Ludopatia periodica

Mio nipote, 25 anni, vive con i genitori, da circa 6 anni manifesta episodi periodici di dipendenza dal gioco delle scommesse presso sale.
Gli episodi si manifestano a distanza di 18-24 mesi e sfociano in perdite che lo privano di tutto lo stipendio, oltre a farsi prestare qualcosa da qualche amico.
Tra un episodio ed un altro sembrerebbe gestirsi le sue disponibilità senza problemi, anche se non è escluso che comunque un pochino giochi.
Passato l'episodio (che è comunque costretto a rivelarlo perchè ha bisogno di soldi) lui afferma che per il futuro sarà in grado di controllarsi da solo aiutandosi con il coinvolgimento in altri interessi (lavoro, sport, amici) che gli riempirebbero la mente e lo distoglierebbero dal gioco.
In merito alla possibilità di farsi aiutare a livello medico manifesta scetticismo; ha avuto due colloqui (psichiatra, psicologo) più per compiacere i parenti che per convinzione propria.
Al di fuori di questo la sua vita è regolare, amici, ragazza, lavoro; forse poco impegno nel lavoro, segno anche di una piena maturità ancora da venire. Mai manifestato segni di altre problematiche psichiche.
La sua convinzione è che impegnandosi e trovando entusiasmo nel lavoro, oltre che ansando a vivere da solo, possa evitare in futuro episodi di gioco.
Può bastare?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

Episodi così intensi a distanze così lunghe sono strani, perché con quel tipo di perdita di controllo si supporrebbe che ci sia un gioco più frequente.
Esistono terapie per il gioco patologico. Al momento le diagnosi fatte quali sono state ? Dipendenza da gioco o altro ?

Dr.Matteo Pacini
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Utente
Utente
I due colloqui avuti (uno psichiatra ed uno psicologo esperti del settore) sono stati fatti subito dopo un episodio. Direi che implicitamente hanno riconosciuto una dipendenza da gioco, supponendo come dice anche Lei, una perduranza del gioco (seppure più controllato) anche in altri periodi.
Non hanno riscontrato altri problemi.
Lo psichiatra ha consigliato una terapia di colloqui sottolineando il fatto che deve riempire il suo cervello di altre cose per non lasciare spazio al gioco.
La psicologa è stata più drastica consigliando il controllo del denaro a sua disposizione e la partecipazione a riunioni dei giocatori anonimi.
Il ragazzo ha accolto positivamente il pensiero dello psichiatra mentre ha rifiutato quello della psicologa.
Da tener presente che non vuole far sapere della sua problematica nel suo ambiente poichè potrebbe rovinare la sua reputazione professionale.
Infatti gioca tramite un incaricato di sua fiducia senza recarsi personalmente nelle sale e i colloqui li ha avuti con medici di altra città.
Tuttavia pensa di farcela da solo.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Ecco, il punto è che la persona pensa di farcela da solo.

In realtà le soluzioni prospettate sono fumose. Se uno avesse il controllo di quello che occupa il suo cervello, non sarebbe un essere umano, ma un altro tipo di organismo. Poi, la partecipazione alle riunioni è da dimostrare che abbia un valore terapeutico.
Le terapie per il gioco d'azzardo esistono, anche se non sono così standardizzate e in un gioco che va in maniera così intermittente sono difficili da valutare.
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Utente
Utente
Le chiedo un'ultima cosa alla quale non so se può dare risposta.
Lei dice che le terapie esistono, ma a Suo avviso sono tipologie di terapie che possono essere intraprese anche sotto la guida di uno pschiatra che non sia logisticamente "vicino"?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
In che senso lo psichiatra dovrebbe essere logisticamente vicino ? Capovolgo un po' la domanda. Cioè in generale, per qualsiasi terapia, perché è necessaria una vicinanza logistica trattandosi di una terapia ambulatoriale ?
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Utente
Utente
Pensavo ad una ipotetica terapia che richiedesse colloqui frequenti (ad es. settimanali). In tal caso avere un medico a tre ore di macchina potrebbe essere scomodo e difficilmente praticabile.
Viceversa se la terapia fosse farmacologica od i colloqui meno frequenti anche una tale distanza non creerebbe problemi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Ah, capisco, in questo senso. Questo però dipende dal tipo di intervento terapeutico, uno settimanale non saprei, certamente in caso di terapie farmacologiche ambulatoriali su problemi di questo tipo non ha molto senso.