Disturbo schizaffettivo: chiarimenti
Sono seguita da uno psicoterapeuta (psicoterapia psicoanalitica) dal 2010 e da una psichiatra dal 2012.
Diagnosi scritta su esenzione e relazione per invalidità: schizofrenia schizoaffettiva e disturbo schizoaffettivo.
Ho un disturbo alimentare di tipo bulimico.
Terapia: Zarelis 150mg, Lamotrigina 100mg, Sertralina 50mg, Abilify 10mg. Quest'ultimo ora dimezzato per far posto a iniezione Moditen.
Ho 27 anni quasi, non lavoro, non ho vita sociale e vivo con mia madre. Ora sto svolgendo alcune attività di reinserimento presso il cps di riferimento.
Prima domanda:
C'è differenza tra le denominazioni "schizofrenia schizoaffettiva" e "disturbo schizoaffettivo"?
Seconda domanda:
Precisamente, cosa comportano queste patologie? Sono contemplati obbligatoriamente i deliri, le allucinazioni e l'eloquio disorganizzato?
Forse navigo troppo su internet e ciò mette confusione. Ma di una cosa sono sicura: non ho mai avuto deliri o cose similari. Solo due brevi ricoveri nei momenti peggiori.
Come mai sono stata inquadrata in questa patologia?
Ne dovrei parlare con i miei curanti e ho tentato di farlo, ma lo psicoterapeuta è stato vago e la psichiatra ha solo rimarcato i miei problemi di socializzazione.
Diagnosi scritta su esenzione e relazione per invalidità: schizofrenia schizoaffettiva e disturbo schizoaffettivo.
Ho un disturbo alimentare di tipo bulimico.
Terapia: Zarelis 150mg, Lamotrigina 100mg, Sertralina 50mg, Abilify 10mg. Quest'ultimo ora dimezzato per far posto a iniezione Moditen.
Ho 27 anni quasi, non lavoro, non ho vita sociale e vivo con mia madre. Ora sto svolgendo alcune attività di reinserimento presso il cps di riferimento.
Prima domanda:
C'è differenza tra le denominazioni "schizofrenia schizoaffettiva" e "disturbo schizoaffettivo"?
Seconda domanda:
Precisamente, cosa comportano queste patologie? Sono contemplati obbligatoriamente i deliri, le allucinazioni e l'eloquio disorganizzato?
Forse navigo troppo su internet e ciò mette confusione. Ma di una cosa sono sicura: non ho mai avuto deliri o cose similari. Solo due brevi ricoveri nei momenti peggiori.
Come mai sono stata inquadrata in questa patologia?
Ne dovrei parlare con i miei curanti e ho tentato di farlo, ma lo psicoterapeuta è stato vago e la psichiatra ha solo rimarcato i miei problemi di socializzazione.
[#1]
Gentile utente,
"schizofrenia schizoaffettiva e disturbo schizoaffettivo."
Schizofrenia schizoaffettiva non esiste come diagnosi, non significa niente.
Disturbo schizoaffettivo è una diagnosi. Tutte e due insieme non hanno senso, o una o l'altra (ma la prima non significa alcunché).
Non ho idea, se non ha mai avuto sintomi psicotici, come mai risultino quelle diagnosi.
"schizofrenia schizoaffettiva e disturbo schizoaffettivo."
Schizofrenia schizoaffettiva non esiste come diagnosi, non significa niente.
Disturbo schizoaffettivo è una diagnosi. Tutte e due insieme non hanno senso, o una o l'altra (ma la prima non significa alcunché).
Non ho idea, se non ha mai avuto sintomi psicotici, come mai risultino quelle diagnosi.
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
[#2]
Gentile utente,
condividendo il disappunto del mio collega (e, secondo me, la "colpa" è del sistema burocratico manualistico: vedi in seguito), aggiungo anche un mio commento.
Prima domanda:
C'è differenza tra le denominazioni "schizofrenia schizoaffettiva" e "disturbo schizoaffettivo"?
- La differenza c'è, ma nella pratica diagnostica almeno qui, in Italia, usando le diagnosi spesso come le categorie grossolane e sommarie, si è finito quasi per intendere la stessa cosa. Ma anche se i Suoi curanti volevano essere più corretti e fiini nelle definizioni, la burocrazia lo ha in parte impedito, ma loro sono riusciti comunque a specificare quello che intendevano (vedi in seguito).
il disturbo schizoaffettivo è stato "scoperto" come una entità distinta dalla schizofrenia, perché insorge tipicamente su situazioni a sfondo affettivo e si risolve, mentre la schizofrenia ai tempi era considerata come una malattia inguaribile e incomprensibile neanche nella luce della situazione emotiva. Col tempo il significato del disturbo schizoaffettivo è cambiato (e della schizofrenia -anche), considerando che anche nel disturbo schizoaffettivo possa esserci la cronicità, ma rimanendo l'aspetto affettivo caratteristico. Tuttavia, in una accezione o in un'altra, il disturbo schizoaffettivo non è contenuto in quel manuale che si usa per la richiesta di invalidità e che si usa anche negli altri ambiti buricratici sanitari (ICD). In tale manuale c'è quasi solo la schizofrenia fra le malattie di questa categoria, però di vari tipi, e c'è anche la schizofrenia schizoaffettiva, il che più si avvicina, ma, secondo me, è un termine scorretto. Bisogna però usare nell'ambito saitario burocratico proprio questo manuale... che per certi versi è più "fine", per altri versi - no. Invece la diagnosi di "disturbo schizoaffettivo" c'è nel sistema che è usato a livello più accademico (DSM). I Suoi curanti hanno usato, per chiarezza anche questo sistema, in aggiunta, e dunque nella diagnosi compaiono due diagnosi (una secondo un manuale ed altra - secondo un altro sistema).
Seconda domanda:
Precisamente, cosa comportano queste patologie? Sono contemplati obbligatoriamente i deliri, le allucinazioni e l'eloquio disorganizzato?
- Non necessariamente tutti questi sintomi assieme. Anche la chiusura sociale può essere implicata, se ha un significato tale da correlarsi con il quadro d'insieme di un disturbo psicotico (entrambi i disturbi: schizofrenia e disturbo schizoaffettivo: sono disturbi psicotici). In generale sarebbe scorretto pensare che un disturbo "comporta" certi sintomi: è una visione che tende ad "etichettare" un problema o cercare di scorgere dove possa esserci la stigma, senza capire il problema a fondo. Tutti questi sintomi permettono di "identificare" una certa malattia, ma di per sé non sono la malattia, sono le sue manifestazioni secondarie, che possono comparire con diversa intensità, in modo diverso, essere anche dissimulate o non percepite dalla persona come tali. La malattia è qualcos'altro, che il clinico può vedere, che condiziona l'esistenza ed il funzionamento della persona, e per la quale i sintomi esterni possono essere una conferma di maggiore o minore fondatezza di tale ipotesi clinica.
Con tale mia visione è possibile che non tutti i colleghi siano d'accordo, perché reintroduco qualcosa che non è "misurabile" con i sintomi. Ma oltre i sintomi ci sono anche le altre caratteristiche della malattia: il suo andamento (cronico o subcronico), il grado di menomazione effettiva nella vita di relazione, ed alcuni aspetti percepibili nella relazione con la persona, le caratteristiche dei suoi vissuti.
Come mai sono stata inquadrata in questa patologia?
- In parte, come scrivevo, perché tale è sata la valutazione clinica dei Suoi curanti. Cercare a fare al loro posto il lavoro che spetta a loro: non ha senso. Conta piuttosto se con le cure che fa è riuscita a stare meglio. Le diagnosi non devono ingannare: hanno una forte connotazione negativa a livello sociale e culturale, il che tende a far pensare alla persona: "non voglio essere considerata in questo modo", "questo non si riferisce a me". Ma le diagnosi non servono per trattare la propria autostima, per ridurrla o per incrementarla. Servono in modo specifico per trovare una cura ed un approccio anche assistenziale, e non servono ad altro.
E se noi parliamo anche dell'approccio assistenziale..., allora dirò che in parte la diagnosi poteva essere condizionata anche da questo, perché, se Le avessero scritto una diagnosi più "leggera", non avrebbe ottenuto i benefici che possono derivare dall'invalidità (una pensione, o, in aternativa, quando si può, una strada all'inserimento lavorativo più protetta, facilitata). Penso che, nell'ambito assistenziale, a parte le precise caratteristiche cliniche, è importante sottolineare l'entità, la gravità del problema, altrimenti non si è aiutati.
Comunque, se Lei dubita della diagnosi dal punto di vista clinico, e se dubita della terapia, dei risultati, puù rivolgersi per un secondo parere ad un altro specialista, nell'ambito prvato o ad una clinica universitaria.
condividendo il disappunto del mio collega (e, secondo me, la "colpa" è del sistema burocratico manualistico: vedi in seguito), aggiungo anche un mio commento.
Prima domanda:
C'è differenza tra le denominazioni "schizofrenia schizoaffettiva" e "disturbo schizoaffettivo"?
- La differenza c'è, ma nella pratica diagnostica almeno qui, in Italia, usando le diagnosi spesso come le categorie grossolane e sommarie, si è finito quasi per intendere la stessa cosa. Ma anche se i Suoi curanti volevano essere più corretti e fiini nelle definizioni, la burocrazia lo ha in parte impedito, ma loro sono riusciti comunque a specificare quello che intendevano (vedi in seguito).
il disturbo schizoaffettivo è stato "scoperto" come una entità distinta dalla schizofrenia, perché insorge tipicamente su situazioni a sfondo affettivo e si risolve, mentre la schizofrenia ai tempi era considerata come una malattia inguaribile e incomprensibile neanche nella luce della situazione emotiva. Col tempo il significato del disturbo schizoaffettivo è cambiato (e della schizofrenia -anche), considerando che anche nel disturbo schizoaffettivo possa esserci la cronicità, ma rimanendo l'aspetto affettivo caratteristico. Tuttavia, in una accezione o in un'altra, il disturbo schizoaffettivo non è contenuto in quel manuale che si usa per la richiesta di invalidità e che si usa anche negli altri ambiti buricratici sanitari (ICD). In tale manuale c'è quasi solo la schizofrenia fra le malattie di questa categoria, però di vari tipi, e c'è anche la schizofrenia schizoaffettiva, il che più si avvicina, ma, secondo me, è un termine scorretto. Bisogna però usare nell'ambito saitario burocratico proprio questo manuale... che per certi versi è più "fine", per altri versi - no. Invece la diagnosi di "disturbo schizoaffettivo" c'è nel sistema che è usato a livello più accademico (DSM). I Suoi curanti hanno usato, per chiarezza anche questo sistema, in aggiunta, e dunque nella diagnosi compaiono due diagnosi (una secondo un manuale ed altra - secondo un altro sistema).
Seconda domanda:
Precisamente, cosa comportano queste patologie? Sono contemplati obbligatoriamente i deliri, le allucinazioni e l'eloquio disorganizzato?
- Non necessariamente tutti questi sintomi assieme. Anche la chiusura sociale può essere implicata, se ha un significato tale da correlarsi con il quadro d'insieme di un disturbo psicotico (entrambi i disturbi: schizofrenia e disturbo schizoaffettivo: sono disturbi psicotici). In generale sarebbe scorretto pensare che un disturbo "comporta" certi sintomi: è una visione che tende ad "etichettare" un problema o cercare di scorgere dove possa esserci la stigma, senza capire il problema a fondo. Tutti questi sintomi permettono di "identificare" una certa malattia, ma di per sé non sono la malattia, sono le sue manifestazioni secondarie, che possono comparire con diversa intensità, in modo diverso, essere anche dissimulate o non percepite dalla persona come tali. La malattia è qualcos'altro, che il clinico può vedere, che condiziona l'esistenza ed il funzionamento della persona, e per la quale i sintomi esterni possono essere una conferma di maggiore o minore fondatezza di tale ipotesi clinica.
Con tale mia visione è possibile che non tutti i colleghi siano d'accordo, perché reintroduco qualcosa che non è "misurabile" con i sintomi. Ma oltre i sintomi ci sono anche le altre caratteristiche della malattia: il suo andamento (cronico o subcronico), il grado di menomazione effettiva nella vita di relazione, ed alcuni aspetti percepibili nella relazione con la persona, le caratteristiche dei suoi vissuti.
Come mai sono stata inquadrata in questa patologia?
- In parte, come scrivevo, perché tale è sata la valutazione clinica dei Suoi curanti. Cercare a fare al loro posto il lavoro che spetta a loro: non ha senso. Conta piuttosto se con le cure che fa è riuscita a stare meglio. Le diagnosi non devono ingannare: hanno una forte connotazione negativa a livello sociale e culturale, il che tende a far pensare alla persona: "non voglio essere considerata in questo modo", "questo non si riferisce a me". Ma le diagnosi non servono per trattare la propria autostima, per ridurrla o per incrementarla. Servono in modo specifico per trovare una cura ed un approccio anche assistenziale, e non servono ad altro.
E se noi parliamo anche dell'approccio assistenziale..., allora dirò che in parte la diagnosi poteva essere condizionata anche da questo, perché, se Le avessero scritto una diagnosi più "leggera", non avrebbe ottenuto i benefici che possono derivare dall'invalidità (una pensione, o, in aternativa, quando si può, una strada all'inserimento lavorativo più protetta, facilitata). Penso che, nell'ambito assistenziale, a parte le precise caratteristiche cliniche, è importante sottolineare l'entità, la gravità del problema, altrimenti non si è aiutati.
Comunque, se Lei dubita della diagnosi dal punto di vista clinico, e se dubita della terapia, dei risultati, puù rivolgersi per un secondo parere ad un altro specialista, nell'ambito prvato o ad una clinica universitaria.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#3]
Utente
x dr Matteo Pacini
Per l'esattezza "schizofrenia schizoaffettiva" non è scritto da nessuna parte, ho letto solo che essa equivaleva al codice 044.295.7, scritto sulla mia esenzione.
x dr Alex Aleksey Gukov
Cercherò di leggere meglio ciò che ha scritto nel suo lungo messaggio, ma dopo veloce scorsa mi sorgono tre questioni:
- Quindi, se è dichiarato "disturbo schizoaffettivo", ci potrebbero essere problemi nel ricevere l'invalidità? Non la pensione, ma almeno una percentuale che mi permetta un inserimento lavorativo protetto.
- In un precedente consulto non mio si scriveva che in diagnosi come la mia possono non esserci sintomi quali deliri etc, perchè essi sono da considerare in assenza di disturbi dell'umore. Ho capito bene? Quali sono esattamente i sintomi dei disturbi dell'umore?
- Per essere inquadrati nella sfera dei disturbi psicotici è necessario avere deliri etc? Rientra nei disturbi psicotici l'assenza totale di relazioni sociali al di fuori dei miei genitori e dei curanti?
Per l'esattezza "schizofrenia schizoaffettiva" non è scritto da nessuna parte, ho letto solo che essa equivaleva al codice 044.295.7, scritto sulla mia esenzione.
x dr Alex Aleksey Gukov
Cercherò di leggere meglio ciò che ha scritto nel suo lungo messaggio, ma dopo veloce scorsa mi sorgono tre questioni:
- Quindi, se è dichiarato "disturbo schizoaffettivo", ci potrebbero essere problemi nel ricevere l'invalidità? Non la pensione, ma almeno una percentuale che mi permetta un inserimento lavorativo protetto.
- In un precedente consulto non mio si scriveva che in diagnosi come la mia possono non esserci sintomi quali deliri etc, perchè essi sono da considerare in assenza di disturbi dell'umore. Ho capito bene? Quali sono esattamente i sintomi dei disturbi dell'umore?
- Per essere inquadrati nella sfera dei disturbi psicotici è necessario avere deliri etc? Rientra nei disturbi psicotici l'assenza totale di relazioni sociali al di fuori dei miei genitori e dei curanti?
[#4]
Gentile utente,
rilegga il mio "lungo messaggio", perché lì dovrebbero esserci già le risposte alle Sue domande.
Comunque:
1) chiedendo l'invalidità, non è stato tecnicamente possibile scrivere solo schizoaffettivo, perché non ha un codice nel sistema classificatorio che usano in tali casi. Così, probabilmente hanno usato la categoria che più si avvicina (schizofrenia schizoaffettiva), anche se dal punto di vista della scienza moderna questo non esiste. E comunque, sì, mettendo una malattia più "leggera" potrebbero esserci dei problemi.
2) secondo l'approccio della società di psichiatria americana (accettato in tutto il mondo), prima di diagnosticare un disturbo psicotico, va valutata l'eventuale presenza di un disturbo di umore. E questo a prescindere se ci sono o se non ci sono i sintomi "psicotici". Tuttavia, anche per la diagnosi di un disturbo di umore i sintomi non contano tutto, non si fa la diagnosi automatica in base ai sintomi. Ed esistono anche le situazioni che fanno discutere l'approccio suddetto, perché capita che una persona con un disturbo psicotico sviluppa la depressione secondaria alla malattia di base, ma la malattia di base non è la depressione, ma il disturbo psicotico.
3) un disturbo psicotico non si manifesta necessariamente coi deliri; anche la limitazione della vita sociale può esserne una manifestazione. Dico "può esserne", perché tale sntomo (come anche gli altri) non vuol dire automaticamente un dsturbo psicotico.
La limitazione dei contatti sociali, ad esempio, può essere un "sintomo" sia di un disturbo psicotico, sia di un disturbo di umore. Dire che, siccome il disturbo di umore "ha la precedenza", allora questo è "il suo sintomo": non è corretto, è una semplificazione scorretta; perché la limitazione dei contatti sociali può avere radici diverse (che vanno capite), può essere motivata dalla persona in un certo modo e non in un altro, e può anche manifestarsi in un certo modo e non in un altro. La diagnosi differenziale fra la psicosi ed il disturbo di umore è una delle più difficili.
E' sbagliato misurare tutto solo con i "sintomi". Ed è sbagliato cercare nei solo sintomi "la misura obbiettiva", la "verifica" della diagnosi. Uno specialista deve sapere aiutarsi dai sintomi nella valutazione diagnostica. ma non si basa solo sui sintomi. La persona stessa, invece, anche conoscendo bene i sintomi delle malattie, da sola non può fare o verificare la diagnosi a sé stessa.
Per cui, se Lei dubita, bisogna riparlare ancora con il Suo specialista.
rilegga il mio "lungo messaggio", perché lì dovrebbero esserci già le risposte alle Sue domande.
Comunque:
1) chiedendo l'invalidità, non è stato tecnicamente possibile scrivere solo schizoaffettivo, perché non ha un codice nel sistema classificatorio che usano in tali casi. Così, probabilmente hanno usato la categoria che più si avvicina (schizofrenia schizoaffettiva), anche se dal punto di vista della scienza moderna questo non esiste. E comunque, sì, mettendo una malattia più "leggera" potrebbero esserci dei problemi.
2) secondo l'approccio della società di psichiatria americana (accettato in tutto il mondo), prima di diagnosticare un disturbo psicotico, va valutata l'eventuale presenza di un disturbo di umore. E questo a prescindere se ci sono o se non ci sono i sintomi "psicotici". Tuttavia, anche per la diagnosi di un disturbo di umore i sintomi non contano tutto, non si fa la diagnosi automatica in base ai sintomi. Ed esistono anche le situazioni che fanno discutere l'approccio suddetto, perché capita che una persona con un disturbo psicotico sviluppa la depressione secondaria alla malattia di base, ma la malattia di base non è la depressione, ma il disturbo psicotico.
3) un disturbo psicotico non si manifesta necessariamente coi deliri; anche la limitazione della vita sociale può esserne una manifestazione. Dico "può esserne", perché tale sntomo (come anche gli altri) non vuol dire automaticamente un dsturbo psicotico.
La limitazione dei contatti sociali, ad esempio, può essere un "sintomo" sia di un disturbo psicotico, sia di un disturbo di umore. Dire che, siccome il disturbo di umore "ha la precedenza", allora questo è "il suo sintomo": non è corretto, è una semplificazione scorretta; perché la limitazione dei contatti sociali può avere radici diverse (che vanno capite), può essere motivata dalla persona in un certo modo e non in un altro, e può anche manifestarsi in un certo modo e non in un altro. La diagnosi differenziale fra la psicosi ed il disturbo di umore è una delle più difficili.
E' sbagliato misurare tutto solo con i "sintomi". Ed è sbagliato cercare nei solo sintomi "la misura obbiettiva", la "verifica" della diagnosi. Uno specialista deve sapere aiutarsi dai sintomi nella valutazione diagnostica. ma non si basa solo sui sintomi. La persona stessa, invece, anche conoscendo bene i sintomi delle malattie, da sola non può fare o verificare la diagnosi a sé stessa.
Per cui, se Lei dubita, bisogna riparlare ancora con il Suo specialista.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 20.3k visite dal 30/05/2014.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.