Non ce la faccio più
Gentili dottori, mi sento di scrivere qui quanto mi sta succedendo perché non so davvero con chi parlarne, visto anche il momento particolare che stiamo vivendo.
E' ormai da molto tempo che soffro.
E questo periodo è per me insopportabile.
Sono molto triste, ma forse sarebbe più corretto dire depressa.
Mi sento un fallimento totale perché nella vita non ho combinato nulla e mi sento in colpa per questo, ma soprattutto perché non riesco a fare niente per modificare la mia situazione.
Passo le mie giornate senza far nulla di costruttivo, in primis per me stessa.
So quali sono i miei doveri e che è importante che io porti a termine quel che ho iniziato, ma all'atto pratico non faccio ciò che dovrei fare.
Rimando al giorno successivo.
E il giorno successivo faccio la stessa cosa.
E vivo nell'angoscia perché so che prima o poi dovrò prendermi le mie responsabilità, ma allo stesso tempo non ho la forza per mettere fine a questa inerzia.
Mi sento sopraffatta.
Mi sento come bloccata nelle sabbie mobili.
Vedo il mio futuro sempre più incerto, per non dire nero.
Non riesco mai a prendere delle decisioni, anche per le cose più banali.
E così resto ferma sempre nello stesso punto.
Non so nemmeno cosa voglio veramente.
Non ho più sogni, obiettivi, desideri.
Non ho più voglia di vivere.
Sono così stanca di sopportare questa esistenza.
Non so più come fare.
E' ormai da molto tempo che soffro.
E questo periodo è per me insopportabile.
Sono molto triste, ma forse sarebbe più corretto dire depressa.
Mi sento un fallimento totale perché nella vita non ho combinato nulla e mi sento in colpa per questo, ma soprattutto perché non riesco a fare niente per modificare la mia situazione.
Passo le mie giornate senza far nulla di costruttivo, in primis per me stessa.
So quali sono i miei doveri e che è importante che io porti a termine quel che ho iniziato, ma all'atto pratico non faccio ciò che dovrei fare.
Rimando al giorno successivo.
E il giorno successivo faccio la stessa cosa.
E vivo nell'angoscia perché so che prima o poi dovrò prendermi le mie responsabilità, ma allo stesso tempo non ho la forza per mettere fine a questa inerzia.
Mi sento sopraffatta.
Mi sento come bloccata nelle sabbie mobili.
Vedo il mio futuro sempre più incerto, per non dire nero.
Non riesco mai a prendere delle decisioni, anche per le cose più banali.
E così resto ferma sempre nello stesso punto.
Non so nemmeno cosa voglio veramente.
Non ho più sogni, obiettivi, desideri.
Non ho più voglia di vivere.
Sono così stanca di sopportare questa esistenza.
Non so più come fare.
[#2]
Utente
Buonasera Dott. Gukov
sì, in passato mi sono rivolta sia a uno psichiatra che a uno psicologo. I motivi di fondo sono sempre gli stessi e sono legati al mio stato di tristezza, ansia, angoscia. Il fatto è che mi sembra che questi malesseri interiori si siano ormai "cronicizzati" oltre che acuiti. Mi sembra di essere giunta al punto di non ritorno. I pensieri negativi sono all'ordine del giorno e nonostante in questo periodo ci sia un motivo per il quale sorridere alla vita (il mio fidanzato), continuo ad essere triste. Quando sono insieme a lui cerco di nascondere questo stato d'animo, ma a volte sono talmente abbattuta che traspare e questo mi causa ulteriore tristezza oltre che un terribile senso di colpa.
sì, in passato mi sono rivolta sia a uno psichiatra che a uno psicologo. I motivi di fondo sono sempre gli stessi e sono legati al mio stato di tristezza, ansia, angoscia. Il fatto è che mi sembra che questi malesseri interiori si siano ormai "cronicizzati" oltre che acuiti. Mi sembra di essere giunta al punto di non ritorno. I pensieri negativi sono all'ordine del giorno e nonostante in questo periodo ci sia un motivo per il quale sorridere alla vita (il mio fidanzato), continuo ad essere triste. Quando sono insieme a lui cerco di nascondere questo stato d'animo, ma a volte sono talmente abbattuta che traspare e questo mi causa ulteriore tristezza oltre che un terribile senso di colpa.
[#3]
Dunque, gli specialisti ai quali Lei si è rivolta non sono riusciti ad aiutarLe ? oppure sono riusciti, ma i problemi si sono rappresentati di nuovo ?
Per quanto tempo Lei è stata in psicoterapia ? Con quali risultati ?
E lo psichiatra - Le ha dato una diagnosi ? una terapia farmacologica ? quali farmaci e con quali risultati ?
Per favore, me lo descrivi più in dettaglio.
Per quanto tempo Lei è stata in psicoterapia ? Con quali risultati ?
E lo psichiatra - Le ha dato una diagnosi ? una terapia farmacologica ? quali farmaci e con quali risultati ?
Per favore, me lo descrivi più in dettaglio.
[#4]
Utente
Lo psichiatra al quale mi rivolsi 6 anni fa mi diagnosticò depressione e disturbo d'ansia, prescrivendomi un antidepressivo e un ansiolitico che ho assunto per circa un anno. In seguito ho ripreso l'assunzione del solo ansiolitico per circa due anni. Adesso non prendo alcun farmaco. Più di recente sono stata anche da uno psicologo, col quale facevo sedute settimanali di supporto psicologico. In entrambi i casi ritengo che non siano riusciti ad aiutarmi. Nel primo caso, l'aiuto si limitava alla mera prescrizione di farmaci e sebbene tamponassero il malessere, mi davano altri problemi perché mi sentivo poco reattiva e poco attenta al mondo che mi circonda. Nel secondo caso avevo molte aspettative che potessi ottenere dei risultati positivi, ma col passare del tempo, vedendo che la situazione non cambiava, ho perso le speranze e ho lasciato perdere.
[#5]
Buon giorno.
Riproverei con la psicoterapia. L'esperienza negativa con uno psicologo non vuol dire, che con gli altri psicologi sarà la stessa cosa. Tutti gli psicologi sono diversi. Conta la personalità dello psicologo, ma anche il tipo di approccio. A quale scuola di pensiero apparteneva il Suo psicologo: psicoanalitica, cognitivo-comportamentale o altra ? Infine, conta anche quanto Lei stessa si sente nel ruolo attivo nel processo di cura. Le aspettative nei confronti del proprio contributo sono, secondo me, non meno importanti rispetto alle aspettative nei confronti dello psicologo.
Riproverei con la psicoterapia. L'esperienza negativa con uno psicologo non vuol dire, che con gli altri psicologi sarà la stessa cosa. Tutti gli psicologi sono diversi. Conta la personalità dello psicologo, ma anche il tipo di approccio. A quale scuola di pensiero apparteneva il Suo psicologo: psicoanalitica, cognitivo-comportamentale o altra ? Infine, conta anche quanto Lei stessa si sente nel ruolo attivo nel processo di cura. Le aspettative nei confronti del proprio contributo sono, secondo me, non meno importanti rispetto alle aspettative nei confronti dello psicologo.
[#7]
Buonasera.
Per il supporto psicologico di solito si intende un tipo di psicoterapia, che è volto a sostenere la persona nel suo cammino, senza obbiettivi di intervento più radicale. Spesso viene considerata come la non psicoterapia vera e propria, sebbene, se fatta bene, lo può essere. Ottimale, secondo me, quando tale supporto psicologico si fa in parallelo ad un certo avvenimento o ad un certo progetto concreto nella vita, che di per sé ha una potenziale valenza curativa oppure una valenza di una sfida di riuscirci, ad esempio, l'integrazione nel mondo del lavoro, nello studio, ma anche una relazione sentimentale. La strategia del supporto psicologico può essere il lavoro sulle risorse della persona stessa e sulle risorse che possono trovarsi nella relazione con altre persone, compreso lo psicologo.
La psicoterapia classica invece tende a lavorare di più con le problematiche di base della persona, a volte nel contesto, ma volendo anche a prescindere dal contesto di vita, perché considera il contesto di vita comunque come la conseguenza delle possibilità, delle capacità, delle aspettative della persona; ovvero, secondo il principio: se non cambia la persona, non cambia la sua vita. Anche qui, la relazione con lo psicologo è importante, ma in maniera un po' diversa. La psicoterapia classica è considerata un intervento potenzialmente più radicale, ma è più impegnativa, e non tutte le persone e non in tutte le fasi della loro vita sono in grado di farla.
Questi miei commenti sono ovviamente molto schematici e risentono della mia propria esperienza, la quale non è universale.
Per il supporto psicologico di solito si intende un tipo di psicoterapia, che è volto a sostenere la persona nel suo cammino, senza obbiettivi di intervento più radicale. Spesso viene considerata come la non psicoterapia vera e propria, sebbene, se fatta bene, lo può essere. Ottimale, secondo me, quando tale supporto psicologico si fa in parallelo ad un certo avvenimento o ad un certo progetto concreto nella vita, che di per sé ha una potenziale valenza curativa oppure una valenza di una sfida di riuscirci, ad esempio, l'integrazione nel mondo del lavoro, nello studio, ma anche una relazione sentimentale. La strategia del supporto psicologico può essere il lavoro sulle risorse della persona stessa e sulle risorse che possono trovarsi nella relazione con altre persone, compreso lo psicologo.
La psicoterapia classica invece tende a lavorare di più con le problematiche di base della persona, a volte nel contesto, ma volendo anche a prescindere dal contesto di vita, perché considera il contesto di vita comunque come la conseguenza delle possibilità, delle capacità, delle aspettative della persona; ovvero, secondo il principio: se non cambia la persona, non cambia la sua vita. Anche qui, la relazione con lo psicologo è importante, ma in maniera un po' diversa. La psicoterapia classica è considerata un intervento potenzialmente più radicale, ma è più impegnativa, e non tutte le persone e non in tutte le fasi della loro vita sono in grado di farla.
Questi miei commenti sono ovviamente molto schematici e risentono della mia propria esperienza, la quale non è universale.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 3.6k visite dal 03/04/2020.
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