Figlio con disturbo della personalità

Sono madre di un ragazzo che diventerà maggiorenne fra 4 mesi affetto da disturbo della personalità; per 6 anni l'ho accompagnato da psicologi e neuropsichiatri per una diagnosi che non è mai arrivata, così come le cure adeguate, perché mi rendevo conto che aveva dei problemi che non erano solo psicologici e non derivavano solo dall'abbandono paterno (padre affetto da disturbo bipolare), chiedendo e ottenendo di attivare anche un'educativa territoriale presso A.S. di zona; la psicologa che lo ha avuto in cura ha tergiversato per 3 anni addossando a me come madre la responsabilità di incompetenze genitoriali, il neuropsichiatra per i successivi 3 ha insistito che le sue problematiche derivassero dall'abbandono paterno salvo poi, ora che è quasi maggiorenne, diagnosticare un disturbo della personalità che era quanto da me sospettato da principio. Dall'educativa territoriale non ha tratto benefici, per stessa ammissione dell'edicatrice, purtroppo, il progetto di inserimento in una comunità terapeutica è fallito in quanto dopo 6 mesi in cui comunque non è stato curato, la comunità ha chiuso, rimandandolo a casa e lui ha rifiutato di provare un'altra comunità. A oggi rifiuta la diagnosi e quindi le cure, rifiuta di vedere l'educatrice, in casa la situazione è al collasso: di notte non dorme, si aggira per casa parlando da solo e rispondendosi alterando la voce, è aggressivo verbalmente e fisicamente, ruba dentro e fuori casa, dopo aver perso 3 anni scolastici non è più stato accettato da alcun istituto, spesso quando litiga con un famigliare si appropria di coltelli da cucina che nasconde in camera e tutti dobbiamo averne paura e rintanarci chiusi a chiave in camera finché non esce di casa: non ce la facciamo più, ma A.S. e neuropsichiatra ci dicono che non c'è nulla che si possa fare in quanto è quasi maggiorenne.
Davvero tutto quest'onere si riversa solo sulla famiglia e non si può far nulla per obbligarlo a curarsi? E quando io, un giorno, non ci sarò più?
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4k 202
Anche se suo figlio è "quasi" maggiorenne questo non impedisce, se ci sono i motivi, di effettuare un ricovero in Trattamento Sanitario Obbligatorio. Secondo la legge il T.S.O. si DEVE eseguire (cioè i medici dell'Asl sono negligenti se non lo fanno senza motivazioni valide): se esistono alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici;
se l’infermo non voglia sottoporsi volontariamente a tali trattamenti;
qualora non vi siano le condizioni che consentano di adottare tempestive e idonee misure straordinarie extraospedaliere.
In ospedale sarà possibile iniziare, se occorre, una terapia, eventualmente anche depot. E' una tappa del percorso, non una soluzione.
Il ricovero è un evento doloroso e traumatico per tutti, ma non credo che suo figlio viva bene così come lo descrive.
La prossima volta che nasconde coltelli avverta anche i carabinieri, oltre all'Asl.

Franca Scapellato

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

In presenza di una familiarità di primo grado per sindrome bipolare sorge il dubbio che si tratti di una sindrome analoga, spesso denominata "disturbo di personalità" (borderline, narcisistica, istrionica, o mista, o nas).
In questo caso la diversa denominazione condiziona l'approccio terapeutico, che potrebbe magari essere farmacologico e migliorare una serie di parametri di fondo (impulsività, irritabilità, consapevolezza del problema).

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Vi ringrazio per le risposte; in effetti, per quanto, credetemi, doloroso sia stato per me, sono stata io a ventilare l'ipotesi di un TSO, ma mi hanno risposto che non si tratta di una strada percorribile.
Anche il suo neuropsichiatra mi ha suggerito di chiamare i CC la prossima volta in cui dovesse mettersi a sfasciare casa (letteralmente: pian piano ha demolito tutto il mobilio in accessi di rabbia incontrollabili) e a nascondere coltelli, ma mi ha anche avvertita che i CC possono avere la funzione di spaventarlo con la loro presenza e non altro, se al loro arrivo non sta aggredendo nessuno. Il fatto è che è abbastanza scaltro per deporre le armi e negare di essere il responsabile della distruzione del mobilio, in presenza delle forze dell'ordine.
Il punto è che da un lato sono quasi terrorizzata dall'ipotesi, che non mi appare più così remota, che possa arrivare a farsi o a fare del male, dall'altro vedo la mia famiglia, in cui ci sono anche due bambine più piccole, disgregarsi. Non so più come comportarmi.
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4k 202
Quando fra 4 mesi arriverà la maggiore età ci sarà un passaggio di consegne al SSM per adulti e passerà altro tempo.
I carabinieri sono abituati a gente che dice di non aver fatto quello che ha fatto, però la chiamata (una o più) crea un precedente e mette un po' di pressione anche sui servizi di salute mentale, perché non è scritto da nessuna parte che un minore non possa subire un Tso e se succede qualcosa sono i medici i responsabili dell'omissione.
Non esiste che dobbiate chiudervi a chiave per paura. A questo punto segnali la situazione anche ai servizi sociali per quanto riguarda il disagio delle bambine. Alla fine di tutto questo ambaradan probabilmente il ragazzo avrà compiuto i 18 anni, temo, ma per lo meno i servizi per adulti si dovranno attivare in fretta, perché purtroppo anche loro sono oberati da richieste urgenti. Lei agisce per il bene suo, della sua famiglia e anche di suo figlio, che non ha una vita decente e invece può essere curato.
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Utente
Utente
Ho segnalato più volte la situazione alle Assistenti Sociali e alla sua educatrice: ne sono ben consce. Tra l'altro la sua educatrice ogni tanto passa del tempo anche con una delle sorelle, che le verbalizza tutto il suo disagio, ma vedo che passano gli anni e nulla si muove.
Non voglio recriminare, solo fatico a capire Perché questa diagnosi non sia stata fatta 6 anni fa quando mi rivolsi ai servizi la prima volta, perché a mio avviso era palese già allora che di disturbo della personalità si trattasse. All'epoca avrei potuto fargli prendere le medicine e seguire una terapia psicologica, adesso non mi riconosce un ruolo genitoriale e in quanto genitore non ho più alcuna voce in capitolo: nella sua testa io sono il nemico, la persona che ha tramato nell'ombra per farlo stigmatizzare con una malattia psichiatrica di cui non riconosce di essere affetto, in accordi segreti con neuropsichiatra ed educatrice, pertanto non ascolta più nulla che venga dalla mia bocca.

Solo che se il neuropsichiatra aspetta la maggiore età e il passaggio delle consegne, e il servizio per adulti ancora non lo conosce e ci vorranno molti mesi prima che si rendano conto della gravità della situazione, io nel frattempo come lo gestisco?
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4k 202
Come le ho detto: richieste di intervento dei carabinieri, relazioni e richieste SCRITTE ai servizi, anche via mail, mettendo in conoscenza pure il Padreterno, tutt'al più penseranno che è una rompiscatole; che si rendano conto che intervenire è un problema, ma forse anche non fare niente può essere pericoloso per loro.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

Concordo. Il punto non è la diagnosi, anche con la diagnosi più grave non è automatico niente.

Comunicare ai servizi o alle autorità in qualche modo genere un problema. Il fatto di segnalare alla ASL una situazione non genera automaticamente un TSO, ma invece può produrre un accertamento sanitario obbligatorio.
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