Alcool, cibo e astinenza

Buongiorno,

soffro di disturbi alimentari da 18 anni (prima anoressia poi bulimia) con periodi di depressione.
mi sono fatta curare con più o meno tutte le terapie esistenti "in commercio" , vivendo periodi di alti e bassi, ma senza mai trovare una soluzione.

Attualmente sono seguita in psicoterapia, ma sentendo di avere bisogno di una guida più costante, durante una mia ricerca mi sono imbattuta nei gruppi di auto aiuto "anonimi".

Sulla stessa base e teoria dei 12 passi di "alcolisti anonimi" esiste anche "mangiatori compulsivi anonimi." che attualmente sto frequentando.

C'è però una cosa che si dice in questi gruppi che mi mette in profonda agitazione. Viene detto di astenersi completamente da quei cibi che causano la compulsione e che anche solo un morso ci farà ricadere inevitabilmente nelle abbuffate. (sappiate che la maggior parte delle persone che frequentano hanno un disturbo da alimentazione incontrollata, binge).
Questo è esattamente l'opposto di quello che ho imparato da sola e con l'aiuto dei terapeuti in questi anni di t. Ovvero non demonizzare alcun cibo, altrimenti se lo si demonizza scatta il senso di colpa e di conseguenza l'abbuffata o il vomito (come nel mio caso).
Da che parte sta la verità?

è chimicamente vero che un solo pezzo di un certo cibo può riportare il cervello ad un desiderio malato?

Seconda domanda.

Questo principio dell'astinenza totale lo capisco un po' meglio sull'alcool. Ma non so se adattarlo anche al mio caso.

Da circa tre anni durante le abbuffate assumo grandi quantità di alcool (circa 2 lt) che a volte vomito a volte no. In alcuni periodi ho bevuto anche a prescindere dal cibo.

Devo considerarmi un alcolista cronica?? ora non tocco nulla da una settimana e non ho nessun sintomo di astinenza. Le analisi prescritte dal mio medico sono perfette, non ho nessun problema.
Vale anche per me il DICTAT secondo cui non potrò toccare mai più nulla altrimenti ci ricasco, oppure arriverà il giorno in cui, stando psicologicamente meglio, potrò permettermi un sereno e "normale" aperitivo con gli amici?
Si può dopo un periodo di abuso, imparare a bere senza farsi del male?
Ho paura che seguendo rigidamente questi principi finirei per isolarmi e rinchiudermi in una specie di ghetto.

Qual è il vostro parere professionale in proposito?
Grazie.
[#1]
Dr. Mario Zampardi Psichiatra 120 3
Gentile Signorina,
quello che Lei presenta è, come penso ne sia già consapevole, un tipico quadro da "eating disorders" cioè disturbi dell'alimentazione, laddove condizioni all'apparenza tanto diverse (anoressia e l'estrema obesità) tendono, in atto, ad essere considerate unitariamente.
Infatti una stessa Paziente (come nel Suo caso) può presentare durante il decorso dei suddetti disturbi un alternarsi di periodi di magrezza per anoressia e di obesità bulimica.
Nelle due sopradette condizioni disfunzionali si verifica infatti una perdita o riduzione del piacere tratto dall'alimentazione.
Questo aspetto può sembrare ovviamente paradossale per l'obesa.
Ma, a ben riguardare, si scopre che nelle crisi bulimiche non si "gustano" davvero i dolci che vengono ingurgitati con una rapidità da record.
Non ultimo per importanza sintomatologica, sia l'anoressica che l'obesa, evidenziano solitamente un disinteresse per il piacere sessuale, cioè una anorgasmìa e una concomitante incapacità ad assumere una definita posizione nei rapporti interpersonali.
A mio giudizio, pertanto, non è questo o quel cibo più o meno appetitoso che può farla ricadere nella compulsione.
Il vero problema sta appunto nell'intraprendere una valida psicoterapia che le permetta di "scrutare" più a fondo sulla Sua struttura di personalità in rapporto (ad esempio) ai ruoli in famiglia o ad eventuali problemi di comunicazione.
Direi che la compusione al bere rientra sempre nell'ambito della compulsione alimentare.
Ma stia attenta.
Non credo Lei sia una alcoolista cronica. Ma rischia, con il bere, di cadere dalla padella nella brace.
Un augurio e un saluto

Dr. Mario Zampardi

[#2]
Attivo dal 2009 al 2017
Ex utente
La ringrazio Dottore,

La Sua risposta mi è estremamente di aiuto e chiarisce le idee. è una conferma di quello che io stessa penso.

Anche io infatti non credo sia a causa di alcuni cibi particolari che la compulsione entri in circolo. Ho un rapporto così odioso con il cibo che quelle rare volte che riesco a mangiarlo con gusto, mi sento sana, non malata. Non sono golosa, ma voglio farmi del male.
Mi chiedevo se "chimicamente" può essere effettivamente possibile diventare dipendenti da alcuni particolari alimenti come sostengono queste persone.

Io personalmente riconosco il meccanismo della compulsione più nel vomito che nel cibo. Se lo faccio un giorno, mi sento quasi automaticamente autorizzata a farlo il giorno successivo.

Starò attenta all'alcool.. per quanto mi sia possibile.
So che un minimo recupero non può prescindere dall'affrontare alcuni temi cruciali del mio passato e dal modificare alcuni miei pensieri disfunzionali.

Grazie ancora
[#3]
Dr. Mario Zampardi Psichiatra 120 3
Gentile Signorina,
l'eventuale dipendenza da alcuni alimenti non è affatto "chimica" bensì psicologica e/o psicodinamica.
Lei parla di "alcuni temi cruciali del suo passato".
Infatti è proprio da lì che deve ripartire. Spero proprio che abbia, in questa direzione, cominciato ad affrontarli con il Suo terapeuta.
Mi rendo conto. La strada è tutta in salita. Ma ne vale la pena. Quello che è in gioco è la scelta fra una ritornata normale condizione di vita o un'altra dominata dalle compusioni alimentari e da aspetti deficitari in altre sfere.
Non sia pessimista.. abbia fiducia e auguri
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