Determinismo del disturbo bipolare

Soffro da svariati anni del disturbo bipolare, di cui conosco le fasi alterne (anche se negli utlimi anni solo depressive, non maniacali). Ora sto leggendo un libro nel quale si parla dell'ottimismo e del pessimismo come modalità che si apprendono. E in particolare, il pessimismo genera un pensiero che favorisce la depressione. Effettivamente io vedo sempre le cose peggio di quanto sono e tanti eventi, perfino belli li avverto come minacciosi.
Ora io domando è la depressione che rende pessimisti o è il pessimismo che fa scivolare verso la depressione? E chiedo anche questo: per chi come me è bipolare, l'arrivo di una crisi è ineluttabile, come se dipendesse da un puro fattore biochimico, o la nostra concezione delle cose può avere una certa influenza?
In ultimo, ho fatto caso che quando leggo dei libri contenenti concezioni per l'eliminazione di visioni erronee nella vita , tendo a entusiasmarmi e e finire in uno stato ipomaniacale. Perché?
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.3k 1k
Gentile utente,

la determinazione degli eventi di passaggio tra le fasi maniacali e depressive e' determinato da fattori chimici che vengono mantenuti in stabilita' dai farmaci.

Durante i trattamenti è possibile che alcuni pazienti riescono ad identificare le fasi di alternanza sintomatologica ed in questo modo riescono a gestire le fasi sia con il trattamento farmacologico che con l'utilizzo di metodiche di comportamento appropriate.

Dipende dalla gravita' della sintomatologia e quanto questa è realmente controllabile.

https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/

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Utente
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Grazie , dottor Ruggiero.

In effetti mi fa pensare al fatto che al '91 avevo due ricoveri ospedalieri. Poi più nessuno. Negli anni seguenti ogni tanto finivo in pronto soccorso (anche perché mia moglie capiva la situazione assai meglio di me), e con una certa frequenza dovevo andare al CPS d'urgenza. Da alcuni anni non accade più nulla di tutto questo. Certi periodi soffro si, ma riesco a condurre la mia vita normale, salvo magari alcune rinunce, che non pregiudicano la mia vita sociale, cosa utile per quando torno a star bene. I fenomeni, credo anche grazie al litio, sono meno dannosi. E quando sono depresso cerco con tutte le mie forze la via d'uscita, perché spero sempre che esista.

Cordiali saluti
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Gentile utente,

le confermo quanto detto dal collega. La depressione rende pessimisti, e non il contrario. Non abbiamo un cervello che induce malattia in un altro cervello. Ottimismo e pessimismo sono già "sintomi", a volte di disposizioni d'animo utili a superare gli eventi, a volte di fasi di malattia. Il medico sa distinguere.
Può citare il testo in questione così si può inquadrare il "filone" in cui si inserisce ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Salve dott. Pacini,

il libro più stimolante che abbia letto è stato scritto da Martin Seligman, col titolo "Imparare l'ottimismo", ed. Giunti. L'autore stesso si definisce sostenitore del metodo cognitivo.

Personalmente credo che i farmaci aiutino sì, ma non risolvono i problemi legati alla mentalità del paziente, alle abitudini dannose del pensiero. Del resto parlo con molte persone che riferiscono di star comunque piuttosto male, anche se assumono farmaci.

Da molto tempo mi sono accorto che, se mi viene uno stato d'ansia, affiorano presto alla mente pensieri minacciosi, come se il malumore avesse il diabolico potere di cambiare il colore del mondo. I pensieri poi alimentano altra ansia, altra tetraggine. Ma io credo che se imparo a smontare le costruzioni che poggiano su convinzioni erronee, posso ridimensionare il binomio ansia-depressione. Vedo per esempio che cercare un'assertività positiva quando mi accadono le piccole e grandi contrarietà della giornata, mi fa stare notevolmente sereno.

La saluto cordialmente.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Gentile utente,

il pessimismo in generale come stile di pensiero è una cosa. La depressione è un'altra. Non è un errore di pensiero che fa venire la depressione, né alcuno può stabilire quale sia il modo giusto di pensare. Se anche così fosse, la terapia cognitiva è un metodo per intervenire sui meccanismi cognitivi distorti per effetto delle malattie, e non per modificare lo stile di pensiero di persone sostanzialmente sane.
Il filone letterario del "pensa positivo" è per quanto mi riguarda un equivoco di prima-dopo. Chi dice di essere uscito dalla depressione iniziando a pensare positivo, prima è uscito dalla depressione, poi ha potuto pensare positivo.
I farmaci sono terapie proprio perché modificano potentemente il modo di pensare, di sentire e di interpretare del depresso. Che non è un pessimista al quadrato, è un depresso. Due cose decisamente diverse.

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Utente
Utente
Gentile dottore,

in questi -purtroppo lunghi - anni di esperienza del disturbo bipolare mi sono fatto qualche idea, rispetto all'inizio, quando brancolavo nel buio. E' vero, nonostante il mio litio, la depressione può tornare. Però credo che ci sia una concomitanza di fattori in una crisi depressiva. Per esempio già da qualche anno ho messo in relazione i conflitti con gli altri con l'insorgere di tensioni interne pericolose per i miei sbalzi d'umore. Allora evito scientemente la collera e il rancore. E anche la maldicenza, perché è ansiogena. Spesso perdono, anche facendo riferimento al Vangelo.

Resto in ogni caso convinto che la depressione quando ti deve venire, ti becca. Ma sono anche convinto che ci si possa difendere , facendo in modo che almeno rechi meno danno.

Cordiali saluti
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Utente
Utente
P.s.: io non posso che credere all'organicità della malattia. Però non capisco perché la depressione colpisca tanto più di un tempo (capisco che spessissimo i disturbi una volta non si diagnosticavano) e perché le donne sono molto più soggette degli uomini. Se la depressione è un mal di vivere, c'è qualcosa nella vita.
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Dr. Gianmaria Benedetti Psichiatra, Neuropsichiatra infantile, Psicoterapeuta 928 16
Gentile signore. Il mio parere è che Lei abbia ragione. La discussione sopra assomiglia un po' al classico dubbio se è nato prima l'uovo o la gallina. Nessuno è in condizione di dare la risposta esatta e , come vede anche Lei, le teorie sulle cause e sui rimedi dei disturbi mentali sono molte, tutte suffragate da argomenti validi, nessuna ancora con prove certe e definitive. D'altronde, come in altri campi della medicina, si sa con sufficiente ragionevolezza che molte malattie possono dipendere, o almeno venire precipitate, dagli "stili di vita". Ad esempio le malattie cardiovascolari che hanno sì una componente genetica, probabilmente, ma anche una componente derivante da abitudini poco utili, alimenti, sedentarietà, fumo, ecc. Allo stesso modo anche certi 'stili di vita' mentale, certi modi di pensare e di reagire agli eventi esterni sono sì in parte legati a carattere e personalità (su cui però non si sa quasi nulla), ma anche su abitudini apprese nel corso della vita. Cambiare queste abitudini di pensiero, imparare ad evitare le 'trappole' che possono avviare su una brutta china, dovrebbe essere possibile, e d'altronde molte psicoterapie, pur di vario tipo, tendono proprio ad aiutare o insegnare alle persone a cambiare i propri stili di vita mentale. Cambiare si può (non solo in politica), e questo ci lascia speranza in ogni situazione, per grave che sia.
Cordialmente

Dr. Gianmaria Benedetti

http://neuropsic.altervista.org/drupal/

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Gentile utente,

le crisi depressive spesso sono prevenute in maniera incompleta da qualsiasi terapia antibipolare (che è fondamentalmente anti-maniacale).
La depressione ha sempre una moltitudine di fattori associati per i seguenti motivi:
- ognuno di noi ha, nella propria storia o nel proprio presente, alcuni elementi di "interferenza" o problemi irrisolti, o conflitti o altro. Se si sviluppa un episodio depressivo, questi fattori appaiono come la spiegazione più logica per la demoralizzazione. Ma demoralizzazione e episodio depressivo sono due cose diverse.
Spesso per semplificazione si tende a inquadrare ogni episodio di demoralizzazione, anche breve, anche di una o due settimane, di una persona con storia di depressione, come episodio depressivo e lo si tratta magari con una terapia aggiuntiva. Questa pratica non è molto fondata, sia per la tempistica (se una fase "giù" dura due settimane non c'è modo di trattarla con un antidepressivo che ne impiega 4). Tanto è vero che i disturbi a cicli rapidi, con fasi brevi e frequenti, si tendono a curare non con antidepressivi ma con stabilizzanti.

Inoltre, questo tipo di fasi rispondono, è vero, spesso a fattori di altro tipo, spesso l'entrata in scena di gratificazioni o di prospettive nuove e stimolanti per il futuro.
-le oscillazioni dell'umore residue in particolare risentono di fattori esterni. E' certamente molto importante che uno sappia dare alla propria tristezza fisiologica un senso, o che quando è triste associ questo a qualche attività (letture, riflessioni, ascoltare della musica, parlare con un amico etc).

I sintomi cardine della depressione non sono tanto l'umore depresso, che di per sè vuol dire poco, ma i comportamenti e i temi del pensiero. Essere più tristi e pessimisti a fasi alterne può essere gestito con vari fattori, molti dei quali personali. Altri tipo di pensiero, alterazioni dell'appetito e del sonno, idee di colpa, rovina e mancanza di speranza hanno invece un senso molto diverso.
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Utente
Utente
Gentili dottori,

riunisco in una sola risposta i due interventi che avete cortesemente inviato.

Credo che le distinzioni che avete condotto (soprattutto Pacini) debbano far riflettere su un probabile abuso del termine depressione ("ahò, so' depressa..."). Per quanto mi riguarda, ho registrato in anni recenti lunghi strascichi che si estendono sì per mesi, ma non di grave entità. Riesco a vivere, anche se la vita devo un po' trascinarla, senza o con pochi slanci. Alla mia psichiatra preferisco parlare di flessioni dell'umore, ma non di depressione.
A questo punto capisco che, vista la durata e l'entità non grave, che questo mio modo di sopravvivere più che di vivere sia per qualche rispetto connaturato all'esistenza, tanto da costituire una specie di psicopatologia della vita quotidiana. I miei episodi depressivi maggiori, infatti, sono oramai piuttosto remoti. E qui torno al punto iniziale: se c'è uno sciame di piccoli disturbi entro la quotidianità, è nella dimensione giornaliera e ordinaria che devo cercare di intervenire. Penso di poter agire su tanti automatismi mentali, che a mio giudizio non causano depressione, ma malessere. Su alcuni di essi sono intervenuto con successo.

Grazie e cordiali saluti.

P.s.: ignoravo completamente che la terapia anti-bipolare sia essenzialmente antimaniacale. Però a questo punto lo capisco benissimo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
La terapia anti-bipolare è antimaniacale, e alcune depressioni quando ci sono segni di bipolarità rispondono in maniera brillante a terapie che non comprendono antidepressivi, a testimonianza del fatto che il substrato biologico è diverso tra unipolare e bipolare, anzi non è corretto chiamarla depressione bipolare, è disturbo bipolare (la depressione del disturbo bipolare, come del resto l'ansia del disturbo bipolare, sono entità soprattutto sul piano terapeutico diverse dalle forme "semplici").
La depressione minore o residuale cronica associata al disturbo bipolare è frequente. C'è un mio articolo su MinForma su questo tema, cerchi "sintomi residui del disturbo bipolare" e lo trova.
La ricerca sulla eventuale risoluzione farmacologica di queste sindromi è ancora in corso, sarebbe bello poterle dire che c'è un farmaco standard ma non c'è ancora. Si tendono a provare farmaci dopaminergici, ma ancora niente che si possa "promettere".
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Dr. Vassilis Martiadis Psichiatra, Psicoterapeuta 7.3k 161
Gentile utente,
vorrei che molti dei miei pazienti bipolari avessero la sua coerenza e lucidità mentale nel ragionare sulla propria malattia. sono d'accordo con le sue ultime affermazioni riguardo gli automatismi mentali che causano malessere. La psicoterapia, in particolare quella cognitiva, mira a individuare e correggere questi automatismi che creano una sensazione di disagio e malessere piuttosto che dare vita a un corteo sintomatologico definibile dal punto di vista diagnostico. Questo è l'aiuto che la psicoterapia può dare anche a chi non è applicabile una diagnosi chiara e definita, ma a chi prova un disagio che deriva dalla particolare interpretazione degli avvenimenti della vita quotidiana. E' chiaro che nel caso del suo disturbo le fasi depressive e maniacali sono indotte da fattori diversi, e il loro controllo non può prescindere dalla terapia farmacologica. La psicoterapia, o l'autoriflessione che lei opera, possono intervenire sulla dimensione quotidiana che lei stesso citava.
cordiali saluti

Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it

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Utente
Utente
Il sabato del villaggio

Gentile dott. Pacini,

avevo letto e apprezzato il suo articolo. Mi ci sono ritrovato.
Faccio riferimento alla famosissima poesia di Leopardi , perché spiega bene alcuni concetti. Il sabato è realmente , nella descrizione leopardiana, più gioioso rispetto alla domenica, pure tanto desiderata nel corso della settimana. Ma il sabato è "la donzelletta", "il garzoncello", cioè la gioventù. La maturità sarà poi come la domenica, triste, noiosa. Già si pensa al lunedì.

Ecco, io credo che proprio la vita adulta abbia in sè delle note gravi, sconosciute ai giovani. I romani parlavano di gravitas. Parlando in metafora, se il giovane è rock, l'adulto è blues. Vale per tutti , credo. Solo che i bipolari o i depressi tollerano meno bene questo fatto. Una domenica a casa rischia d'esser noiosa per tutti, solo che un depresso si pone questioni esistenziali e di significato che altri non si pongono, anche se si scassano.

Gentile dott. Martiadis,

intanto la ringrazio per le sue lusinghiere parole. Poi considero il merito del suo testo. Da lungo tempo pensavo che proprio la terapia cognitiva mi sarebbe di giovamento. In realtà non posso permettermela. Però considero anche che potrei guadagnare molto di più di quel che percepisco oggi. Per ora non ci riesco , a causa dei miei stessi disturbi. Grazie alla terapia potrei però rimuoverli. Perciò potrei darmi un tempo iniziale da "investire" nella terapia contando su un ritorno, attraverso una molteplicità di benefici. Potrei decidere chessò, tre mesi sperimentali. In quel tempo penso che qualcosa potrei già vedere.

Cordiali saluti
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Sì, buon esempio Leopardi. Che cantava la sua depressione, ma è evidentemente bipolare. Un depresso e basta non sogna mondi fantastici al di là delle siepi, non sente nostalgie di piaceri che non ha avuto intensamente, e soprattutto non tende a scrivere poesie.
Si potrebbe dire lo stesso di un De André.
In queste situazioni bisogna dire che gli eventi esterni, gli spunti che l'ambiente offre, hanno un gran ruolo nello sbloccare forme croniche di apatia e disinteresse, facendo uscire da una specie di lutto "cosmico" appunto, in cui i sintomi residui sono stati inquadrati con un taglio esistenziale. Si consoli pensando che anche il pessimista cosmico per eccellenza era tutto fuorché un distimico o un depresso cronico.
[#15]
Utente
Utente
Ora capisco perché mi vengono certi scatti che trascendono la pena del momento. Per esempio, quando sto proprio male, attacco una musica e mi metto a ballare da solo in soggiorno. Oppure mi sfogo al computer con un mio amico immaginario, che mi risponde pure. E' vero che son sempre io, ma il mio personaggio letterario sembra aver vita autonoma, sentimenti propri.
Infine la cosa cui tengo di più: un posto nel Parco delle Groane, non lontano da Milano, che ha il pregio di essere brado, bello e solitario e con un piccolo rio. E' il mio Colle dell'Infinito. Non si contano le volte che mi sono ripreso da fasi critiche andandoci a stare per qualche tempo. Le rare volte che ci passa qualcuno, mi sembra un intruso. Ho sempre il desiderio di andarci e se non ci vado , mi manca.
Dalle sue parole capisco perché mi succedono queste cose. Sono contento, perché vuol dire che avrò sempre un appiglio.

La saluto cordialmente
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Diciamo che la grandiosità del bipolare può funzionare così, da appiglio, ma ha anche un rovescio della medaglia che è quanto si pensa di perdere o di aver fallito quando si è depressi, che in genere è "più grande" di quel che gli altri possano stimare. In altre parole, un bipolare può deprimersi con temi di fallimento rispetto semplicemente al mancato raggiungimento del "massimo", o al venir meno di una fonte di piacere e di stimolo.
Quindi rimane il fatto che nelle forme gravi di depressione o agitazione è bene intervenire comunque, ci sono molti "grandi" dell'arte e della letteratura che a volte la risolvevano in maniera creativa, altre semplicemente andando "in letargo" ma alcune volte dovettero ricoverarsi e mettersi al sicuro.
[#17]
Utente
Utente
Capisco. In pratica dovrò sempre registrare dei periodi di umore basso, ai quali non potrò sfuggire. Approfitto per chiedere che cosa vuol dire disturbo bipolare affettivo misto, che è la mia diagnosi.

Grazie.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.3k 1k
Gentile utente,

le sue argomentazioni sono molto interessanti e certamente indicano una grande capacita' di introspezione.

Se vuole, puo' continuare a discutere del suo problema rivolgendosi anche direttamente e privatamente al collega Dr. Pacini, che si trova nelle sue zone.

La diagnosi avrebbe dovuto spiegargliela il suo medico.

Comunque e' il termine utilizzato per descrivere il suo corteo sintomatologico.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Gentile utente,

no, il messaggio finale non è di "tenersi" le sue oscillazioni d'umore, ma se mai di cercare anche una via individuale all'abbinamento tra stabilità dell'umore e "mordente" nella vita, che la terapia da sola non sempre può dare perché non sempre ad una nostra "disponibilità" biologica, resa possibile da una terapia che funziona, corrisponde un ambiente che offre tutto e al momento giusto, seguendo i nostri bioritmi. Il disturbo nel tempo peggiora la nostra capacità di muoverci anche se l'umore non è "su", e questo costituisce un handicap per poter cogliere le occasioni indipendentemente dal nostro stato di umore. Come dire: se non rispondiamo al telefono se non quando siamo "euforici" non possiamo aspettarci che una buona notizia inaspettata ci tiri su.

Diagnosi: "disturbo bipolare" prevede in sé affettivo e misto, sono due suoi connotati. Misto vorrebbe dire che sono contemporaneamente presenti elementi riferibili a eccitamento e a inibizione, quindi per esempio essere agitati ma tristi, o agitati ma con idee nebbiose. Si usa per indicare alcune fasi, o stati, appunto misti, in contrapposizione invece alle fasi che sono più puramente depressive o eccitate.
[#20]
Utente
Utente
Grazie dott. Ruggiero , per le sue parole e la sua idea. Tentare di andare oltre i limiti attuali sarebbe buona cosa.


Dott. Pacini salve.
Capisco un po' meglio le cose. Non avevo idea che col tempo il disturbo peggiorasse. In effeti ogni anno di più faccio fatica a prendere delle decisioni su cose come attività, tempo libero, vacanze.
Però sapevo anche che col tempo s'impara a controllare meglio la malattia, perché se na ha più esperienza. In effetti le mie crisi acute sono oramai piuttosto lontane. Vero è però che la vita, nella dimensione ordinaria, mi è diventata più pesante, come se ci fosse una zavorra interiore. Si vive lo stesso, sì, ma con una pena lieve ma continua che ti tarpa le ali.

Cordiali saluti
[#21]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.2k 1k
Sì, ma non è scritto da nessuna parte che sia irreversibile, tantomeno incurabile e tantomeno che debba durare per sempre.
[#22]
Utente
Utente
Questo mi consola. Ne parlerò con la mia psichiatra. Poi spero in futuro di poter seguire una psicoterapia. Sono convinto che si possa far molto.

Cordialità
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