Ossessioni attacchi di panico scalaggio terapia
salve mi chiamo francesco ed ho 31 anni vi scrissi 5 anni fa per un problema di attacchi di panico e derealizzazione,tengo a precisare che da 10 anni prendo una pasticca 20 mg di eutimil e 6 gtc al mattino e 6 gtc alla sera di lexotan.senza che nessuno mi disse che le benzodiazepine possono dare dipendenza.da 4 mesi ad oggi seguo una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale a causa della mia voglia di uscirne del tutto perchè ancora mi sento non completamente 'bene'anche perchè da questo punto di vista non so davvero più cosa significhi star bene visto che ormai da 10 anni che mi curo.nonostante non abbia più avuto attacchi di panico da allora mi sono rimaste molte paure tipo non poter fare un viaggio.e ancora alle volte mi continuano ad insorgere pensieri di poter far del male a qualcuno o per meglio dire vedo queste paure come se fossero proiettate al di fuori di me,e poi ci sono i ritornelli di qualsiasi tipo a cominciare da una canzone sino ad arrivare a cose che mi vergogno persino di scrivere.ora il problema di adesso è questo,per incitamento da parte della mia ragazza ho deciso di andare dallo psichiatra che mi segue e chiesto di poter sospendere la terapia,a quel punto lui stesso mi dice si è ora di smettere i farmaci e mi dice di passare da 20 mg a 10 mg al dì di eutimil e dopo 15 gg di toglierlo del tutto,a sospensione durante la notte mi viene un forte attacco di panico e da li cominciano delle sensazioni assai brutte ,formicolio alle estremità senso fortissimo di scosse elettriche e forte senso diderealizzazione allora gli spiego i sintomi e la sua risposta è "non è possibile perchè non danno nessun tipo di sintomo alla sospensione"e mi dice di aumentare il lexotan fino a 10 gtc 2 volte al dì.cerco di tirare avanti ancora ma al 5°giorno non ne posso proprio più e riprendo l eutimil 20 mg,e quei sintomi di scossa e formicolii se ne vanno.a quel punto mi reco da un altro psichiatra che mi dice di aumentare il lexotan 3 volte al dì dalle 15 alle 20 gtc e mi prescrive 40 gtc di dopraxin perhè dice che siano più facili da scalare.ora sono 9 giorni che seguo questa terapia e solo oggi comincio a sentirmi un pà meno confuso.però mi sento ancora come se non vivessi appieno la realtà e ciò mi spaventa da morire.allora vi chiedo quanto tempo ci vorrà perchè possa ritornare ad una pseudo vita come prima,poi vorrei sapere che differenza c'è tra dropaxin e eutimil a parte che uno è in gocce e l'altro in pasticche,questa mia paura verso i farmaci è scaturita dal fatto che mio fratello all età di 26 anni è morto all'interno di un reparto psichiatrico legato al letto con una dose massiccia di tranquillanti.poi vorrei sapere se questi sensi di derealizzazione sono pericolosi e se questi così fastidiosi ritornelli possano un giorno scomparire.chiedo cortyesemente aiuto a chiunque di voi mi possa rispondere.grazie anticipatamente per il vostro aiuto.
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Gentile utente, rispondo con ordine ai suoi quesiti:
La paroxetina (eutimil o dropaxin) è purtoppo un antidepressivo di provata efficacia, ma che alla sospensione provoca alcuni disturbi. Essi sono tali da configurare, in alcuni casi, una vera e propria sindrome da sospensione. Tali caratteristiche del farmaco, erano state misconosciute dal produttore, tanto che in America attualmente la casa farmaceutica produttrice è attualmente oggetto di cause risarcitorie da parte dei pazienti. Attualmente è consigliabile, per ridurre quanto possibile i disturbi legati alla sospensione del farmaco, una sospensione il più graduale possibile della sua sospensione. In quest'ottica il passaggio ad una formulazione in gocce può rappresentare un vantaggio.
Vale a dire, cioé che eutimil e dropaxin sono sostanzialmente farmaci equivalenti, avendo come base il medesimo principio attivo (paroxetina cloridrato).
Ulteriore fatto è che a tutti gli antidepressivi serotoninergici (e non solo a loro) è stato riconosciuto un certo effetto di dipendenza, generalmente risolvibile tramite una sospensione graduale del farmaco, una volta raggiunta la fine della terapia.
I sintomi da Lei riferiti sono compatibili con la sindrome di sospensione del farmaco. La sensazione di derealizzazione potrebbe essere anche stata indotta dalla forte condizione d'ansia suscitata dalla comparsa dei sintomi, comunque è opportuno che ne parli (sempre che non l'abbia già fatto) con il suo medico di fiducia.
Per quanto riguarda i pensieri intrusivi (i ritornelli), sintomi simili sono tipici delle manifestazioni ossessive. Questo tipo di sintomi sia per la loro trasversalità (sono presenti in varie patologie), sia per la loro efficacia (svolgono anche una funzione di difesa) non sono facili da eradicare, sono tuttavia curabili; ovvero riducibili tramite opportune strategie terapeutiche (in molti casi) a livelli compatibili con una migliore qualità di vita.
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
La paroxetina (eutimil o dropaxin) è purtoppo un antidepressivo di provata efficacia, ma che alla sospensione provoca alcuni disturbi. Essi sono tali da configurare, in alcuni casi, una vera e propria sindrome da sospensione. Tali caratteristiche del farmaco, erano state misconosciute dal produttore, tanto che in America attualmente la casa farmaceutica produttrice è attualmente oggetto di cause risarcitorie da parte dei pazienti. Attualmente è consigliabile, per ridurre quanto possibile i disturbi legati alla sospensione del farmaco, una sospensione il più graduale possibile della sua sospensione. In quest'ottica il passaggio ad una formulazione in gocce può rappresentare un vantaggio.
Vale a dire, cioé che eutimil e dropaxin sono sostanzialmente farmaci equivalenti, avendo come base il medesimo principio attivo (paroxetina cloridrato).
Ulteriore fatto è che a tutti gli antidepressivi serotoninergici (e non solo a loro) è stato riconosciuto un certo effetto di dipendenza, generalmente risolvibile tramite una sospensione graduale del farmaco, una volta raggiunta la fine della terapia.
I sintomi da Lei riferiti sono compatibili con la sindrome di sospensione del farmaco. La sensazione di derealizzazione potrebbe essere anche stata indotta dalla forte condizione d'ansia suscitata dalla comparsa dei sintomi, comunque è opportuno che ne parli (sempre che non l'abbia già fatto) con il suo medico di fiducia.
Per quanto riguarda i pensieri intrusivi (i ritornelli), sintomi simili sono tipici delle manifestazioni ossessive. Questo tipo di sintomi sia per la loro trasversalità (sono presenti in varie patologie), sia per la loro efficacia (svolgono anche una funzione di difesa) non sono facili da eradicare, sono tuttavia curabili; ovvero riducibili tramite opportune strategie terapeutiche (in molti casi) a livelli compatibili con una migliore qualità di vita.
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
Dott. Gabriele Tonelli
Psicoterapeuta,Master in Psicopatologia e Scienze Forensi,Segr.Redazione PsychiatryOnline It,Medico di Categoria. C.T.U.
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Utente
grazie per la sua risposta dottor Tonelli .però ancora non riesco a capire più o meno quanto tempo ci voglia per poter riprendere una"pseudovita come prima"visto che ormai sono 10 giorni che riprendo eutimil.e poi riguardo alle ossessioni mi devo rassegnare a conviverci più o meno gravemente per il resto dei miei giorni.non è affatto confortante questo!poi questi sintomi di derealizzazione possono portare a qualche tipo di psicosi?la ringrazio di nuovo.ah su eutimil c'è scritto paroxetina (cloridrato emidrato )invece su dropaxin c'è scritto solo paroxetina (cloridrato).
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La differenza tra il farmaco originale e il suo generico (eutimil vs. dropaxin) fino a qualche tempo fa veniva riferita in una minore efficacia del secondo rispetto alla prima. Ciò sulla base della diversa struttura stechiometrica della molecola, che presumo si possa riassumere nella assenza nel dropaxin del termine emidrato. Dato però che non ho mai avuto modo di verificare l'esattezza di questo dato e che esso mi è stato riferito solo dagli informatori farmaceutici della molecola originale, non mi sono sentito di accreditarlo così come postulato; ma di fatto ho sempre utilizzato la molecola originale, dato che non sussitevano differenze di prezzo a sfavore dei miei pazienti.
Supponendo che effettivamente nella sostituzione del farmaco Lei abbia "subito" una riduzione della sua efficacia teoricamente dovrebbero passare i canonici 15, 21 giorni per cominciare a notare i primi effetti.
C'è però da dire che lei medesimo aveva già notato un calo della efficacia delle paroxetina ed aveva quindi deciso di sospenderla, a questo punto non capisco perché abbia ricominciato ad assumerla; sempre, ovvio, che io non abbia compreso male.
Per quanto riguarda la permanenza dei sintomi ossessivi, nessuno ha detto che Lei se li dovrà tenere tutta la vita, di sicuro io non possiedo capacità divinatorie e se le avessi me ne starei ben zitto, visto la fine che fanno prima o poi tutti i profeti..
Quello che intendevo dire, e mi scuso se non sono riuscito a spiegarmi bene, è che i sintomi ossessivi sono una sintomatologia di tipo trasversale, ovvero possono essere associati a varie manifestazioni di disagio psichico, ciò rende molto complessa la loro storia e non appare possibile formulare ipotesi diagnostiche su aspetti così complessi solo via internet, perché vengono a mancare moltissime informazioni che sono fondamentali per potere formulare una prognosi in merito.
I sintomi di derealizzazione non portano da nessuna parte; nel senso che sono sintomi che possono presentarsi (anche questi) in varie configurazioni che vanno dalle sindromi ansiose, ai disturbi depressivi ed anche agli stadi prepsicotici. Di per sè però non sono assolutamente indicativi della sussistenza di una psicosi.
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
Supponendo che effettivamente nella sostituzione del farmaco Lei abbia "subito" una riduzione della sua efficacia teoricamente dovrebbero passare i canonici 15, 21 giorni per cominciare a notare i primi effetti.
C'è però da dire che lei medesimo aveva già notato un calo della efficacia delle paroxetina ed aveva quindi deciso di sospenderla, a questo punto non capisco perché abbia ricominciato ad assumerla; sempre, ovvio, che io non abbia compreso male.
Per quanto riguarda la permanenza dei sintomi ossessivi, nessuno ha detto che Lei se li dovrà tenere tutta la vita, di sicuro io non possiedo capacità divinatorie e se le avessi me ne starei ben zitto, visto la fine che fanno prima o poi tutti i profeti..
Quello che intendevo dire, e mi scuso se non sono riuscito a spiegarmi bene, è che i sintomi ossessivi sono una sintomatologia di tipo trasversale, ovvero possono essere associati a varie manifestazioni di disagio psichico, ciò rende molto complessa la loro storia e non appare possibile formulare ipotesi diagnostiche su aspetti così complessi solo via internet, perché vengono a mancare moltissime informazioni che sono fondamentali per potere formulare una prognosi in merito.
I sintomi di derealizzazione non portano da nessuna parte; nel senso che sono sintomi che possono presentarsi (anche questi) in varie configurazioni che vanno dalle sindromi ansiose, ai disturbi depressivi ed anche agli stadi prepsicotici. Di per sè però non sono assolutamente indicativi della sussistenza di una psicosi.
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
[#4]
Utente
il fatto è che però io ancora prendo eutimil per la paura di passare ad un altro farmaco quale il dropaxin.ho cominciato a riprenderla perchè i sintomi da sospensione erano per me intolleranti.comunque credo che dovrò sempre aspettare i fatidici 15/21 giorni o sbaglio?grazie infinite per il suo tempo dedicatomi.francesco
[#5]
Gentile utente,
mi sembra che la sua preoccupazione fondamentale sia quella di sospendere la cura. Non ha senso. Lei ha chiesto al suo psichiatra perché la sta continuando a prendere ? Non si sarà certo scordato di dirle che la seve sospendere, è che le cure in genere durano a lungo.
Si concentri invece su un altro aspetto: la cura funziona a metà, perché una parte del problema c'è ancora. Presumibilmente se sospende la cura in corso peggiora e ritorna eventualmene la parte che con la cua è sotto controllo (il panico).
Non esiste difficoltà nello scalare i farmaci poco a poco. Quando le persone si "fissano" sul modo più dolce di scalare le cure perché sembrano no riuscirvi, vuol dire che il disturbo sottostante è vivo, e che i sintomi ancora presenti peggiorano quando la copertura terapeutica viene meno. Altrimenti è intuitivo che andando molto lentamente gli scalaggi sono tollerabili, ma chi scala le terapie per una reazione di rifiuto verso le stesse ha in genere una urgenza ingiustificata di essere "senza medicine".
Dopodiché una volta senza medicine e con il disturbo di prima che cosa ha ottenuto ?
Anche l'affermazione "seguo una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale a causa della mia voglia di uscirne del tutto" è indice di questa illusione, ovvero che la psicoterapia serva per risolvere il problema e smettere le medicine. Ma non è così spero che le abbia spiegato anche lo psicoterapeuta che in un disturbo come il suo in cui vi sono ossessioni l'utilità delle cure è innanzitutto la risoluzione del disagio, mantenendo le terapie, quali esse siano, nel tempo.
mi sembra che la sua preoccupazione fondamentale sia quella di sospendere la cura. Non ha senso. Lei ha chiesto al suo psichiatra perché la sta continuando a prendere ? Non si sarà certo scordato di dirle che la seve sospendere, è che le cure in genere durano a lungo.
Si concentri invece su un altro aspetto: la cura funziona a metà, perché una parte del problema c'è ancora. Presumibilmente se sospende la cura in corso peggiora e ritorna eventualmene la parte che con la cua è sotto controllo (il panico).
Non esiste difficoltà nello scalare i farmaci poco a poco. Quando le persone si "fissano" sul modo più dolce di scalare le cure perché sembrano no riuscirvi, vuol dire che il disturbo sottostante è vivo, e che i sintomi ancora presenti peggiorano quando la copertura terapeutica viene meno. Altrimenti è intuitivo che andando molto lentamente gli scalaggi sono tollerabili, ma chi scala le terapie per una reazione di rifiuto verso le stesse ha in genere una urgenza ingiustificata di essere "senza medicine".
Dopodiché una volta senza medicine e con il disturbo di prima che cosa ha ottenuto ?
Anche l'affermazione "seguo una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale a causa della mia voglia di uscirne del tutto" è indice di questa illusione, ovvero che la psicoterapia serva per risolvere il problema e smettere le medicine. Ma non è così spero che le abbia spiegato anche lo psicoterapeuta che in un disturbo come il suo in cui vi sono ossessioni l'utilità delle cure è innanzitutto la risoluzione del disagio, mantenendo le terapie, quali esse siano, nel tempo.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
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Utente
grazie anche a lei dottor pacini.certo che una prospettiva di prendere medicine vita natural durante credo non piaccia a nessuno di noi.però se questo può garantirmi una vita più o meno serena allora credo non ci sia altro modo,all infuori che se non riuscirò a togliere le medicine perderò anche la mia ragazza inquanto non sopporta l'idea che io debba dipendere da uno psicofarmaco.
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Guardi se fosse lo psicofarmaco (o farmaco che sia) a fare sì che Lei possa andare avanti allora nessuno morirebbe più di AIDS o di tumore o di altro. Purtroppo non esiste un farmaco che possa fare altro che agire da coadiuvante in un processo messo comunque in moto dall'organismo di chi lo assume. Per cui rassicuri la Sua ragazza che Lei non dipende dal farmaco, quello che fa il farmaco è dare una mano al suo organismo, che evidentemente in questo momento è troppo affaticato per riuscire a reagire da solo. Che poi il bersaglio del farmaco sia il cervello, invece che i polmoni o il fegato o altro non fa poi una grande differenza; soprattutto dato che l'organismo è un tutto unico, e il cervello (o mente che sia) fa comunque parte di questo tutto.
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
Cordiali saluti
Gabriele Tonelli
[#8]
La dipendenza da psicofarmaci non è relativa alle persone, ma alle malattie. L'atteggiamento di familiari o amici o conoscenti può essere controproducente: una persona che si cura per un disturbo dimostra coerenza e responsabilità, anche nei confronti degli altri che poi sono i primi a lamentarsi del peggioramento delle cose quando le terapie sospese lasciano di nuovo il posto alla malattia.
Cercare di convincere i propri cari a dipendere alle loro malattie piuttosto che non dalle medicine che danno loro benessere non mi sembra un atteggiamento che un medico può condividere.
Se le chiedesse di far ripartire la macchina senza fare il pieno di benzina perché i veri uomini non hanno bisogno della benzina non troverebbe la cosa irragionevole ? Beh, spesso ai malati (psichiatrici) viene chiesto questo, di farcela con la volontà, che funziona molto bene quando non deve fare i conti con le malattie, alle quali della volontà poco importa.
Questo discorso del prendere le medicine "vita natural-durante" sembra che dipenda da una scelta sua. Si ricordi che le malattie lasciano ben poca scelta su cosa richiedono per essere neutralizzate.
Oggi alcune malattie si devono curare vita natural-durante, altre a lungo, altre solo per poco,altre al bisogno.
E poi chi ha parlato di cura a vita ? Non saprei darle un responso così preciso, so solo che le migliori terapie sono quelle durate a lungo per questo tipo di disturbi.
Cercare di convincere i propri cari a dipendere alle loro malattie piuttosto che non dalle medicine che danno loro benessere non mi sembra un atteggiamento che un medico può condividere.
Se le chiedesse di far ripartire la macchina senza fare il pieno di benzina perché i veri uomini non hanno bisogno della benzina non troverebbe la cosa irragionevole ? Beh, spesso ai malati (psichiatrici) viene chiesto questo, di farcela con la volontà, che funziona molto bene quando non deve fare i conti con le malattie, alle quali della volontà poco importa.
Questo discorso del prendere le medicine "vita natural-durante" sembra che dipenda da una scelta sua. Si ricordi che le malattie lasciano ben poca scelta su cosa richiedono per essere neutralizzate.
Oggi alcune malattie si devono curare vita natural-durante, altre a lungo, altre solo per poco,altre al bisogno.
E poi chi ha parlato di cura a vita ? Non saprei darle un responso così preciso, so solo che le migliori terapie sono quelle durate a lungo per questo tipo di disturbi.
[#10]
Le cose hanno indicazioni precise. La psicoter. c/c è una forma di intervento che, come quello farmacologico, ottiene i migliori effetti se associato all'altro.
Temo (mi corregga se sbaglio) che in qualche modo cerchi ogni via per evitare di proseguire la cura, che se mai andrebbe migliorata e integrata (per esempio con la psicoter. c/c).
In nessun caso la psicoterapia serve per eliminare l'altra componente della cura. Sono sinergiche, lavorano insieme. Non è che una terapia ha lo scopo di eliminare l'altra, altrimenti che senso avrebbe farle fare una cura farmacologica per poi dirle che è meglio fare una psicoterapia per eliminare la cura farmacologica ?
Lei non sta seguendo terapie che mi sembrano male impostate, ma possono essere migliorate. Ne parli con il suo specialista di fiducia. Se fa pressioni sullo specialista per togliere la cura rischia alla fine di ottenere una specie di "autorizzazione" a farlo che non è condivisa.
Non ha molto senso scegliere di curare il proprio male usando come criterio il fatto che un altro sia favorevole o contrario. L'unica persona da cui si accetta un parere in merito deve essere il sanitario.
Temo (mi corregga se sbaglio) che in qualche modo cerchi ogni via per evitare di proseguire la cura, che se mai andrebbe migliorata e integrata (per esempio con la psicoter. c/c).
In nessun caso la psicoterapia serve per eliminare l'altra componente della cura. Sono sinergiche, lavorano insieme. Non è che una terapia ha lo scopo di eliminare l'altra, altrimenti che senso avrebbe farle fare una cura farmacologica per poi dirle che è meglio fare una psicoterapia per eliminare la cura farmacologica ?
Lei non sta seguendo terapie che mi sembrano male impostate, ma possono essere migliorate. Ne parli con il suo specialista di fiducia. Se fa pressioni sullo specialista per togliere la cura rischia alla fine di ottenere una specie di "autorizzazione" a farlo che non è condivisa.
Non ha molto senso scegliere di curare il proprio male usando come criterio il fatto che un altro sia favorevole o contrario. L'unica persona da cui si accetta un parere in merito deve essere il sanitario.
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Purtroppo sa che in questa sede non è possibile dare indicazioni terapeutiche. Per le urgenze esisotno i pronto soccorso, oppure nel frattempo il suo psichiatra potrà darle qualcosa di temporaneo in attesa di vederla ancora, visto che già la conosce. Di più non mi pare si possa fare.
Questo consulto ha ricevuto 15 risposte e 19.1k visite dal 18/08/2008.
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