Lutto e pensieri suicidi
Gentili dottori
Sono un uomo di 46 anni, celibe, e vivo solo con mio padre di 90 (mia madre è scomparsa anni fa). Negli ultimi tempi ho rinunciato a ogni attività e ogni ambizione personale per accudirlo(ma l'ho fatto con convinzione, senza rimorsi perchè siamo profondamente legati. Adesso lui è in ospedale, colpito da una grave malattia (ematoma subdurale, che dopo l'intervento sta recidivando, e pare richiederà una nuova operazione) e anche se vi è buona possibilità che si riprenda, ve n'è anche una non trascurabile, data la sua età. che possa non farcela. Questo mi ha messo per la prima volta di fronte alla concreta prospettiva che lui possa non essere più con me... di restare domani solo. Senza l'unica persona - me ne sto rendendo conto ogni giorno di più - che nella mia vita abbia contato, che abbia realmente amato. Se dovesse realmente succedere - e io, ateo, prego ogni giorno perchè non succeda - sarebbe peggio che un lutto, sarebbe un'oscurità dove non esiste niente più di vivo. Tutto quello che faccio in questi giorni, lo faccio in previsione che lui si salvi, e si possa ritornare all'esistenza di prima; accudisco la casa, mi procuro tutto quello che è necessario in ospedale, ecc - si può dire che la mia vita personale sia già annullata. Se lui dovesse mancare, non mi resterebbe che il vuoto: niente aspirazioni, niente affetti, niente volontà di restare e di lottare (anche niente denaro, ma non è questo l'aspetto principale). Certo avrei molte conoscenze, e per fortuna anche amici veri - ma che già adesso di fronte a questo mio abisso restano come spaesati e non sanno che consiglio darmi. Perchè la verità per come la sento è semplice e brutale: senza mio papà la mia vita non ha senso, e non può che terminare poco dopo. Una volta che lui non ci sarà più non avrò più doveri verso nessuno, quindi sarò libero di darci un taglio senza rimorsi. Resta solo da stabilire il modo. Mi piacerebbe fare in modo che si avveri una scena che in questo periodo ricorre spesso nei miei sogni: sono solo, in cammino lungo una strada sconosciuta e dove non passa nessuno, quando all'improvviso scende la notte. Mi sono perso, e non so a chi rivolgermi, perchè tutto è deserto e silenzioso. Rinunciato a cercare la strada di casa, mi siedo in un angolo... e attendo che il freddo, gli elementi, il tempo, mi spengano, poco alla volta, senza violenza, facendomi morire come ci si addormenta, quasi con dolcezza, restituendomi a quel nulla da cui sono venuto e a cui dovrò comunque ritornare. Premetto che non sono "depresso" in senso clinico, anzi non mi sento nemmeno particolarmente triste. Solamente incapace di capire che stramaledetto significato abbia la vita. Non ci sono mai riuscito, e così mi sono aggrappato al dovere. Quello verso i miei genitori anzitutto. Perse tutte le illusioni, era l'unica cosa rimasta. Ma quando non ci sarà più nemmeno il dovere... Il niente, assoluto, drammatico disgustoso niente.
Sono un uomo di 46 anni, celibe, e vivo solo con mio padre di 90 (mia madre è scomparsa anni fa). Negli ultimi tempi ho rinunciato a ogni attività e ogni ambizione personale per accudirlo(ma l'ho fatto con convinzione, senza rimorsi perchè siamo profondamente legati. Adesso lui è in ospedale, colpito da una grave malattia (ematoma subdurale, che dopo l'intervento sta recidivando, e pare richiederà una nuova operazione) e anche se vi è buona possibilità che si riprenda, ve n'è anche una non trascurabile, data la sua età. che possa non farcela. Questo mi ha messo per la prima volta di fronte alla concreta prospettiva che lui possa non essere più con me... di restare domani solo. Senza l'unica persona - me ne sto rendendo conto ogni giorno di più - che nella mia vita abbia contato, che abbia realmente amato. Se dovesse realmente succedere - e io, ateo, prego ogni giorno perchè non succeda - sarebbe peggio che un lutto, sarebbe un'oscurità dove non esiste niente più di vivo. Tutto quello che faccio in questi giorni, lo faccio in previsione che lui si salvi, e si possa ritornare all'esistenza di prima; accudisco la casa, mi procuro tutto quello che è necessario in ospedale, ecc - si può dire che la mia vita personale sia già annullata. Se lui dovesse mancare, non mi resterebbe che il vuoto: niente aspirazioni, niente affetti, niente volontà di restare e di lottare (anche niente denaro, ma non è questo l'aspetto principale). Certo avrei molte conoscenze, e per fortuna anche amici veri - ma che già adesso di fronte a questo mio abisso restano come spaesati e non sanno che consiglio darmi. Perchè la verità per come la sento è semplice e brutale: senza mio papà la mia vita non ha senso, e non può che terminare poco dopo. Una volta che lui non ci sarà più non avrò più doveri verso nessuno, quindi sarò libero di darci un taglio senza rimorsi. Resta solo da stabilire il modo. Mi piacerebbe fare in modo che si avveri una scena che in questo periodo ricorre spesso nei miei sogni: sono solo, in cammino lungo una strada sconosciuta e dove non passa nessuno, quando all'improvviso scende la notte. Mi sono perso, e non so a chi rivolgermi, perchè tutto è deserto e silenzioso. Rinunciato a cercare la strada di casa, mi siedo in un angolo... e attendo che il freddo, gli elementi, il tempo, mi spengano, poco alla volta, senza violenza, facendomi morire come ci si addormenta, quasi con dolcezza, restituendomi a quel nulla da cui sono venuto e a cui dovrò comunque ritornare. Premetto che non sono "depresso" in senso clinico, anzi non mi sento nemmeno particolarmente triste. Solamente incapace di capire che stramaledetto significato abbia la vita. Non ci sono mai riuscito, e così mi sono aggrappato al dovere. Quello verso i miei genitori anzitutto. Perse tutte le illusioni, era l'unica cosa rimasta. Ma quando non ci sarà più nemmeno il dovere... Il niente, assoluto, drammatico disgustoso niente.
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"Premetto che non sono "depresso" in senso clinico, anzi non mi sento nemmeno particolarmente triste."
La diagnosi la fa il medico, e la depressione non è tristezza. Si confonde con tutto il resto, fino a un certo punto, anche con la tristezza, ma non è questo il suo connotato caratteristico.
Se ha scritto qui vorrà dire che vuole un consiglio. Si faccia visitare da uno psichiatra, che le cure eventuali non sono costose né complicate.
La diagnosi la fa il medico, e la depressione non è tristezza. Si confonde con tutto il resto, fino a un certo punto, anche con la tristezza, ma non è questo il suo connotato caratteristico.
Se ha scritto qui vorrà dire che vuole un consiglio. Si faccia visitare da uno psichiatra, che le cure eventuali non sono costose né complicate.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Ex utente
Grazie della risposta.
A dire il vero però mi attendevo una replica da uno psicologo, non da uno psichiatra.
Essendo convintissimo (e forse ho fatto male a non scriverlo) che il vuoto esistenziale, soprattutto quello lasciato da un grande affetto, non possa essere riempito ingozzandosi di pillole, costose o meno che siano.
A dire il vero però mi attendevo una replica da uno psicologo, non da uno psichiatra.
Essendo convintissimo (e forse ho fatto male a non scriverlo) che il vuoto esistenziale, soprattutto quello lasciato da un grande affetto, non possa essere riempito ingozzandosi di pillole, costose o meno che siano.
[#3]
Gentile utente,
Gli psicologi hanno spostato il consulto nella sezione psichiatria.
Ecco la solita sciocchezza sull'uso dei farmaci, Naturalmente i medici sono individui gretti e volgari che ingozzano la gente di farmaci. Non esiste la cura, il trattamento, la diagnosi....solo "ingozzare", "imbottire", "rimbambire" e così via.
Un rispetto di partenza per il ruolo del medico che fortunatamente non è la regola, ma è frequente.
Quindi si lamenta di una situazione di sofferenza ma la vuole in qualche modo mantenere per il suo significato. Al di là del fatto che anche il dolore, oltre il limite che è iutile a elaborarlo e a dargli significato, non ha molto senso ed è solo logoramento e blocco del resto della vita,...oltre a questo dicevo, sta di fatto che i lutti possono esitare in un'altra cosa, che è una sindrome depressiva, che non c'entra più molto col lutto, non c'entra per niente con la sua elaborazione, ancor meno con la vita.
Lei si lamenta di un blocco della sua vita. Per questo le si consiglia di farsi curare. Che serva uno psicologo solo perché questo evita che qualcuno le indichi una terapia farmacologica è un falso problema. Lei non vuol sentir parlare di medicine, ma non si capisce perché. Forse uno psicologo non opera un trattamento ? Forse secondo lo stesso ragionamento non può rimpinzarla di interpretazioni, consigli e spiegazioni ?
Non è quello che fa uno psicologo serio, così come un medico non fa quel che Lei ha detto sopra.
Se vuole un percorso sensato, deve farsi diagnosticare, e basta una visita, dopo di che le verranno indicate le opzioni disponibili, se verranno giudicate utili in questa situazione.
Gli psicologi hanno spostato il consulto nella sezione psichiatria.
Ecco la solita sciocchezza sull'uso dei farmaci, Naturalmente i medici sono individui gretti e volgari che ingozzano la gente di farmaci. Non esiste la cura, il trattamento, la diagnosi....solo "ingozzare", "imbottire", "rimbambire" e così via.
Un rispetto di partenza per il ruolo del medico che fortunatamente non è la regola, ma è frequente.
Quindi si lamenta di una situazione di sofferenza ma la vuole in qualche modo mantenere per il suo significato. Al di là del fatto che anche il dolore, oltre il limite che è iutile a elaborarlo e a dargli significato, non ha molto senso ed è solo logoramento e blocco del resto della vita,...oltre a questo dicevo, sta di fatto che i lutti possono esitare in un'altra cosa, che è una sindrome depressiva, che non c'entra più molto col lutto, non c'entra per niente con la sua elaborazione, ancor meno con la vita.
Lei si lamenta di un blocco della sua vita. Per questo le si consiglia di farsi curare. Che serva uno psicologo solo perché questo evita che qualcuno le indichi una terapia farmacologica è un falso problema. Lei non vuol sentir parlare di medicine, ma non si capisce perché. Forse uno psicologo non opera un trattamento ? Forse secondo lo stesso ragionamento non può rimpinzarla di interpretazioni, consigli e spiegazioni ?
Non è quello che fa uno psicologo serio, così come un medico non fa quel che Lei ha detto sopra.
Se vuole un percorso sensato, deve farsi diagnosticare, e basta una visita, dopo di che le verranno indicate le opzioni disponibili, se verranno giudicate utili in questa situazione.
[#4]
Gentile Utente,
alla luce di quanto ha scritto il primo passo è quello di rivolgersi a un medico psichiatra che valuterà se la sua percezione di non essere depresso è realistica e le suggerirà di conseguenza il ricorso (o meno) ad una terapia psicologica che la aiuti sul fronte dell'umore.
Non si può fare diagnosi da soli su sè stessi perchè non ci si può vedere da fuori, nemmeno nell'ipotesi in cui se ne abbiano e competenze professionali: questa è un'evidenza che deve accettare.
Le sue considerazioni non appaiono lucide perchè non tutti (anzi!) reagiscono alla prospettiva della morte dei genitori pensando che la loro vita perderà di senso e per questo le consiglio prima una visita psichiatrica e dopo il ricorso ad uno psicologo psicoterapeuta, se vorrà analizzare come mai si trova, a questo punto della sua vita, a ritenere che l'unica cosa importante sia il legame con i suoi genitori e che perdere quello è perdere tutto.
Ci sono diversi punti da esplorare: come mai non ha progettato e attuato un suo progetto di vita? Cosa è andato storto?
Qual è la reale qualità della sua vita di relazione (amici, partner)?
Come mai non si è separato psicologicamente da suo papà e ragiona come se foste un solo essere?
Il lavoro non manca, come vede, è dev'essere effettuato di persona se riterrà di farsi aiutare.
Già il fatto che abbia scritto qui significa che c'è uno spiraglio nel buio nel quale si sente immerso, cerchi di coglierlo e di orientarsi in quella direzione.
Un caro saluto,
alla luce di quanto ha scritto il primo passo è quello di rivolgersi a un medico psichiatra che valuterà se la sua percezione di non essere depresso è realistica e le suggerirà di conseguenza il ricorso (o meno) ad una terapia psicologica che la aiuti sul fronte dell'umore.
Non si può fare diagnosi da soli su sè stessi perchè non ci si può vedere da fuori, nemmeno nell'ipotesi in cui se ne abbiano e competenze professionali: questa è un'evidenza che deve accettare.
Le sue considerazioni non appaiono lucide perchè non tutti (anzi!) reagiscono alla prospettiva della morte dei genitori pensando che la loro vita perderà di senso e per questo le consiglio prima una visita psichiatrica e dopo il ricorso ad uno psicologo psicoterapeuta, se vorrà analizzare come mai si trova, a questo punto della sua vita, a ritenere che l'unica cosa importante sia il legame con i suoi genitori e che perdere quello è perdere tutto.
Ci sono diversi punti da esplorare: come mai non ha progettato e attuato un suo progetto di vita? Cosa è andato storto?
Qual è la reale qualità della sua vita di relazione (amici, partner)?
Come mai non si è separato psicologicamente da suo papà e ragiona come se foste un solo essere?
Il lavoro non manca, come vede, è dev'essere effettuato di persona se riterrà di farsi aiutare.
Già il fatto che abbia scritto qui significa che c'è uno spiraglio nel buio nel quale si sente immerso, cerchi di coglierlo e di orientarsi in quella direzione.
Un caro saluto,
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.4k visite dal 26/11/2016.
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