una barbona, non vivo per strada, sono una donna acculturata e in carriera e sono inserita in società. Mi chiedo perché diedero una valutazione così negativa ai miei genitori sul mio conto. È normale poi avere dei dubbi, no?
[#9]
Ex utente
"La considerazione "è impossibile che un ansioso esca se non esce di casa" è mal posta. Intanto chi ha stabilito che debba e possa guarire nel senso che dice Lei ? Partiamo con sapere cosa possiamo fare per l'ansioso che non esce di casa. Intanto quello che chiede, cioè dargli la libertà di uscire, modificare il vissuto ansioso quando esce, e infine restituirgli spesso la libertà di agire gestendo l'ansia fisiologica senza i blocchi della fobia che aveva prima, con relativi ragionamenti, aspettative e prospettive demoralizzanti."
Concordo con quello che ha scritto, ed era quello che intendevo io. Almeno secondo il mio modo di vedere i farmaci. Il problema è che questa è una situazione rata e idealizzata, la maggior parte anche se prende medicine insiste a non uscire di casa( ne ho conosciuti...ben tre ragazze che nonostante prendano il Tavor a go go, insistono a non voler uscire da sole o a dare gli esami, lavorare ecc.) In questo caso le medicine non servono. Nel mio caso da bambina volevano prescrivermi il serenase per la paranoia, perché fin da bambina sono molto diffidente, ma onestamente è bastato dirmelo oralmente e ho capito, ok so di essere diffidente, lo so basta. Cioè questi prevedevano che avrei fatto una brutta fine perché ero diffidente, quando bastava dirmelo oralmente e avrei capito. Ergo il motivo per cui non prenderei mai un farmaco antipsicotico per la diffidenza, nel mio caso non avrebbe senso, perché il farmaco serve per far capire alla persona che è paranoica, ma se la persona già sa di esserlo, in pratica non servono a niente, anzi semplicemente la diffidenza è una caratteristica di personalità in questo caso, neanche strana
Concordo con quello che ha scritto, ed era quello che intendevo io. Almeno secondo il mio modo di vedere i farmaci. Il problema è che questa è una situazione rata e idealizzata, la maggior parte anche se prende medicine insiste a non uscire di casa( ne ho conosciuti...ben tre ragazze che nonostante prendano il Tavor a go go, insistono a non voler uscire da sole o a dare gli esami, lavorare ecc.) In questo caso le medicine non servono. Nel mio caso da bambina volevano prescrivermi il serenase per la paranoia, perché fin da bambina sono molto diffidente, ma onestamente è bastato dirmelo oralmente e ho capito, ok so di essere diffidente, lo so basta. Cioè questi prevedevano che avrei fatto una brutta fine perché ero diffidente, quando bastava dirmelo oralmente e avrei capito. Ergo il motivo per cui non prenderei mai un farmaco antipsicotico per la diffidenza, nel mio caso non avrebbe senso, perché il farmaco serve per far capire alla persona che è paranoica, ma se la persona già sa di esserlo, in pratica non servono a niente, anzi semplicemente la diffidenza è una caratteristica di personalità in questo caso, neanche strana
[#10]
Intanto già considerare "i farmaci" come categoria produce risultati insensati, mai lo farei. Prendere cose diverse e metterle tutte insieme...
Lasci stare la visione che ha "dei farmaci", non esiste un motivo logico per non averla anche di qualsiasi altra terapia. Inclusa l'autoterapia, che è decisamente un'illusione. Se uno è libero di guarire, allora la malattia non c'è. Per definizione, se no qual'è il problema di essere malati ? Che non si ha la chiave per cacciarla e la si deve scoprire ? Diventa esoterismo, e non ha un piano di riferimento (cervello).
Lasci stare la visione che ha "dei farmaci", non esiste un motivo logico per non averla anche di qualsiasi altra terapia. Inclusa l'autoterapia, che è decisamente un'illusione. Se uno è libero di guarire, allora la malattia non c'è. Per definizione, se no qual'è il problema di essere malati ? Che non si ha la chiave per cacciarla e la si deve scoprire ? Diventa esoterismo, e non ha un piano di riferimento (cervello).
[#11]
Ex utente
Ma infatti non sempre il confine tra malattia mentale e sanità è così limpido. Sarà che il termine pazzo/pazza si usa nel quotidiano anche per indicare semplicemente un atteggiamento insolito e stravagante. Infatti mi chiedevo come si fa ad essere sicuri al 100% se una persona ha una malattia mentale o no. Non parlo di patologie gravi, ma di quelle più lievi. Tipo io dico che un mio ex aveva una malattia mentale perché era arrivato a 36 anni senza aver mai lavorato o aver preso un titolo di studio, stava rinchiuso in casa, mai uscito dalla sua città in vita sua e non si curava né di aspetto e salute. Direi che era matto più che per queste mancanze, perché non se ne rendeva minimamente conto. Passava il tempo a parlare di quando andava alle medie ed era il bullo della scuola, mi raccontava che veniva acclamato e si sentiva importante. Cioè questo viveva i giorni delle medie come se fossero presenti e non più lontani. Di cervello era rimasto lo stesso ragazzino di 12 anni e viveva tutti i giorni lo stesso identico giorno tipo vissuto alle medie. A parlarci tutto ciò era chiaro, ripeteva sempre le stesse frasi ecc. Ecco per me per questo era pazzo e ciò ovviamente si rifletteva anche sulle sue capacità lavorative e sociali. Onestamente rimango sconcertata quando vedo persone conciate in questo modo. Mi chiedo come abbiano fatto a impazzire così fino a perdere il senso della realtà, quindi per me il limite tra malattia mentale e sanità è proprio l'avere o no il senso della realtà che ci circonda. Della serie che se uno è depresso ma riesce a capire che la depressione arriva da se stesso, per me non è un malato di mente ma solo una persona che sta vivendo un brutto momento.
[#12]
I concetti di malattia e di funzionamento mentale infatti sono distinti. Uno può essere zoppo, per fare un esempio, senza che questo per lui costituisca un problema, oppure sì. Non cambia la zoppia. Oppure essere affetto da nanismo etc.
Nell'ambito mentale accade che in forme gravi la persona non giudica abnorme se stesso, o non ne riconosce i meccanismi, o tende comunque a guardare a cause esterne.
Quindi è la persona stessa, che noi centriamo sul cervello, ad essere diversa, non soltanto il suo adattamento o meno ad una caratteristica.
Definire malato un soggetto che delira non è sempre sensato in termini medici. Definirlo delirante sì. Tranne che nel comunicarlo alla persona, la quale non vede se stesso in quei termini. Potrebbe vedersi malato, ma non avere la coscienza di delirare. Oppure non vedersi malato né avere la coscienza di delirare.
Ne deriva che le conoscenze biologiche, e gli strumenti biologicamente utili, sono a volte utilizzati su persone che sono pericolose, e lo sono per effetto di una condizione mentale, ma non sono "malate" in quanto consapevolmente sofferenti per tale condizione, talora neanche sofferenti, semplicemente aggressive o ostili.
Ma lo stesso si potrebbe dire per quei depressi che non hanno coscienza, e non prenderebbero le cure se non perché gli altri insistono, perché sono comunque suscettibili all'insistenza altrui, e perché in fondo soffrono, anche se non sono consapevoli di farlo per la depressione.
Anche nelle altre discipline il concetto di malattia però è uguale, soltanto che siamo più inclini a pensare che un determinato "modo di essere" di un organo sia patologico perché lo vediamo dall'esterno, e come non controllabile, per cui lo trattiamo come un pezzo che è sempre meglio riparare o tenere in manutenzione.
Nell'ambito mentale accade che in forme gravi la persona non giudica abnorme se stesso, o non ne riconosce i meccanismi, o tende comunque a guardare a cause esterne.
Quindi è la persona stessa, che noi centriamo sul cervello, ad essere diversa, non soltanto il suo adattamento o meno ad una caratteristica.
Definire malato un soggetto che delira non è sempre sensato in termini medici. Definirlo delirante sì. Tranne che nel comunicarlo alla persona, la quale non vede se stesso in quei termini. Potrebbe vedersi malato, ma non avere la coscienza di delirare. Oppure non vedersi malato né avere la coscienza di delirare.
Ne deriva che le conoscenze biologiche, e gli strumenti biologicamente utili, sono a volte utilizzati su persone che sono pericolose, e lo sono per effetto di una condizione mentale, ma non sono "malate" in quanto consapevolmente sofferenti per tale condizione, talora neanche sofferenti, semplicemente aggressive o ostili.
Ma lo stesso si potrebbe dire per quei depressi che non hanno coscienza, e non prenderebbero le cure se non perché gli altri insistono, perché sono comunque suscettibili all'insistenza altrui, e perché in fondo soffrono, anche se non sono consapevoli di farlo per la depressione.
Anche nelle altre discipline il concetto di malattia però è uguale, soltanto che siamo più inclini a pensare che un determinato "modo di essere" di un organo sia patologico perché lo vediamo dall'esterno, e come non controllabile, per cui lo trattiamo come un pezzo che è sempre meglio riparare o tenere in manutenzione.
[#13]
Ex utente
Però così, volendo, potrebbero essere tutti malati di mente. In base al contesto della società dove si vive, una persona può essere considerata sana, un'altra malata e viceversa. Cioè ok per lo zoppo perché il giudizio è oggettivo e visivo, ma per la mente è diversa, se sostanzialmente la persona in questione zoppicando non ha problemi? Comunque essendo qualcosa che non si può vedere, non puoi sapere se è zoppo si o no. Se ci limitiamo poi a una semplice parvenza esteriore, a questo punto siamo tutti matti in base a cosa va di moda o no. È molto complicata la psichiatria, secondo me. Tipo io sono iperlogica, ma onestamente con gli anni questa caratteristica non sarà più considerata strana dalla società, anzi, quindi passerei dall'essere "pazzerella" ad essere perfettamente sana. E già posso assicurare che i tempi sono cambiati. Prima subivo bullismo, ora per la stessa iperlogicità vengo apprezzata.
[#14]
No, non mi pare che ne discenda che tutti potremmo essere malati di mente. Non capisco da dove lo abbia ricavato.
Lei confonde la sofferenza soggettiva con l'esistenza di un elemento oggettivo.
Disturbo può essere inteso come una disfunzione, e in genere dà fastidio o potrebbe darlo, oppure come una condizione che è anomala rispetto ad un modello di funzionamento di riferimento, ma non dà sofferenza.
Lei confonde la sofferenza soggettiva con l'esistenza di un elemento oggettivo.
Disturbo può essere inteso come una disfunzione, e in genere dà fastidio o potrebbe darlo, oppure come una condizione che è anomala rispetto ad un modello di funzionamento di riferimento, ma non dà sofferenza.
[#16]
No, al di là dei cambiamenti esterni, il fatto è che proprio non dà sofferenza rispetto al desiderio della persona e al suo "progetto di vita". Un soggetto antisociale ad esempio è così definito e obiettivamente si comporta in determinati modi perché ha la tendenza a produrre danno agli altri e se ne compiace come affermazione di sé, anche futile. Ma da qui ad affermare che la persona ne soffra ce ne passa. Si può affermare che forse questo tipo di funzionamento è modificabile, con vari strumenti. Ma questo non significa aver curato uno stato di sofferenza individuale.
[#17]
Ex utente
Però l'antisociale è fortemente compromesso a livello sociale: vivono ai margini della società, quindi anche se tutto ciò li diverte, secondo me non stanno bene. A questo punto che ne pensa degli autistici con il mio livello di funzionamento? Perché secondo me se ci fosse più tolleranza verso chi è diverso io avrei 0 problemi ( sottolineo che i miei problemi consistono solo nell'essere impossibilitata nell'avere una relazione ( non piaccio agli uomini, pur essendo molto bella e curata e una donna in carriera, sono anche gentile, affidabile, dolce, premurosa, e mi dicono simpatica, eppure non piaccio proprio, presumo perché vedono che sono autistica in qualche modo( le altre donne riescono a parlare normalmente, utilizzando il linguaggio comunicativo richiesto, io no e perciò non piaccio) Beh per me è assurdo perché ci sono moltissime donne bruttine, senza soldi, sciatte e stupide, magari pure con un brutto carattere che sono felicemente sposate, pure le mie amiche e conoscenti vari rimangono allibiti, mi dicono che a quanto pare gli uomini sono fessi a non volermi, anzi, per me è piuttosto fastidioso che mi facciano queste considerazioni. Ogni volta indagano, come per scoprire cosa non va in me per far allontanare tutti gli uomini e non interessargli minimamente. Mi dicono" che problema c'è, come è possibile che una donna così bella e in carriera e curata( poi non vedono difetti caratteriali perché io sono molto gentile, premurosa e solare, dolce con tutti) non piaccia proprio a nessuno? Spesso credono che io menta e che preferisca avere avventure occasionali e mi fanno battute a riguardo, peccato che io non vado a letto con nessuno: ho 0 contatti con l'altro sesso come se emanassi una sostanza che li allontana. Ora io ai vari conoscenti non dico niente, ma so benissimo che il repulsore è il mio autismo! L'essere autistica mi rende piatta agli occhi degli uomini anche se sono mentalmente molto vivace, intelligente, arguta e molto creativa, l'esatto opposto di piatta! Ecco, questa mia caratteristica diventa una patologia indirettamente e non perché lo sua davvero: non potendo avere una relazione ho una compromissione sociale che mi fa anche stare male, eppure tutto ciò non dipende da me e non è controllabile, né " curabile" almeno che non fosse possibile curare tutti dal razzismo e dalla stupidità! Che ne pensa?
[#18]
"quindi anche se tutto ciò li diverte, secondo me non stanno bene"
Ma questo appunto non è un giudizio di tipo medico. Non le piacciono, non trova accettabile la cosa, ma siamo su altri piani. Oppure non concepisce che un uomo possa davvero sentirsi bene se vive in quel modo. Idem.
Riguardo al discorso delle relazioni, le qualità che inducono legami di amicizia o fanno essere apprezzati in questo senso sono però diversi da quelli che regolano l'attrazione sessuale, specie nell'immediato. Può darsi che non comunichi un interesse di quel tipo perché non lo ha, o non lo ha come primo tipo di interesse, se mai dopo. Questo lo sa meglio Lei.
Ma questo appunto non è un giudizio di tipo medico. Non le piacciono, non trova accettabile la cosa, ma siamo su altri piani. Oppure non concepisce che un uomo possa davvero sentirsi bene se vive in quel modo. Idem.
Riguardo al discorso delle relazioni, le qualità che inducono legami di amicizia o fanno essere apprezzati in questo senso sono però diversi da quelli che regolano l'attrazione sessuale, specie nell'immediato. Può darsi che non comunichi un interesse di quel tipo perché non lo ha, o non lo ha come primo tipo di interesse, se mai dopo. Questo lo sa meglio Lei.
[#19]
Ex utente
Guardi, se io incontrassi un uomo come me, lo sposerei subito...bello, alto, ricco, di successo, gentile, creativo, a cui piace viaggiare, dinamico, onesto, premuroso, affidabile. Mi scusi ma me lo sposerei subito se potessi, quindi non comprendo perché invece gli uomini mi facciano scappare, chissà che guardano! Spesso dalle descrizioni che fanno di me, ho chiesto per capire quall'é il problema, sembrerebbe che io sia troppo perfetta, mah che cosa strana! Ripeto, io coglierei subito l'occasione. Scommetto che se fossi stata uomo sarei piaciuta un sacco alle donne. Molto probabilmente abbiamo diversi criteri di valutazione. Io ho notato che le donne brutte, poco intelligenti, antipatiche sono le prime a piacere, forse fanno sentire l'uomo potente e superiore, presumo sia questo il motivo, che cosa brutta. Penso che li attizzano di più a livello sessuale perché possono dominarle, mentre una come me che vuole dominare pure a letto, penso che metta paura...che stupidi! Si, comunque non ho simpatia per gli antisociali, sarà che ho subito un sacco di bullismo e comunque non riesco a concepire persone che facciano male solo per divertimento, rimettendoci pure( per me è irrazionale e non ha logica). Inoltre, sempre per ritornare al discorso di quanto sia difficile spesso per i terapeuti capire se c'è una patologia mentale o no, vorrei far presente che spesso sono stata considerata matta per i miei pregi, più che per i difetti. Da bambina facevo paura agli adulti perché dipingevo figure umane perfette a 7/8 anni o scrivevo romanzi ottimi, facevo ragionamenti arguti, pur essendo piccola, e non so perché tutto ciò è sempre stato associato alla pazzia, piuttosto che all'intelligenza. Anche ora da adulta, quando dico che sono plurilaureata, che riesco a svolgere due lavori, che sono una donna in carriera che potrebbe diventare famosa, che pratica ben 3 sport agonistici, e tante attività contemporaneamente, vengo ancora considerata pazza, pensano che io sia bipolare, gli sembra strano che una persona sana riesca a fare tante cose in maniera ottima insieme. Mah magari sono semplicemente più intelligente rispetto alla media?! La conclusione più ovvia viene scartata, anche se per amici io sono un genio, idem per la mia famiglia, ma a primo acchito, essendo eccentrica( cosa mica strana quando si è intelligenti) sembro pazza mah... Mah se il disturbo bipolare si limitasse ad essere geniali, io non vedrei il problema, se ragioniamo in questi termini! Invece ho conosciuto persone con disturbo bipolare e di geniale non avevano proprio nulla, qualcuno era laureato, ma poi c'è un deterioramento molto grave(conoscevo molto bene una ragazza così e non mi si dica che il suo narcisismo è come il mio, perché non è così...lei nelle sue fasi maniacali si prefiggeva ambizioni impossibili, che comunque decadevano in fase depressiva, io per le mie ambizioni lavoro molto e se mi pongo un obbiettivo è perché per me è raggiungibile, cioè c'è una meditazione dietro e non è frutto dell'umore) Mi pare di aver letto una battuta a riguardo...tipo a un pittore viene chiesto di disegnare un albero e questo disegna un paesaggio bellissimo e viene dichiarato schizofrenico...questa è una battuta classica sulla patologia mentale, su come spesso sia la stessa intelligenza ad essere scambiata per qualcosa di malsano.
[#20]
Non farei l'errore di confondere delle diagnosi con delle qualità che a ciascuno fa piacere attribuirsi.
Malattia psichiatrica non significa né intelligenza né il suo contrario.
Per cui tutte le combinazioni sono possibili.
Purtroppo tanti grandi pensatori o artisti (e in questo con meno consapevolezza e capacità di introspezione di chi svolge altri mestieri) hanno avuto problemi psichiatrici così come l'ultimo degli analfabeti o l'uomo medio, eppure hanno scritto, argomentato e composto anche opere per contestare la loro "pazzia", con ciò cadendo nella solita confusione tra piano biologico e piano morale.
E' vero che a questo contribuivano anche terminologie "morali" applicate ai comportamenti che poi facevano le diagnosi, ma questo era un errore culturale, sarebbe altrettanto vacuo dire che il genio e la follia sono la stessa cosa.
Il genio, quando arriva il disturbo mentale, non è che faccia gran mostra di sé. Subito prima e subito dopo spesso, per un motivo ben preciso connesso alla diagnosi.
Malattia psichiatrica non significa né intelligenza né il suo contrario.
Per cui tutte le combinazioni sono possibili.
Purtroppo tanti grandi pensatori o artisti (e in questo con meno consapevolezza e capacità di introspezione di chi svolge altri mestieri) hanno avuto problemi psichiatrici così come l'ultimo degli analfabeti o l'uomo medio, eppure hanno scritto, argomentato e composto anche opere per contestare la loro "pazzia", con ciò cadendo nella solita confusione tra piano biologico e piano morale.
E' vero che a questo contribuivano anche terminologie "morali" applicate ai comportamenti che poi facevano le diagnosi, ma questo era un errore culturale, sarebbe altrettanto vacuo dire che il genio e la follia sono la stessa cosa.
Il genio, quando arriva il disturbo mentale, non è che faccia gran mostra di sé. Subito prima e subito dopo spesso, per un motivo ben preciso connesso alla diagnosi.
[#21]
Ex utente
Purtroppo tanti grandi pensatori o artisti (e in questo con meno consapevolezza e capacità di introspezione di chi svolge altri mestieri)
Perché? Io sono creativa e ho ottime capacità di introspezione e lavoro sia in ambito artistico che scientifico. Essendo sempre stata portata sia per la scienza, che per l'arte, non ho voluto rinunciare a nessuna delle due, anche perché per me la mia creatività è anche fonte di reddito, oltre di passione. Perché una persona creativa non dovrebbe avere capacità di introspezione? Non dovrebbe essere l'incontrario?
Perché? Io sono creativa e ho ottime capacità di introspezione e lavoro sia in ambito artistico che scientifico. Essendo sempre stata portata sia per la scienza, che per l'arte, non ho voluto rinunciare a nessuna delle due, anche perché per me la mia creatività è anche fonte di reddito, oltre di passione. Perché una persona creativa non dovrebbe avere capacità di introspezione? Non dovrebbe essere l'incontrario?
[#22]
Ex utente
Comunque sottolineo che ho conosciuto varie persone affette da disturbo bipolare e onestamente che abbiano ipotizzato che io lo sia mi offende, facendo il paragone( sottolineo che non ho nessuna diagnosi perché appunto non soddisfo i criteri per un disturbo bipolare) A parte che sono molto tranquilla, tra autismo e disturbo bipolare ne passa di acqua sotto i ponti. Un bipolare non è mai tranquillo, presumo, per chi ha tratti autistici è molto più probabile! In pratica io ero andata in psicoterapia perché avendo tratti autistici ho qualche problema di comunicazione e ne sono uscite 2000 diagnosi nessuna diagnosticata alla fine. Non è un lavoro facile lo psichiatra, mi viene da pensare, dico solo che pur non avendo la specializzazione in psichiatria, riesco comunque a capire le patologie di tutti e i vari tratti così ad occhio... Sottolineo che non ho nemmeno l'autismo perché ho solo tratti e non la sindrome... Non ho nessun disturbo in realtà.
[#23]
"che abbiano ipotizzato che io lo sia mi offende"
Male, perché le diagnosi non sono un'offesa.
Se uno parte così allora le diagnosi se le fa da solo in base ad un gradimento di parole, immaginario o in base a ciò che vede o non vede di sè; il che è inutile.
Male, perché le diagnosi non sono un'offesa.
Se uno parte così allora le diagnosi se le fa da solo in base ad un gradimento di parole, immaginario o in base a ciò che vede o non vede di sè; il che è inutile.
Questo consulto ha ricevuto 23 risposte e 9.3k visite dal 28/05/2020.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Bullismo
Il bullismo comprende una serie di comportamenti violenti intenzionali di tipo fisico o verbale ripetuti nel tempo nei confronti di una determinata persona. Si può manifestare anche in modo virtuale online e sui social network (cyberbullismo).