Depressione postictus tentato suicidio
Gentile dott.Martidialis, le scrivo per sottoporre alla sua attenzione il caso di mia moglie Stefania che, giorno dopo giorno, soprattutto alla luce degli ultimi eventi, ci sta gettando nel più profondo sconforto.
Nel tracciarle un quadro quanto più sintetico possibile di una situazione comunque assai complessa, riterrei più opportuno partire dalla fine. Da sabato 08 settembre scorso. Stefania, bella, solare e piena di vita è arrivata ad un tale punto di disperazione da ingerire 35 pasticche di Lendormin e un flacone intero di Tranquirit.
Non so quale angelo custode l’abbia salvata, anche perché nessuno di noi, pur essendo tutti in casa, si è accorto di nulla. Mentre io dormivo, Stefania è tornata a letto si è distesa accanto a me e ha aspettato che il suo tormento finisse.
A questo punto faccio un salto all’indietro, al quel fatidico 13 gennaio 2012.
Alle sette del mattino Stefania, senza che vi fossero fattori di rischio significativi, se non una familiarità da parte di padre per le malattie cardiovascolari, ha accusato i sintomi in equivocabili dell’ictus cerebrale. Ictus ischemico, per la precisione.
Anche in quel caso però, come sabato scorso, il solito angelo, o comunque lo si voglia chiamare, l’ha salvata. Dopo circa venti giorni di ricovero, partendo dalla emiparesi del lato destro con quasi totale perdita del linguaggio, Stefania è stata dimessa con il totale recupero motorio ed ha cominciato il percorso, un po’ più lento, della logopedia. Dopo circa sei mesi dall’evento il recupero del linguaggio era arrivato direi a circa il 90 per cento. Tutto andava per il meglio, insomma. Quando eravamo ad un passo dal recupero totale, al rientro dalle vacanze 2012, Stefania ha invece cominciato a precipitare nel baratro della depressione, dal quale nonostante varie cure tentate e vari specialisti interpellati non riusciamo a venir fuori. Le descrivo in due righe la giornata di Stefania. Subito dopo la sveglia crisi di ansia fortissime con spasmi incontrollabili e movimenti degli arti e del tronco; spesso subentrano anche conati di vomito. Lieve miglioramento intorno ad ora di pranzo. Dopo pranzo subentra quasi sempre un mal di testa che lei riferisce a volte come un peso sul capo, altre come una sorta di tensione, come se la testa fosse – dice lei – un palloncino gonfio che esercita una pressione sulle tempie e sulla fronte. Andando avanti verso la sera tende a stare visibilmente meglio, fino ad arrivare ad un discreto stato generale a cominciare da qualche ora prima di andare a letto. Il tutto in un quadro di cupezza, tristezza e spesso di disperazione, sempre rapportati alle sue convinzioni sulla impossibilità di recupero di una qualità di vita simile a quello precedente all’evento. Stefania è ( voglio parlare al presente ) una insegnante di sostegno che ha sempre svolto con passione e dedizione il suo lavoro, ed è proprio il timore di non sentirsi più all’altezza del suo compito che la sta logorando ogni giorno di più, essendo oramai arrivato il momento del rientro, cui al momento non è assolutamente pronta.
Circa le terapie prescritte, mi limiterò ad una brevissima elencazione specificandole se sono state o no eseguite. Una precisazione è però importantissima; Stefania accusa una particolare sensibilità a questo tipo di farmaci; più in particolare ha reazioni paradosse agli antidepressivi, almeno a quelli finora adoperati, che le accentuano ancor più le fortissime crisi di ansia in particolare al mattino. Al contrario, anche alla luce degli ultimi drammatici eventi – ed in questo caso per fortuna – risponde poco agli ansiolitici. Dopo avere assunto il quantitativo di sedativi che le ho descritto prima, i suoi parametri, rilevati quando ci siamo accorti di quanto era accaduto, e cioè circa 4 ore dopo l’assunzione, erano normalissimi. Stefania riposava con respiro regolare e pressione normale. Nel dormiveglia ci ha inizialmente solo riferito confusamente di avere assunto l’intero flacone di Tranquirit e solo successivamente, in un altro momento di maggiore lucidità, ci ha detto delle pasticche di Lendormin. Dopo un primo intervento del 118, quando sapevamo solo dell’assunzione del Tranquirit e, visto il buono stato generale si era ritenuto di non fare altro che tenerla il più possibile sveglia. Avendo appreso anche il dato relativo al Lendormin abbiamo poi ritenuto di portare Stefania in ospedale dove si sono limitati a praticare terapia con flebo, che ho poi continuato a casa per tutta la notte e fino alle 10 del mattino seguente e….a lasciarla da sola per circa 4 ore in una stanza con tanto di finestra, senza alcuna protezione!!
Il timore delle reazioni ha fatto sì che, delle terapie prescrittele, non tutte siano state eseguite. Glie le vado rapidamente ad elencare; iniziamo con Cymbalta da 30 mg ad ora di pranzo e 15 gg di Songar prima di andare a letto; dopo una reazione terribile che mi aveva fatto temere il peggio siamo passati ad altro specialista e ad Entact, gradualmente fino 10 mg, 8 + 8 gg di Tranquirit al matt ed al pom; 10 gg Minias la sera prima di andare a letto, Sargenor 2 fialoidi al mattino ed uno al pom. Dopo circa due mesi senza alcun risultato abbiamo ancora parzialmente cambiato terapia aggiungendo Neuleptil 4gg a regime, Lendormin 1 comp, da sostituire gradualmente al Minias, Remeron 15mg a regime, Periactin sciroppo ( per totale mancanza di appetito ), Car-go bust, 1i bust. al giorno. Dopo visita neurologica di controllo è stata integrata la terapia con aggiunta Zyprexa, a regime 2,5/5 mg. Terapia ancora in corso Sereupin 20mg al mattino, Xanax gg 20 +20 +20 mg - matt/pom/sera, Lendormin una comp. Prima di andare a letto
Terapie proposte, ma non effettuate: 1) Effexor 75mg, 1 comp. al giorno a regime, haldol gg, 3 gg mattino e 3gg sera, EN gg 5/10 matt, 5/10 pom, 5/10 sera 2) Citalopram 20mg, 1 comp alla sera, Haldol gg, 3 gg mattino e 3 gg sera EN gg 5/10 matt, 5/10 pom, 5/10 sera.
Gentile dottore, questo è tutto. La mia richiesta è semplice: come fare ad uscire da questo incubo?
Mi scusi per la lunghezza del mio quesito, ma d’altro canto mi pare di poter dire che si tratta di un caso piuttosto complesso.
Nel ringraziarla per il tempo che potrà e vorrà dedicarmi la saluto cordialmente.
Nel tracciarle un quadro quanto più sintetico possibile di una situazione comunque assai complessa, riterrei più opportuno partire dalla fine. Da sabato 08 settembre scorso. Stefania, bella, solare e piena di vita è arrivata ad un tale punto di disperazione da ingerire 35 pasticche di Lendormin e un flacone intero di Tranquirit.
Non so quale angelo custode l’abbia salvata, anche perché nessuno di noi, pur essendo tutti in casa, si è accorto di nulla. Mentre io dormivo, Stefania è tornata a letto si è distesa accanto a me e ha aspettato che il suo tormento finisse.
A questo punto faccio un salto all’indietro, al quel fatidico 13 gennaio 2012.
Alle sette del mattino Stefania, senza che vi fossero fattori di rischio significativi, se non una familiarità da parte di padre per le malattie cardiovascolari, ha accusato i sintomi in equivocabili dell’ictus cerebrale. Ictus ischemico, per la precisione.
Anche in quel caso però, come sabato scorso, il solito angelo, o comunque lo si voglia chiamare, l’ha salvata. Dopo circa venti giorni di ricovero, partendo dalla emiparesi del lato destro con quasi totale perdita del linguaggio, Stefania è stata dimessa con il totale recupero motorio ed ha cominciato il percorso, un po’ più lento, della logopedia. Dopo circa sei mesi dall’evento il recupero del linguaggio era arrivato direi a circa il 90 per cento. Tutto andava per il meglio, insomma. Quando eravamo ad un passo dal recupero totale, al rientro dalle vacanze 2012, Stefania ha invece cominciato a precipitare nel baratro della depressione, dal quale nonostante varie cure tentate e vari specialisti interpellati non riusciamo a venir fuori. Le descrivo in due righe la giornata di Stefania. Subito dopo la sveglia crisi di ansia fortissime con spasmi incontrollabili e movimenti degli arti e del tronco; spesso subentrano anche conati di vomito. Lieve miglioramento intorno ad ora di pranzo. Dopo pranzo subentra quasi sempre un mal di testa che lei riferisce a volte come un peso sul capo, altre come una sorta di tensione, come se la testa fosse – dice lei – un palloncino gonfio che esercita una pressione sulle tempie e sulla fronte. Andando avanti verso la sera tende a stare visibilmente meglio, fino ad arrivare ad un discreto stato generale a cominciare da qualche ora prima di andare a letto. Il tutto in un quadro di cupezza, tristezza e spesso di disperazione, sempre rapportati alle sue convinzioni sulla impossibilità di recupero di una qualità di vita simile a quello precedente all’evento. Stefania è ( voglio parlare al presente ) una insegnante di sostegno che ha sempre svolto con passione e dedizione il suo lavoro, ed è proprio il timore di non sentirsi più all’altezza del suo compito che la sta logorando ogni giorno di più, essendo oramai arrivato il momento del rientro, cui al momento non è assolutamente pronta.
Circa le terapie prescritte, mi limiterò ad una brevissima elencazione specificandole se sono state o no eseguite. Una precisazione è però importantissima; Stefania accusa una particolare sensibilità a questo tipo di farmaci; più in particolare ha reazioni paradosse agli antidepressivi, almeno a quelli finora adoperati, che le accentuano ancor più le fortissime crisi di ansia in particolare al mattino. Al contrario, anche alla luce degli ultimi drammatici eventi – ed in questo caso per fortuna – risponde poco agli ansiolitici. Dopo avere assunto il quantitativo di sedativi che le ho descritto prima, i suoi parametri, rilevati quando ci siamo accorti di quanto era accaduto, e cioè circa 4 ore dopo l’assunzione, erano normalissimi. Stefania riposava con respiro regolare e pressione normale. Nel dormiveglia ci ha inizialmente solo riferito confusamente di avere assunto l’intero flacone di Tranquirit e solo successivamente, in un altro momento di maggiore lucidità, ci ha detto delle pasticche di Lendormin. Dopo un primo intervento del 118, quando sapevamo solo dell’assunzione del Tranquirit e, visto il buono stato generale si era ritenuto di non fare altro che tenerla il più possibile sveglia. Avendo appreso anche il dato relativo al Lendormin abbiamo poi ritenuto di portare Stefania in ospedale dove si sono limitati a praticare terapia con flebo, che ho poi continuato a casa per tutta la notte e fino alle 10 del mattino seguente e….a lasciarla da sola per circa 4 ore in una stanza con tanto di finestra, senza alcuna protezione!!
Il timore delle reazioni ha fatto sì che, delle terapie prescrittele, non tutte siano state eseguite. Glie le vado rapidamente ad elencare; iniziamo con Cymbalta da 30 mg ad ora di pranzo e 15 gg di Songar prima di andare a letto; dopo una reazione terribile che mi aveva fatto temere il peggio siamo passati ad altro specialista e ad Entact, gradualmente fino 10 mg, 8 + 8 gg di Tranquirit al matt ed al pom; 10 gg Minias la sera prima di andare a letto, Sargenor 2 fialoidi al mattino ed uno al pom. Dopo circa due mesi senza alcun risultato abbiamo ancora parzialmente cambiato terapia aggiungendo Neuleptil 4gg a regime, Lendormin 1 comp, da sostituire gradualmente al Minias, Remeron 15mg a regime, Periactin sciroppo ( per totale mancanza di appetito ), Car-go bust, 1i bust. al giorno. Dopo visita neurologica di controllo è stata integrata la terapia con aggiunta Zyprexa, a regime 2,5/5 mg. Terapia ancora in corso Sereupin 20mg al mattino, Xanax gg 20 +20 +20 mg - matt/pom/sera, Lendormin una comp. Prima di andare a letto
Terapie proposte, ma non effettuate: 1) Effexor 75mg, 1 comp. al giorno a regime, haldol gg, 3 gg mattino e 3gg sera, EN gg 5/10 matt, 5/10 pom, 5/10 sera 2) Citalopram 20mg, 1 comp alla sera, Haldol gg, 3 gg mattino e 3 gg sera EN gg 5/10 matt, 5/10 pom, 5/10 sera.
Gentile dottore, questo è tutto. La mia richiesta è semplice: come fare ad uscire da questo incubo?
Mi scusi per la lunghezza del mio quesito, ma d’altro canto mi pare di poter dire che si tratta di un caso piuttosto complesso.
Nel ringraziarla per il tempo che potrà e vorrà dedicarmi la saluto cordialmente.
[#1]
Gentile utente,
Innanzitutto faccio a sua moglie e a lei un grande in bocca al lupo per la pronta risoluzione di questa situazione acuta. In merito alla condizione depressiva, noi psichiatri sappiamo bene che la risposta agli antidepressivi é molto spesso inefficace.. Per questo motivo spesso occorre far ricorso a terapie che prevedano l'associazione di più farmaci, anche con meccanismo d'azione diverso.
Non conoscendo la condizione clinica dell'interesse fa non posso esprimere alcun giudizio sulle terapie intraprese finora. Tuttavia il mio consiglio, se posso permettermi, é quello di non cambiare medico o terapia alla prima difficoltà. A mio parere occorre affidarsi ad uno specialista e seguirne le indicazioni, tenendolo sempre informato riguardo alle variazioni cliniche o agli effetti collaterali. In questo modo lo specialista potrà seguire un filo logico nella prescrizione delle terapie. In più, potrebbe essere necessario associare un percorso di supporto psicologico, considerato che la signora ha subito un evento altamente invalidante come l'ictus e deve intraprendere un difficile e impegnativo percorso riabilitativo, in parte già completato.
Resto a sua disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.
Cordiali saluti
Innanzitutto faccio a sua moglie e a lei un grande in bocca al lupo per la pronta risoluzione di questa situazione acuta. In merito alla condizione depressiva, noi psichiatri sappiamo bene che la risposta agli antidepressivi é molto spesso inefficace.. Per questo motivo spesso occorre far ricorso a terapie che prevedano l'associazione di più farmaci, anche con meccanismo d'azione diverso.
Non conoscendo la condizione clinica dell'interesse fa non posso esprimere alcun giudizio sulle terapie intraprese finora. Tuttavia il mio consiglio, se posso permettermi, é quello di non cambiare medico o terapia alla prima difficoltà. A mio parere occorre affidarsi ad uno specialista e seguirne le indicazioni, tenendolo sempre informato riguardo alle variazioni cliniche o agli effetti collaterali. In questo modo lo specialista potrà seguire un filo logico nella prescrizione delle terapie. In più, potrebbe essere necessario associare un percorso di supporto psicologico, considerato che la signora ha subito un evento altamente invalidante come l'ictus e deve intraprendere un difficile e impegnativo percorso riabilitativo, in parte già completato.
Resto a sua disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.
Cordiali saluti
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 4k visite dal 15/09/2013.
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