Distimia

Salve, sono a richidervi un parere che esula da cio che generalmente vi viene richiesto. In pratica non trovo risposte in merito a come comportarsi con chi è affetto da disturbo distimico. Mi spiego, frequento da circa un anno una persona affetta da questo disturbo, non nego di essermene innamorato e di voler costruire una vita con lei. Sono stato affettivamente corrisposto quando lei lavorava, seppur con enorme sforzo, in una città diversa dal luogo dove risiede e nonstante mi dicesse di non provare sentimento nei miei confronti il suo atteggiamento era totalmente all'opposto. Ora lei è rientrata, sono andato a trovarla e quì sì mi cerca ma contemporaneamente sembra volere che io mi stacchi da lei. Ovviamente questa situazione dovrebbe portarmi ad allontanarmi, ma il sentimento che provo è più forte e ancora più forte è la volonta di aiutarla e sperare in un futuro con lei. Per quanto descritto desidero un parere non tanto nel capire se e cosa prova nei mi confronti, (chiederei troppo), ma come aiutarla e come comportarmi per capire se da parte sua ci sia un sentimento che aiuti lei a guarire e la nostra storia ad avere un futuro. Chiedo scusa se l'argomento può sembrare banale, ma per me e a chi vive queste situazioni può essere un valido e importante aiuto il parere di esperti come voi che dedicate il vostro tempo nel cercare di aiutare il prossimo. Grazie per tutto questo. M
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

Ma chi ha stabilito che la persona soffra di "disturbo distimico" ? E' in trattamento ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Gentile Dottore La ringrazio per avermi risposto. Dunque, la persona in questione alcuni anni fa è stata in forte depressione, con una ricaduta nel 2010, dopo esserne in parte uscita le è stato diagnosticato appunto il disturbo distimico. Le notizie in mio possesso sono quanto segue: E' in trattamento, ma credo che il psicoterapeuta non venga consultato con regolarità e la persona si sta affidando ai psicofarmaci, qualche tempo fa a fatto anche da se, fortunatamente senza creare ulteriori danni, credo inoltre che non si sia creata l'empatia che in questi casi è necessaria. Mi ha assicurato che appena le trovo un psichiatra - psicoterapeuta prenderà a seguire regolarmente in quanto ora sono due i medici che la seguono, mentre nel suo caso ritengo debba essere uno solo a seguirla, in più grazie al cielo ha la volontà di voler uscire da questa situazione. Ho cercato di fare un sunto della situazione in modo da avere un parere alla domanda di cui sopra.
p.s. Mi perdoni se non ho usato termini appropriati o chiari, ma è la prima volta che mi trovo in questa situazione e l'unica arma che ho per aiutarla è l'affetto e l'interessarmi a tutti i costi, non ho altro. La ringrazio ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

Sa quali medicinali assume ? La terapia farmacologica non è che richieda sempre uno stretto monitoraggio se la persona sta bene, mentre l'autogestione dei medicinali non è consigliabile perché si incorre in errori comuni legati all'idea che uno ha delle proprie malattie o allo stato in cui ci si trova, dando priorità ad alcuni aspetti invece che ad altri.
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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Salve Dott.re
I farmaci attualmente assunti sono Cibalta, credo si scriva così, e la Tavor che a volte viene sostituita da Lexoial. Il problema è che la sento parlare raramente di psico terapia cosa che da quel che poco che ne so dovrebbe essere più importante da seguire e andare di pari passo con la cura farmacologica onde poter cercare di ridurre fin quanto possibile i farmaci stessi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
"cosa che da quel che poco che ne so dovrebbe essere più importante da seguire e andare di pari passo con la cura farmacologica onde poter cercare di ridurre fin quanto possibile i farmaci stessi."

Questo chi l'ha detto ? Non è così. La psicoterapia non serve a ridurre i farmaci. Non è che curare coi farmaci sia un gradino peggio di curarsi senza. Sono due strumenti, possono coesistere, spesso contribuiscono agli stessi risultati. Non sempre ci sono strumenti dell'uno o dell'altro tipo per tutte le diagnosi.
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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Grazie per la sua precisazione che ho molto apprezzato come chiarimento, a breve la persona sarà seguita da un nuovo medico con cui si è creata una certa empatia, e credo che questo sia un fattore comunque positivo. Ora però, se è possibile una risposta da parte sua, vorrei tornare alla mia domanda iniziale: ho potuto constatare che la persona affetta da questo disturbo sopporta con grandissima difficoltà le problematiche di tutti i giorni come ad esempio il lavoro, gli impegni e quant'altro. quali consigli può darmi sul come ci si deve relazionare con la stessa per poter starle vicino ed aiutare la persona a superare questi momenti così come stimolarla a seguire la terapia.Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

Non c'è un modo particolare per relazionarsi con una persona che abbia un quadro mentale di un certo tipo, anche perché questo può cambiare, essere curato, per cui non è detto che ci si debba adattare né ha senso sollecitarlo perché cambi. In questo si inserisce il suo interesse per stare con la persona, su cui è Lei l'unico a poter decidere, non certo in considerazione di categorie diagnostiche ma per l'esperienza che ha del vostro rapporto.