Depressione e solitudine
Buonasera,
il mio nome è Francesca e ho 19 anni. Spero che la mia richiesta non sia cestinata perché il mio primo bisogno è quello di parlare con qualcuno, avere un aiuto...è davvero importante per me.
So già che l'adolescenza è un periodo particolarmente delicato. Io sono una ragazza abbastanza intelligente e fino all'anno 2006 vivevo bene: ero vispa, allegra, ero circondata da buoni amici, da corteggiatori che non mi interessavano, mi divertivo come tutte le ragazze della mia età. A metà dell'anno 2004 qualcosa cambiò..da sempre ritengo di essere stata responsabilizzata troppo prematuramente ma in quell'inverno vissi situazioni che non competevano ad una ragazza di 15 anni. Ascoltavo i problemi di una donna di 40 anni, sola dopo due matrimoni e con una figlia (mia amica) che aveva subito violenze e con un comportamento molto vicino a quello di una ragazza depressa..accompagnai una mia cara amica ad abortire e lo feci senza dire nulla ai miei, accompagnandola a chiedere il consenso di un giudice minorile per non divulgare la notizia alle famiglie. I genitori delle mie amiche mi consideravano molto responsabile e affidavano a me le loro figlie come un genitore affida il figlio ad una baby sitter: di conseguenza, ogni loro errore, ogni loro birra di troppo era una mia colpa, una mia disattenzione. Non solo: anche i miei professori mi ritenevano così brava, così buona da pensare che avrei risollevato il livello della mia classe, che avrei portato ragazze non interessate allo studio ad amarlo...Tutti mi chiedevano favori, nessuno mi ricambiava nulla. Nessuno che mi chiedeva come stessi, cosa facessi,a parte un unico, fedele amico che purtroppo col tempo si è rivelato un approfittatore; comunque, ero una ragazza così forte, così apparentemente sicura, così espansiva, così autonoma che nessuno pensava che anche a me iniziavano a sorgere problemi. Ero in un giro dove i ragazzi utilizzavano droghe, come marijuana e cocaina, ma io non toccavo nulla per paura di rimanerci secca. Iniziai a non dormire la notte....a non mangiare il giorno...era più una forma di rifiuto...rifiuto verso una situazione che ora ritenevo pesante. Mi innamorai di uno di quei ragazzi che utilizzavano droghe, che non andavano a scuola ed erano superficiali. Mi infatuai della sua forza, apparente come la mia, della sua caparbietà, falsa come la mia, della sua immagine cattiva, che io non avevo. Lui da me non cercava nulla se non il sesso e io ci rimasi male, e comunque non gli diedi ciò che voleva da me. Nessun ragazzo che mi piacesse un poco voleva da me qualcosa di più serio e nessun amico era disposto ad aiutarmi. Diventai cattiva: litigavo con tutti, puntavo le dita contro le persone che mi volevano bene, commentavo malamente chi mi passava davanti...iniziai ad essere isolata. Calai il mio rendimento a scuola. Iniziavo ad odiare così tanto la vita....sfogavo le mie paure sul cibo e poi scoprì che mettendomi due dita in gola avrei vomitato tutto lo schifo che sentivo per il mondo. Pensavo anche che così non avrei assimilato tutto ciò che mangiavo, importante per mantenere in piedi il mio bel fisico: mangiavo davvero tanto e, quando i miei non c'erano a casa, poche volte, scappavo in bagno a cercare di vomitare. Alla fine del 2006 avevo (stranamente per me) 10 kg in più. Adesso in giro si diceva anche che fossi "una vacca". Io, sempre così attenta al fisico, adesso ero una vacca. Odiavo tutto: me stessa, il mio corpo, la mia vita, i miei amici, il mio paese, la mia scuola. i miei cercavano in continuazione di parlare con me, di aiutarmi ma loro (soprattutto mia madre) erano davvero molto forti, pretendevano tanto, e tra le varie forme di aiuto non mancavano rimproveri per gli errori che commettevo a scuola, per le amicizie sbagliate a cui avevo rinunciato, per il modo in cui mi ero trascurata. Decisi di non parlare più con loro. Iniziai a provocarmi piccoli tagli sui polsi, alle caviglie...tagli lunghi ma non molto profondi, quasi superficiali. Non la consideravo una forma di autolesionismo, ma un modo per sentire fisicamente quel dolore che provavo dentro. Capivo che era sbagliato, e chiesi aiuto prima al mio unico fedele amico che, spaventato e triste, prese anche lui a incidersi la pelle (invece di aiutarmi). Poi chiesi aiuto a una delle mie professoresse, che mi consigliò lo psicologo di scuola (assolutamente incapace). Oltre a non dormire, avevo continue crisi d'ansia, ansia per tutto, dalla scuola, al rapporto con i miei, a quello con le poche persone con cui ancora parlavo. L'ultima cosa che rimaneva da fare per aiutarmi era di parlare con mia madre: decisi di farlo e lei prontamente mi presentò ad uno psichiatra che mi prescrisse una terapia farmacologica. Mi presentavo ai suoi appuntamenti, prendevo le pillole e con tanta voglia di vivere mi rimisi in piedi, tanto da convincere il mio psichiatra a smettere la terapia farmacologica e continuare solo la psicoterapia. Tra la primavera e l'estate del 2006 mi ricostruì delle belle amicizie, anche nella mia classe, cercai di curarmi un po' di più, persi qualche chiletto e mi sentivo meglio. In estate conobbi anche un ragazzo che non avevo mai potuto sopportare in passato, ma che ora mi attraeva tantissimo: mi misi con lui, che era il mio primo vero ragazzo. Tentai per poco di nascondere i miei problemi, ma passando molto tempo con lui e accorgendosi delle cicatrici sui polsi, fui costretta a raccontargli tutto. Mi disse di non preoccuparmi, per lui ero perfetta così e mi accolse nelle sue braccia. Stavo davvero meglio. Ma anche con lui iniziarono i problemi: sapendo (da ciò che si diceva in giro)del mio carattere forte, iniziò ad avere paura che gli nascondessi qualcosa. Mi impedì di vedere tutti quegli amici con cui, con fatica, avevo nuovamente legato; mi impedì di partecipare a feste, di fare sport senza lui, di muovermi da sola. Litigavamo moltissimo perché io volevo la mia libertà e lui non era disposto a concedermela. Nella primavera del 2007, quasi alla fine del mio liceo, decisi di arrendermi a lui, per amore di lui. Persi definitivamente i miei amici: loro non accettavano il fatto che io, col mio carattere, mi fossi fatta mettere i piedi in testa. Non capivano perché dovevo per forza portarmi dietro lui quando dovevo stare con loro e perché poi di vedermi con loro non potevo più. ma io feci tutto con grande sacrificio, ma immensa gioia, gioia di essere finalmente amata da qualcuno. Io avevo da poco compiuto 18 anni e lui ne aveva 22. Lui aveva già avuto relazioni, relazioni in cui aveva combaciato amicizia e la propria ragazza; adesso voleva una storia più seria, voleva una fidanzata non una ragazza. Lui per me era però il primo, il primo per tutto: per una relazione, per il sesso...per tutto. Mi aspettavo una relazione più libera, un appoggio e invece lui si dimostrò una prigione. Ma io lo amavo troppo e quindi mi arresi dolcemente a lui. Quando ho iniziato il primo anno di università (ora sono al secondo anno di medicina e chirurgia: ah, credo che dalle date abbiate capito che sono anticipataria), ho respirato l'aria di cambiamento, di nuove amicizie, di un mondo dove il mio ragazzo non poteva entrare. Smisi la psicoterapia, ero guarita ora. Il mio psichiatra mi consigliò di continuare a vedere uno psicologo ma io non ci andai mai perché ero esausta di parlare con i medici: ora mi sentivo guarita.
Purtroppo il mio ragazzo entrò anche nella mia vita universitaria. Se dovevo vedermi con i miei compagni di università, dovevo farlo invitando lui, se rimanevo all'università a studiare o a pranzare con i miei compagni perché magari avevamo un laboratorio pomeridiano...lui mi raggiungeva; doveva essere con me, dicendomi che si sentiva troppo male lontano da me, in realtà per controllare il mio mondo e vedere se c'era qualcuno con cui potevo tradirlo. Io cercavo di spiegare ai miei amici che lui non era pesante ma "apprensivo" perché mi voleva tanto bene, perché l'avevo reso più maturo (ed è vero. Non voleva fare nulla nella sua vita ma, stando con me, decise di iscriversi anche all'università e ora è all'ultimo anno con un'ottima media di voti)....in realtà iniziavo a sentire il peso della presenza di questo ragazzo che mi aveva portato via la libertà che avevo prima perso e che poi avevo con fatica riconquistato. Ma ho accettato tutto. Fino a qualche tempo fa...ormai ero arrivata al limite della sopportazione: non vuole nemmeno che vada a trovare mio fratello a Milano dove studia! Non vuole che faccia nulla...mi dà tanto amore ma pensa che io sia di sua proprietà. Il sesso non mi piace più da una vita, mi sento una prostituta, costretta a dimostrargli amore isolata dal resto del mondo. L'ho costretto a farci degli amici a metà di quest'ultima estate trascorsa: lui mi ha portata dai suoi: o loro o nulla. Ho accettato, ancora, per amore. Ma mi sto divertendo con loro....lentamente sto avendo la loro fiducia...lentamente ALCUNI di loro(sono tantissimi) mi si stanno dimostrando più amici. Certo non mi chiamano, non mi invitano a prendere un caffè da sola con loro, non mi raccontano i loro problemi, ma mi hanno accettata, iniziano a non vedermi più come la ragazza del loro amico, ma come Francesca. E io sono tanto felice. Ho passato giornate felici, divertenti, in compagnia. Ho legato soprattutto con gli amici (maschi: ho sempre legato più facilmente con loro) più CARI del mio ragazzo, infatti mi trovo molte volte ad essere l'unica ragazza in un gruppetto di ragazzi. Ma a me piace. Fino a che il mio ragazzo non mi ha bloccata nuovamente: proprio pochi giorni fa mi ha accusata di non volere più la sua compagnia ma quella dei suoi amici. Mi ha accusata di non amarlo più, di volere altri ragazzi, di volere i suoi amici. Mi ha detto che avrebbe preferito passare qualche giornata da soli, ancora, come i due anni precedenti. Mi ha chiesto di fare l'amore più spesso, di dimostrargli il mio amore, di frequentare di meno il gruppo. Io l'ho guardato terrorizzata: non gli sembrava lecito che avessi voglia do passare il tempo con il nuovo gruppo per formare delle amicizie...gli sembrava lecito solo che dovessi desiderare di passarne con lui. Io sono esplosa: gli ho detto tutto ciò che pensavo, gli ho detto di non essere più disposta a rinunciare a tutto pur di renderlo felice, gli ho detto tutto ciò che pensavo. Sono tre giorni che siamo a lite...ma in questi tre giorni mi sono resa conto di aver iniziato ad avere realmente un desiderio molto forte per uno dei suoi amici più stretti, con cui ho una certa complicità. Mi sento molto male per questo, ma quando questo ragazzo, in questi ultimi giorni, mi abbracciava e scherzava con me, io sentivo quello che sentivo all'inizio per il mio ragazzo. Un altro motivo per cui ora come ora non farei mai l'amore con il mio ragazzo è che penso a lui. Lui è fidanzato, come me, e nonostante i gesti affettuosi credo che mi veda come una semplice amica e tra l'altro non metterebbe mai a repentaglio la sua amicizia con il mio ragazzo. Io ho cercato di non mostrare il mio desiderio e davvero ho cercato di farmelo passare. infatti è così. Lo sto facendo davvero. Ma oggi, riparlando con il mio ragazzo, non siamo riusciti a trovare nessun punto d'accordo e io ho preferito stroncare la nostra relazione. In realtà in passato avevo già provato a lasciarlo, ma il mio ragazzo si era piazzato sotto casa mia, mi convinse A PARLARE ancora, PRESO DALL'ANSIA di perdermi aveva rotto il vetro della sua macchina, e alla fine io stanca, esausta di quel pomeriggio, e ancora innamorata di lui, mi arresi e continuammo la nostra relazione. Ma ora sento un grande dolore per essermi separata da lui, sento che sarei gelosa se lo vedessi in giro con un'altra, ma non è più come quella volta. Mi sento più convinta. MA Sto piangendo, perché fa lo stesso male e perché non ho nessuno con cui parlarne. Mi sento molto sola, e nessuno conosce la mia condizione tra i miei nuovi "quasi amici" (ovvero quelli del mio ragazzo). Il mio carattere, da quando ho avuto quella moderata crisi depressiva, è cambiato: sono sempre apparentemente forte e sicura, dico cose che una donna non direbbe (ma un uomo si), penso con la mia testa ma piango molto, sono diventata molto emotiva, molto fragile, estremamente sensibile, mi faccio condizionare dal più minimo giudizio altrui (soprattutto sul mio fisico e sul mio aspetto estetico, non più bellissimo come quando ero più piccola) e soffro perennemente di ansia. Prima, in condizioni di stress, non dormivo, mi agitavo molto, sudavo freddo...ma solo in condizioni di stress (es. sotto esame)...adesso non dormo lo stesso, ho frequenti mal di testa, e non mi viene più voglia di studiare. Non mi lesiono, non digiuno, non divento isterica, ma soffro molto e non dormo. Sto soffrendo soprattutto in questo momento preciso, in cui non ho più un ragazzo, non ho amici sulla spalla dei quali poter piangere, non posso nemmeno uscire con loro perché con loro esce il mio ragazzo...e non sono disponibili i miei genitori, presi da problemi finanziari (e sinceramente di pillole e psicologi non ne voglio proprio più sentire parlare)...non studio più, non so cosa fare. Ho voglia di uscire questa sera (vivo su un paese sul mare, qui i ragazzi escono tutte le sere della settimana), ma non ho nessuno con cui poterlo fare. Ero anche considerata simpatica e intelligente ora!! Ma…tutto è perso di nuovo. Piango, piango e piango...ormai non mi resta altro.
Aiutatemi!
il mio nome è Francesca e ho 19 anni. Spero che la mia richiesta non sia cestinata perché il mio primo bisogno è quello di parlare con qualcuno, avere un aiuto...è davvero importante per me.
So già che l'adolescenza è un periodo particolarmente delicato. Io sono una ragazza abbastanza intelligente e fino all'anno 2006 vivevo bene: ero vispa, allegra, ero circondata da buoni amici, da corteggiatori che non mi interessavano, mi divertivo come tutte le ragazze della mia età. A metà dell'anno 2004 qualcosa cambiò..da sempre ritengo di essere stata responsabilizzata troppo prematuramente ma in quell'inverno vissi situazioni che non competevano ad una ragazza di 15 anni. Ascoltavo i problemi di una donna di 40 anni, sola dopo due matrimoni e con una figlia (mia amica) che aveva subito violenze e con un comportamento molto vicino a quello di una ragazza depressa..accompagnai una mia cara amica ad abortire e lo feci senza dire nulla ai miei, accompagnandola a chiedere il consenso di un giudice minorile per non divulgare la notizia alle famiglie. I genitori delle mie amiche mi consideravano molto responsabile e affidavano a me le loro figlie come un genitore affida il figlio ad una baby sitter: di conseguenza, ogni loro errore, ogni loro birra di troppo era una mia colpa, una mia disattenzione. Non solo: anche i miei professori mi ritenevano così brava, così buona da pensare che avrei risollevato il livello della mia classe, che avrei portato ragazze non interessate allo studio ad amarlo...Tutti mi chiedevano favori, nessuno mi ricambiava nulla. Nessuno che mi chiedeva come stessi, cosa facessi,a parte un unico, fedele amico che purtroppo col tempo si è rivelato un approfittatore; comunque, ero una ragazza così forte, così apparentemente sicura, così espansiva, così autonoma che nessuno pensava che anche a me iniziavano a sorgere problemi. Ero in un giro dove i ragazzi utilizzavano droghe, come marijuana e cocaina, ma io non toccavo nulla per paura di rimanerci secca. Iniziai a non dormire la notte....a non mangiare il giorno...era più una forma di rifiuto...rifiuto verso una situazione che ora ritenevo pesante. Mi innamorai di uno di quei ragazzi che utilizzavano droghe, che non andavano a scuola ed erano superficiali. Mi infatuai della sua forza, apparente come la mia, della sua caparbietà, falsa come la mia, della sua immagine cattiva, che io non avevo. Lui da me non cercava nulla se non il sesso e io ci rimasi male, e comunque non gli diedi ciò che voleva da me. Nessun ragazzo che mi piacesse un poco voleva da me qualcosa di più serio e nessun amico era disposto ad aiutarmi. Diventai cattiva: litigavo con tutti, puntavo le dita contro le persone che mi volevano bene, commentavo malamente chi mi passava davanti...iniziai ad essere isolata. Calai il mio rendimento a scuola. Iniziavo ad odiare così tanto la vita....sfogavo le mie paure sul cibo e poi scoprì che mettendomi due dita in gola avrei vomitato tutto lo schifo che sentivo per il mondo. Pensavo anche che così non avrei assimilato tutto ciò che mangiavo, importante per mantenere in piedi il mio bel fisico: mangiavo davvero tanto e, quando i miei non c'erano a casa, poche volte, scappavo in bagno a cercare di vomitare. Alla fine del 2006 avevo (stranamente per me) 10 kg in più. Adesso in giro si diceva anche che fossi "una vacca". Io, sempre così attenta al fisico, adesso ero una vacca. Odiavo tutto: me stessa, il mio corpo, la mia vita, i miei amici, il mio paese, la mia scuola. i miei cercavano in continuazione di parlare con me, di aiutarmi ma loro (soprattutto mia madre) erano davvero molto forti, pretendevano tanto, e tra le varie forme di aiuto non mancavano rimproveri per gli errori che commettevo a scuola, per le amicizie sbagliate a cui avevo rinunciato, per il modo in cui mi ero trascurata. Decisi di non parlare più con loro. Iniziai a provocarmi piccoli tagli sui polsi, alle caviglie...tagli lunghi ma non molto profondi, quasi superficiali. Non la consideravo una forma di autolesionismo, ma un modo per sentire fisicamente quel dolore che provavo dentro. Capivo che era sbagliato, e chiesi aiuto prima al mio unico fedele amico che, spaventato e triste, prese anche lui a incidersi la pelle (invece di aiutarmi). Poi chiesi aiuto a una delle mie professoresse, che mi consigliò lo psicologo di scuola (assolutamente incapace). Oltre a non dormire, avevo continue crisi d'ansia, ansia per tutto, dalla scuola, al rapporto con i miei, a quello con le poche persone con cui ancora parlavo. L'ultima cosa che rimaneva da fare per aiutarmi era di parlare con mia madre: decisi di farlo e lei prontamente mi presentò ad uno psichiatra che mi prescrisse una terapia farmacologica. Mi presentavo ai suoi appuntamenti, prendevo le pillole e con tanta voglia di vivere mi rimisi in piedi, tanto da convincere il mio psichiatra a smettere la terapia farmacologica e continuare solo la psicoterapia. Tra la primavera e l'estate del 2006 mi ricostruì delle belle amicizie, anche nella mia classe, cercai di curarmi un po' di più, persi qualche chiletto e mi sentivo meglio. In estate conobbi anche un ragazzo che non avevo mai potuto sopportare in passato, ma che ora mi attraeva tantissimo: mi misi con lui, che era il mio primo vero ragazzo. Tentai per poco di nascondere i miei problemi, ma passando molto tempo con lui e accorgendosi delle cicatrici sui polsi, fui costretta a raccontargli tutto. Mi disse di non preoccuparmi, per lui ero perfetta così e mi accolse nelle sue braccia. Stavo davvero meglio. Ma anche con lui iniziarono i problemi: sapendo (da ciò che si diceva in giro)del mio carattere forte, iniziò ad avere paura che gli nascondessi qualcosa. Mi impedì di vedere tutti quegli amici con cui, con fatica, avevo nuovamente legato; mi impedì di partecipare a feste, di fare sport senza lui, di muovermi da sola. Litigavamo moltissimo perché io volevo la mia libertà e lui non era disposto a concedermela. Nella primavera del 2007, quasi alla fine del mio liceo, decisi di arrendermi a lui, per amore di lui. Persi definitivamente i miei amici: loro non accettavano il fatto che io, col mio carattere, mi fossi fatta mettere i piedi in testa. Non capivano perché dovevo per forza portarmi dietro lui quando dovevo stare con loro e perché poi di vedermi con loro non potevo più. ma io feci tutto con grande sacrificio, ma immensa gioia, gioia di essere finalmente amata da qualcuno. Io avevo da poco compiuto 18 anni e lui ne aveva 22. Lui aveva già avuto relazioni, relazioni in cui aveva combaciato amicizia e la propria ragazza; adesso voleva una storia più seria, voleva una fidanzata non una ragazza. Lui per me era però il primo, il primo per tutto: per una relazione, per il sesso...per tutto. Mi aspettavo una relazione più libera, un appoggio e invece lui si dimostrò una prigione. Ma io lo amavo troppo e quindi mi arresi dolcemente a lui. Quando ho iniziato il primo anno di università (ora sono al secondo anno di medicina e chirurgia: ah, credo che dalle date abbiate capito che sono anticipataria), ho respirato l'aria di cambiamento, di nuove amicizie, di un mondo dove il mio ragazzo non poteva entrare. Smisi la psicoterapia, ero guarita ora. Il mio psichiatra mi consigliò di continuare a vedere uno psicologo ma io non ci andai mai perché ero esausta di parlare con i medici: ora mi sentivo guarita.
Purtroppo il mio ragazzo entrò anche nella mia vita universitaria. Se dovevo vedermi con i miei compagni di università, dovevo farlo invitando lui, se rimanevo all'università a studiare o a pranzare con i miei compagni perché magari avevamo un laboratorio pomeridiano...lui mi raggiungeva; doveva essere con me, dicendomi che si sentiva troppo male lontano da me, in realtà per controllare il mio mondo e vedere se c'era qualcuno con cui potevo tradirlo. Io cercavo di spiegare ai miei amici che lui non era pesante ma "apprensivo" perché mi voleva tanto bene, perché l'avevo reso più maturo (ed è vero. Non voleva fare nulla nella sua vita ma, stando con me, decise di iscriversi anche all'università e ora è all'ultimo anno con un'ottima media di voti)....in realtà iniziavo a sentire il peso della presenza di questo ragazzo che mi aveva portato via la libertà che avevo prima perso e che poi avevo con fatica riconquistato. Ma ho accettato tutto. Fino a qualche tempo fa...ormai ero arrivata al limite della sopportazione: non vuole nemmeno che vada a trovare mio fratello a Milano dove studia! Non vuole che faccia nulla...mi dà tanto amore ma pensa che io sia di sua proprietà. Il sesso non mi piace più da una vita, mi sento una prostituta, costretta a dimostrargli amore isolata dal resto del mondo. L'ho costretto a farci degli amici a metà di quest'ultima estate trascorsa: lui mi ha portata dai suoi: o loro o nulla. Ho accettato, ancora, per amore. Ma mi sto divertendo con loro....lentamente sto avendo la loro fiducia...lentamente ALCUNI di loro(sono tantissimi) mi si stanno dimostrando più amici. Certo non mi chiamano, non mi invitano a prendere un caffè da sola con loro, non mi raccontano i loro problemi, ma mi hanno accettata, iniziano a non vedermi più come la ragazza del loro amico, ma come Francesca. E io sono tanto felice. Ho passato giornate felici, divertenti, in compagnia. Ho legato soprattutto con gli amici (maschi: ho sempre legato più facilmente con loro) più CARI del mio ragazzo, infatti mi trovo molte volte ad essere l'unica ragazza in un gruppetto di ragazzi. Ma a me piace. Fino a che il mio ragazzo non mi ha bloccata nuovamente: proprio pochi giorni fa mi ha accusata di non volere più la sua compagnia ma quella dei suoi amici. Mi ha accusata di non amarlo più, di volere altri ragazzi, di volere i suoi amici. Mi ha detto che avrebbe preferito passare qualche giornata da soli, ancora, come i due anni precedenti. Mi ha chiesto di fare l'amore più spesso, di dimostrargli il mio amore, di frequentare di meno il gruppo. Io l'ho guardato terrorizzata: non gli sembrava lecito che avessi voglia do passare il tempo con il nuovo gruppo per formare delle amicizie...gli sembrava lecito solo che dovessi desiderare di passarne con lui. Io sono esplosa: gli ho detto tutto ciò che pensavo, gli ho detto di non essere più disposta a rinunciare a tutto pur di renderlo felice, gli ho detto tutto ciò che pensavo. Sono tre giorni che siamo a lite...ma in questi tre giorni mi sono resa conto di aver iniziato ad avere realmente un desiderio molto forte per uno dei suoi amici più stretti, con cui ho una certa complicità. Mi sento molto male per questo, ma quando questo ragazzo, in questi ultimi giorni, mi abbracciava e scherzava con me, io sentivo quello che sentivo all'inizio per il mio ragazzo. Un altro motivo per cui ora come ora non farei mai l'amore con il mio ragazzo è che penso a lui. Lui è fidanzato, come me, e nonostante i gesti affettuosi credo che mi veda come una semplice amica e tra l'altro non metterebbe mai a repentaglio la sua amicizia con il mio ragazzo. Io ho cercato di non mostrare il mio desiderio e davvero ho cercato di farmelo passare. infatti è così. Lo sto facendo davvero. Ma oggi, riparlando con il mio ragazzo, non siamo riusciti a trovare nessun punto d'accordo e io ho preferito stroncare la nostra relazione. In realtà in passato avevo già provato a lasciarlo, ma il mio ragazzo si era piazzato sotto casa mia, mi convinse A PARLARE ancora, PRESO DALL'ANSIA di perdermi aveva rotto il vetro della sua macchina, e alla fine io stanca, esausta di quel pomeriggio, e ancora innamorata di lui, mi arresi e continuammo la nostra relazione. Ma ora sento un grande dolore per essermi separata da lui, sento che sarei gelosa se lo vedessi in giro con un'altra, ma non è più come quella volta. Mi sento più convinta. MA Sto piangendo, perché fa lo stesso male e perché non ho nessuno con cui parlarne. Mi sento molto sola, e nessuno conosce la mia condizione tra i miei nuovi "quasi amici" (ovvero quelli del mio ragazzo). Il mio carattere, da quando ho avuto quella moderata crisi depressiva, è cambiato: sono sempre apparentemente forte e sicura, dico cose che una donna non direbbe (ma un uomo si), penso con la mia testa ma piango molto, sono diventata molto emotiva, molto fragile, estremamente sensibile, mi faccio condizionare dal più minimo giudizio altrui (soprattutto sul mio fisico e sul mio aspetto estetico, non più bellissimo come quando ero più piccola) e soffro perennemente di ansia. Prima, in condizioni di stress, non dormivo, mi agitavo molto, sudavo freddo...ma solo in condizioni di stress (es. sotto esame)...adesso non dormo lo stesso, ho frequenti mal di testa, e non mi viene più voglia di studiare. Non mi lesiono, non digiuno, non divento isterica, ma soffro molto e non dormo. Sto soffrendo soprattutto in questo momento preciso, in cui non ho più un ragazzo, non ho amici sulla spalla dei quali poter piangere, non posso nemmeno uscire con loro perché con loro esce il mio ragazzo...e non sono disponibili i miei genitori, presi da problemi finanziari (e sinceramente di pillole e psicologi non ne voglio proprio più sentire parlare)...non studio più, non so cosa fare. Ho voglia di uscire questa sera (vivo su un paese sul mare, qui i ragazzi escono tutte le sere della settimana), ma non ho nessuno con cui poterlo fare. Ero anche considerata simpatica e intelligente ora!! Ma…tutto è perso di nuovo. Piango, piango e piango...ormai non mi resta altro.
Aiutatemi!
[#1]
Gentile utente,
i contenuti della sua richiesta sono molto importanti, necessitano pertanto di uno spazio non virtuale dove possono avere uno sfogo piu' libero e nel quale puo' essere instaurato un percorso per un trattamento specialistico.
Ho letto con attenzione tutto il suo scritto.
E' opportuno che si rivolga ai suoi vecchi curanti oppure, se vuole, ne puo' scegliere di nuovi.
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Ho letto con attenzione tutto il suo scritto.
E' opportuno che si rivolga ai suoi vecchi curanti oppure, se vuole, ne puo' scegliere di nuovi.
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Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 2.8k visite dal 10/11/2008.
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