Una sindrome depressiva-ansiosa
Gentili Medici,
spero possiate indirizzarmi verso la strada corretta da seguira. Mio padre è affetto da una decina d'anni da una sindrome depressiva-ansiosa con delle recidive cicliche piuttosto gravi. In questo periodo ha compiuto degli atti che hanno compromesso esizialmente il patrimonio familiare e so che esiste la possibilità di richiederne l'annullamento, se le turbe psichiche venissero provate.Sapreste consigliarmi quali sono le prove da fornire, oltre la certificazione dello psichiatra dell'ASL che lo ha in cura? devo rivolgermi ad un medico forense? come dovremmo dimostrare lo stato di non completa lucidità? Vi ringrazio molto se potrete darmi un consiglio. cordialmente.
spero possiate indirizzarmi verso la strada corretta da seguira. Mio padre è affetto da una decina d'anni da una sindrome depressiva-ansiosa con delle recidive cicliche piuttosto gravi. In questo periodo ha compiuto degli atti che hanno compromesso esizialmente il patrimonio familiare e so che esiste la possibilità di richiederne l'annullamento, se le turbe psichiche venissero provate.Sapreste consigliarmi quali sono le prove da fornire, oltre la certificazione dello psichiatra dell'ASL che lo ha in cura? devo rivolgermi ad un medico forense? come dovremmo dimostrare lo stato di non completa lucidità? Vi ringrazio molto se potrete darmi un consiglio. cordialmente.
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Sì, richiedere un provvedimento, che abbia carattere retroattivo e protegga il patrimonio anche per il futuro. La diagnosi va definita (sindrome ansioso-depressiva non lo è, ma può darsi che quella ufficiale sia meglio definita), e quindi il tribunale decide sulla base anche di documentazione di parte che si può produrre, sia pubblica che privata. La pubblica è ritenuta più "affidabile" secondo il presupposto che il privato è "di parte" in quanto compensato per la sua attestazione.
Di solito per queste cose ci si rivolge o a un medico legale generico, o ad uno psichiatra che si occupi di psichiatria forense. Se è il curante va bene, ma anche uno psichiatra che valuti gli atti e visiti la persona una o poche volte può esprimere un parere.
Saluti
Di solito per queste cose ci si rivolge o a un medico legale generico, o ad uno psichiatra che si occupi di psichiatria forense. Se è il curante va bene, ma anche uno psichiatra che valuti gli atti e visiti la persona una o poche volte può esprimere un parere.
Saluti
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
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la controparte cercherà di dimostrare che non sussistono le ragioni che lei potrà presentare, quindi seguirà un principio di "non sussistenza" dei criteri per interdire e invalidare gli atti, o che comunque quegli specifici atti (questo il punto importante) non erano stati compiuti in condizioni di visibile e palese alterazione mentale.
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Ex utente
Grazie Dr Pacini.
Diciamo che essendo atto unilaterali per opporre l'annullabilità non è necessario che controparte fosse a conoscenza,ma soltanto che mio padre abbia conseguito un danno. art 428 cc. Quindi chiedo alla psichiatra di fare una relazione storica dettagliata e poi sarà il giudice a decidere? grazie
Diciamo che essendo atto unilaterali per opporre l'annullabilità non è necessario che controparte fosse a conoscenza,ma soltanto che mio padre abbia conseguito un danno. art 428 cc. Quindi chiedo alla psichiatra di fare una relazione storica dettagliata e poi sarà il giudice a decidere? grazie
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Si, non intendevo che la controparte dovesse "accorgersi", ma che è utile comprovare le condizioni di suo padre con ogni elemento, documento o testimonianza che indica se e come in quel periodo le sue condizioni fossero alterate. Lo erano in ragione della diagnosi e del non compenso "in cronico", ma se in quel periodo ci sono riscontri di altro genere se ne desume che anche per quell'atto da annullare fossero ugualmente alterate.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.1k visite dal 22/06/2008.
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