Bipolarismo a rapida ciclicità
Gentili dottori, mi chiamo Giulia e ho 24 anni, sono una studentessa al sesto anno di Medicina.
Le mie "sventure" in ambito psichiatrico sono iniziate ormai circa un anno fa ed in questo periodo ne ho viste un po' di ogni tipo...
Ho avuto infatti 3 episodi depressivi maggiori, una fase ipomaniacale ed un episodio misto nell'arco di questo anno, che mi hanno portata a consultare due psichiatri diversi.
Tutto è iniziato gradualmente con un senso di indecisione, incapacità di fare delle scelte, che progressivamente mi ha fatta cadere nel primo episodio depressivo, durato circa un mese (verso ottobre 2015), e trasformatosi poi in una fase ipomaniacale successiva in cui si è incrementato il mio livello di attività, studiavo molto poco ma rendendo tantissimo, ero costantemente in movimento, risentivo però di una eccessiva attivazione, non riuscivo a dormire, a stare ferma, iniziavo mille nuovi progetti per poi interromperli puntualmente, ero molto distraibile, nervosa ed irritabile.
In seguito sono iniziate delle fortissime crisi di ansia che per una decina di giorni mi hanno impedito di svolgere le più banali attività quotidiane, compreso andare all'università o restare sola in casa, per cui ho deciso di chiedere aiuto.
Il primo psichiatra (a marzo) mi aveva diagnosticato una personalità ossessivo compulsiva e trattata con paroxetina 20 mg (q compressa al giorno) e frontal 0,25 mg (4 compresse al giorno), ma con benefici solo iniziali che poi si sono tradotti, dopo circa un mese/ un mese e mezzo, nell'insorgenza di una forte irritabilità, intolleranza alle persone a me vicine, scatti di ira, oltre a sbalzi di umore costanti e molto intensi, che mi facevano alternare fasi di disperazione totale (ma sempre agitata) a fasi di estrema iperattività con irritabilità annessa.
A metà luglio inizio a percepire nuovamente un progressivo calo dell'umore, che mi fa sprofondare in un ulteriore episodio depressivo, che ha il suo culmine ad inizio agosto.
L'8 agosto ho deciso di rivolgermi ad un altro specialista, che mi ha diagnosticato un disturbo bipolare a rapida ciclicità e variato la terapia prescrivendomi Entact gocce 20 gocce al giorno (ora ridotte a 15) e carbamazepina 200 mg, una compressa al giorno (ora aumentata ad una compressa e 1 quarto).
Dall'inizio della nuova terapia ho avuto un netto miglioramento, non sono più depressa, ho riacquistato le energie che sembravano svanite, ripreso buona parte delle mie attività, l'irritabilità e l'iperattività sono notevolmente ridotte e sono quasi tornata alla mia "normalità".
Dico "quasi' perché chiaramente ancora persistono dei lievi sintomi da sistemare e migliorare, ma complessivamente va molto meglio.
I miei dubbi riguardano la diagnosi fatta, in particolare mi chiedo in che misura questa influenzerà la mia vita futura, è una condizione con cui dovrò convivere per sempre o posso sperare di guarire?
Devo rassegnarmi all'idea che prima o poi starò di nuovo male, o si può raggiungere un equilibrio?
Le mie "sventure" in ambito psichiatrico sono iniziate ormai circa un anno fa ed in questo periodo ne ho viste un po' di ogni tipo...
Ho avuto infatti 3 episodi depressivi maggiori, una fase ipomaniacale ed un episodio misto nell'arco di questo anno, che mi hanno portata a consultare due psichiatri diversi.
Tutto è iniziato gradualmente con un senso di indecisione, incapacità di fare delle scelte, che progressivamente mi ha fatta cadere nel primo episodio depressivo, durato circa un mese (verso ottobre 2015), e trasformatosi poi in una fase ipomaniacale successiva in cui si è incrementato il mio livello di attività, studiavo molto poco ma rendendo tantissimo, ero costantemente in movimento, risentivo però di una eccessiva attivazione, non riuscivo a dormire, a stare ferma, iniziavo mille nuovi progetti per poi interromperli puntualmente, ero molto distraibile, nervosa ed irritabile.
In seguito sono iniziate delle fortissime crisi di ansia che per una decina di giorni mi hanno impedito di svolgere le più banali attività quotidiane, compreso andare all'università o restare sola in casa, per cui ho deciso di chiedere aiuto.
Il primo psichiatra (a marzo) mi aveva diagnosticato una personalità ossessivo compulsiva e trattata con paroxetina 20 mg (q compressa al giorno) e frontal 0,25 mg (4 compresse al giorno), ma con benefici solo iniziali che poi si sono tradotti, dopo circa un mese/ un mese e mezzo, nell'insorgenza di una forte irritabilità, intolleranza alle persone a me vicine, scatti di ira, oltre a sbalzi di umore costanti e molto intensi, che mi facevano alternare fasi di disperazione totale (ma sempre agitata) a fasi di estrema iperattività con irritabilità annessa.
A metà luglio inizio a percepire nuovamente un progressivo calo dell'umore, che mi fa sprofondare in un ulteriore episodio depressivo, che ha il suo culmine ad inizio agosto.
L'8 agosto ho deciso di rivolgermi ad un altro specialista, che mi ha diagnosticato un disturbo bipolare a rapida ciclicità e variato la terapia prescrivendomi Entact gocce 20 gocce al giorno (ora ridotte a 15) e carbamazepina 200 mg, una compressa al giorno (ora aumentata ad una compressa e 1 quarto).
Dall'inizio della nuova terapia ho avuto un netto miglioramento, non sono più depressa, ho riacquistato le energie che sembravano svanite, ripreso buona parte delle mie attività, l'irritabilità e l'iperattività sono notevolmente ridotte e sono quasi tornata alla mia "normalità".
Dico "quasi' perché chiaramente ancora persistono dei lievi sintomi da sistemare e migliorare, ma complessivamente va molto meglio.
I miei dubbi riguardano la diagnosi fatta, in particolare mi chiedo in che misura questa influenzerà la mia vita futura, è una condizione con cui dovrò convivere per sempre o posso sperare di guarire?
Devo rassegnarmi all'idea che prima o poi starò di nuovo male, o si può raggiungere un equilibrio?
[#1]
Gentile utente,
La cura l'ha riportata a un grado di benessere che Lei giudica buono, quindi perché mai la diagnosi dovrebbe influenzare negativamente la sua vita ? Se uno ha un problema e scopre che c'è anche uno strumento che funziona contro questo problema, direi che la prospettiva è positiva.
La cura l'ha riportata a un grado di benessere che Lei giudica buono, quindi perché mai la diagnosi dovrebbe influenzare negativamente la sua vita ? Se uno ha un problema e scopre che c'è anche uno strumento che funziona contro questo problema, direi che la prospettiva è positiva.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Utente
Grazie dottor Pacini per la rapida risposta.
Lei ha ragione nel dire questo, effettivamente sono miei timori che forse nascono dall'aver affrontato molte difficoltà e dall'essere quasi incredula di fronte ad una terapia che sembra star funzionando bene... è come se ormai mi sembrasse impossibile stare bene in modo stabile, e mi attendersi da un momento all'altro un nuovo crollo.
Stare nuovamente male è un molto timore perché non mi è facile accettare la diagnosi sapendo che si tratta di una patologia che spesso cronicizza, temo di dover lottare vita natural durante con possibili ricadute, ritrovarmi nuovamente in crisi e non riuscire a sostenere il mio futuro lavoro di medico, ad esempio, o di poter creare problemi alle persone che amo e che mi sono vicine...
Come posso prendere consapevolezza della mia patologia ed accettarla più serenamente?
Ha qualche metodo da consigliarmi?
Lei ha ragione nel dire questo, effettivamente sono miei timori che forse nascono dall'aver affrontato molte difficoltà e dall'essere quasi incredula di fronte ad una terapia che sembra star funzionando bene... è come se ormai mi sembrasse impossibile stare bene in modo stabile, e mi attendersi da un momento all'altro un nuovo crollo.
Stare nuovamente male è un molto timore perché non mi è facile accettare la diagnosi sapendo che si tratta di una patologia che spesso cronicizza, temo di dover lottare vita natural durante con possibili ricadute, ritrovarmi nuovamente in crisi e non riuscire a sostenere il mio futuro lavoro di medico, ad esempio, o di poter creare problemi alle persone che amo e che mi sono vicine...
Come posso prendere consapevolezza della mia patologia ed accettarla più serenamente?
Ha qualche metodo da consigliarmi?
[#3]
Gentile utente,
Questi sono tutti pensieri che vanno applicati alla costanza della cura e al coraggio che già ha nel seguirla. Più di così non può fare, dopo di che la guida tecnica spetta al medico.
Sul concetto di benessere stabile, non lo estremizzerei, perché a volte ci si immagina la risposta di un disturbo dell'umore come un costante stato di benessere, cosa che francamente non è riferito dalla media delle persone. Nel senso: un conto è l'assenza di interferenze maggiori, altro è pensare che si debba avere lo stesso umore, lo stesso grado di slancio, iniziativa e fiducia in ogni periodo della vita.
Questi sono tutti pensieri che vanno applicati alla costanza della cura e al coraggio che già ha nel seguirla. Più di così non può fare, dopo di che la guida tecnica spetta al medico.
Sul concetto di benessere stabile, non lo estremizzerei, perché a volte ci si immagina la risposta di un disturbo dell'umore come un costante stato di benessere, cosa che francamente non è riferito dalla media delle persone. Nel senso: un conto è l'assenza di interferenze maggiori, altro è pensare che si debba avere lo stesso umore, lo stesso grado di slancio, iniziativa e fiducia in ogni periodo della vita.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.9k visite dal 18/09/2016.
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