Depressione?
Buon pomeriggio dottori,
Scrivo in merito ad un problema che ormai mi trovo a vivere quotidianamente. Sono una ragazza di 26 anni, mi reputo ormai un'adulta, ma ho scelto un corso di studi universitario lungo, e dopo la magistrale sarebbe mia idea continuare con un master: questo mi costringerà a vivere ancora per un po' di tempo in casa con i miei genitori. Mia madre, però, non è una donna facile: è sempre stata parecchio ansiosa, apprensiva, nervosa e impulsiva, e più passa il tempo più queste sue caratteristiche si accentuano. In concomitanza con la sua menopausa (1 anno e mezzo fa) è caduta e si è rotta il femore costringendo i medici ad intervenire con una protesi all'anca (soffriva già di displasia diagnosticatale tardi). Da quel momento lamenta stanchezza ogni giorno ed è nervosa tutte le sere, manifestandolo con urla, minacce, punizioni a me e mio fratello (26 e 24 anni) che, dipendendo ancora da lei, non possiamo far altro che subire. Qualche volta è arrivata ad alzare le mani contro di me, in modo quasi simbolico, non riuscendo di fatto a procurarmi nemmeno un livido. In alcuni periodi, e gli ultimi giorni ne sono esempio, decide di non rivolgermi la parola tranne che per umiliarmi e insultarmi. Per quanto io possa essere forte e superiore, come mi consiglia mio padre, la situazione inizia a pesarmi non poco.
Quando capita di riuscire a confrontarsi con lei o con mio padre, le motivazioni che mi vengono fornite sono che la sua è stata una vita difficile: ha trascorso molti anni in collegio poiché i suoi genitori non potevano (o non volevano) badare a lei e poi ha perso un figlio. Infatti mio fratello maggiore è venuto a mancare all'età di un anno e mezzo a causa di un tumore cerebrale che aveva dalla nascita, contratto secondo i medici a causa delle radiazioni della centrale di Chernobyl. Io sono il “figlio di sostituzione”, quello cercato per colmare il vuoto, vuoto che naturalmente non ho saputo riempire. Forse è per questo che mia madre prova del risentimento nei miei confronti, sentimento che, unito al suo carattere difficile, sfocia in insulti, umiliazioni e punizioni dalle quali sono ancora impossibilitata a scampare. Ma esiste una soluzione? Se le si accenna ad un problema psicologico e alla possibilità di parlare con un esperto, reagisce arrabbiandosi ancora di più e sostenendo che il problema non è suo ma siamo noi che la carichiamo di lavoro (è casalinga e si occupa delle faccende domestiche). Come potrei comportarmi io?
Attendo Vostri consigli.
Scrivo in merito ad un problema che ormai mi trovo a vivere quotidianamente. Sono una ragazza di 26 anni, mi reputo ormai un'adulta, ma ho scelto un corso di studi universitario lungo, e dopo la magistrale sarebbe mia idea continuare con un master: questo mi costringerà a vivere ancora per un po' di tempo in casa con i miei genitori. Mia madre, però, non è una donna facile: è sempre stata parecchio ansiosa, apprensiva, nervosa e impulsiva, e più passa il tempo più queste sue caratteristiche si accentuano. In concomitanza con la sua menopausa (1 anno e mezzo fa) è caduta e si è rotta il femore costringendo i medici ad intervenire con una protesi all'anca (soffriva già di displasia diagnosticatale tardi). Da quel momento lamenta stanchezza ogni giorno ed è nervosa tutte le sere, manifestandolo con urla, minacce, punizioni a me e mio fratello (26 e 24 anni) che, dipendendo ancora da lei, non possiamo far altro che subire. Qualche volta è arrivata ad alzare le mani contro di me, in modo quasi simbolico, non riuscendo di fatto a procurarmi nemmeno un livido. In alcuni periodi, e gli ultimi giorni ne sono esempio, decide di non rivolgermi la parola tranne che per umiliarmi e insultarmi. Per quanto io possa essere forte e superiore, come mi consiglia mio padre, la situazione inizia a pesarmi non poco.
Quando capita di riuscire a confrontarsi con lei o con mio padre, le motivazioni che mi vengono fornite sono che la sua è stata una vita difficile: ha trascorso molti anni in collegio poiché i suoi genitori non potevano (o non volevano) badare a lei e poi ha perso un figlio. Infatti mio fratello maggiore è venuto a mancare all'età di un anno e mezzo a causa di un tumore cerebrale che aveva dalla nascita, contratto secondo i medici a causa delle radiazioni della centrale di Chernobyl. Io sono il “figlio di sostituzione”, quello cercato per colmare il vuoto, vuoto che naturalmente non ho saputo riempire. Forse è per questo che mia madre prova del risentimento nei miei confronti, sentimento che, unito al suo carattere difficile, sfocia in insulti, umiliazioni e punizioni dalle quali sono ancora impossibilitata a scampare. Ma esiste una soluzione? Se le si accenna ad un problema psicologico e alla possibilità di parlare con un esperto, reagisce arrabbiandosi ancora di più e sostenendo che il problema non è suo ma siamo noi che la carichiamo di lavoro (è casalinga e si occupa delle faccende domestiche). Come potrei comportarmi io?
Attendo Vostri consigli.
[#1]
Sua madre è fatta inizia questo modo è non vedo il motivo di "psichiatrizzare" o "psicologizzare" la situazione. Ognuno ha i propri momenti e le proprie difficoltà ma non per eluderò tutti devono farsi visitare.
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#2]
Utente
Sì certo è vero, ma la libertà di essere come si è termina quando questa preclude le libertà degli altri. Nascondermi le chiavi dell'auto, minacciarmi di non finanziare più i miei studi o tutte le altre mie esigenze solo perchè io sono figlia e lei madre, non lo ritengo opportuno a 26 anni; come provare a picchiarmi, poichè anche solo il gesto è medium di comunicazione. E cosa si comunica? Quali sono le conseguenze? Quando in famiglia regna l'ansia e le persone nemmeno più si parlano, forse la psicologia, forse l'aiutare qualcuno a riflettere può salvare un rapporto che dovrebbe durare per sempre e che sempre più spesso, in questa società, si spezza troppo presto.
[#4]
Utente
Quindi se un problema è minore tanto da non sfociare in una patologia bisogna continuare a sopportarlo con il rischio di rovinare i rapporti familiari o, chi può mai saperlo, aspettare che peggiori fino a diventare davvero un problema di salute? Nei miei anni di studi ho affrontato diversi corsi universitari a tema psicologico e pensavo di aver compreso che la mente umana è complessa e che i problemi che la riguardano solo similmente complicati, tanto che la linea che divide salute da malattia sia molto sottile. Ho sempre creduto che, se una situazione porta qualcuno a sentirsi male nelle relazioni con le persone e con se stesso, e per diverso tempo, tale situazione non debba essere trascurata.
[#6]
Utente
Quindi la soluzione è che io continui a fare il conto alla rovescia dei giorni che mi dividono dalla laurea non vedendo l'ora di essere indipendente e andarmene da questa casa? Con la conseguenza probabile di, per tutta la vita, mantenere un rapporto negativo con i miei genitori e con il mio passato?
Dal 1948 la definizione di "salute" secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità è: "Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia". La medicina non serve solo a curare una patologia, ma a prevenirne l'insorgenza.
Dal 1948 la definizione di "salute" secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità è: "Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia". La medicina non serve solo a curare una patologia, ma a prevenirne l'insorgenza.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 1.9k visite dal 18/07/2015.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Menopausa
Cos'è la menopausa? A quale età arriva e come capire se è arrivata: i sintomi e i consigli per affrontare questa fase della vita della donna.