Assistenza alla famiglia di un malato psichiatrico
Buongiorno,
Come già specificato in precedenti consulti mia madre soffre da oltre vent’anni di disturbo bipolare di tipo I.
Ha avuto 2 ricoveri e tanti periodi molto duri, l’ultimo ricovero risale a circa 12 anni fa, la crisi maniacale è stata molto forte con allucinazioni visive e uditive e tanta rabbia, il percorso di recupero è stato lungo (circa 3 anni) poi sono seguiti anni di normalità mentre gli ultimi 2 anni li ha passati in fase ipomaniacale e dunque anche per la famiglia tante situazioni sono state difficili da gestire.
Lei è seguita dal centro di salute mentale di competenza e io circa un anno fa ho avvisato telefonicamente il suo medico del cambiamento di umore ma nulla è stato modificato nella terapia, questo ha comportato un altro anno di umore instabile fino ad arrivare al mese scorso in cui mia madre senza dire nulla a noi familiari si è recata dal medico perché non si sentiva bene.
Essendomi accorta che non stava bene ho chiesto a mia madre di spiegarmi come si sentiva e mi ha detto che era stata dal medico (che ha aggiunto 3gocce di aloperidolo) ma mi ha dato delle spiegazioni poco esaustive e non ho insistito per non turbarla ulteriormente.
Un po’ preoccupata contatto il medico il quale in modo molto sgarbato mi risponde che non è tenuto a dirmi nulla per un discorso di privacy e che le cose ce le dobbiamo spiegare all’interno della famiglia.
Inoltre mi ha detto che siamo una famiglia assente in quanto almeno una volta all’anno dovremmo avere anche noi familiari un colloquio insieme a mia madre.
Il punto è questo: dopo la fase successiva al ricovero nessuno mi ha mai contattata per un incontro (e il mio numero l’ho lasciato per tutte le esigenze molto anni fa), nessuno ha detto a mia madre di presentarsi con un familiare e mia madre che purtroppo si vergogna della sua malattia non ci comunica quando ha gli incontri con lo psichiatra.
(preferisce andare sola)
L’unico mio modo di comunicare con il medico era quello telefonico e negli ultimi anni l’ho contattato più volte avendo sempre risposte seccate.
Sinceramente pensavo di poter trovare un consiglio, un po’ di incoraggiamento, o comunque delle risposte alle mie domande e invece questo modo mi ha abbattuta molto.
Io voglio solo il bene per mia madre e non so come comportarmi, non posso farle cambiare medico perché ormai lei si fida ma noi della famiglia che veniamo trattati così cosa dobbiamo fare?
Come può il medico non capire che una famiglia va accompagnata anche nella gestione di una malattia così grave?
Come può non capire la sofferenza che non è solo del singolo ma di tutta la famiglia?
Nessuno ci ha aiutati, e inoltre ritengo che se io fossi stata ascoltata mia madre non avrebbe passato gli ultimi due anni così ma modificando un po’ la terapia sarebbe stata bene
Secondo voi cosa devo fare?
In genere come avviene il coinvolgimento della famiglia nella malattia psichiatrica di un familiare?
che percorso si fa?
Come già specificato in precedenti consulti mia madre soffre da oltre vent’anni di disturbo bipolare di tipo I.
Ha avuto 2 ricoveri e tanti periodi molto duri, l’ultimo ricovero risale a circa 12 anni fa, la crisi maniacale è stata molto forte con allucinazioni visive e uditive e tanta rabbia, il percorso di recupero è stato lungo (circa 3 anni) poi sono seguiti anni di normalità mentre gli ultimi 2 anni li ha passati in fase ipomaniacale e dunque anche per la famiglia tante situazioni sono state difficili da gestire.
Lei è seguita dal centro di salute mentale di competenza e io circa un anno fa ho avvisato telefonicamente il suo medico del cambiamento di umore ma nulla è stato modificato nella terapia, questo ha comportato un altro anno di umore instabile fino ad arrivare al mese scorso in cui mia madre senza dire nulla a noi familiari si è recata dal medico perché non si sentiva bene.
Essendomi accorta che non stava bene ho chiesto a mia madre di spiegarmi come si sentiva e mi ha detto che era stata dal medico (che ha aggiunto 3gocce di aloperidolo) ma mi ha dato delle spiegazioni poco esaustive e non ho insistito per non turbarla ulteriormente.
Un po’ preoccupata contatto il medico il quale in modo molto sgarbato mi risponde che non è tenuto a dirmi nulla per un discorso di privacy e che le cose ce le dobbiamo spiegare all’interno della famiglia.
Inoltre mi ha detto che siamo una famiglia assente in quanto almeno una volta all’anno dovremmo avere anche noi familiari un colloquio insieme a mia madre.
Il punto è questo: dopo la fase successiva al ricovero nessuno mi ha mai contattata per un incontro (e il mio numero l’ho lasciato per tutte le esigenze molto anni fa), nessuno ha detto a mia madre di presentarsi con un familiare e mia madre che purtroppo si vergogna della sua malattia non ci comunica quando ha gli incontri con lo psichiatra.
(preferisce andare sola)
L’unico mio modo di comunicare con il medico era quello telefonico e negli ultimi anni l’ho contattato più volte avendo sempre risposte seccate.
Sinceramente pensavo di poter trovare un consiglio, un po’ di incoraggiamento, o comunque delle risposte alle mie domande e invece questo modo mi ha abbattuta molto.
Io voglio solo il bene per mia madre e non so come comportarmi, non posso farle cambiare medico perché ormai lei si fida ma noi della famiglia che veniamo trattati così cosa dobbiamo fare?
Come può il medico non capire che una famiglia va accompagnata anche nella gestione di una malattia così grave?
Come può non capire la sofferenza che non è solo del singolo ma di tutta la famiglia?
Nessuno ci ha aiutati, e inoltre ritengo che se io fossi stata ascoltata mia madre non avrebbe passato gli ultimi due anni così ma modificando un po’ la terapia sarebbe stata bene
Secondo voi cosa devo fare?
In genere come avviene il coinvolgimento della famiglia nella malattia psichiatrica di un familiare?
che percorso si fa?
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Chiaramente sua madre non vuole coinvolgervi poiché va da sola alle visite e non vi avvisa.
Per cui la questione non riguarda la privacy ma il SEGRETO PROFESSIONALE che va mantenuto in tutti i casi in cui chiaramente il paziente esprime dissenso o non esprime un consenso esplicito al fatto che altri possano essere a conoscenza della sua situazione.
E' poi normale che se insiste affinché il collega commetta un reato che riceva una risposta piccata.
Quindi faccia le sue considerazioni e stabilisca chiaramente con sua madre che vuole essere presente ai controlli.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
Per cui la questione non riguarda la privacy ma il SEGRETO PROFESSIONALE che va mantenuto in tutti i casi in cui chiaramente il paziente esprime dissenso o non esprime un consenso esplicito al fatto che altri possano essere a conoscenza della sua situazione.
E' poi normale che se insiste affinché il collega commetta un reato che riceva una risposta piccata.
Quindi faccia le sue considerazioni e stabilisca chiaramente con sua madre che vuole essere presente ai controlli.
Dr. F. S. Ruggiero
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