Assistenza paziente con schizofrenia paranoide
Gentili dottori, chiedo un consulto per una persona sessantenne (M) a me cara che da circa 20 anni è in cura per schizofrenia paranoide. Il soggetto ha raggiunto l'apice della malattia a seguito della morte dei genitori, di cui si è personalmente occupato. Dopo essere rimasto orfano, ha continuato a vivere nella casa di di famiglia, di cui è comproprietario assieme ai 2 fratelli. Al tempo subì un TSO e, tutt'oggi, anche se non più costantemente, è seguito dal CIM della città in cui vive, ma negli ultimi periodi si rifiuta di recarvici e la sua patologia è peggiorata. Inutile elencare le assurde teorie, paranoiche per l'appunto, che egli ha sviluppato nel tempo e che riguarderebbero delle cospirazioni criminali, in combutta con la sanità, che mirerebbero a sottrargli la casa in cui risiede ed a mettere in pericolo di vita la sua persona. Il problema è che la sua teoria ultimamente è come se avesse trovato un fondamento, poichè uno dei suoi fratelli ha deciso di appropriarsi del terzo della casa e di metterla in vendita. A partire da quel momento si sono intensificati i suoi deliri. Il fratello che si occupa costantemente di lui da ormai 20 anni (vi lascio immaginare che non è lui a richiedere la divisione ereditaria per l'appunto!) è ormai esausto fisicamente e psicologicamente e sta cercando un aiuto per gestire al meglio la situazione. Il disabile in questione vive solamente con la pensione di invalidità essendo stato riconosciuto invalido civile. La pratica di accompagnamento è stata respinta, anche perchè egli ammette di essere autosufficiente e di non aver bisogno di una mano.
Nonostante possa essere consapevole del fatto che il fratello disabile potrebbe vivere più tutelato in una struttura, il fratello che si occupa di lui è dispiaciuto e combattuto nel fare questa scelta, considerando poi anche le volontà del soggetto a non voler lasciare la sua casa! Voi cosa proponete per il bene del paziente? Sarebbe il caso che continui in qualche modo a vivere da solo o suggerireste di portarlo in una struttura (aldilà della concomitanza della questione di divisione ereditaria). Chi dovrebbe fare richiesta eventualmente? Lo psichiatra del CIM?
Come consigliate di muoversi?
Grazie
Nonostante possa essere consapevole del fatto che il fratello disabile potrebbe vivere più tutelato in una struttura, il fratello che si occupa di lui è dispiaciuto e combattuto nel fare questa scelta, considerando poi anche le volontà del soggetto a non voler lasciare la sua casa! Voi cosa proponete per il bene del paziente? Sarebbe il caso che continui in qualche modo a vivere da solo o suggerireste di portarlo in una struttura (aldilà della concomitanza della questione di divisione ereditaria). Chi dovrebbe fare richiesta eventualmente? Lo psichiatra del CIM?
Come consigliate di muoversi?
Grazie
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In genere la scelta di strutture residenziali dovrebbe avvenire solo dopo che sono stati messi in campo tutti gli interventi terapeutici per far sì che la persona possa rimanere nel suo ambito sociale/territoriale in condizioni dignitose. Da quello che lei descrive sembra che non sia così perché l'assistenza del centro di salute mentale territoriale si è nel tempo diradata. Probabilmente potrebbe essere utile riallacciare i rapporti con il centro di salute mentale per valutare la situazione e le diverse opzioni disponibili tra cui, in ultima istanza, anche la possibilità di trasferimento in una struttura residenziale. Quest'ultima opzione comunque non potrebbe prescindere dalla volontà e dallla collaborazione del soggetto, se non interdetto.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
[#2]
Ex utente
Grazie innanzitutto per la sua risposta. Il fratello che si occupa del paziente in questione è in perenne contatto con il CIM, ma il soggetto da un pò di tempo non vi si reca più spontaneamente e dunque, periodicamente, il dottore che lo ha in cura gli invia a casa degli infermieri affinchè gli somministrino delle gocce. Il problema è che non sempre apre loro la porta! Quindi finchè la situazione non degenererà, sia mentalmente che fisicamente, converrebbe prolungare la sua permanenza in casa affinchè non si destabilizzi ulteriormente secondo lei?
[#3]
Non sono io a dover prendere delle decisioni riguardo la permanenza o meno del paziente nella sua casa. Dalla mia posizione, ossia dietro la tastiera di un pc, senza conoscere nulla del paziente nè della sua situazione socio-ambientale, il parere non può che essere generico. Le decisioni sul caso dovranno essere prese dalle istituzioni preposte assieme alla famiglia.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 5.1k visite dal 21/06/2017.
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