Confusione mentale, ansia, problemi memoria e concentrazione

Buonasera,

ho 22 anni, una visita psichiatrica a Novembre del 2007 ha confermato il mio essere in uno stato di profonda depressione la quale scaturisce sicuramente da una serie di fattori alcuni già noti e altri che sto ancora tendando di capire. Giusto per la cronaca, mio padre e mia madre sono entrambi sofferenti; mio padre ha sicuramente sofferto di depressione sin da giovane, mia madre invece ne è caduta recentemente in seguito ad alcuni problemi economici abbastanza rilevanti.

Sono un ragazzo introverso e molto tranquillo, da quando ho memoria ho sempre preferito stare da solo piuttosto che in mezzo ai miei coetanei e tutt'ora sto ancora cercando una motivazione a questa mia ricerca di solitudine. Ho maturato sin da piccolo quasi una paura nel vivere insieme gli altri e questa è stata la causa principale di alcune mie mancaze, per esempio, a livello sportivo e l'aver rifiutato di svolgere alcune attività costruttive. I miei genitori interpretavano il mio atteggiamento come l'essere pigro, ma a distanza di anni ho capito che non avevano capito nulla di cosa provavo realmente e hanno cercato la via più semplice per tradurre le mie decisioni. Se pur io non mi ricordi con precisione quali sentimenti mi muovessero ad oggi sono certo di aver sofferto sin da piccolo di "depressione" e questa mi abbia condizionato in qualsiasi scelta.

Probabilemnte è nata da alcune mancanze familiari; mio padre è una persona molto labile, paurosa, estremamente assente e con poca personalità. Ma molto probabilmente, come sto iniziando a pensare da un pò di tempo, alcuni disturbi di personalità credo siano ereditari e non vi sia ad oggi alcuna cura; penso questo perchè negli ultimi anni mi sono visto assumere alcuni comportamente tipici di mio padre che non ho mai ben visto, esempio stare fuori di casa tante ore pur non avendo nulla da fare senza prestare attenzione all'ora, dare le cose per scontato, pensare di aver sempre ragione, essere distaccato anche con le persone che mi vogliono bene, etc..

A Novembre dell'anno scorso ho deciso di visitare una psichiatra in quanto venivo da un periodo di insonnia e forti paure, ansia e palpitazioni aggiunti ai soliti problemi che mi sono sempre trascinato, quali: vuoti di memoria, confusione mentale alternati a momenti di lucidità, malumore, difficoltà a risolvere problemi di qualsiasi tipo, stanchezza fisica, scoraggiamento, scarsa personalità.
Inutile dire che già tutti questi problemi rendono quasi impossibile alcuna vita sociale ma quando ho iniziato a non dormire più la notte e sentirmi così tanto in ansia da aver timore di avere un infarto da un momento all'altro, ho deciso di chiedere aiuto.

Il consiglio della psichiatra è stato di staccarmi dalla mia famiglia, allontanarmi da casa in quanto sia le persone che mi stavano accanto, sia l'ambiente dove sono cresciuto e maturato tanti problemi non potevano di certo aiutarmi a liberare la mia mente da tanti pensieri negativi.Mi prescrisse inoltre alcuni medicinali quali Paroxetina e Rivotril in bassissime dosi. Ho iniziato ad essere meno ansioso e dormire la notte ma persistono sempre tutti gli altri problemi che ho citato sopra.

Da Gennaio sto vivendo fuori casa in un'altra città dove lavoro e studio e vivendo una realtà dovo sono messo alla prova ma ho comunque molta difficoltà a stringere amiciczie con chiunque in quanto sono estremamente insicuro e ho una bassissima stima di me stesso.
Il problema che maggiormente mi turba però è il vuoto mentale che alcuni giorni mi assale.Ho notato che alterno alcuni giorni in cui ho una buona lucidità mentale, spitiro di iniziativa, allegria, sicurezza in me stesso e personalità a lunghi giorni in cui sono l'opposto, assonnato, con poca concentrazione, confuso con vuoti mentali e molto labile.

Questo comportamento mi fà sorgere sempre diversi interrogativi;se alcune volte penso di avere un deficit mentale altre volte penso sia sbagliato in quanto mi vedo soggetto a un radicale cambiamento di atteggiamento se pur molto corto rispetto al periodo in cui sono in uno stato quasi "ipnotico".
Nella mia seconda fase mi risulta difficile che ne so..leggere un libro, guardare un film, seguire una conversazione o tenerne una, riconoscere persone che ho già visto.

Ultimamente da un paio di mesi credo, se pur abbia avuto 5 giorni esatti di forte lucidità, mi sento ancora più affaticato mentalmente, continuo ad avere vuoti, a dare maggiormente per scontato certe situazioni, molto più pigro, insisto al non voler capire o risolvere alcuni problemi, grossi problemi di memoria e concentrazione, e di conseguenza maggiori difficoltà nel relazionarmi con gli altri e di non desider più alcun contatto umano. Noto facilmente di non vivere più alcune situazioni emozionali negative o positive che fino a qualche anno fà facevano parte della mia vita; ad oggi le vivo entrambe in modo molto passivo, come se qualcosa in me si sia atrofizzato. Forse questo è tutta una conseguenza dei problemi che mi hanno invaso.

Non ho la presuzione di aspettarmi da voi una cura definitiva in quanto sono sicuro non ci sia ma piuttosto alcuni consigli che non siano solo quello del dover consultare lo psichiatra perchè so di non aver altra scelta. Vorrei inoltre capire, cosa pensate riguardo ai disturbi mentali alternati ai periodi di lucidità che vi ho già descritto, da cosa possono scaturire e come si potrebbero curare?
Sarebbe già una vittoria per me non sentirmi la testa così pesante e vuota, sarebbe uno stimolo e un aiuto per poter eliminare molte insicurezze.

Grazie

Se avete qualche domanda da pormi per analizzare meglio il problema non esitate a farmela..
[#1]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.4k 1k
gentile utente,

una volta che e' stata fatta una diagnosi di "depressione" e' necessario introdurre un trattamento adeguato alla situazione e non "a basse dosi", soprattutto una volta stabilita l'inefficacia parziale o totale di un trattamento questi deve essere rivalutato e modificato.
Anche in virtu' del fatto che sono a disposizione numerosi presidi farmacologici, e non solo, che possono consentire un miglioramento della sintomatologia e della condizione attuale.

A mio parere, la condizione da Lei descritta corrisponde ad un compenso non totale dal trattamento attuale.

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[#2]
Utente
Utente
Grazie mille per la repentina risposta.

Voglio precisare che la mia psichiatra mi ha prescritto una cura a basse dosi pensando che affiancata al mio allontanarmi da casa potesse essere sufficiente.
Se pur come ripeto alcuni problemi legati all'insonnia e alla forte ansia siano stati risolti, nonostante stia vivendo fuori di casa ho la sensazione che tutti gli altri disturbi che ho sempre avuto mi accompagnino ovunque e mi condizionino pesantemente pur io adesso abbia la possibilità di crearmi una nuova vita e di lasciare tutto il mio passato alle spalle.
Pensate che il cambiare ambiente di vita possa essere d'aiuto nel mio cammino di cura o possa essere un valore aggiunto ma non fondamentale?

Disturbi alla memoria, la vuotezza mentale e la scarsa concentrazione mi rendono molto difficile studiare, e nonostante aquisisca alcune nozioni e incredibile come io le dimentichi così in fretta; questo anche se sto studiando qualcosa che mi interessa veramente e abbia capito in pieno cosa scritto nelle pagine del libro.Questo va totalmente in contrasto con quello che ho sempre pensato e si è sempre in generale sostenuto: la miglior cosa è capire come risolvere un problema e non semplicemente memorizzare la soluzione. Nel mio caso anche se capisco qualcosa la perdo nel giro di poco ed è come se non abbia imparato nulla.

Questo ho pensato potesse essere una conseguenza del fatto che appena ho terminato la scuola ho iniziato subito a lavorare e non ho più passato parte del mio tempo sui libri impiegando la mia testa; ma allo stesso tempo non può essere del tutto vero perchè molti miei amici hanno fatto lo stesso ma non mi risultano abbiamo i miei stessi problemi quali leggere un libro e rimanere soffermato su una pagina a lungo in quanto non ho recepito alcuni caratteri che mi permettano di capire il senso (questo mi accorco che è dovuto alla mia bassa capacità di concentrazione), ma anche quando il senso è chiaro andando avanti nella lettura trovo altre difficoltà in quanto alcune cose che ho letto prima già le sento offuscate e ho bisogno di rinfrescarle immediatamente.Non riesco proprio a capire cosa succeda nella mia testa.

Mi ritengo una persona abbastanza creativa avvalorato dal fatto che ho ricevuto comunque successi nel periodo scolastico in materie artistiche. Questo avrebbe dovuto portarmi a fare delle scelte ben precise nel mio futuro che non ho fatto e sento che i miei problemi stanno atrofizzando la parte più estrosa di me e i miei continui pensieri negativi (tengo a precisare che penso tanto ma a differenza di altre persone, tendo a pensare per lo più a come risolvere i miei problemi e non a imparare più cose possibili dalla vita) e non sto assolutamente più mettendo in pratica le mie capacità artistiche e i miei hobby. Anche quando ci provo mi blocco perchè penso abbia problemi ben più grossi da risolvere.
Vorrei prima ripulire del marciume che sento dentro di me che a volte mi fà sospirare dalla rabbia e che condiziona il mio comportamento.

Dal punto di vista sociale i miei problemi mi condiziano a non voler più approfondire con persone che già conosco in quanto sento di aver paura, penso sempre che gli altri pensino me come una persona vuota (e onestamente credo mi stia svuotando di molti begli aspetti che ho sempre ammirato in me come la sincerità, il tentare di scoprire l'animo delle persone e l'essere molto onesto e generoso), di non essere affidabile, egoista, poco socievole. Riesco a vedermi con occhi esterni, sono sempre molto sfuggevole con poco senso dell'umorismo e non mi interesso più di tanto di problemi sociali all'interno del gruppo e quando sono chiamato in causa mi comporto come un estraneo al quale non gliene frega niente degli altri. Questo è quello che faccio ogni giorno se pur io me ne accorga e riconosco essere negativo e non voglia comportarmi così, non riesco proprio a comportarmi diversamente, è come uno sforzo immenso.

Quale pensate sia la causa di questo mio comportamento autodistruttivo? Pensate possa essere un meccanismo di difesa legato ai miei problemi personali?
Sono sufficienti le medicine o sarebbe necessaria una cura di gruppo?

A volte penso che risolvendo i problemi legati alla mente io riesca ad aggiustare da solo il comportamento in quanto quando ho i miei momenti di lucidità sono molto più attento anche alle problematiche sociali e molto più generoso, quindi penso che non tutto detro di me sia totalmente compromesso.

In quanto in una situazione di profondo caos personale credo che si debba fare una organizzazione delle idee e non ho le conoscenze per poterlo fare da solo, quale pensate sia la radice dei miei problemi, il fulcro di tutto, la parte dei miei problemi, in ordine di importanza,sulla quale si debba intervere per prima; quella fuoriuscita che se tappata può spianarmi la strada per una più serena guarigione?

Sono molto ottimista nella vita e se percepisco di aver tovato una soluzione faccio sempre di tutto per metterla in atto.

Per favore, potete rispondermi a tutte le domande compresa la prima: "Pensate che il cambiare ambiente di vita possa essere d'aiuto nel mio cammino di cura o possa essere un valore aggiunto ma non fondamentale?"
Questi sono i miei dubbi più grossi.

Grazie
Arrivederci
[#3]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.4k 1k
Gentile utente,

le domande per le quali richiede una valutazione:
"Quale pensate sia la causa di questo mio comportamento autodistruttivo? Pensate possa essere un meccanismo di difesa legato ai miei problemi personali?
Sono sufficienti le medicine o sarebbe necessaria una cura di gruppo?"

necessitano di una valutazione diretta e certamente non puo' essere data una risposta senza conoscerla di persona.

Quello che le si puo' certamente rispondere e' che emergono alcuni elementi secondo i quali il suo trattamento, compreso l'allontamento da casa, non risulta essere efficace.

Sinceramente, sono molto in dubbio quando vengono introdotte terapie farmacologiche al di sotto della soglia minima efficace, anche se Lei ancora non ha fornito utili elementi per poter dare credito a tale ipotesi.
Ad ogni modo, il trattamento deve essere ad un dosaggio congruo per il tipo di disturbo lamentato e non puo' essere rimandato ulteriormente attraverso tecniche comportamentali dalla dubbia efficacia terapeutica.
[#4]
Utente
Utente
Buongiorno, potete leggere il mio consulto precenente per farvi un'idea più chiara del mio problema.
Vi scrivo dopo parecchi mesi, perchè in questo arco di tempo da una parte mi trovavo ancora a combattere con i miei turbamenti assillanti, fino ai primi di Dicembre 2008 cercando di capire quale fosse la via da seguire per aquisire un certo equilibrio psico-emotivo. Negli ultimi due mesi, invece, stranamente sentivo di aver trovato più serenità con me stesso fino a quando, l'ansia è tornata a farmi visita. Con oggi, sono due le notti, che ho ripreso a dormire male, e quando mi sveglio penso e ripenso a quello che mi succede e mi salgono gli attachi di panico. Ho la mente confusa e qualsiasi azione è svolta troppo lentamente. Non sono inoltre in grado di prendere decisioni, e sono in una fase di vuoto mentale dove la prima cosa che mi passa per la testa la faccio. Sento di non aver dormito affatto bene, di dover recuperare ancora delle ore ma nonostante questo non riesco più a riprendere sonno. E' come un circolo virtuoso che mi fa sprofondare e demolisce qualsiasi aspetto caratteriale e mentale.

Sono iscritto all'Università da Ottobre 2008 e non lavoravo da Settembre 2008. Premetto che la decisione di iscrivermi all'Università è stata voluta in un periodo di lucidità mentale ed è una cosa a cui tengo veramente tanto. Tuttavia, dopo un primo periodo di forte entusiasmo, nei primi mesi, legato all'ingresso in nuovo mondo fatto di studenti e dove le uniche aspettative sono legate allo studio, sono caduto comunque in una fase in cui tutto mi sembrava caratterizzato già da forte monotonia e routine, assalito da uno stato depressivo incontrollabile. Ovviamente in questa fase anche l'andare in Università, che era stata una profonda gioia agli inizi è diventato un'ossessione, e il rincontrare i miei compagni di corso iniziava a pesarmi, proprio perchè i miei stati d'animo erano malinconici e non accettavo che gli altri conoscessero questo aspetto di me.
I miei stati emotivi subiscono continue fluttuazioni e quindi ero sicuro che ne sarei uscito di nuovo, per un motivo o per un altro.

Infatti, da Dicembre 2008 fino a ieri Mercoledì 18 Febbraio tutto era tornato alla normalità, divenni sereno con me stesso, nessun problema di sonno, sempre lucido mentalmente, con la voglia di stare in compagnia, sempre con la battuta pronta, sempre pronto a sdrammatizzare, quasi molto spesso ero il primo a stemperare sulle situazioni difficili a cui dovevano far fronte alcuni amici, cosa che nei miei periodi bui, non ero solito fare; avevo ritrovato un certo spirito di iniziativa, ed una grande voglia di fare, avevo imparato a non dare peso alle considerazioni che gli altri avevano su di me, ero molto più sicuro di me stesso ed apprezzavo anche quelle piccole diversità caratteriali rispetto ad altre persone con cui venivo in contatto, quali l'introversia e la timidezza che mi erani sempre pesati prima; ero nella fase positiva, "anche in me c'è qualcosa di buono" dove riuscivo a mettere in luce tutti gli aspetti positivi che riconosco facciano parte dl mio carattere, che a volte scompaiono. Insomma iniziavo a vivere con una certa leggerezza, che a dirvi la verità non avevo mai raggiunto in questa misura. Sarà anche merito di un consiglio medico che ho letto su internet pubblicato in un libro, dove un ex malato di mente venne portato fuori dall'oblio alienante della vita in manicomio da una dottoressa che capì che l'individuo non era pazzo ma portava dentro di se una grossa quantità di rabbia repressa verso diverse persone o situazioni traumatiche che l'avevano ferito, alle quali però non aveva risposto con un sfogo. Anzi, teneva tutto dentro di se alterando i suoi stati emotivi e annebbiandogli sempre di più la mente e qualsiasi capacità decisionale. La dottoressa lo portò a pensare a ciò che lo faceva soffrire e lanciare dei piatti contro un muro per sfogarsi e liberare le tossine che bloccavano l'attività del cervello. Da quel giorno questo individuo, imparata l'importanza dello sfogo personale riusci ad uscire lentamente da uno stato ipnotico. Allora, io non sono arrivato a spaccare i piatti e mai lo farò, ma riconoscendo in me la stessa tendenza ad tenere dentro di me tutto ciò che mi fa soffrire, ho paura che questo possa agire in negativo su di me, e allora sto provando a imparare a sfogarmi, non attraverso lo sport come magari fanno molti, ma attraverso piccoli gesti, tipo tirare un pugno sul divano quando sono arrabbiato per qualcosa, penso sia un piccolo progresso. Non vi preoccupate non è un primo segno di sadismo, ma è semplicemente un tentativo per vedere se questo può portarmi a liberarmi di pensieri negativi che mi assalgono. Comunque sia negli ultimi due/tre mesi, l'elemento che mi ha aiutato a capire che un progresso l'avevo fatto era il fatto che con molta meno frequenza parlavo al me interiore; nel mio vivere non ero più solito estraniarmi più di tanto dalla realtà per parlare con me stesso, vivevo e basta ed affrontavo tutto a testa alta.

COSA MI E' SUCCESSO?
Lunedì 16 Febbraio, ho iniziato a lavorare in un fast-food vicino casa, tipo di lavoro già svolto nel periodo di tempo trascorso all'estero. Il primo giorno è filato via liscio ed ero molto sicuro di me stesso, soprattutto riuscivo ad essere me stesso come tutto l'ultimo periodo. Riuscivo a mostrare abbastanza bene la mia identità, e gli altri di consegunza sapevano come comportarsi con me. Neanche mi riconoscevo!
Ieri invece, è successo qualcosa che non avrei voluto sperimentare di nuovo. Ho avuto un crollo psicologico forse legato ai troppi stimoli esterni. Il lavoro da fastfood è un lavoro estremamente macchinoso e le cose da ricordare sembrano ovviamente tante all'inizio, ma non è impossibile come tutto del resto; generalmente basta una certa misura di buona volontà e si impara tutto. A me non è accaduto questo..Il secondo giorno, quando ho dovuto provare ad operare da solo, se pur ero sempre un pò impacciato, il mio essere recidivo a volte con alcuni errori, che possono generalmente accadere a tutti, con me il risultato fu che iniziarono a deprimermi pesantemente. Forse, è perchè mi sono accorto che stavo lavorando al di sotto delle mie possibilità, talvolta non ricordavo un ordine composto da due elementi o cercavo qualcosa che non mi serviva, o facevo errori grossolani del tipo che avevo preparato una cosa sul vassoio del cliente e dopo un pò che portavo avanti l'ordine ho rischiato di preparare alcune cose due volte. Questa è scarsa conentrazione; mi sono forse inconsiamente preoccupato delle aspettative degli altri che il primo giorno erano buone e di quello che potevano pensare gli altri ragazzi. Mi sono accorto subito dopo, di non essere totalmente presente, la mia mente era in parte annebbiata e non ero neanche più in grado di guardare in faccia i miei compagni di lavoro o scherzare, predermi in giro facendo un pò di auto ironia come sarebbe giusto fare, con la titolare che mi seguiva a tratti che tanto cara era stata, sin dall'inizio, con me. Nel giro di un'ora mi è cambiata l'intera giornata ed ho interrotto l'andamento positivo che mi aveva contraddistinto nei mesi precedenti. Avevo iniziato a colpevolizzarmi, ad odiarmi ed a scusarmi con gli altri ad ogni errore, piuttosto che riconoscere forse la semplice negatività di quella prestazione lavorativa che poteva essere confinata a ieri. Avevo auto-riconosciuto il mio ennesimo fallimento e l'impossibilità di recuperare completamente il rapporto che avevo instaurato con gli altri il primo giorno. Probabilmente se fossi stato in grado di riconoscere semplicemente una "giornata storta", oggi non mi sarei licenziato. Se i miei compagni avevano conosciuto una persona il primo giorno, non volevo macchiarmi ulteriormente presentandomi oggi ancora in quello stato. Infatti da stamattina mi sentivo ancora giù di morale, un pò scombussolato e con un'arrabbiatura repressa che non riesco a tradurre in forza di volontà, ma che invece, mi affossa e mi chiude in me stesso. Oggi di fatto, mi sto isolando e vi sto scrivendo, è come un meccanismo di difesa. Il problema è che sono stanco di difendermi in questo modo, non sto mai avendo motivo di difendermi dagli altri mettendo in gioco la mia personalità, ma è capitato e ho paura che capiterà ancora se non faccio qualcosa, di dovermi difendere sempre e solo da me stesso. Questo meccanismo mi sembra autodistruttivo perchè di fatto io e il "me" interiore siamo due facce della stessa medaglia.

Quello che vi posso dire, dopo ieri, è che ho definitivamente capito di non riuscire a sopportare la pressione del mondo del lavoro, che esige certe capacità cognitive. Non è una questione di stress perchè non sono stressato, ma è la pressione psicologica che dovrebbe scivolarmi via nel momento in cui mi trovo a dover socializzare con compagni di lavoro, e quasi contemporanemaente acquisire nuovi concetti, organizzare la mia attività e prendermi carico di diverse responsabilità. Tutti questi stimoli in una volta sono riusciti a interrompere l'equilibrio che avevo raggiunto. Inutile dirvi che questa piccola ma significativa esperienza sommata alle altre due esperienze di lavoro passate affrontate con lo stesso spirito di inferiorità, insicurezza, malinconia, iniziativa assente e difficoltà a risolvere problemi, se pur più lunghe, creano dentro di me un'ulteriore timore legato questa volta proprio all'attività lavorativa. So che in queste condizioni, il giorno che proverò a mettermi nuovamente in gioco il rischio di fallire sarà alto.

Indubbiamente potrei aver sbagliato sempre lavoro, ma io penso che la causa sia questa mia poca propensione agli scambi relazionali ed ai turbamenti avuti durante la scuola media quando una professoressa ad ogni mio errore si prendeva gioco di me, da li in poi la paura dell'essere deriso di fronte agli altri e dell'essere incompreso. Non posso dire completamente di non essere in grado di lavorare in gruppo, perchè quando sono sereno con me stesso, sono sempre disposto a collaborare, a discutere e raggiungere compromessi; il problema sostanziale è che non riesco neanche a lavorare, vuoi le pressioni, vuoi l'esporsi e l'essere giudicato, il mio operato ne risente pesantemente.

Tra me e me sono indeciso a rivolgermi ad un medico perchè vorrei capire se i miei problemi caratteriali possano essere risolti in altra maniera. L'allontanarmi da casa, ho capitato non risolve i problemi, perchè i miei difetti appartenenti alla sfera più profonda del mio carattere mi seguono a ruota. Pensavo a quello che mi potrebbe dare un'attività non prettamente "lavorativa", che può essere il servizio civile, che potrebbe rendermi utile e raggiungere un certo grado di soddisfazione e allo stesso tempo confrontarmi con gli altri, senza quindi dover ricoprire un ruolo fortemente disciplinare come quello rintracciabile nel mondo del lavoro. Oppure iscrivermi a qualche associazione per poter entrare a far parte di un gruppo di coetanei con i quali ritrovare me stesso e forse affrontare le prossime sfide, anche lavorative, con un altro appiglio.

Cosa mi consigliate a questo proposito? e pensate anche voi possa essere terapeutica l'ultima mia idea, o consigliate di rivolgermi direttamente ad uno psichiatra? Come si può curare uno stato ansioso come il mio che ha tutta questa influenza sul mio comportamento? è ancora possibile fare qualcosa da parte mia, oppure ho bisogno necessariamente di un aiuto esterno?

Grazie
[#5]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.4k 1k
Gia' precedentemente le sono stati forniti i consigli adatti per la valutazione del suo caso.

Si rivolga ad uno psichiatra.
[#6]
Utente
Utente
Buongiorno dottore, la novità è che ho contattato una psicologa specializzata in psicologia analitica e da poco più di un mese sono in cura con lei.

La mia scelta di affidarmi ad uno psicologo è nata dall'episodio negativo avvenuto lo scorso Febbraio che mi aveva portato nel giro di due giorni a lasciare l'impiego lavorativo che avevo appena trovato; scelta che ha evidenziato nuovamente la mia sofferenza in determinati contesti di vita e mi ha aiutato a percepire con un altro occhio quanto sia negativo il mio stato di ansia che in alcuni momenti arriva a livelli tali da non permettermi di svolgere alcuna attività mentale e quasi sempre porta a ripercussioni negative sull'organismo.

Ad essere sincero ero un pò scettico della dottoressa con cui avevo fatto il primo colloquio conoscitivo perchè sembrava lei stessa avere dei problemi nel rapportarsi con i pazienti, giovane(circa 30 anni), molto timida e che per comunicare faceva uso di una continua gestualità delle mani.

Dopo più di un mese ho iniziato ad apprezzarla perchè ho visto che attraverso al dialogo sta riuscendo ad tirare fuori quegli aspetti caratteriali anomali, o comunque alcuni blocchi psichici derivanti dal continuo e dannoso dialogo interiore che impedivano alcune scelte comportamentali.

Tuttavia rimango ancora perplesso a cosa possa servire una chiacchierata di 45minuti una volta alla settimana per curare una patologia come la mia. Sicuramente pian piano la dottoressa potrà dire di conoscermi più nel profondo, ma non capisco come possa risollevarmi da una serie di problemi o blocchi mentali che ho la sensazione abbiano bisogno di una cura molto più invasiva.

Mio padre prima di me ha fatto la stessa cura da una psicologa ma il solo dialogo con questa non sembrava portasse ad alcun benessere. Per risolvere alcuni dei suoi problemi ha avuto bisogno di un apporto farmacologico.

Quello che vorrei capire. E' ancora troppo presto per valutare il tipo di cura che sto seguendo oppure pensa che nel mio caso sia necessario qualcosa di diverso?

Mi scusi se la domanda può sembrare stupida o frettolosa ma non conosco nessun'altra persona competente del settore a cui possa rivolgere queste osservazioni.

grazie
Ansia

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