Maggiore chiarezza dopo ipnositerapia
cari dottori, a seguito di una trattamento di ipnositerapia sono diventato molto confuso. mi è stato fatto in piena adolescenza e immagino che siccome la mia personalità non era "strutturata" ho avuto svariati problemi di "confusione" intesa come scarsa consapevolezza di sé. Non riuscivo più a "riconoscermi". Inoltre avevo dei disturbi come di depersonalizzazione o derealizzazione e ho letto che l'ipnosi in questi casi di "dissociazione" non è indicata. Potreste confermarmi queste mie ipotesi.
A seguito di questo ho avuto problemi infiniti, che non avevo mai accusato in questa forma: problemi di "quando ero piccolo" che sono ritornati a galla: ero a scuola e chiamavo i miei genitori per venirmi a prendere o perché "mi sentivo solo" in classe, (cose assurde visto che andavo già al "liceo" e mi sono sempre trovato bene con i miei compagni, e adattato), mi si irrigidiva lil braccio destro e non riuscivo a scivere durante un tema, altro fatto incredibile, stavo male, i miei compagni ci parlavo meno di prima e mi sono ahimé visto allontanare da tutti. Mi sentivo diverso, ma non riuscivo a capire in che cosa.
Al ché i miei mi hanno portato dallo psicologo (un altro). La psicologa che mi seguiva mi consiglia di parlare con una psichiatra, io accetto, e le manifesto in qualche modo il mio "giudizio sui miei pensieri: in sostanza, ero timoroso che i pensieri e gli stati d'animo soprattutto che sentivo e avevo non fossero autentici, insomma, "miei", ma mi fossero stati instillati dall'ipnotista durante le sue sedute, sedute in cui io non ho mai parlato,parlava solo lui. Mi sono sentito sostanzialmente condizionato ed è una sensazione che ancora ho, a distanza di anni..
a seguito di questo mi hanno prescritto dei farmaci che però mi hanno dato senza spiegarmi il perché, a che servivano, cosa fossero. Mi hanno trattato come un bambino, e avevo 19 anni. Ora 27.
Mi piacerebbe sapere qual è il vostro parare sulla mia storia, considerando che prendo ancora psicofarmaci. E il dubbio che ho è che, sempre durante l'ipnosi, le "regressioni" verso ricordi e stati d'animo della mia infanzia, "durante le sedute mi sentivo di nuovo come se fossi bambino", possono aver causato in me questa confusione. Grazie mille dottori. Mario
A seguito di questo ho avuto problemi infiniti, che non avevo mai accusato in questa forma: problemi di "quando ero piccolo" che sono ritornati a galla: ero a scuola e chiamavo i miei genitori per venirmi a prendere o perché "mi sentivo solo" in classe, (cose assurde visto che andavo già al "liceo" e mi sono sempre trovato bene con i miei compagni, e adattato), mi si irrigidiva lil braccio destro e non riuscivo a scivere durante un tema, altro fatto incredibile, stavo male, i miei compagni ci parlavo meno di prima e mi sono ahimé visto allontanare da tutti. Mi sentivo diverso, ma non riuscivo a capire in che cosa.
Al ché i miei mi hanno portato dallo psicologo (un altro). La psicologa che mi seguiva mi consiglia di parlare con una psichiatra, io accetto, e le manifesto in qualche modo il mio "giudizio sui miei pensieri: in sostanza, ero timoroso che i pensieri e gli stati d'animo soprattutto che sentivo e avevo non fossero autentici, insomma, "miei", ma mi fossero stati instillati dall'ipnotista durante le sue sedute, sedute in cui io non ho mai parlato,parlava solo lui. Mi sono sentito sostanzialmente condizionato ed è una sensazione che ancora ho, a distanza di anni..
a seguito di questo mi hanno prescritto dei farmaci che però mi hanno dato senza spiegarmi il perché, a che servivano, cosa fossero. Mi hanno trattato come un bambino, e avevo 19 anni. Ora 27.
Mi piacerebbe sapere qual è il vostro parare sulla mia storia, considerando che prendo ancora psicofarmaci. E il dubbio che ho è che, sempre durante l'ipnosi, le "regressioni" verso ricordi e stati d'animo della mia infanzia, "durante le sedute mi sentivo di nuovo come se fossi bambino", possono aver causato in me questa confusione. Grazie mille dottori. Mario
[#1]
Gentile utente,
La diagnosi che le è stata fatta, in riferimento a questo discorso sui pensieri non suoi ma "istillati" quale è stato ?
Che tipo di terapia farmacologica è stata data ?
La diagnosi che le è stata fatta, in riferimento a questo discorso sui pensieri non suoi ma "istillati" quale è stato ?
Che tipo di terapia farmacologica è stata data ?
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
grazie mille per la risposta, dr. Pacini. Purtroppo il primo psichiatra che mi visitò in assoluto disse che non avevo niente, e mi diede trittico e ansiolitico. Poi la psicologa mi consigliò di farmi visitare da un'altra psichiatra. Questa non mi disse qual era la diagnosi purtroppo, e io in massima sincerità esposi la questione e risposi alle sue domande. E' proprio qui che sta la mia rabbia, e nel fatto che non parlò con me, che ero in grado di "intendere e di volere" perché comunque ero andato da lei di mia sponte, ma con i miei. Comunque tantomeno parlò con loro della diagnosi..disse che con urgenza dovevo prendere il risperdal (che mi fu dato a dosi da "cavallo a detta del mio psichiatra seguente). Ricordo dicesse che io "giudicavo" quello che facevo, prima ancora di farlo. o per lo meno giudicavo ciò che avevo fin'ora fatto. Io direi proprio perché è come se fossi sempre alla ricerca di "autenticità" in quello che faccio, alla luce del mio timore che l'ipnosi avesse influito sulla mia personalità. A volte mi pare ancora di udire la voce dell'ipnotista nella mia testa!!
il mio dubbio in generale su una psicoterapia che non sia talking therapy (quindi o farmaci o ipnosi, anche emdr) è che possa influire più o meno permanentemente sulle nostre "scelte" nostro malgrado..purtroppo questo è quanto.
i farmaci che ora prendo sono serenase come terapia di base e ansiolitico al bisogno
il primo farmaco che mi fu dato come ho detto fu risperdal, poi ne ho cambiati parecchi. Ho preso brevissimi periodi invega e zyprexa, ora, dopo un episodio di allucinazioni uditive e vari sintomi come il credere di essere una persona famosa, prendo serenase, e sto abbastanza bene..ho sofferto parecchi disagi, insomma, ma ora sto meglio..
altri psichiatri mi hanno parlato di depressione reattiva e poi di disturbo psicotico breve. L'ultima diagnosi è stata di borderline, mi ci ritrovo parecchio.
Alla luce di tutto questo mi chiedo ogni volta che devo prendere la terapia quale sia il motivo per cui mi è stata data, perché nessuno psichiatra mi ha "parlato" personalmente di questo. grazie per la risposta..
il mio dubbio in generale su una psicoterapia che non sia talking therapy (quindi o farmaci o ipnosi, anche emdr) è che possa influire più o meno permanentemente sulle nostre "scelte" nostro malgrado..purtroppo questo è quanto.
i farmaci che ora prendo sono serenase come terapia di base e ansiolitico al bisogno
il primo farmaco che mi fu dato come ho detto fu risperdal, poi ne ho cambiati parecchi. Ho preso brevissimi periodi invega e zyprexa, ora, dopo un episodio di allucinazioni uditive e vari sintomi come il credere di essere una persona famosa, prendo serenase, e sto abbastanza bene..ho sofferto parecchi disagi, insomma, ma ora sto meglio..
altri psichiatri mi hanno parlato di depressione reattiva e poi di disturbo psicotico breve. L'ultima diagnosi è stata di borderline, mi ci ritrovo parecchio.
Alla luce di tutto questo mi chiedo ogni volta che devo prendere la terapia quale sia il motivo per cui mi è stata data, perché nessuno psichiatra mi ha "parlato" personalmente di questo. grazie per la risposta..
[#3]
Si direbbe che tutte le prescrizioni siano mirate a questi sintomi considerandoli sintomi psicotici, ovvero delirio.
In verità non basta per definire una diagnosi, e non è neanche chiaro se con queste cure questi pensieri si siano ridotti oppure no.
In verità non basta per definire una diagnosi, e non è neanche chiaro se con queste cure questi pensieri si siano ridotti oppure no.
[#4]
Utente
dr. pacini, vorrei chiederle una cosa in merito: prendo un ansiolitico al bisogno. Con il serenase come mi devo comportare?: le spiego meglio: l'altro giorno ho cominciato a ridurre la dose di farmaco l'avevamo stabilito con il mio medico..una goccia per settimana, tolta la prima goccia mi sono accorto della differenza e l'ho chiamato per chiedergli se potevo prenderne un altra per tornare al dosaggio precedente..con il tempo le cose si sono stabilizzate. Il mio dubbio è se è un farmaco che si può "gestire" come l'ansiolitico..anche sull'orario in cui si prende...grazie
[#6]
Gentile utente,
Sulle indicazioni riguardo al farmaco, c'è già il suo medico che la sta appunto seguendo in questo, quindi si rifaccia a lui.
Si va a farsi visitare, poi se qualcuno ritiene le indica una cura da fare, e lei rimane libero di seguirla, come in questo caso.
Il suo scopo non può essere una cura, quella gliela indicano i professionisti. "Parlare" di per sé non significa niente, serve sicuramente a far diagnosi le prime volte, e la psicoterapia non consiste nel parlare.
Sulle indicazioni riguardo al farmaco, c'è già il suo medico che la sta appunto seguendo in questo, quindi si rifaccia a lui.
Si va a farsi visitare, poi se qualcuno ritiene le indica una cura da fare, e lei rimane libero di seguirla, come in questo caso.
Il suo scopo non può essere una cura, quella gliela indicano i professionisti. "Parlare" di per sé non significa niente, serve sicuramente a far diagnosi le prime volte, e la psicoterapia non consiste nel parlare.
[#8]
Il motivo per cui le è stata data la cura erano le diagnosi ricevute, sia durante la loro fase acuta, che preventivamente per il rischio di recidiva che hanno.
Se le ha prese, ha deciso di seguire le indicazioni ricevute, presumo anche perché in qualche modo vedeva che funzionavano.
Se le ha prese, ha deciso di seguire le indicazioni ricevute, presumo anche perché in qualche modo vedeva che funzionavano.
[#9]
Utente
"Il motivo per cui le è stata data la cura erano le diagnosi ricevute" questo sicuramente dr pacini solo che non mi è stata comunicata questa diagnosi. SIcuramente non mi sono opposto al prendere ma avrei gradito ne discutesse il medico di allora con me perché ritengo che, nonostante i disturbi che io non ho nascosto a lui ero in grado di ragionare, di intendere e di volere..purtroppo è andata così, a volte un po' di "dolcezza", "garbo", "modo" nel rapporto tra psichiatra paziente non guastano, perché, come ho letto su un libro di Vittorino Andreoli, noi psichiatri non siamo carabinieri in "camice bianco". Buon giornata dr. Pacini comunque e grazie per le risposte..
[#10]
Va bene, però mi pare abbastanza probabile che da quello che racconta abbia avuto dei sintomi psicotici, nel contesto di qual specifica diagnosi non è chiaro, ma il resto torna.
Chi ha sintomi psicotici non è detto che capisca perché si cura, è già tanto quindi il fatto che lo faccia, che accetti di farlo. Il medico avrà ritenuto che non importava che lei capisse in quel momento, perché non poteva capire magari (non è questione di lucidità, chi è delirante spesso è lucidissimo, ma il suo rapporto con la realtà è alterato lo stesso, e non se ne rende conto).
Magari invece dopo, quando uno recupera il senso della realtà, è utile parlarne e far capire meglio il perché delle cure fatte.
Si fa presto a dire che non siamo carabinieri in camice bianco, ma in realtà poi è quello che molti, e parte delle leggi, pretendono che si faccia. E anche in questo caso: a volte le misure coercitive o di controllo servono, altre peggiorano le cose.
Chi ha sintomi psicotici non è detto che capisca perché si cura, è già tanto quindi il fatto che lo faccia, che accetti di farlo. Il medico avrà ritenuto che non importava che lei capisse in quel momento, perché non poteva capire magari (non è questione di lucidità, chi è delirante spesso è lucidissimo, ma il suo rapporto con la realtà è alterato lo stesso, e non se ne rende conto).
Magari invece dopo, quando uno recupera il senso della realtà, è utile parlarne e far capire meglio il perché delle cure fatte.
Si fa presto a dire che non siamo carabinieri in camice bianco, ma in realtà poi è quello che molti, e parte delle leggi, pretendono che si faccia. E anche in questo caso: a volte le misure coercitive o di controllo servono, altre peggiorano le cose.
[#12]
Utente
io comunque, e chiudo il mio discorso qui, è molto facile dire che ciò uno dice è "fuori" della realtà se non ci fa comodo, oppure, con atteggiamento manipolatorio, accusare una persona di delirare senza avergli prima dato ascolto e un minimo di fiducia..l'eccentricità, come sostengono molti psicanalisti (psicoterapeuti psicodinamici) come Hillman oggi viene imbottita di farmaci e spenta, quando invece potrebbe dare molti contributi all'umanità. A volte chiedersi il perché di ogni cosa razionalizza una parte secondo me fondamentale, se non la principale, l'inconscio o irrazionalità, della nostra mente
[#13]
Gentile utente,
E' anche facilissimo, anzi costante, che chi delira dica che gli altri l'hanno preso di mira e non capiscono che sta solo denunciando cose vere. Non è che se Lei riceve ascolto e fiducia smette di delirare, e se bastasse questo per accettare le cure sarebbe bello, ma non è così. Quindi, anche supponendo che tutti si comportino con la massima umanità, che soprattutto non fossero vincolati per legge a nulla di preciso, la cosa non sarebbe di per sé risolta.
Non c'entra nulla né l'inconscio, che comunque mai nessuno ha detto cosa sia, né l'irrazionalità. Il delirio non è eccentricità e non è genio.
Purtroppo c'è poca conoscenza di cosa sia la medicina, così da poterla sostenere che è tutta una cattiveria, e questo francamente oltre che irritante è offensivo.
I pazienti vanno ascoltati, valutati con calma e convinti se possibile per evitare traumi, ma a volte si pone invece la necessità umana, prima che legale, di utilizzare la legge per attuare trattamenti obbligati. Chi lascia liberi i pazienti sempre e comunque, li lascia liberi con le loro malattie, che li fanno soffrire e li uccidono a volte.
E' anche facilissimo, anzi costante, che chi delira dica che gli altri l'hanno preso di mira e non capiscono che sta solo denunciando cose vere. Non è che se Lei riceve ascolto e fiducia smette di delirare, e se bastasse questo per accettare le cure sarebbe bello, ma non è così. Quindi, anche supponendo che tutti si comportino con la massima umanità, che soprattutto non fossero vincolati per legge a nulla di preciso, la cosa non sarebbe di per sé risolta.
Non c'entra nulla né l'inconscio, che comunque mai nessuno ha detto cosa sia, né l'irrazionalità. Il delirio non è eccentricità e non è genio.
Purtroppo c'è poca conoscenza di cosa sia la medicina, così da poterla sostenere che è tutta una cattiveria, e questo francamente oltre che irritante è offensivo.
I pazienti vanno ascoltati, valutati con calma e convinti se possibile per evitare traumi, ma a volte si pone invece la necessità umana, prima che legale, di utilizzare la legge per attuare trattamenti obbligati. Chi lascia liberi i pazienti sempre e comunque, li lascia liberi con le loro malattie, che li fanno soffrire e li uccidono a volte.
Questo consulto ha ricevuto 13 risposte e 1.8k visite dal 29/09/2017.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
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