La triade schizofrenica
salve dottori. Non credo che il titolo degli altri consulti si addica a me, ne ho scritto tanti in base a quello che sentivo ma, ora che mi sento meglio, anche se, non so mai come mi sentirò il giorno dopo, credo che tutto faccia parte di una evoluzione, di una guarigione, e di una verità cui sto arrivando. Ho mandato a prendere un libro, la triade schizofrenica, perché, sulla base di ciò che analizzo e sento, la mia famiglia ne è un caso. Sono seguito da un analista e prendo un neurolettico da tre anni e mezzo ormai. Ho preso risperdal, invega, zyprexa e ora mi sono stabilizzato con il serenase, basso dosaggio, lo prendo mattina e sera. Più mezza compressa di akineton al mattino. Ho sempre avuto problemi da piccolo di socializzazione e inserimento sociale poi sui 18 comincio a stare male: alcuni lo hanno chiamano episodio psicotico, e in caso ne ho avuti più di uno in seguito a sospensione volontaria farmaco, l'analista parla di bouffée delirante. Io, che mi sono informato un po' sulla dissociazione, e sicuramente ho avuto sintomi dissociativi, ne soffro da quando ero piccolo. Per questo ipotizzo che è un problema di schizofrenia, anche se non mi è mai stata fatta questa diagnosi, che dipende dalla precarietà del rapporto tra i miei, insicuri, che cercano sempre conferme, si appoggiano uno all'altro e su di me, soprattutto, su cui confluisce tutta la situazione. Mi sembra a volte che i miei cercano conferme, una volta mio padre, e una volta mia madre, in me, non il contrario, cioè che io mi appoggio a loro. Basti pensare che, se non sostenermi economicamente e ascoltarmi quando mi sfogo, non si erano accorti che stavo male e senza il loro appoggio si può dire mi sono tirato su. Non che lo facciano apposta. Assolutamente. Sono arrivato a un punto della mia vita in cui devo trovare una soluzione definitiva al mio problema. Ora sono guarito, ma mi sembra che la situazione si ripeti daccapo, perché soffro di questa instabilità familiare. Cosa mi consigliate di fare? Devo trovare io una strada mia? E lasciar stare i miei? Potrebbe essere una terapia di mantenimento a vita? O la soluzione potrebbero essere delle sedute di psicoterapia familiare? grazie mille.
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Siamo felici che lei si senta meglio dopo averne passate tante e di tanti colori diversi. Ovviamente la cosa migliore da fare e cercare un proprio percorso nell'esistenza, ormai ha 26 anni, studia ancora? Lavora? o ha smesso? Riprenda allora lo studio il lavoro, cerchi nuove amicizie, nuove occasioni di vita, insomma.
Continui ovviamente a seguire il suo psichiatra per la terapia farmacologica e gli faccia leggere tutta la sequenza di problemi che ci scrive, se non riesce a parlargliene direttamente. Questo sarà meglio di ogni psicoterapia, che nel suo caso spesso è poco utile.
Continui ovviamente a seguire il suo psichiatra per la terapia farmacologica e gli faccia leggere tutta la sequenza di problemi che ci scrive, se non riesce a parlargliene direttamente. Questo sarà meglio di ogni psicoterapia, che nel suo caso spesso è poco utile.
Dr. Manlio Converti
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Utente
ho notato questa cosa, che mi ha sempre caratterizzato: quando voglio stringere amicizia con un ragazzo, o mio padre mi chiama e non lo posso fare (è capitato con il mio primo amichetto) o diventa "psicotico", comincia a fare tic, allora io mi bloccavo e non lo facevo più. Per interagire con un ragazzo, mi devo dissociare, come mi è successo. Come la spiegate voi questa cosa? Sarò forse gay? E psicotico allo stesso tempo? Faccio presente di nuovo che sono sicuro che mio padre abbia sofferto di psicosi in vari momenti della sua vita, ne sono testimone. Grazie mille per l'attezione
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Essere gay non è una malattia. Se a lei piacciono gli uomini o le donne o entrambi, l'importante è che lei riesca ad avere relazioni amicali oltre che sessuali, basate sul libero scambio.
La questione di suo padre, non possiamo risolverla noi in rete.
La questione di suo padre, non possiamo risolverla noi in rete.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.1k visite dal 16/02/2016.
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