Nevrosi a due
Salve scrivo perché credo di soffrire di nevrosi. Ho 24 anni, vivo a Parma, con mia madre e mio fratello maggiore. Non ci sarebbero problemi se non che io mi senta, in un certo senso, messo sotto ricatto. Voglio dire, mi sento "vincolato", non esco di casa a cuor leggero, come se, uscendo mi sentissi implicitamente criticato, ad esempio, anche per andare a lezione o, ad esempio, se, chiuso in camera, mi prende l'ansia, come se mia madre o mio fratello potessero venire e disturbarmi (ma soprattutto mia madre) e in un certo senso, ricattarmi. Ho provato a 21 anni, a prendere una casa in condivisione con altri studenti ma la mia nevrosi, nonostante la distanza fisica, è rimasta. Ho letto su una rivista di psicologia il cui approccio, devo dire, apprezzo molto, della c. d. nevrosi a due e della distorsione della realtà che essa può provocare. In casa mio padre è stato sempre un soggetto problematico, con la sua visione pessimistica del mondo, alla quale, da bambino, mi ribellavo con vigore, sebbene, condizionasse non poco le mie scelte amicali e relazionali nonché sportive e di studio. Vi spiego meglio. La mia famiglia ha sempre vissuto in condizione agiate, sebbene in casa si respirasse sempre aria di "problemi", derivanti sempre da mio padre. Problemi che, a mio parere, sebbene fittizi, hanno influenzato la visione della mia famiglia nonché di mia madre, in questi anni radicalmente cambiata. Riprendendo, sebbene economicamente benestanti, emergevano costantemente problemi: la distanza della scuola calcio, problemi di soldi, sempre e solo problemi; "gli altri" visti come nemici e infidi oppure ricatti divenuti sempre più espliciti: ad esempio, se dovessi tornare a casa, a Lecce, ora vivo a Parma, mio padre sarebbe invadente, inizierebbe a lavarmi i vestiti, a cucinare per me, senza che glielo chieda, e, qualora rifiutassi, partirebbe con ricatti del tipo: non ti do la macchina, non ti do più soldi ecc... cose molto simili a quelle che fa ora mia madre, piantata qui a casa senza un lavoro e che tutto il giorno gira per casa a lavare e pulire tutto incondizionatamente. La sua presenza è oppressiva, mi lava i vestiti, cucina... non me ne sono accorto prima e sono stato "al gioco" 1. perché in questi anni sono letteralmente impazzito, ho sintomi somatici e soffro di deruralizzazione e depersonalizzazione 2. perché ho incontrato spesso persone che tale comportamento lo giustificavano (la mia ragazza o mio fratello) e, nella mia poca lucidità, non sono riuscito a "impormi": ora, mi sembra che le cose siano degenerate a tal punto che dovrei sbottare, litigare per ogni minimo dettaglio, perché se le dico di non cucinare o di non lavarmi i vestiti (cosa che ho provato) mi frega facendo altro, facendo una torta per esempio e, se per caso ne dovessi mangiare un pezzetto, tutto ricomincerebbe d'accapo... Vorrei prendere una casa da solo, ma studio, non lavoro, e se dovessi chiedere a mio padre di fare da garante partirebbe con il suo modo di fare costrittivo.
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Nevrosi è un termine vago. Il modo in cui ragiona fa pensare ad un problema ossessivo.
Se già si è deciso a curarlo, questo è quello che può fare. La natural del suo disturbo la porta probabilmente a chiedere a vuoto cosa deve fare, ma nessuno ha detto che debba o possa fare qualcosa diverso dal curarsi, che mi pare una buona iniziativa.
Se già si è deciso a curarlo, questo è quello che può fare. La natural del suo disturbo la porta probabilmente a chiedere a vuoto cosa deve fare, ma nessuno ha detto che debba o possa fare qualcosa diverso dal curarsi, che mi pare una buona iniziativa.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
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Utente
La ringrazio per la risposta. Effettivamente ho consultato diversi psicologi e medici e chiesto aiuto "a vuoto" come dice lei. Ho sintomi quali stress, formicolii alla nuca e mi focalizzo enormemente sui pensieri. Anche dopo aver formulato questa frase mi ci soffermo, non so perché, è come se fossero più forti e persistenti, entro in circolo vizioso dal quale esco ma per poco, poi ci ricasco e quando mi reco da uno psicologo espongo un problema che non c'è ed egli discorre appunto di quello (ho parlato di narcisismo, problemi in famiglia e altre malattie). Sinceramente speravo che qualcuno vedesse, dal mio comportamento, la natura del mio problema, ma spesse volte è stato travisato. Inizialmente mi rendevo conto di "fissarmi sui pensieri" ma dopo diagnosi sbagliate di medici e psicologi mi sono convinto varie volte di essere depresso, schizofrenico, per poi uscire da tali convinzioni e rientrare in altre. Cosa mi consiglia di fare dunque?
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Scelga Lei la modalità di visita che le torna più comoda e che il medico le consiglia, ma si tratta di una visita, e non di una seduta in cui lei espone le sue domande ovviamente.
Non è difficile valutare il suo comportamento, non mi pare però che lo abbia mai fatto valutare a chi di questo si occupa per adesso, cioè uno psichiatra.
Dopo di che, le verrà indicata una terapia, che è il fine costruttivo della cosa.
Non è difficile valutare il suo comportamento, non mi pare però che lo abbia mai fatto valutare a chi di questo si occupa per adesso, cioè uno psichiatra.
Dopo di che, le verrà indicata una terapia, che è il fine costruttivo della cosa.
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Utente
Vi riscrivo perché, senza voler mettere in dubbio le vostre competenze, non credo che si tratti di una questione di tipo ossessivo o meglio, sento che alla base ho un problema di tipo "emotivo". Cerco di spiegarmi: non mi sento amato, quando qualcuno esprime un minimo di vicinanza, attenzione sincera, spesso, mi metto a piangere, anche in questo momento mentre scrivo. Non voglio fare autodiagnosi ma il mio comportamento emotivo mi sembra controproducente, mi porta verso relazioni insoddisfacenti o comunque non mi sento emotivamente libero, mi chiudo e somatizzo. Per confermare quanto detto, senza fantasticare su quanto scrivo, quando arrivai a Parma a 19 anni (studiavo psicologia) mi sentivo legato a mio fratello maggiore sebbene lo odiassi e al tempo stesso gli volessi bene. Non lo so, forse ho subito troppi traumi emotivi e affettivi, mi sento chiuso al mondo, ormai non esco di casa o comunque, quando lo faccio, non è che mi senta contento, ma solo per necessità (lezioni e commissioni varie). Non sento legami affettivi importanti, soprattutto in famiglia (mio padre mi chiama con le SUE richieste affettive, minacciandomi o facendo discorsi "strani" e percependo - anche se ormai diffido delle mie percezioni e forse da qui l'ossessione - un secondo fine, quasi, o senza quasi, manipolativo, chiudo il telefono) stesso dicasi con mia madre che come ho detto si fa in quattro per sentirsi utile.. questo rapporto di dare amore per riceverlo.. Non lo so, forse sono io che non mi impegno a sufficienza? O ormai che non ne veda l'utilità dando per scontato il fallimento? Mi sento depresso, sento di dover fare qualcosa per i miei cari ma ho paura che non venga apprezzato, stesso dicasi per la mia pseudo ragazza con la quale ho un rapporto conflittuale.. All'inizio della relazione mi impegnai molto con lei (era fidanzata e, sinceramente, non volli deprivare il suo ragazzo della sua compagna ma fu lei a lanciare dei segnali) ricevendo, però, poco o niente, le sue pretese si fecero sempre più assillanti e inoltre si installò nelle mie relazioni amicali più strette, adesso a lei più legate(ora, definirle amicali, è un paradosso). Sembra che mi facciano un favore a sentirmi e, a meno che non sia io a scrivere loro, non ci sono molti contatti, inoltre, quand'anche avvenisse, alle loro condizioni, pur di un minimo di compagnia. Mi sono sempre sacrificato per gli altri, venendo in contro alle loro esigenze (quando un'amicizia ancora vi era) ma non ho mai ricevuto il medesimo trattamento se non difendendomi nella relazioni facendo valere un rapporto paritario.. mi sento inutile, importante per nessuno, forse idealizzo, ma l'amore o la benevolenza non dovrebbe prescindere dall'interesse personale? Ora mi comporto allo stesso modo, sono chiuso, me ne frego, ma muoio dentro, non ho affetti e scusate la lungaggine e la ripetitività ma sto scrivendo tutto quello che mi viene da scrivere e nonostante ciò sento di non esprimere veramente le mie emozioni, non ci entro in contatto, passo dal pianto alla razionalità pura, ma vuota della depressione e non so come reagire.
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Utente
Inoltre percependo il mio stato depressivo mi sono probabilmente fissato sui pensieri, percependoli causa della mia condizione e, quand'anche fossero meno negativi (neutri o positivi) li percepisco come tali in quanto correlati ad una emotività negativa, scatta in me volontariamente una sorta di controllo del pensiero che mi manda in tilt la cognizione e mi fa somatizzare. Credo di aver determinato, in un certo senso, il mio problema e mi sento più lucido o comunque più razionale già adesso. In ogni caso, ho sofferto le pene dell'inferno, ho 24 anni e sono iscritto ad una facoltà che, forse, mi piacerebbe anche, ma sta andando tutto a rotoli, sono fuori corso.. Mi sento molto triste
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Il problema è che se cerca spiegazioni ne troverà quante ne vuole, soltanto perché le cerca.
Invece la cosa importante è curare la sua condizione per star meglio.
Pensare, ripensare etc, avrà come effetto quello di portare a inutili auto-diagnosi (vere o false che siano) anziché a cure.
Invece la cosa importante è curare la sua condizione per star meglio.
Pensare, ripensare etc, avrà come effetto quello di portare a inutili auto-diagnosi (vere o false che siano) anziché a cure.
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Utente
Salve dottori vi riscrivo, non ho sostenuto il colloquio con lo psicologo. Ho capito che soffro di stress e non sto facendo nulla per le situazioni che reputo da affrontare (come ho detto l'unico dato rilevante, derivante da numerose visite era un abbassamento delle difese immunitarie, per il resto, tutto nella norma). Mi sembrano troppe cose da affrontare e, ammetto, su una cosa mi sono fissato, sulla reazione stressogena e sull'effetto psicofisico da questa causato (ovvero pensiero inerente la situazione e risposta fisica con conseguente desiderio di non fare e fissazione su questo sentimento di non volere fare nulla). Anche un mio amico ha sofferto allo stesso modo, reagendo pero diversamente, con forte emicrania ecc.. Diciamo che mi sono un po' fissato sulla scarsezza della mia capacità ad adattarmi a nuove situazioni e trovare soluzioni "creative" che prima individuavo, avendo anche voglia di fare, fissandomi e cercando un problema per rimuovere possibili "ostacoli" che si frapponevano tra me e la mia mancanza di voglia di fare. Ho sintomi fisici come mal di schiena, mal di testa ecc.. insomma, la cosa che più mi ha preoccupato è stata quella di non riuscire a pensare lucidamente prima di agire, di considerare la situazione ed agire. Sul serio sono impazzito in questo senso e anche adesso alcune dinamiche psichiche mi sono astruse: mi vengono in mente persone da contattare, amici con cui ristringere i rapporti, a questo la mia risposta emotiva, spesso è no e in seguito somatizzo. Dopodiché, il problema, irrisolto, lo analizzo razionalmente, ma cio non serve. In più mi concentro sul fatto che io consideri la situazione sempre da uno stato, non dico depressivo (paura che mi è, devo dire venuta), ma comunque negativo (osservo le difficoltà e le cose da fare, come quando, insomma, non se ne ha voglia) e "lo blocco" ( credo o comunque devio da quei pensieri). Vi prego di non suggerirmi uno psicologo per il disturbo ossessivo, ma almeno qualche consiglio per affrontare lo stress e i suoi sintomi e per non venirne "spaventato" o interpretarli in malo modo (come anche difficoltà mnemoniche, che mi hanno a dir poco divorato e spaventato, non capivo, in sede di esame universitario). Spero di non sembrare pretenzioso nei vostri confronti, ma per me è difficile seguire dei consigli che non sento adatti alla mia condizione (al di là delle definizioni). Insomma vorrei risolvere questa cosa ma se mi dite di andare dallo psicologo non ci vado perché la mia reazione è che ho già molte cose da fare e, sinceramente, ci sono andato e purtroppo senza successo.
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Ha un disturbo e non lo cura, con giustificazioni che non deve proporre a noi. Tutto il resto dei ragionamenti non ha molto costrutto. E' esattamente quello che stava tendendo a fare. Ripetere ll malessere e non intervenire.
Non ho capito da chi è andato e cosa ha provato a fare.
Vada da uno psichiatra in tal caso. Se non di vuole andare perché "ha da fare", non mi pare si debba aggiungere altro.
Non ho capito da chi è andato e cosa ha provato a fare.
Vada da uno psichiatra in tal caso. Se non di vuole andare perché "ha da fare", non mi pare si debba aggiungere altro.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.4k visite dal 22/02/2020.
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