- è normale che in un periodo di crescita personale o di cambiamento o più in generale di stress
Buongiorno,
vi scrivo per chiedervi una chiarificazione su ciò che mi sta accadendo. Sono sempre stata una ragazza responsabile, razionale, motivata, e appassionata.
Qualche mese fa ho avuto un accumulo di stress dovuto a un periodo frenetico dal punto di vista fisico (per esigenze di studio facevo la pendolare su una tratta a lunga distanza). Nello stesso periodo, inoltre, è venuto a mancare mio nonno, mi sono accorta che il percorso formativo da me scelto non si stava rivelando appagante e ho sentito l'esigenza di aprirmi con la mia famiglia e i miei parenti informandoli della mia bisessualità. Capisco di aver messo troppa carne al fuoco e che si tratta, come ha detto la mia psicoterapeuta "di una crisi dovuta a una fase di cambiamento" però comunque è da qualche mese che combatto con l'ansia e più in generale con la paura. Rispetto ai mesi passati la mia situazione è migliorata di molto. Gli attacchi di panico sono diminuiti, sia di intensità e sia di frequenza grazie a una terapia omeopatica a base di integratori alimentari (che prendo per la sindrome premestruale), passiflora, iperico, magnesio, e altre erbe naturali. Ammetto che le prime due settimane sono state faticose, spesso mi veniva un forte dolore al petto, formicolio alle mani, sensazione di non riuscire a respirare profondamente ma soprattuto ero spaventata dall'idea di impazzire, avere patologie psicologiche incurabili, oppure di perdere il controllo e fare male me o agli altri (questa situazione psicologia durante le prime settimane alimentava ulteriormente il panico impedendomi di dormire, nonostante fossi molto stanca). Fin da subito ho cercato di affrontare le mie paure, senza vergogna, cercando di razionalizzare il più possibile. Grazie all'affetto, e alla comprensione della mia famiglia, dei miei amici, associati, ovviamente, anche alla terapia omeopatica, sono riuscita a reagire e a riscontrare i primi miglioramenti. Ancora purtroppo non mi sono ripresa completamente. A volte ancora mi capita di rivivere alcuni di quegli stati psicologici vissuti durante l'attacco di panico però in forma lieve.
Nonostante tutto ho ripreso a studiare, e a fare tutto ciò che facevo prima. Inoltre vedo una psicologa tre volte al mese, che spero riesca a chiarirmi le idee e che mi aiuti a sconfiggere le mie paure. Vi scrivo perché sento il bisogno di avere anche un parere medico riguardo ciò che mi è capitato e che mi sta capitando. Non ho contattato uno psichiatra perché mi ero accorta che la cura omeopatica stava funzionando, per cui ho scelto questa via. Le domande che vi pongo sono:
- È normale che in un periodo di crescita personale o di cambiamento o più in generale di stress psicofisico si cominci a soffrire di ansia?
- Quanto tempo ci vuole per riuscire a recuperare la propria serenità e quindi a eliminare completamente le sensazioni provate durante l'attacco di panico?
- Dovrei comunque contattare un vostro collega o per il mio caso è sufficiente uno psicologo e tanta pazienza
vi scrivo per chiedervi una chiarificazione su ciò che mi sta accadendo. Sono sempre stata una ragazza responsabile, razionale, motivata, e appassionata.
Qualche mese fa ho avuto un accumulo di stress dovuto a un periodo frenetico dal punto di vista fisico (per esigenze di studio facevo la pendolare su una tratta a lunga distanza). Nello stesso periodo, inoltre, è venuto a mancare mio nonno, mi sono accorta che il percorso formativo da me scelto non si stava rivelando appagante e ho sentito l'esigenza di aprirmi con la mia famiglia e i miei parenti informandoli della mia bisessualità. Capisco di aver messo troppa carne al fuoco e che si tratta, come ha detto la mia psicoterapeuta "di una crisi dovuta a una fase di cambiamento" però comunque è da qualche mese che combatto con l'ansia e più in generale con la paura. Rispetto ai mesi passati la mia situazione è migliorata di molto. Gli attacchi di panico sono diminuiti, sia di intensità e sia di frequenza grazie a una terapia omeopatica a base di integratori alimentari (che prendo per la sindrome premestruale), passiflora, iperico, magnesio, e altre erbe naturali. Ammetto che le prime due settimane sono state faticose, spesso mi veniva un forte dolore al petto, formicolio alle mani, sensazione di non riuscire a respirare profondamente ma soprattuto ero spaventata dall'idea di impazzire, avere patologie psicologiche incurabili, oppure di perdere il controllo e fare male me o agli altri (questa situazione psicologia durante le prime settimane alimentava ulteriormente il panico impedendomi di dormire, nonostante fossi molto stanca). Fin da subito ho cercato di affrontare le mie paure, senza vergogna, cercando di razionalizzare il più possibile. Grazie all'affetto, e alla comprensione della mia famiglia, dei miei amici, associati, ovviamente, anche alla terapia omeopatica, sono riuscita a reagire e a riscontrare i primi miglioramenti. Ancora purtroppo non mi sono ripresa completamente. A volte ancora mi capita di rivivere alcuni di quegli stati psicologici vissuti durante l'attacco di panico però in forma lieve.
Nonostante tutto ho ripreso a studiare, e a fare tutto ciò che facevo prima. Inoltre vedo una psicologa tre volte al mese, che spero riesca a chiarirmi le idee e che mi aiuti a sconfiggere le mie paure. Vi scrivo perché sento il bisogno di avere anche un parere medico riguardo ciò che mi è capitato e che mi sta capitando. Non ho contattato uno psichiatra perché mi ero accorta che la cura omeopatica stava funzionando, per cui ho scelto questa via. Le domande che vi pongo sono:
- È normale che in un periodo di crescita personale o di cambiamento o più in generale di stress psicofisico si cominci a soffrire di ansia?
- Quanto tempo ci vuole per riuscire a recuperare la propria serenità e quindi a eliminare completamente le sensazioni provate durante l'attacco di panico?
- Dovrei comunque contattare un vostro collega o per il mio caso è sufficiente uno psicologo e tanta pazienza
[#1]
Gentile utente,
l'insorgenza di un disturbo ansioso può essere dovuto a fattori stressanti che lo innescano e se restasse senza trattamento potrebbe peggiorare.
Di fatto, lei non ha ricevuto chiaramente una diagnosi di patologia, pertanto sarebbe opportuno sentire il parere di uno specialista in psichiatria che può prospettare i trattamenti possibili per il suo disturbo una volta inquadrato appropriatamente.
l'insorgenza di un disturbo ansioso può essere dovuto a fattori stressanti che lo innescano e se restasse senza trattamento potrebbe peggiorare.
Di fatto, lei non ha ricevuto chiaramente una diagnosi di patologia, pertanto sarebbe opportuno sentire il parere di uno specialista in psichiatria che può prospettare i trattamenti possibili per il suo disturbo una volta inquadrato appropriatamente.
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[#2]
Gentile utente,
aggiungo anch'io un commento, rispondendo alle Sue domande:
"È normale che in un periodo di crescita personale o di cambiamento o più in generale di stress psicofisico si cominci a soffrire di ansia?"
- Nel Suo caso è scorretto parlare di "ansia" nel senso generale. Così come Lei descrive la propria situazione, si tratta di qualcosa che è oltre ai fenomeni "psico-fisiologici" normalmente attesi. Gli "attacchi di panico" sono da considerare una reazione patologica e non fisiologica.
"Quanto tempo ci vuole per riuscire a recuperare la propria serenità e quindi a eliminare completamente le sensazioni provate durante l'attacco di panico?"
- Il tempo è individuale, dipende sia dai fattori legati all'entità e alle cicostanze degli attacchi, sia alla personalità sottostante, sia allo stato di umore sottostante (il quale ultimo può condizionare la memoria e la chiave interpretativa degli eventi e dei ricordi; rispetto all'umore, nel Suo caso può trattarsi di uno stato depressivo, ed è ancora presto dire se si tratta della reazione al lutto (e ad altri fattori) che può attenuarsi (come in molti casi) nel giro di alcuni mesi, oppure siamo di fronte ad un episodio depressivo vero e proprio che può avere una evoluzione più cronica o le ricadute: ci vuole il monitoraggio).
Comunque, i ricordi dei vissuti durante gli attacchi di panico potrebbe essere utile non rimuovere completamente, ma affrontare in psicoterapia. Lo dico con reserva, perché bisogna essere cauti: ci sono dei casi nei quali la persona non è pronta ad affrontare tali vissuti (e potrebbe essere anche il Suo caso). Dunque, ci vuole una attenta valutazione.
"Dovrei comunque contattare un vostro collega o per il mio caso è sufficiente uno psicologo e tanta pazienza"
- Dovrebbe contattare uno psichiatra. Molti ritengono che lo psichiatra serve solo per prescrivere gli psicofarmaci, e sbagliono: serve prima di tutto per la diagnosi e per il monitoraggio della situazione; poi ogni psiciatra ha la propria scuola, ci saranno pure anche gli psichiatri che conoscono i rimedi erboristici. A proposito, molti dei farmaci della medicina tradizionale derivano dai principi attivi scoperti nelle erbe, e gli estratti di alcune erbe (ad esempio, dell'iperico) sono riconosciuti dalla medicina tradizionale. Dunque, anche se erbe psicoattive, si tratta sempre di psicofarmaci, e ci vuole uno specialista. Non sono d'accordo con l'automedicazione (che siano i "farmaci" o le "erbe"): l'automedicazione può attrare a causa della sensazione di poter "farcela da soli" e di monore gravità che uno trae come conclusione soggettiva, ma è un errore, perché tali conclusioni sono soggettive e seguono la direzione che la persona stessa vuole darle.
aggiungo anch'io un commento, rispondendo alle Sue domande:
"È normale che in un periodo di crescita personale o di cambiamento o più in generale di stress psicofisico si cominci a soffrire di ansia?"
- Nel Suo caso è scorretto parlare di "ansia" nel senso generale. Così come Lei descrive la propria situazione, si tratta di qualcosa che è oltre ai fenomeni "psico-fisiologici" normalmente attesi. Gli "attacchi di panico" sono da considerare una reazione patologica e non fisiologica.
"Quanto tempo ci vuole per riuscire a recuperare la propria serenità e quindi a eliminare completamente le sensazioni provate durante l'attacco di panico?"
- Il tempo è individuale, dipende sia dai fattori legati all'entità e alle cicostanze degli attacchi, sia alla personalità sottostante, sia allo stato di umore sottostante (il quale ultimo può condizionare la memoria e la chiave interpretativa degli eventi e dei ricordi; rispetto all'umore, nel Suo caso può trattarsi di uno stato depressivo, ed è ancora presto dire se si tratta della reazione al lutto (e ad altri fattori) che può attenuarsi (come in molti casi) nel giro di alcuni mesi, oppure siamo di fronte ad un episodio depressivo vero e proprio che può avere una evoluzione più cronica o le ricadute: ci vuole il monitoraggio).
Comunque, i ricordi dei vissuti durante gli attacchi di panico potrebbe essere utile non rimuovere completamente, ma affrontare in psicoterapia. Lo dico con reserva, perché bisogna essere cauti: ci sono dei casi nei quali la persona non è pronta ad affrontare tali vissuti (e potrebbe essere anche il Suo caso). Dunque, ci vuole una attenta valutazione.
"Dovrei comunque contattare un vostro collega o per il mio caso è sufficiente uno psicologo e tanta pazienza"
- Dovrebbe contattare uno psichiatra. Molti ritengono che lo psichiatra serve solo per prescrivere gli psicofarmaci, e sbagliono: serve prima di tutto per la diagnosi e per il monitoraggio della situazione; poi ogni psiciatra ha la propria scuola, ci saranno pure anche gli psichiatri che conoscono i rimedi erboristici. A proposito, molti dei farmaci della medicina tradizionale derivano dai principi attivi scoperti nelle erbe, e gli estratti di alcune erbe (ad esempio, dell'iperico) sono riconosciuti dalla medicina tradizionale. Dunque, anche se erbe psicoattive, si tratta sempre di psicofarmaci, e ci vuole uno specialista. Non sono d'accordo con l'automedicazione (che siano i "farmaci" o le "erbe"): l'automedicazione può attrare a causa della sensazione di poter "farcela da soli" e di monore gravità che uno trae come conclusione soggettiva, ma è un errore, perché tali conclusioni sono soggettive e seguono la direzione che la persona stessa vuole darle.
Dr. Alex Aleksey Gukov
[#3]
Ex utente
La ringrazio per la sua risposta e per sicurezza chiederò un consiglio a uno specialista. Comunque non penso di aver sottovalutato la mia situazione...ho valutato le possibilità offerte e ho scelto di affrontare le mie paure rivolgendomi a uno psicologo e a un medico omeopata invece che a uno psichiatra. Lei parla di disturbo patologico, e non tiene in considerazione che comunque dei miglioramenti ci sono stati...volevo sapere più o meno in media quanto tempo ci si mette per tornare ad essere totalmente sereni?
[#4]
"Lei parla di disturbo patologico, e non tiene in considerazione che comunque dei miglioramenti ci sono stati..."
E' un bene che ci sono stati dei miglioramenti ! ma quaeto non vuol dire che non si tratta di una patologia. La patologia psichica non significa "non poter migliorare", "disturbo cronico", "incurabile" (come è stato stereotipamente considerato ai vecchi tempi). Anzi, le patologie possono migliorare, sia con le cure, sia talvolta spontaneamente. Ma ciò non toglie che si tratta di patologia, non toglie che eventualmente non possono esserci i peggioramenti o le ricadute.
"volevo sapere più o meno in media quanto tempo ci si mette per tornare ad essere totalmente sereni?"
"Totalmente sereni" ? Penso che la serenità non bisogna inseguire, aspettare, ma bisogna essere attenti ai momenti di serenità che magari ogni giorno possono esserci, e ai quali forse non facciamo caso... Ma... più che una domanda, mi sembra una ricerca di rassicurazione e di conferma del Suo modo di percepire la realtà... Vedo molto utile parlare di questa domanda con il Suo psicoterapeuta, perché potrebbe essere una chiave alla comprensione di Lei e per Lei - di sé stessa. Penso che nel Suo caso serve un percorso di psicoterapia più lungo che breve (o comunque, anche se nella psicoterapia ci fossero delle lunghe pause, avere una/uno psicoterapeuta di riferimento dalla quale poter tornare periodicamente).
Inceve come medico psichiatra non posso fare alcuna prognosi chiara se non visito e se non conosco abbastanza bene la persona. Se Lei chiede dei tempi di guarigione, questi dipendono dalla diagnosi del disturbo (la quale non è stata ancora fatta) e poi sono legati anche ai fattori individuali (secondo me, non è serio parlare della "media").
Anche rispetto alle circostanze "della vita" che hanno contribuito, come la perdita del nonno.. : prima si riteneva che una reazione fisiologica al lutto debba durare, se non sbaglio, circa sei mesi, ma al giorno d'oggi, si riconosce che tale stima è molto semplicistica, che, a secondo della persona, i tempi sono variabili, e che anche in generale nella nostra cultura potrebbero essere più lunghi.
Anche il "periodo di crescita personale" (che può far parte del quadro) va considerato, e considerarlo aiuta alla cura, ma non aiuta a fare le stime precise, perché, se Lei parla di bisessualità, allora il Suo sviluppo personale può essere più particolare rispetto alla "media", richiedendo di affrontare i vissuti e le eventuali conflittualità che le persone della stessa società nella loro "media" non affrontano (ovvero, le affrontano sì, ma per un periodo più limitato e all'epoca diversa - prima della pubertà, e, nell maggior parte dei casi senza viverlo come una identificazione dichiarata e consapevole).
E' un bene che ci sono stati dei miglioramenti ! ma quaeto non vuol dire che non si tratta di una patologia. La patologia psichica non significa "non poter migliorare", "disturbo cronico", "incurabile" (come è stato stereotipamente considerato ai vecchi tempi). Anzi, le patologie possono migliorare, sia con le cure, sia talvolta spontaneamente. Ma ciò non toglie che si tratta di patologia, non toglie che eventualmente non possono esserci i peggioramenti o le ricadute.
"volevo sapere più o meno in media quanto tempo ci si mette per tornare ad essere totalmente sereni?"
"Totalmente sereni" ? Penso che la serenità non bisogna inseguire, aspettare, ma bisogna essere attenti ai momenti di serenità che magari ogni giorno possono esserci, e ai quali forse non facciamo caso... Ma... più che una domanda, mi sembra una ricerca di rassicurazione e di conferma del Suo modo di percepire la realtà... Vedo molto utile parlare di questa domanda con il Suo psicoterapeuta, perché potrebbe essere una chiave alla comprensione di Lei e per Lei - di sé stessa. Penso che nel Suo caso serve un percorso di psicoterapia più lungo che breve (o comunque, anche se nella psicoterapia ci fossero delle lunghe pause, avere una/uno psicoterapeuta di riferimento dalla quale poter tornare periodicamente).
Inceve come medico psichiatra non posso fare alcuna prognosi chiara se non visito e se non conosco abbastanza bene la persona. Se Lei chiede dei tempi di guarigione, questi dipendono dalla diagnosi del disturbo (la quale non è stata ancora fatta) e poi sono legati anche ai fattori individuali (secondo me, non è serio parlare della "media").
Anche rispetto alle circostanze "della vita" che hanno contribuito, come la perdita del nonno.. : prima si riteneva che una reazione fisiologica al lutto debba durare, se non sbaglio, circa sei mesi, ma al giorno d'oggi, si riconosce che tale stima è molto semplicistica, che, a secondo della persona, i tempi sono variabili, e che anche in generale nella nostra cultura potrebbero essere più lunghi.
Anche il "periodo di crescita personale" (che può far parte del quadro) va considerato, e considerarlo aiuta alla cura, ma non aiuta a fare le stime precise, perché, se Lei parla di bisessualità, allora il Suo sviluppo personale può essere più particolare rispetto alla "media", richiedendo di affrontare i vissuti e le eventuali conflittualità che le persone della stessa società nella loro "media" non affrontano (ovvero, le affrontano sì, ma per un periodo più limitato e all'epoca diversa - prima della pubertà, e, nell maggior parte dei casi senza viverlo come una identificazione dichiarata e consapevole).
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.7k visite dal 06/01/2014.
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