Una pillola può cambiare la vita?

Gentili Dottori,
sono una psicologa e mi sono indirizzata verso questo lavoro proprio a causa di un profondo disagio interiore di cui, con anni di terapia, ho compreso le motivazioni, ed ho, in parte, imparato a gestire. Amo molto la mia professione e sono soddisfatta di aver aiutato, nella mia vita, tanti pazienti a chiarirsi a se stessi e ritrovare serenità. Purtroppo, però , i miei sintomi, consistenti in una intensa ansia generalizzata su sfondo depressivo cronico, non mi è passata, se non quando mi sono decisa a prendere un antidepressivo, lo Zarelis 150 mg, come consigliato dal mio psichiatra. Per circa due mesi, dopo i primi disturbi collaterali iniziali, sono sta proprio bene, ma adesso comincio a sentirne molto meno l'efficacia. La mia domanda essenziale è: come può essere accaduto che in questo periodo ho affrontato le stesse cose di sempre con una prospettiva completamente diversa? Non mi sentivo, infatti, allarmata dagli avvenimenti, ne' angosciata per il futuro, soprattutto non avevo il GIUDICE INTERIORE che sempre mi ha perseguitato: un Super-io critico che mi addossa responsabilità e colpe inducendo in me un forte senso di indegnità e fantasie colpevoli verso tutti quelli che mi circondano per non aver risposto subito e completamente alle loro ( da me presunte) necessità. Da umanista quale mi sento non riesco a comprendere come agenti chimici possano trasformare fino a tal punto emozioni e pensieri, ed addirittura farmi sentire la vita non più come un fardello, ma come una interessante esperienza. Mi sono tornate in mente tutte le tematiche elaborate durante la mia psicoterapia, solo che questa volta non c'era l'ansia ad impedirmi di svilupparle, un po' come se il farmaco avesse sfondato una porta e permesso agli elementi acquisiti di entrare, finalmente, a far parte della mia esistenza. Credo che se ci sarà da aumentare le dosi lo farò, anche se, lo confesso, mi sento frustrata dal fatto che una pilloletta possa far più della parola e del pensiero. Debbo concludere, onestamente, che, nei casi gravi di ansia e depressione, si può creare un'ottima sinergia tra farmaci e psicoterapia, ma, senza il primo, anche la seconda risulta inutile. Augurandovi buon lavoro resto in attesa di una vostra gradita risposta.
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Dr. Mario Savino Psichiatra 1.3k 75
Carissima Collega, è un piacere ed un onore che Ti sia (mi permetto di darti del tu) aperta con noi. Ciò denota intelligenza e personalità e quindi ti ammiro molto (permettimi la sviolinata).
Psicoterapia e farmaci non sono alternative... insieme di solito funzionano benissimo ma certe volte uno dei due può essere sufficiente.
Io non ho le risposte, non pretendo di poter chiarire i tuoi quesiti, quello che ho imparato è che sappiamo ancora troppo poco sul cervello ma dobbiamo usare gli strumenti a nostra disposizione - tutti - per alleviare la sofferenza dei nostri pazienti, delle persone che si affidano a noi.
Una parte dei disturbi psichiatrici che conosciamo è sottesa senz'altro da disturbi neurologici che possono beneficiare di farmacoterapia e terapie fisiche. Sarebbe sbagliato non sfruttarle, non vanificano l'utilità della psicoterapia, semmai la esaltano ed aiutano.
Il dualismo farmaci - psicoterapia ritengo sia un grosso abbaglio che ha indotto voi ad arroccarvi sulle vostre posizioni e noi a seguire un'interpretazione fin troppo organicista e semplificativa del disagio psichico.
Un recente articolo evidenzia come i traumi infantili aumentino il rischio di ansia, depressione etc in età adulta, così come aumentano il rischio fino a tre volte di patologie cardiovascolari, tumore polmonare etc...
Insomma, siamo un tutt'uno, una pillola non cambia la vita ma può rimuovere ostacoli che ci impediscono di gestirla al meglio. Come gestirla ce lo insegnerete voi.
Un caro saluto (PS niente di male nell'aumentare lo Zarelis se, in questa fase, serve...)

Mario Savino
medico
Specialista in Psichiatria

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Utente
Utente
Ti ringrazio per la gentile risposta, che rinforza la mia convinzione della necessità di una sinergia tra l'approccio farmacologico e quello psicologico relativamente a sintomatologie resistenti ad una psicoterapia, seppure valida.
Vorrei soltanto che, da pregiato autore di numerosi articoli di interesse scientifico, mi chiarissi cosa "succede" a livello neurologico, quando, insieme all'ansia scompaiono anche i sensi di colpa, le insicurezze, le paure, che sembrerebbero fenomeni appartenenti solo alla sfera etica ed esistenziale. Insomma è come se fosse l'ansia a procurare le idee sbagliate e non viceversa.....tolta l'ansia, eliminate le idee.
Ho sempre pensato, invece, che l'ideazione legata ad un modo di sentire se stessi e la realtà ( disistima, paura dell'abbandono ecc. ) fosse la causa scatenante dell'ansia, ma, allora, come si spiega l'effetto del farmaco sulla scomparsa attenuazione o modifica della percezione di noi stessi e di ciò che ci circonda?
Grazie.
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Dr. Mario Savino Psichiatra 1.3k 75
beh, la Tua è la domanda da un miliardo di dollari ;) E' nato prima l'uovo o la gallina? La verità è che il nostro cervello, la mente, è un mondo ancora prevalentemente sconosciuto. I farmaci rinforzano certe nostre "difese" e ci permettono di elaborare e gestire meglio situazioni critiche. La psicoterapia, d'altro canto, ha un effetto "neurologico", modifica il nostro cervello... del resto se ciò non accadesse dei nostri discorsi resterebbe ben poco o nulla (come nelle malattie degenerative). Io sono dell'idea di non schierarsi con eccessiva e limitante rigidità, tu hai accettato la possibilità di una interpretazione diversa (non necessariamente alternativa ma, io ritengo, complementare) e hai così dimostrato di possedere la necessaria elasticità per gestire al meglio il nostro complesso "mondo".
E' un merito