Depressione maggiore e rifiuto delle cure
Buongiorno,
vi scrivo per un consiglio in merito alla depressione unipolare del mio fidanzato. Ci siamo conosciuti tre anni fa in un ambiente accademico molto dinamico, in cui lui era la persona più attiva dell'istituto. Mi sento in dovere di precisarlo perché questo accadeva prima della diagnosi ed è da allora che non lo vedo così.
Terminati gli studi e rientrato a casa con la famiglia, il suo umore è andato gradualmente deteriorandosi finché la scorsa primavera non ha avuto la prima crisi depressiva, restando per giorni sul divano e rifiutando acqua e cibo nonostante le richieste dei familiari. Con molta pazienza sono riuscita a convincerlo a mangiare, ma data la gravità della situazione abbiamo cercato il confronto con uno psichiatra, il quale gli ha diagnosticato una forma di depressione unipolare e gli ha prescritto una terapia farmacologica oltre che delle sedute periodiche con uno psicologo.
In un primo periodo si attiene alle indicazioni dello psichiatra, poi, dopo qualche seduta, decide che lo psicologo è uno spreco di tempo e denaro. Smette di andarci, non vuole sentire ragioni: dopo molto insistere e supplicare, la sua famiglia ed io ci arrendiamo.
Ricominciano le crisi, sempre più frequenti. Si chiude in camera per giorni senza mangiare né bere, rifiutando ogni contatto umano che non sia il mio. Fuma erba ogni giorno. Sa che non dovrebbe, ma lo fa stare bene e io non riesco a convincerlo a non farlo. A volte capita che dimentichi le pastiglie, altre volte si rifiuta volontariamente di prenderle.
Passa i momenti in cui sta bene a pianificare la propria vita, ma alla prima difficoltà si scatenano le crisi. Allontana gli amici. Non riesce a mettere ordine nella propria vita, a godere delle cose che prima gli davano piacere. Anche il nostro rapporto inizia a subire il peso della sua malattia: lui ricorre a ricatti emotivi per avere le mie attenzioni, inizia a colpevolizzarmi perché non lo so aiutare, mentre io rinuncio ad insistere affinché riprenda le sedute con lo psicologo e cerco di aiutarlo in tutti i modi possibili (a scapito della mia salute psicofisica, della mia vita lavorativa e della mia vita sociale).
Le crisi diventano un appuntamento mensile. Arriva a parlare di suicidio. Sotto Natale la situazione si fa così grave che arriviamo a considerare il ricovero coatto, ma queste crisi se ne vanno veloci così come arrivano e lui torna ad essere la persona intelligente, gentile e piena di capacità che ho conosciuto tre anni fa. Vede lo psichiatra solo per farsi cambiare i dosaggi dei medicinali ma non gli chiede alcun tipo di supporto. Crede fermamente di potercela fare da solo. Ritiene che i problemi della sua vita siano tutti causati da condizioni esterne, non dalla sua malattia. Io non so più cosa fare, vorrei che capisse che i problemi che lo angosciano continueranno ad esserci finché non prenderà sul serio la sua situazione. Lo amo moltissimo ma mi trovo in seria difficoltà. Cosa posso fare per fargli cambiare idea?
vi scrivo per un consiglio in merito alla depressione unipolare del mio fidanzato. Ci siamo conosciuti tre anni fa in un ambiente accademico molto dinamico, in cui lui era la persona più attiva dell'istituto. Mi sento in dovere di precisarlo perché questo accadeva prima della diagnosi ed è da allora che non lo vedo così.
Terminati gli studi e rientrato a casa con la famiglia, il suo umore è andato gradualmente deteriorandosi finché la scorsa primavera non ha avuto la prima crisi depressiva, restando per giorni sul divano e rifiutando acqua e cibo nonostante le richieste dei familiari. Con molta pazienza sono riuscita a convincerlo a mangiare, ma data la gravità della situazione abbiamo cercato il confronto con uno psichiatra, il quale gli ha diagnosticato una forma di depressione unipolare e gli ha prescritto una terapia farmacologica oltre che delle sedute periodiche con uno psicologo.
In un primo periodo si attiene alle indicazioni dello psichiatra, poi, dopo qualche seduta, decide che lo psicologo è uno spreco di tempo e denaro. Smette di andarci, non vuole sentire ragioni: dopo molto insistere e supplicare, la sua famiglia ed io ci arrendiamo.
Ricominciano le crisi, sempre più frequenti. Si chiude in camera per giorni senza mangiare né bere, rifiutando ogni contatto umano che non sia il mio. Fuma erba ogni giorno. Sa che non dovrebbe, ma lo fa stare bene e io non riesco a convincerlo a non farlo. A volte capita che dimentichi le pastiglie, altre volte si rifiuta volontariamente di prenderle.
Passa i momenti in cui sta bene a pianificare la propria vita, ma alla prima difficoltà si scatenano le crisi. Allontana gli amici. Non riesce a mettere ordine nella propria vita, a godere delle cose che prima gli davano piacere. Anche il nostro rapporto inizia a subire il peso della sua malattia: lui ricorre a ricatti emotivi per avere le mie attenzioni, inizia a colpevolizzarmi perché non lo so aiutare, mentre io rinuncio ad insistere affinché riprenda le sedute con lo psicologo e cerco di aiutarlo in tutti i modi possibili (a scapito della mia salute psicofisica, della mia vita lavorativa e della mia vita sociale).
Le crisi diventano un appuntamento mensile. Arriva a parlare di suicidio. Sotto Natale la situazione si fa così grave che arriviamo a considerare il ricovero coatto, ma queste crisi se ne vanno veloci così come arrivano e lui torna ad essere la persona intelligente, gentile e piena di capacità che ho conosciuto tre anni fa. Vede lo psichiatra solo per farsi cambiare i dosaggi dei medicinali ma non gli chiede alcun tipo di supporto. Crede fermamente di potercela fare da solo. Ritiene che i problemi della sua vita siano tutti causati da condizioni esterne, non dalla sua malattia. Io non so più cosa fare, vorrei che capisse che i problemi che lo angosciano continueranno ad esserci finché non prenderà sul serio la sua situazione. Lo amo moltissimo ma mi trovo in seria difficoltà. Cosa posso fare per fargli cambiare idea?
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Gentile utente,
Metto insieme alcuni elementi. Uno, la ricorrenza di queste fasi, anche intense, alternate a periodi in cui le cose rientrano; secondo, l'uso di cannabis; terzo, l'atteggiamento polemico o comunque di attribuzione all'ambiente del problema.
Questi elementi porrebbero almeno il dubbio che non sia una forma unipolare, il che non significa che si tratti di una forma bipolare di tipo pieno. Il dubbio si traduce poi nel fatto che sono due malattie diverse.
Che terapia è stata prescritta ?
Metto insieme alcuni elementi. Uno, la ricorrenza di queste fasi, anche intense, alternate a periodi in cui le cose rientrano; secondo, l'uso di cannabis; terzo, l'atteggiamento polemico o comunque di attribuzione all'ambiente del problema.
Questi elementi porrebbero almeno il dubbio che non sia una forma unipolare, il che non significa che si tratti di una forma bipolare di tipo pieno. Il dubbio si traduce poi nel fatto che sono due malattie diverse.
Che terapia è stata prescritta ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Intanto la ringrazio per la risposta molto rapida. So che prende litio assieme ad un altro farmaco di cui purtroppo non ricordo il nome e non vivendo con lui non ho modo di controllare.
Tempo addietro gli avevo proposto di chiedere un parere ad un altro psichiatra, nel caso ci potesse essere una diversa diagnosi, ma non ha voluto. Adesso non posso nemmeno entrare nell'argomento perché entra in difensiva.
Tempo addietro gli avevo proposto di chiedere un parere ad un altro psichiatra, nel caso ci potesse essere una diversa diagnosi, ma non ha voluto. Adesso non posso nemmeno entrare nell'argomento perché entra in difensiva.
[#3]
Un altro elemento che potrebbe orientare verso l'ipotesi di una bipolarità (vero che si usa anche nelle forme ricorrenti unipolari). Ma in tal caso assumerebbe già uno dei prodotti di riferimento, il litio.
Non so se lo assume regolarmente, se il dosaggio della litiemia va bene. Se nonostante questi fattori si ripetono queste fasi , sarebbe il caso di considerare un cambiamento o aggiunta nella cura.
Non so se lo assume regolarmente, se il dosaggio della litiemia va bene. Se nonostante questi fattori si ripetono queste fasi , sarebbe il caso di considerare un cambiamento o aggiunta nella cura.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.2k visite dal 25/02/2019.
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