Dipendenza da alprazolam
Salve. Da circa 3 anni, in seguito a una diagnosi di DAP con agorafobia, assumo sertralina (50mg/die) e alprazolam. Entrambi furono prescritti da una psichiatra presso il quale seguii anche una breve psicoterapia.
Saranno almeno 2 anni che non ho un attacco di panico, ma rimango di fondo una persona ansiosa, con tendenza a rimuginare eccessivamente, leggermente sociofobica e, ultimamente, piuttosto depressa.
Riconosco di essere dipendente dall'alprazolam (e dopo tutto questo tempo non potrebbe essere diversamente), dal quale non avverto in realtà più alcun reale beneficio, ma la cui assunzione mi "rassicura" ed è ormai "rituale". Tendendo ad aumentare di continuo il dosaggio ogni volta che in questi anni mi sono trovato ad affrontare situazioni di particolare stress, sono arrivato ad assumerne mediamente circa 2 mg al giorno, e in giornate molto stressanti anche di più. Ovvero di norma prendo 25 gocce 3 volte al giorno, ma mi capita ogni tanto di prenderne quantità maggiori, ad esempio nel corso di trasferte di lavoro molto impegnative e stressanti... una volta ho praticamente consumato un boccettino in 3 giorni.
Insomma quando mi prende la paura di non poter controllare l'ansia, o che possa precipitare in un attacco di panico, mi viene automatico ricorrere all'alprazolam.
Ora davvero non ne posso più di essere dipendente da questi maledetti boccettini, di portarmeli dietro come talismani... ma la sospensione mi spaventa, in rete si leggono cose terribili sull'alprazolam... che dà più dipendenza dell'eroina, sintomi di astinenza tipo delirium tremens, anche letali... un sacco di gente racconta di essere finita al pronto soccorso con crisi epilettiche per l'astinenza da alprazolam. Ma la cosa peggiore, c'è chi sostiene che i sintomi da astinenza, anche gravi, possono presentarsi anche a mesi di distanza dalla sospensione o riduzione della dose... il che è davvero molto inquietante!
Da solo non ce la posso fare... voi sapete se i SERT trattano anche questo tipo di dipendenze?
Sono come molti in una situazione economica difficile (che non aiuta a superare l'ansia, ça và sans dire) e se potessi rivolgermi a specialisti del SSN, evitando di spendere centinaia di Euro al mese da uno psichiatra privato... sarebbe auspicabile.
Grazie, cordiali saluti.
Saranno almeno 2 anni che non ho un attacco di panico, ma rimango di fondo una persona ansiosa, con tendenza a rimuginare eccessivamente, leggermente sociofobica e, ultimamente, piuttosto depressa.
Riconosco di essere dipendente dall'alprazolam (e dopo tutto questo tempo non potrebbe essere diversamente), dal quale non avverto in realtà più alcun reale beneficio, ma la cui assunzione mi "rassicura" ed è ormai "rituale". Tendendo ad aumentare di continuo il dosaggio ogni volta che in questi anni mi sono trovato ad affrontare situazioni di particolare stress, sono arrivato ad assumerne mediamente circa 2 mg al giorno, e in giornate molto stressanti anche di più. Ovvero di norma prendo 25 gocce 3 volte al giorno, ma mi capita ogni tanto di prenderne quantità maggiori, ad esempio nel corso di trasferte di lavoro molto impegnative e stressanti... una volta ho praticamente consumato un boccettino in 3 giorni.
Insomma quando mi prende la paura di non poter controllare l'ansia, o che possa precipitare in un attacco di panico, mi viene automatico ricorrere all'alprazolam.
Ora davvero non ne posso più di essere dipendente da questi maledetti boccettini, di portarmeli dietro come talismani... ma la sospensione mi spaventa, in rete si leggono cose terribili sull'alprazolam... che dà più dipendenza dell'eroina, sintomi di astinenza tipo delirium tremens, anche letali... un sacco di gente racconta di essere finita al pronto soccorso con crisi epilettiche per l'astinenza da alprazolam. Ma la cosa peggiore, c'è chi sostiene che i sintomi da astinenza, anche gravi, possono presentarsi anche a mesi di distanza dalla sospensione o riduzione della dose... il che è davvero molto inquietante!
Da solo non ce la posso fare... voi sapete se i SERT trattano anche questo tipo di dipendenze?
Sono come molti in una situazione economica difficile (che non aiuta a superare l'ansia, ça và sans dire) e se potessi rivolgermi a specialisti del SSN, evitando di spendere centinaia di Euro al mese da uno psichiatra privato... sarebbe auspicabile.
Grazie, cordiali saluti.
[#1]
Gentile utente
Uno psichiatra del SSN dovrebbe essere in grado di gestire la terapia con alprazolam senza difficoltà.
Uno psichiatra del SSN dovrebbe essere in grado di gestire la terapia con alprazolam senza difficoltà.
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#3]
Utente
Buongiorno dottore, ho preso appuntamento con una psichiatra del Dipartimento di Salute Mentale della mia città. Sarà tra 20 giorni, nel frattempo continuo con i farmaci che sto prendendo sperando che non peggiori la depressione che sento piuttosto forte in questo periodo... saranno forse le feste, ma a volte mi sembra di veramente di essere svuotato di ogni voglia di vivere... poi in genere passa, ma quando arriva è piuttosto brutto. Permane un generale stato ansioso placato dall'alprazolam.
Volevo chiederle... ipotizzando la possibilità che la psichiatra che mi visiterà decida che dopo 3 anni (con buoni risultati ma che sembrano scemare) sia il caso di cambiare l'antidepressivo, dovrei fare un periodo di "washing out"?
Ammetto che l'idea di restare "scoperto" dall'antidepressivo che in ogni caso ha fatto sparire i miei attacchi di panico mi preoccupa un po'. Secondo lei vista la dose bassa di sertralina sarebbe ipoteticamente possibile passare ad un altro farmaco direttamente senza sospensioni?
Grazie.
Volevo chiederle... ipotizzando la possibilità che la psichiatra che mi visiterà decida che dopo 3 anni (con buoni risultati ma che sembrano scemare) sia il caso di cambiare l'antidepressivo, dovrei fare un periodo di "washing out"?
Ammetto che l'idea di restare "scoperto" dall'antidepressivo che in ogni caso ha fatto sparire i miei attacchi di panico mi preoccupa un po'. Secondo lei vista la dose bassa di sertralina sarebbe ipoteticamente possibile passare ad un altro farmaco direttamente senza sospensioni?
Grazie.
[#8]
Utente
Buongiorno. La scorsa settimana sono stato visto da uno psichiatra presso un IRCCS specialistico convenzionato della mia città. La diagnosi dopo la prima visita è quella che ci si poteva aspettare e che del resto mi era stata già fatta in passato, anche se mai veramente "formalizzata": disturbo ansioso-depressivo, con DAP in anamnesi (anche se non ho attacchi come dicevo da almeno 2 anni).
Il medico è stato abbastanza tranquillizzante, ha aumentato il dosaggio di sertralina da 50 a 75 mg, prospettandomi di arrivare a 100 dopo la prossima visita di controllo a un mese. Inizierò a breve una psicoterapia cognitivo-comportamentale. La riduzione dell'alprazolam nei fatti è già iniziata, perché mi ha "proibito" di farne uso "al bisogno", non superando le 25 gtt x3/die. Da qui inizieremo lo scalaggio.
Dopo 6 giorni dall'aumento della sertralina inizio a vedere qualche piccolo miglioramento nel tono generale dell'umore, ma stamattina ho fatto l'errore di andarmi a leggere su wikipedia inglese la voce "Benzodiazepine withdrawal syndrome". Sono preoccupato. Si parla, anche a fronte di riduzioni graduali e di dosaggi e tempi non elevati, di sintomi da astinenza che possono durare mesi o addirittura anni, almeno due mesi dall'assunzione dell'ultima dose nelle migliore delle ipotesi.
Lo psichiatra mi ha detto che non dovrei considerare l'alprazolam il mio problema principale, ma quando si leggono certe cose, documentate da decine di link a studi clinici... come si può minimizzare il problema? Perché i medici, a partire da quelli di base per arrivare agli stessi psichiatri, non sono più cauti nella prescrizione di benzodiazepine? Perché non si impongono linee guida più stringenti (sembra che in UK ci stiano lavorando) e non si prevedono sanzioni per i medici che prescrivono "allegramente" questi farmaci e per i farmacisti che te li danno anche senza ricetta?
Grazie e scusate lo sfogo.
Il medico è stato abbastanza tranquillizzante, ha aumentato il dosaggio di sertralina da 50 a 75 mg, prospettandomi di arrivare a 100 dopo la prossima visita di controllo a un mese. Inizierò a breve una psicoterapia cognitivo-comportamentale. La riduzione dell'alprazolam nei fatti è già iniziata, perché mi ha "proibito" di farne uso "al bisogno", non superando le 25 gtt x3/die. Da qui inizieremo lo scalaggio.
Dopo 6 giorni dall'aumento della sertralina inizio a vedere qualche piccolo miglioramento nel tono generale dell'umore, ma stamattina ho fatto l'errore di andarmi a leggere su wikipedia inglese la voce "Benzodiazepine withdrawal syndrome". Sono preoccupato. Si parla, anche a fronte di riduzioni graduali e di dosaggi e tempi non elevati, di sintomi da astinenza che possono durare mesi o addirittura anni, almeno due mesi dall'assunzione dell'ultima dose nelle migliore delle ipotesi.
Lo psichiatra mi ha detto che non dovrei considerare l'alprazolam il mio problema principale, ma quando si leggono certe cose, documentate da decine di link a studi clinici... come si può minimizzare il problema? Perché i medici, a partire da quelli di base per arrivare agli stessi psichiatri, non sono più cauti nella prescrizione di benzodiazepine? Perché non si impongono linee guida più stringenti (sembra che in UK ci stiano lavorando) e non si prevedono sanzioni per i medici che prescrivono "allegramente" questi farmaci e per i farmacisti che te li danno anche senza ricetta?
Grazie e scusate lo sfogo.
[#11]
Utente
Ha ragione... vorrei sapere se la Vostra esperienza "sul campo" conferma che i sintomi da astinenza da BDZ possono trascinarsi per mesi o anni.
A ben pensarci nessuno mi ha mai parlato di sospensione della BDZ. Nel primo consulto lei ha parlato di "gestione", e lo psichiatra che ho visto ha parlato di scalaggio ma non mi ha posto come obiettivo la dismissione della sostanza, che parrebbe quasi non essere un obiettivo... o non essere un obiettivo realistico?
Essendo uno dei miei obiettivi vorrei sapere se "in generale" è appunto un obiettivo realistico.
A ben pensarci nessuno mi ha mai parlato di sospensione della BDZ. Nel primo consulto lei ha parlato di "gestione", e lo psichiatra che ho visto ha parlato di scalaggio ma non mi ha posto come obiettivo la dismissione della sostanza, che parrebbe quasi non essere un obiettivo... o non essere un obiettivo realistico?
Essendo uno dei miei obiettivi vorrei sapere se "in generale" è appunto un obiettivo realistico.
[#12]
Lei ha una dipendenza su un dosaggio non eccessivo facilmente gestibile.
L'operazione di variazione fatta in questo momento dovrebbe consentire una stabilizzazione dei sintomi per poi scalare la benzodiazepina senza problemi.
Il problema dell'uso di questi prodotti è che spesso i pazienti tendono a farne un uso personalizzato, quindi è probabile che in questo periodo di variazione lei abbia la tentazione di usarne di più.
Penso che il primo obiettivo posto sia la sua salute, il resto verrà da sè.
L'operazione di variazione fatta in questo momento dovrebbe consentire una stabilizzazione dei sintomi per poi scalare la benzodiazepina senza problemi.
Il problema dell'uso di questi prodotti è che spesso i pazienti tendono a farne un uso personalizzato, quindi è probabile che in questo periodo di variazione lei abbia la tentazione di usarne di più.
Penso che il primo obiettivo posto sia la sua salute, il resto verrà da sè.
[#14]
Utente
Noto, e non può non lasciare perplessi, che gli psichiatri si mostrano spesso su questo sito i meno propensi tra tutti i medici a cercare di entrare in empatia con l'interlocutore. E' paradossale, perché psichiatra significa, etimologicamente, "medico dell'anima". Il significato delle parole è importante.
Siccome anima e corpo non sono entità distinte è pacifico che ci sia una correlazione stretta tra le "malattie dell'anima" e la biochimica cerebrale, di qui l'importanza innegabile del farmaco nella cura di molti di questi disturbi. Ma altrettanto importante dovrebbe essere ascoltare ciò che dice il paziente innanzitutto (e quante volte leggendo le vostre risposte mi viene da pensare "ma ha capito la domanda"?) , chiedere informazioni su "come vive" il paziente, per esempio sulla sua situazione lavorativa, familiare, sentimentale... cosa che vedo gli psicologi su questo sito fanno spesso e volentieri, gli psichiatri quasi mai. Solo avendo questi minimi elementi si può tentare di dare un "consulto", con tutti i limiti del consulto a distanza ecc ecc...
Non voglio fare nomi ma ci sono eccezioni, così come ci sono conferme addirittura caricaturali... "si ma qual è la diagnosi?", "la diagnosi?", "non mi ha ancora detto la diagnosi", "quello che lei dice non è una diagnosi". Il DSM che dà un nome a ogni farfalla che vola nel cervello di ciascuno di noi non è la bibbia di tutti; sapete meglio di me con quale scopo nasce: dare dei parametri per i rimborsi alle assicurazioni americane... il DSM è uno strumento "contabile", non medico.
Mi dolgo, perché vivo in una città dove nel grande ospedale pubblico l'approccio in SPDC è esattamente questo: diagnosi-terapia farmacologica. E infatti abbiamo un numero enorme di TSO ricorrenti... gente che è sempre lì perché nessuno si premura di spiegargli che se non cambiano qualcosa nella loro vita non risolveranno mai nulla. In altre ASL e regioni dove l'approccio al malato psichiatrico è meno riduzionista ci sono meno TSO, soprattutto meno TSO ricorrenti... Il Friuli è un esempio.
Per riprendere un parallelismo che gli psichiatrici usano spesso al diabetico, al cardiopatico, all'iperteso vengono prescritti cambiamenti nello stile di vita... o no?
Grazie per l'ascolto.
Siccome anima e corpo non sono entità distinte è pacifico che ci sia una correlazione stretta tra le "malattie dell'anima" e la biochimica cerebrale, di qui l'importanza innegabile del farmaco nella cura di molti di questi disturbi. Ma altrettanto importante dovrebbe essere ascoltare ciò che dice il paziente innanzitutto (e quante volte leggendo le vostre risposte mi viene da pensare "ma ha capito la domanda"?) , chiedere informazioni su "come vive" il paziente, per esempio sulla sua situazione lavorativa, familiare, sentimentale... cosa che vedo gli psicologi su questo sito fanno spesso e volentieri, gli psichiatri quasi mai. Solo avendo questi minimi elementi si può tentare di dare un "consulto", con tutti i limiti del consulto a distanza ecc ecc...
Non voglio fare nomi ma ci sono eccezioni, così come ci sono conferme addirittura caricaturali... "si ma qual è la diagnosi?", "la diagnosi?", "non mi ha ancora detto la diagnosi", "quello che lei dice non è una diagnosi". Il DSM che dà un nome a ogni farfalla che vola nel cervello di ciascuno di noi non è la bibbia di tutti; sapete meglio di me con quale scopo nasce: dare dei parametri per i rimborsi alle assicurazioni americane... il DSM è uno strumento "contabile", non medico.
Mi dolgo, perché vivo in una città dove nel grande ospedale pubblico l'approccio in SPDC è esattamente questo: diagnosi-terapia farmacologica. E infatti abbiamo un numero enorme di TSO ricorrenti... gente che è sempre lì perché nessuno si premura di spiegargli che se non cambiano qualcosa nella loro vita non risolveranno mai nulla. In altre ASL e regioni dove l'approccio al malato psichiatrico è meno riduzionista ci sono meno TSO, soprattutto meno TSO ricorrenti... Il Friuli è un esempio.
Per riprendere un parallelismo che gli psichiatrici usano spesso al diabetico, al cardiopatico, all'iperteso vengono prescritti cambiamenti nello stile di vita... o no?
Grazie per l'ascolto.
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 5.5k visite dal 27/12/2013.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Attacchi di panico
Scopri cosa sono gli attacchi di panico, i sintomi principali, quanto durano e quali sono le cause. Come affrontarli e come gestire l'ansia che li provoca?