Come affrontare depressione e suicidio
Gentili dottori, sono una ragazza di 27 anni e ho purtroppo familiarità sin dall'infanzia col suicidio.
Mio padre ha fatto il primo tentativo dalla mia nascita quando avevo solo 12 anni.
Da circa due anni ha lasciato mia madre trasferendosi in periferia, da solo. I primi tempi andava bene nonostante la sua depressione (da sempre presente e mal curata e senza un costante aiuto psicologico e psichiatrico). Negli ultimi mesi il suo umore é peggiorato, prima viveva da sola ma ho sentito il dovere di trasferirmi da lui, devo precisare che un anno fa lo avevo già trovato dopo l'assunzione di alcol e pillole in una condizione di quasi incoscienza, ma dopo la gastrolusi in ospedale lui ha messo firma per tornare a casa e dopo qualche mese tutto é sembrato tornare alla normalità.
Da quando mi sono trasferita da lui, mesi fa, il suo umore é andato sempre peggio finché non ho trovato un aiuto paicologico e psichiatrico, entrambi i medici mi hanno detto di farlo ricoverare in una clinica ma qualche giorno prima del ricovero lui ha riprovato a togliersi la vita.
Stavolta sono stata categorica, ho parlato con tutti i medici che potevo reperire e ho fatto in modo che stesse il tempo necessario in ospedale. É rientrato a casa da un paio di giorni adesso, solo una volta ha avuto pensieri suicidi ma mi rassicura di voler vivere per me e volerli scacciare, adesso viene seguito dall'Asl e la terapia é stata migliorata.
Io però mi sento persa.
Sento che a 27 anni non ho più una vita e che forse non l'avrò mai più e questi pensieri mi fanno sentire in colpa perché é mio padre e c'é sempre stato per me.
Ma io avevo dei progetti, volevo viaggiare, andar via di casa, non posso nemmeno lavorare per paura di lasciarlo solo e trovarlo ancora una volta mezzo morto.
Ho perenne paura che lui ci riprovi, ho paura che non guarisca mai e che stia male, che perda il lavoro e non abbia nessuno su cui contare e che rimarremo entrambi intrappolati da questa malattia.
Adesso che ho trovato un aiuto per lui vorrei trovarlo per me ma non ne ho il tempo, ho provato a cercare su internet articoli esperienze libri da leggere ma mi sembrano tutte parole e frasi scritte ad hoc e che non possano aiutarmi e aiutarci. Non so più cosa pensare e cosa fare per stare meglio entrambi...
Mio padre ha fatto il primo tentativo dalla mia nascita quando avevo solo 12 anni.
Da circa due anni ha lasciato mia madre trasferendosi in periferia, da solo. I primi tempi andava bene nonostante la sua depressione (da sempre presente e mal curata e senza un costante aiuto psicologico e psichiatrico). Negli ultimi mesi il suo umore é peggiorato, prima viveva da sola ma ho sentito il dovere di trasferirmi da lui, devo precisare che un anno fa lo avevo già trovato dopo l'assunzione di alcol e pillole in una condizione di quasi incoscienza, ma dopo la gastrolusi in ospedale lui ha messo firma per tornare a casa e dopo qualche mese tutto é sembrato tornare alla normalità.
Da quando mi sono trasferita da lui, mesi fa, il suo umore é andato sempre peggio finché non ho trovato un aiuto paicologico e psichiatrico, entrambi i medici mi hanno detto di farlo ricoverare in una clinica ma qualche giorno prima del ricovero lui ha riprovato a togliersi la vita.
Stavolta sono stata categorica, ho parlato con tutti i medici che potevo reperire e ho fatto in modo che stesse il tempo necessario in ospedale. É rientrato a casa da un paio di giorni adesso, solo una volta ha avuto pensieri suicidi ma mi rassicura di voler vivere per me e volerli scacciare, adesso viene seguito dall'Asl e la terapia é stata migliorata.
Io però mi sento persa.
Sento che a 27 anni non ho più una vita e che forse non l'avrò mai più e questi pensieri mi fanno sentire in colpa perché é mio padre e c'é sempre stato per me.
Ma io avevo dei progetti, volevo viaggiare, andar via di casa, non posso nemmeno lavorare per paura di lasciarlo solo e trovarlo ancora una volta mezzo morto.
Ho perenne paura che lui ci riprovi, ho paura che non guarisca mai e che stia male, che perda il lavoro e non abbia nessuno su cui contare e che rimarremo entrambi intrappolati da questa malattia.
Adesso che ho trovato un aiuto per lui vorrei trovarlo per me ma non ne ho il tempo, ho provato a cercare su internet articoli esperienze libri da leggere ma mi sembrano tutte parole e frasi scritte ad hoc e che non possano aiutarmi e aiutarci. Non so più cosa pensare e cosa fare per stare meglio entrambi...
[#1]
Gentile utente,
Il problema della prevenzione del suicidio è un problema in gran parte aperto. Al di là del ricovero, le cose che si possono sapere sono la diagnosi e alcune terapie che riducono statisticamente il rischio di suicidio.
E' stata fatta una diagnosi ?
Il problema della prevenzione del suicidio è un problema in gran parte aperto. Al di là del ricovero, le cose che si possono sapere sono la diagnosi e alcune terapie che riducono statisticamente il rischio di suicidio.
E' stata fatta una diagnosi ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Che io sappia gli é stata diagnosticata una grave depressione e una conseguente ansia.
Lui sostiene di non rendersene conto quando tenta il suicidio e i medici che lo seguono sostengono che i suoi pensieri ossessivi derivino da questa condizione ansiosa.
La terapia é stata modificata sia durante il ricovero che in questi giorni dagli psichiatri dell'Asp e l'umore di mio padre é ancora in assestamento, di conseguenza io ho paura persino a lasciarlo da solo in una stanza figuriamoci ad uscire di casa.
I medici mi hanno sconsigliato comunque di nascondergli o togliergli i farmaci per non limitare ultrriormente la sua indipendenza.
Lui sostiene di non rendersene conto quando tenta il suicidio e i medici che lo seguono sostengono che i suoi pensieri ossessivi derivino da questa condizione ansiosa.
La terapia é stata modificata sia durante il ricovero che in questi giorni dagli psichiatri dell'Asp e l'umore di mio padre é ancora in assestamento, di conseguenza io ho paura persino a lasciarlo da solo in una stanza figuriamoci ad uscire di casa.
I medici mi hanno sconsigliato comunque di nascondergli o togliergli i farmaci per non limitare ultrriormente la sua indipendenza.
[#7]
Anche perché mi par di capire che ci sia un uso di alcol e tranquillanti, il che certamente può indurre dei comportamenti impulsivi di significato non ricostruibile a posteriori (spesso la persona non ricorda neanche i fatti).
Comunque, la diagnosi è il primo passo. Condotte di abuso di alcol o sostanze, e suicidalità ripetuta propendono per una diagnosi non "depressiva" comunque, si tratta di comportamenti "eccitati", o agitati che dir si voglia.
Comunque, la diagnosi è il primo passo. Condotte di abuso di alcol o sostanze, e suicidalità ripetuta propendono per una diagnosi non "depressiva" comunque, si tratta di comportamenti "eccitati", o agitati che dir si voglia.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 3.5k visite dal 02/10/2017.
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