Rischio suicidio paziente borderline
Egregi Dottori,
mi ritrovo a scrivervi in quanto coinvolto in prima persona ad avere a che fare con una
persona alquanto problematica con la quale non so come comportarmi.
Quest’anno ho intrattenuto con una collega di lavoro (la persona in questione) una relazione clandestina (essendo io già impegnato con la mia compagna) che è andata avanti con incontri sporadici per pochi mesi. Relazione che ho cercato di troncare in varie occasioni.
Ad un certo punto questa persona mi ha chiesto di lasciare la mia compagna per intrattenere una relazione stabile con lei. Al mio rifiuto questa persona, che sino a quel momento reputavo, a quanto potessi vedere, perfettamente equilibrata e normale, ha iniziato ad accusare comportamenti strani nei miei confronti. Mi ha confessato di essere affetta da disturbo borderline e di essere riuscita a trovare sollievo da questo solo dalla relazione con me.
Da una sua parente stretta (la sorella), tra le altre cose, sono venuto a sapere altri elementi a me sconosciuti sino a quel momento: è soggetta ad atti di autolesionismo gravi, istinti suicidi, la madre ha problemi psichiatrici (attualmente è ricoverata in clinica) in seguito alle problematiche della figlia e non vuole vederla, il padre ha esso stesso un cattivo rapporto con la figlia; ha tentato il suicidio diverse volte e anche nei mesi in cui intratteneva una relazione con me, ai miei tentativi di troncare (anche questa cosa me l’ha sempre tenuta nascosta).
Questa persona mi ha confessato di essere stata oggetto in giovane età (16-18 anni) ad almeno 2 episodi traumatici che probabilmente hanno fatto sviluppare la sua malattia. E’ in cura da anni da uno psichiatra e prende medicinali, credo psicofarmaci (sicuramente xanax).
Questo preambolo per arrivare alla questione che mi preme: dalla sua richiesta di lasciare la mia compagna (ca. un mese fa) questa persona continua ripetutamente a tentare il suicidio con farmaci: l’ultima volta due notti fa, è stata ricoverata in ospedale e sottoposta a lavanda gastrica e colloquio psichiatrico.
Lei ha sviluppato una sorta di ossessione nei miei confronti: è convinta che solo io possa riportarla ad essere una persona equilibrata e non sopporta che io abbia una relazione con la mia attuale compagna. Mi scrive in continuazione chiedendomi
aiuto. E continua a minacciare il suicidio se non la aiuto. Io sono in grave difficoltà.
Temo realmente che questi tentativi di suicidio vadano a buon fine. D’altra parte non sono nella posizione (oltre che non ho la volontà) di assecondare questa sua fissazione che comprometterebbe anche la mia vita.
Chiedo voi un aiuto su come comportarmi per tutelare in primis l’incolumità di questa persona. Non sono un medico e non ha mai avuto a che fare con problematiche di questo tipo, e temo che ogni mio gesto possa peggiorare la sua situazione.
Vi ringrazio.
In che senso Lei dovrebbe accollarsi la responsabilità di tutelare l'incolumità di una persona ?
La persona in questione è seguita psichiatri che, inevitabilmente per come si svolgono le cose, dovrebbero essere a conoscenza dei suoi tentativi di suicidio.
Il punto è che la struttura borderline non presuppone gesti altrui come determinanti, ma la reazione, prima o poi inevitabile, di tipo impulsivo o interpretativo o "eccessivo" a gesti altrui che non siano di assecondamento puro e semplice, cosa impossibile in un rapporto, e spesso infatti oggetto solo di illusione e di idealizzazione da parte della stessa persona.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Tipicamente è un atteggiamento da borderline, se lo psichiatra è preoccupato può stabilire un ricovero.
Sarebbe meglio che lei si tolga da mezzo a questa situazione.
Dr. F. S. Ruggiero
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https://www.instagram.com/psychiatrist72/
Se la persona borderline trovasse nelle relazioni un meccanismo di compenso e di quadratura, non esisterebbe questa diagnosi. Il punto è che quest'impostazione produce relazioni ovviamente spostate da una libera interazione reciproca ad un legame imposto.
via messaggio in quanto mi scrive spessissimo. La sua fissazione è che non possa
avere una situazione di equilibrio senza di me, e quindi senza di me non possa/voglia vivere.
Lei mi chiede aiuto per uscire da questa situazione in quanto l’unico modo secondo lei
sarebbe che io viva con lei. Qui sta il ricatto. Cosa dovrei fare a questo punto? Non risponderle più? Dirle chiaramente che
non posso/voglio aiutarla? Ho davvero paura di sue reazioni irrimediabili. Grazie ancora e chiedo scusa se sono stato prolisso.
Non può chiedere al medico cosa fare della sua vita. Francamente non capisco, se non ha una relazione con questa persona, in che senso possa sentirsi ricattato. Ma questo è un qualcosa su cui deve ragionare Lei.
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