Compagno dipendente cocaina crack
Buongiorno, due mesi fa ho scoperto che il mio compagno consuma da un anno con cadenza qunidicinale cocaina e crack (abbuffate in poco tempo). Credo soffra anche di qualche disturbo della personalità che lo porta a avere frequenti sbalzi i umore, aggressività, tendenza a mentire e a teatralizzare tutto, anche se non so quanto questi atteggiamenti siano effetto della droga. Insieme a questo, rapporti conflittuali pesantissimi con le donne, inclusa me.
Dopo che è stato scoperto, ha deciso di rivolgersi ai Narcotici Anonimi, ed ha deciso di trovare un nuovo psicoterapeuta, che gli sarà consigliato a breve da quello precedente che ha acconsentito a terminare il loro percorso. Al SerD pare non lo seguano perché la sua frequenza non è abbastanza intensa e per lo stesso motivo pere che non lo possano andare in comunità il suo medico di base gli ha prescritto dei sonniferi per i momenti in cui la sera gli prendono "le smanie".
In due mesi ho tenuto la distanza perché ho sofferto molto, ed ho scoperto una ricaduta di una sera.
Non ha più la mia fiducia ma gli voglio bene, ed ora che mi sta chiedendo di stargli accanto in questo percorso (per fortuna non viviamo insieme), vorrei studiare un piano o capire come muovermi senza distruggere me stessa e dandogli un aiuto. Ogni volta che provo a parlare del problema si irrigidisce, se la cosa parte da lui, invece no.
Ho una terapeuta che mi segue ma non vuole sentir parlare di sostegno e mi sprona a mollare tutto.
Ho frequentato alcune riunioni di familiari ma non mi sento a mio agio.
Cosa conviene far, considerando tutti i problemi, e consapevole che non sarò io a salvarlo, propongo un incontro con una figura professionale in grado di sostenerci mentre lui fa il suo percorso, devo parlare, non parlare, essere dura o cosa? Non ho molte energie e vorrei sfruttarle al meglio. Grazie
Dopo che è stato scoperto, ha deciso di rivolgersi ai Narcotici Anonimi, ed ha deciso di trovare un nuovo psicoterapeuta, che gli sarà consigliato a breve da quello precedente che ha acconsentito a terminare il loro percorso. Al SerD pare non lo seguano perché la sua frequenza non è abbastanza intensa e per lo stesso motivo pere che non lo possano andare in comunità il suo medico di base gli ha prescritto dei sonniferi per i momenti in cui la sera gli prendono "le smanie".
In due mesi ho tenuto la distanza perché ho sofferto molto, ed ho scoperto una ricaduta di una sera.
Non ha più la mia fiducia ma gli voglio bene, ed ora che mi sta chiedendo di stargli accanto in questo percorso (per fortuna non viviamo insieme), vorrei studiare un piano o capire come muovermi senza distruggere me stessa e dandogli un aiuto. Ogni volta che provo a parlare del problema si irrigidisce, se la cosa parte da lui, invece no.
Ho una terapeuta che mi segue ma non vuole sentir parlare di sostegno e mi sprona a mollare tutto.
Ho frequentato alcune riunioni di familiari ma non mi sento a mio agio.
Cosa conviene far, considerando tutti i problemi, e consapevole che non sarò io a salvarlo, propongo un incontro con una figura professionale in grado di sostenerci mentre lui fa il suo percorso, devo parlare, non parlare, essere dura o cosa? Non ho molte energie e vorrei sfruttarle al meglio. Grazie
[#1]
Gentile utente,
A parte che non è chiaro se gli abbiano diagnosticato una dipendenza da crack, oppure no. Sono due cose diverse.
Poi, se una persona si cura per problemi di questo tipo, può anche essere utile che una terza persona riferisca circostanze e dettagli, o si interessi ai meccanismi del disturbo.
Questo non significa che la persona abbia un ruolo nella cura o che ci siano modi in cui comportarsi "in positivo", cioè modi che siano utili a ottenere dei risultati.
A parte che non è chiaro se gli abbiano diagnosticato una dipendenza da crack, oppure no. Sono due cose diverse.
Poi, se una persona si cura per problemi di questo tipo, può anche essere utile che una terza persona riferisca circostanze e dettagli, o si interessi ai meccanismi del disturbo.
Questo non significa che la persona abbia un ruolo nella cura o che ci siano modi in cui comportarsi "in positivo", cioè modi che siano utili a ottenere dei risultati.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Buonasera dottore, la ringrazio, speravo proprio che mi rispondesse lei. La sua dipendenza è autodiagnosticata, io l'ho scoperta per caso, in ogni caso la persona in questione è passata da un consumo sporadico e "ricreativo" nei 3/4 anni precedenti a uno compulsivo ( 2/3 giorni consecutivi 2 volte al mese e quantitativi ingenti di sostanza e di denaro ) nell'ultimo anno. Il tutto con un conseguente deterioramento di condizioni economiche, contesto lavorativo e relazioni sociali ed affettive.
Ora pare voglia rimettersi in carreggiata, e mi ha chiesto di supportarlo.
Con lo psicoterapeuta che lo ha seguito nell'ultimo anno e mezzo hanno concordato di terminare il percorso in quanto la situazione è addirittura peggiorata, e a breve dovrebbe essere indirizzato presso un altro professionista.
Io ritengo che uno psicologo qui non basti e che sia necessaria una azione più ampia e, mi passi il termine, più "pesante" ( per capirci, una diagnosi da parte di un medico psichiatra e un percorso a 360 gradi inclusi farmaci se necessari). I narcotici anonimi o i gruppi come corollario.
Quello che vorrei è supportarlo nella scelta di un percorso che comunque deve poi fare lui, cercando magari di evitare atteggiamenti sbagliati o ossessivi che potrebbero rendere più difficile la situazione per entrambi. Vorrei anche capire se può essere utile affrontare qualcosa insieme a lui, per stabilire un piano, non vorrei rischiare di fare l'assistente sociale per giunta senza esserne in grado, trovarsi in questo ruolo ingrato è un attimo. Le confesso che sono molto preoccupata, non è facile. Lei come consiglierebbe di procedere?
Grazie
Ora pare voglia rimettersi in carreggiata, e mi ha chiesto di supportarlo.
Con lo psicoterapeuta che lo ha seguito nell'ultimo anno e mezzo hanno concordato di terminare il percorso in quanto la situazione è addirittura peggiorata, e a breve dovrebbe essere indirizzato presso un altro professionista.
Io ritengo che uno psicologo qui non basti e che sia necessaria una azione più ampia e, mi passi il termine, più "pesante" ( per capirci, una diagnosi da parte di un medico psichiatra e un percorso a 360 gradi inclusi farmaci se necessari). I narcotici anonimi o i gruppi come corollario.
Quello che vorrei è supportarlo nella scelta di un percorso che comunque deve poi fare lui, cercando magari di evitare atteggiamenti sbagliati o ossessivi che potrebbero rendere più difficile la situazione per entrambi. Vorrei anche capire se può essere utile affrontare qualcosa insieme a lui, per stabilire un piano, non vorrei rischiare di fare l'assistente sociale per giunta senza esserne in grado, trovarsi in questo ruolo ingrato è un attimo. Le confesso che sono molto preoccupata, non è facile. Lei come consiglierebbe di procedere?
Grazie
[#3]
Un inquadramento completo è opportuno. Anche perché parte degli interventi sono di tipo medico. Essere "supportato" è un termine vago che spesso non corrisponde a niente di concreto. Serve un elemento che prevenga le ricadute, se è una dipendenza, o che moduli altri fattori che inducono l'uso di crack, se non lo è. Quindi va anche diagnosticato se lo è per decidere la strategia.
[#4]
Utente
Sono assolutamente d'accordo con lei.
Io forse potrei essergli d'aiuto in un processo di cura, sia non lasciandolo solo che fornendo dati oggettivi in più; sono anche quasi certa di aver induviduato quello che potrebbe essere il problema nonché motivo scatenante di questo comportamento autodistruttivo, perché tale è, solo che, essendo coinvolta e priva di mezzi adeguati, posso solo accompagnare e sostenere, non certo trovare soluzioni.
Devo verificare però se stavolta vuole veramente andare in fondo, a parole è un conto, ma coi fatti è tutta un'altra storia.
Intanto la ringrazio, se me lo consente proverò a contattarla in privato per valutare la possibilità di un consulto.
Grazie
Io forse potrei essergli d'aiuto in un processo di cura, sia non lasciandolo solo che fornendo dati oggettivi in più; sono anche quasi certa di aver induviduato quello che potrebbe essere il problema nonché motivo scatenante di questo comportamento autodistruttivo, perché tale è, solo che, essendo coinvolta e priva di mezzi adeguati, posso solo accompagnare e sostenere, non certo trovare soluzioni.
Devo verificare però se stavolta vuole veramente andare in fondo, a parole è un conto, ma coi fatti è tutta un'altra storia.
Intanto la ringrazio, se me lo consente proverò a contattarla in privato per valutare la possibilità di un consulto.
Grazie
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.7k visite dal 01/08/2019.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.