Scalare gradualmente alprazig
[#1]
Buonasera,
è opportuno ricordare che le benzodiazepine (come l'alprazolam) sono ottimi farmaci in acuto, ma non altrettanto in cronico. In genere, si consiglia di assumere benzodiazepine per un periodo non superiore ai 90 giorni consecutivi per evitare lo sviluppo di tolleranza e sintomatologia astinenziale (cioè per evitare di dover aumentare la dose per avere ancora l'efficacia anti-ansia e per non incorrere in sintomi d'astinenza al momento dell'interruzione). Detto ciò, assumendo alprazig da meno di 90 giorni suggerirei un lento decalage (ridurre 2-3 gocce ogni 5-6 giorni).
Qualora tuttavia, ricomparisse una sintomatologia ansiosa sarebbe opportuno approfondire l'origine di tale patologia. Ad es, se la causa dell'ansia è un disturbo da attacchi da panico la terapia più corretta da impostare è a base di antidepressivi serotoninergici (es. paroxetina) e non di benzodiazepine.
Cordialità,
è opportuno ricordare che le benzodiazepine (come l'alprazolam) sono ottimi farmaci in acuto, ma non altrettanto in cronico. In genere, si consiglia di assumere benzodiazepine per un periodo non superiore ai 90 giorni consecutivi per evitare lo sviluppo di tolleranza e sintomatologia astinenziale (cioè per evitare di dover aumentare la dose per avere ancora l'efficacia anti-ansia e per non incorrere in sintomi d'astinenza al momento dell'interruzione). Detto ciò, assumendo alprazig da meno di 90 giorni suggerirei un lento decalage (ridurre 2-3 gocce ogni 5-6 giorni).
Qualora tuttavia, ricomparisse una sintomatologia ansiosa sarebbe opportuno approfondire l'origine di tale patologia. Ad es, se la causa dell'ansia è un disturbo da attacchi da panico la terapia più corretta da impostare è a base di antidepressivi serotoninergici (es. paroxetina) e non di benzodiazepine.
Cordialità,
Dr. Angelo GI Maremmani
angelogimaremmani@gmail.com
[#2]
Utente
Grazie per la puntualità della risposta, gent.mo dottdott. Maremmani attualmente vengo seguita da una psicoterapeuta con la quale abbiamo concordato un percorso di psicoterapia abbinato all'uso dell'alprazig. Ho avuto un episodio di attacco di panico due mesi fa, dopo un primo forte attacco 22 anni fa dopo la morte di mio padre. In quel periodo feci una cura con xanax e Laroxyl che poi sospesi senza però aver mai datto una vera e propria psicoterapia. Col passare degli anni ho iniziato ad avere paura di spostarmi anche in luoghi vicini e se dovevo farlo non le dico con che difficoltà. Però pian piano mi sono fatta coraggio da sola, affrontando anche momenti di ansia più forte che ciclicamente mi assalivano. A tutt'oggi con la psicoterapia sto affrontando il problema alla radice e se possibile senza l'uso di antidepressivi. Possibile che si debba necessariamente ricorrere a questi? Grazie ancora.
[#4]
Salve,
da un punto di vista neurobiologico il nostro cervello comunica tramite impulsi elettrici e ormoni. Tra i vari neuro-ormoni presenti, la serotonina è quello che più di tutti è coinvolto nei disturbi d'ansia. L'attacco di panico è una situazione di estrema paura, improvvisa e incontrollabile che si autolimita nel tempo. Avere un attacco di panico, tuttavia, non è sinonimo di avere un disturbo. Il disturbo si sviluppa quando iniziano a comparire dei cambiamenti comportamentali a seguito degli attacchi: la paura di sentirsi improvvisamente male in luoghi non familiari o troppo affollati ed evitare i luoghi chiusi (agorafobia e claustrofobia) oppure lo sviluppo di eccessive preoccupazioni legate al proprio stato di salute (ipocondria). Frequente è inoltre la presenza di un'eccessiva sensibilità ai farmaci che conduce ad una vera e propria farmacofobia, con conseguente difficoltà nell'assumere le terapie.
Questo disturbo d'ansia deriva da un disequilibrio dei livelli di serotonina a livello encefalico. Inibitori del reuptake della setotonina o antidepressivi triciclici (come l'amitriptilina che ha assunto in passato) portano a un progressivo ribilanciamento di questi sistemi neuro-ormonali.
Si tratta di disturbi che, trattati farmacologicamente, mostrano una buona prognosi. La mancanza di un trattamento efficace, invece, comporta una progressione del disturbo che in genere tende ad evolvere con una riduzione degli attacchi acuti e la progressiva comparsa di limitazioni funzionali (agorafobia, ipocondria).
Saluti,
da un punto di vista neurobiologico il nostro cervello comunica tramite impulsi elettrici e ormoni. Tra i vari neuro-ormoni presenti, la serotonina è quello che più di tutti è coinvolto nei disturbi d'ansia. L'attacco di panico è una situazione di estrema paura, improvvisa e incontrollabile che si autolimita nel tempo. Avere un attacco di panico, tuttavia, non è sinonimo di avere un disturbo. Il disturbo si sviluppa quando iniziano a comparire dei cambiamenti comportamentali a seguito degli attacchi: la paura di sentirsi improvvisamente male in luoghi non familiari o troppo affollati ed evitare i luoghi chiusi (agorafobia e claustrofobia) oppure lo sviluppo di eccessive preoccupazioni legate al proprio stato di salute (ipocondria). Frequente è inoltre la presenza di un'eccessiva sensibilità ai farmaci che conduce ad una vera e propria farmacofobia, con conseguente difficoltà nell'assumere le terapie.
Questo disturbo d'ansia deriva da un disequilibrio dei livelli di serotonina a livello encefalico. Inibitori del reuptake della setotonina o antidepressivi triciclici (come l'amitriptilina che ha assunto in passato) portano a un progressivo ribilanciamento di questi sistemi neuro-ormonali.
Si tratta di disturbi che, trattati farmacologicamente, mostrano una buona prognosi. La mancanza di un trattamento efficace, invece, comporta una progressione del disturbo che in genere tende ad evolvere con una riduzione degli attacchi acuti e la progressiva comparsa di limitazioni funzionali (agorafobia, ipocondria).
Saluti,
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 7.4k visite dal 05/07/2015.
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