Depressione e dilemmi esistenziali
Buonasera gentili dottori,
da un paio di mesi sto sperimentando una sensazione di vuoto circa l'esistenza.
Nel senso che ho la sensazione che la realtà e le persone che ho attorno non esistano realmente e molte volte mi pongo dubbi del tipo "e se esistessi solo io e tutto questo fosse frutto della mia immaginazione?
".
È come se per assurdo nella mia testa ci fosse la paura che io sia effettivamente l'unica esistente al mondo, inoltre ho in seguito riscontrato casualmente sul web che questa teoria è chiamata solipsismo e a quel punto l'angoscia è aumentata sempre di più.
Ho cercato invano prove che potessero smentirla, ma a quanto pare non ce ne sono.
Il fatto che non potrò mai conoscere una verità assoluta mi provoca una forte sofferenza.
Mi domando "Che senso avrebbe vivere allora se tutto questo non esistesse e fosse una mera illusione della mia mente?
Sarebbe inaccettabile".
Ci tengo a precisare che sono già in cura da uno psichiatra e sto assumendo Daparox quotidianamente e Lorazepam per eventuali attacchi d'ansia da qualche giorno.
Mi sembra di non avere più punti di riferimento e mi sento sola nonostante sia circondata da persone che mi supportano.
Il mio psichiatra, valutando il percorso dei miei ultimi anni (ho rinunciato agli studi universitari e non so cosa fare del mio futuro) ritiene che la causa sia dovuta ad un momento della mia vita in cui non so esattamente cosa voglio.
Voi cosa ne pensate?
Un saluto
da un paio di mesi sto sperimentando una sensazione di vuoto circa l'esistenza.
Nel senso che ho la sensazione che la realtà e le persone che ho attorno non esistano realmente e molte volte mi pongo dubbi del tipo "e se esistessi solo io e tutto questo fosse frutto della mia immaginazione?
".
È come se per assurdo nella mia testa ci fosse la paura che io sia effettivamente l'unica esistente al mondo, inoltre ho in seguito riscontrato casualmente sul web che questa teoria è chiamata solipsismo e a quel punto l'angoscia è aumentata sempre di più.
Ho cercato invano prove che potessero smentirla, ma a quanto pare non ce ne sono.
Il fatto che non potrò mai conoscere una verità assoluta mi provoca una forte sofferenza.
Mi domando "Che senso avrebbe vivere allora se tutto questo non esistesse e fosse una mera illusione della mia mente?
Sarebbe inaccettabile".
Ci tengo a precisare che sono già in cura da uno psichiatra e sto assumendo Daparox quotidianamente e Lorazepam per eventuali attacchi d'ansia da qualche giorno.
Mi sembra di non avere più punti di riferimento e mi sento sola nonostante sia circondata da persone che mi supportano.
Il mio psichiatra, valutando il percorso dei miei ultimi anni (ho rinunciato agli studi universitari e non so cosa fare del mio futuro) ritiene che la causa sia dovuta ad un momento della mia vita in cui non so esattamente cosa voglio.
Voi cosa ne pensate?
Un saluto
[#1]
Un momento della mia vita in cui non so esattamente cosa voglio non è una diagnosi e ciò è un punto di partenza pessimo.
La questione va inquadrata clinicamente e gestita sulla base della sintomatologia con un trattamento appropriato per cui la questione va rivalutata in modo appropriato.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
La questione va inquadrata clinicamente e gestita sulla base della sintomatologia con un trattamento appropriato per cui la questione va rivalutata in modo appropriato.
Dr. F. S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#3]
Francamente non condivido l'approccio dello svago quando si deve trattare una patologia psichiatrica.
Lo svago è corretto se una persona ha la capacità di svagarsi senza restare imbrigliato nella malattia, quindi può essere un fenomeno applicabile a seguito di un miglioramento.
Restare nell'indefinitezza diagnostica alimenta la preoccupazione per il proprio stato di salute provocando una serie di rimuginazioni e l'attesa di un miglioramento che tarda a venire.
Quindi, innanzitutto una diagnosi ed un trattamento appropriati e poi eventualmente qualsiasi altra attività.
Lo svago è corretto se una persona ha la capacità di svagarsi senza restare imbrigliato nella malattia, quindi può essere un fenomeno applicabile a seguito di un miglioramento.
Restare nell'indefinitezza diagnostica alimenta la preoccupazione per il proprio stato di salute provocando una serie di rimuginazioni e l'attesa di un miglioramento che tarda a venire.
Quindi, innanzitutto una diagnosi ed un trattamento appropriati e poi eventualmente qualsiasi altra attività.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.4k visite dal 14/01/2020.
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