Rimorso ossessivo posttraumatico
Egregio Dottore,
le chiedo un parere e un consiglio. Sto attraversando un periodo di profonda depressione, associata a tremendi sensi di colpa, in seguito al decesso di mia madre e alle circostanze in cui è avvenuto. In breve, mia madre 69enne aveva un aneurisma aortico, e l'operazione, viste le sue condizioni di salute (affetta da l.e.s., con ischemia cardiaca post-infartuale, aterosclerosi, enfisema, ecc.) era ad altissimo rischio. Per cui sia lei che noi familiari optammo per una terapia di salvaguardia e monitoraggio, sperando che l'aneurisma evolvesse il più lentamente possibile. Mia madre assumeva farmaci antiipertensivi e ultimamente, anche su mio consiglio, si era fatta cambiare farmaco in quanto quello che assumeva le dava grossi problemi di spossatezza e astenia. La notte in cui ha avuto il malore (rottura dell'aneurisma) è riuscita a comporre per due volte, a distanza di un minuto l'una dall'altra, il numero di telefono di casa mia (abitavamo nella stessa via; lei viveva sola, io pure, in due case diverse). Io ho risposto entrambe le volte, ma la telefonata era muta. Ho avuto il sospetto che potesse essere mia madre. Così mi sono vestito, sono uscito e sono andato a casa sua. In quel momento non immaginavo che il malore potesse essere fulminante; ritenevo che se fosse stata lei a chiamarmi al telefono, avrei dovuto trovarla alzata, con le luci accese, o sentire qualche rumore. Invece, entrato con discrezione in casa di mia madre, constatai che tutte le luci erano spente e che c'era un silenzio assoluto. Così, in buona fede, pensai che mia madre stesse dormendo, e che quelle telefonate mute fossero state uno scherzo o un errore, e, addirittura con il timore di svegliarla di soprassalto, senza accendere nessuna luce lasciai il suo appartamento e me ne tornai nel mio. La mattina seguente sono andato di nuovo da lei e l'ho trovata morta, in bagno, con il lavandino pieno di sangue e in mano il cordless con cui aveva tentato di chiamarmi. Da quel momento il rimorso non mi ha più lasciato. a nulla sono valse le parole dei medici, per i quali la rottura di un aneurisma dell'arco aortico è un evento fatale per cui non sarei comunque riuscito a far nulla per salvarla. quand'anche fosse così, non mi perdono il fatto di non essermi accorto di ciò che stava succedendo: se avesse avuto un malore meno grave, se fosse stato fondamentale soccorrerla subito, io parimenti non mi sarei accorto della situazione. a questo rimorso primario, tremendo, costante, se ne aggiungono altri: non averla fatta operare, averla indotta a chiedere al medico un cambio di terapia farmacologica subito dopo il quale è deceduta; e infine, averla fatta cremare (come da sua volontà messa per iscritto), essendo io profondamente contrario alla cremazione: vedere mia madre trasformata in pochi giorni da essere vivente in cassettina cineraria non mi ha certo aiutato ad elaborare il lutto.
Non riesco a intravedere uno sbocco alla mia angoscia
Preciso di essere di sesso maschile
le chiedo un parere e un consiglio. Sto attraversando un periodo di profonda depressione, associata a tremendi sensi di colpa, in seguito al decesso di mia madre e alle circostanze in cui è avvenuto. In breve, mia madre 69enne aveva un aneurisma aortico, e l'operazione, viste le sue condizioni di salute (affetta da l.e.s., con ischemia cardiaca post-infartuale, aterosclerosi, enfisema, ecc.) era ad altissimo rischio. Per cui sia lei che noi familiari optammo per una terapia di salvaguardia e monitoraggio, sperando che l'aneurisma evolvesse il più lentamente possibile. Mia madre assumeva farmaci antiipertensivi e ultimamente, anche su mio consiglio, si era fatta cambiare farmaco in quanto quello che assumeva le dava grossi problemi di spossatezza e astenia. La notte in cui ha avuto il malore (rottura dell'aneurisma) è riuscita a comporre per due volte, a distanza di un minuto l'una dall'altra, il numero di telefono di casa mia (abitavamo nella stessa via; lei viveva sola, io pure, in due case diverse). Io ho risposto entrambe le volte, ma la telefonata era muta. Ho avuto il sospetto che potesse essere mia madre. Così mi sono vestito, sono uscito e sono andato a casa sua. In quel momento non immaginavo che il malore potesse essere fulminante; ritenevo che se fosse stata lei a chiamarmi al telefono, avrei dovuto trovarla alzata, con le luci accese, o sentire qualche rumore. Invece, entrato con discrezione in casa di mia madre, constatai che tutte le luci erano spente e che c'era un silenzio assoluto. Così, in buona fede, pensai che mia madre stesse dormendo, e che quelle telefonate mute fossero state uno scherzo o un errore, e, addirittura con il timore di svegliarla di soprassalto, senza accendere nessuna luce lasciai il suo appartamento e me ne tornai nel mio. La mattina seguente sono andato di nuovo da lei e l'ho trovata morta, in bagno, con il lavandino pieno di sangue e in mano il cordless con cui aveva tentato di chiamarmi. Da quel momento il rimorso non mi ha più lasciato. a nulla sono valse le parole dei medici, per i quali la rottura di un aneurisma dell'arco aortico è un evento fatale per cui non sarei comunque riuscito a far nulla per salvarla. quand'anche fosse così, non mi perdono il fatto di non essermi accorto di ciò che stava succedendo: se avesse avuto un malore meno grave, se fosse stato fondamentale soccorrerla subito, io parimenti non mi sarei accorto della situazione. a questo rimorso primario, tremendo, costante, se ne aggiungono altri: non averla fatta operare, averla indotta a chiedere al medico un cambio di terapia farmacologica subito dopo il quale è deceduta; e infine, averla fatta cremare (come da sua volontà messa per iscritto), essendo io profondamente contrario alla cremazione: vedere mia madre trasformata in pochi giorni da essere vivente in cassettina cineraria non mi ha certo aiutato ad elaborare il lutto.
Non riesco a intravedere uno sbocco alla mia angoscia
Preciso di essere di sesso maschile
[#1]
"e infine, averla fatta cremare (come da sua volontà messa per iscritto), essendo io profondamente contrario alla cremazione: "
Infatti il punto è che a volte i pensieri che pongono dei problemi rivelano il loro non-senso, come in questo caso, in cui comunque non c'è scelta che la soddisfa. In ogni caso c'è qualcosa su cui avere un rimorso possibile.
Anzi, proprio questi nodi sono quello che alla fine costringe il cervello a lasciar perdere questo tipo di questioni, che già in partenza nascono come dubbi ridondanti e non certo come strade, per quanto tortuose, verso una soluzione o una risposta.
Se però, al di là dei tempi immediatamente successivi al lutto, questi pensiero continuano a riproporsi anche se li riconosce come delle interferenze indesiderabili e inutili, può farsi visitare. Eviti termini tecnici (tipo post-traumatico o ossessione, questi li definirà il medico).
Infatti il punto è che a volte i pensieri che pongono dei problemi rivelano il loro non-senso, come in questo caso, in cui comunque non c'è scelta che la soddisfa. In ogni caso c'è qualcosa su cui avere un rimorso possibile.
Anzi, proprio questi nodi sono quello che alla fine costringe il cervello a lasciar perdere questo tipo di questioni, che già in partenza nascono come dubbi ridondanti e non certo come strade, per quanto tortuose, verso una soluzione o una risposta.
Se però, al di là dei tempi immediatamente successivi al lutto, questi pensiero continuano a riproporsi anche se li riconosce come delle interferenze indesiderabili e inutili, può farsi visitare. Eviti termini tecnici (tipo post-traumatico o ossessione, questi li definirà il medico).
Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 1.9k visite dal 13/11/2013.
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