Trattamento del disturbo bipolare

Buongiorno,
ho una relazione da 8 anni con un uomo che ha il disturbo bipolare tipo I, il primo esordio l'ha avuto intorno ai 24 anni e da allora ne sono passati quasi venti, con diversi ricoveri e cure molto diverse tra di loro anche a causa della difficoltà di diagnosi ( complicata peraltro in passato da una vicenda familiare complicatissima e dall'uso continuativo di sostanze, sia alcol che droghe leggere ). Da circa 7 anni anni viviamo insieme e dopo circa 1 anno e mezzo ha avuto la prima crisi con viraggio maniacale, è mi ha lasciata perché facevo parte di un complotto contro di lui ed è stato ricoverato, durante il ricovero è tornato a cercarmi e abbiamo ricominciato il rapporto, circa 4 anni senza gravi sbalzi d'umore e poi la storia si è ripetuta con conseguente nuovo ricovero ( la situazione si è svolta nello stesso modo: mi ha lasciata perché ero "contro" di lui e poi è tornato a cercarmi quando è ritornato in sé dicendo che in qeui momenti non si rendeva conto di quello che succedeva e di quello che faceva etc ).
Recentemente il medico gli ha scalato depakin da 800 mg a 600 mg al giorno, mentre olanzapina resta a 15 mg al giorno; in seguito alla riduzione del farmaco ha avuto problemi con il sonno e si è rivolto al suo dott. per chiedere una compressa per dormire, gli hanno prescritto valdorm e 30 gg delorazepam al bisogno; durante questa fase ha detto e fatto cose che mi hanno riportato alla mente i vecchi episodi, tipo camminare senza sosta, spendere parecchio denare, sospettare che io non sia esattamente me stessa, che qualcuno lo spii per farlo finire in ospedale etc; questa fase adesso pare sfumata e lui stesso si rende conto che ha trascorso dei giorni in cui i ragionamenti non erano coerenti. Tuttavia mi perplette il fatto che quando parla della sua condizione prima della riduzione di farmaco, dice che era come se avesse un tappo in testa e che è come se una ferrari fosse andata alla velocità di una 500, mentre adesso riesce a ragionare meglio e può utilizzare le sue facoltà a pieno. Io e un'altra familiare che gli siamo vicini non siamo molto convinte di questa riduzione di terapia, e ho espresso i miei dubbi al suo medico, sapendo che in questi momenti lui tende a voler sospendere la terapia o comunque rifiutare il confronto con il medico; si tratta di una fase "normale" data dalla diminuizione e che scomparirà, oppure c'è da temere un viraggio verso una fase acuta?
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

In teoria ciascun farmaco da solo può essere sufficiente a prevenire le recidive. La strategia sta nella prevenzione della mania. A mania svolta, una fase depressiva o comunque descritta dalla persona come di lentezza non gradevole delle proprie funzioni è prevista, e limitatamente trattabile.
La riduzione della terapia che ha funzionato in fase acuta può aver senso nella componente neurolettica, in quella antimaniacale il rischio è la recidiva. La sospensione delle cure è da considerarsi come equivalente maniacale. Se quindi una persona è ricaduta dopo aver sospeso una cura x, la cura y che verrà messa a punto dopo deve essere x più qualcosa, oppure diversa da x.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
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Utente
Utente
Buongiorno, la ringrazio per la risposta sollecita; devo dire per che non sono sicura di aver ben compreso il suo messaggio: in pratica è la riduzione del depakin krono che potrebbe favorire l'insorgere di una fase maniacale? mentre zyprexa potrebbe anche essere ridotta? oppure secondo quello schema x/y che mi ha illustrato sarebbe necessario cambiare proprio farmaco? a me sembrava che zyprexa+depakin stabilizzassero molto bene e per periodi anche lunghi: 4 anni quasi asintomatici!
nelle fasi acute ( durante l'ospedalizzazione )venivano usati entrambi in dosaggi molto maggiori, tipo 1500 mg depakin +20 mg zyprexa al g, in combinazione con clopixol gocce o depot ( o in altri casi mi risulta serenase o impromen gocce ). Quello che vorrei capire è se una fase come questa in cui la persona si rende molto sospettosa, più attiva e ha qualche pensiero "strano" è compatibile con una riduzione del farmaco e si deve attendere un tempo fisiologico di riadattamento o se si tratta di un sottodosaggio. Peraltro le aggiungo che in un caso precedente a uno dei ricoveri la terapia non era stata sospesa, ma modificata: al posto di zyprexa era passato ad abilify in dosaggio 20 mg associato sempre a depakin krono 800 mg: questa variazione di terapia ha determinato in un tempo di circa 2 settimane il viraggio in fase maniacale, cosa che mi fa presumere che uno dei 2 farmaci da solo non basti a prevenire ricadute.
Sono un po' preoccupata della possibilità del sottodosaggio, cosa ne pensa?
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
La riduzione di un qualsiasi farmaco antimaniacale, che sia depakin, zyprexa o l'insieme nelle dosi che hanno risolto la fase acuta. Poi è chiaro che specie nelle cure combinate si tenta di calare le dosi se sono maltollerate, però a breve termine è un rischio non sensato.

Depakin-zyprexa è un'accoppiata ottima per quanto riguarda la prevenzione della mania. Ha alcuni effetti collaterali di tipo metabolico (aumento di peso, aumento di grassi e glicemia possibile etc). Gli altri antimaniacali di riferimento sono gli altri antipsicotici, specie quelli atipici, e il litio.
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Utente
Utente
Buongiorno,
allora in pratica il dosaggio è stato abbassato ad un livello che ha comportato adesso una fase ipomaniacale, ma considerata la ciclicità del disturbo sarà insufficiente nella prevenzione qualora si ripresentasse una fase acuta, poiché tali riduzioni come ha detto lei vanno pensate in un arco temporale lungo cioè di anni.
Non mi riesco a spiegare come mai lo psichiatra di riferimento non faccia questa valutazione, cosa ne pensa?
La ringrazio
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.4k 1k
Gentile utente,

Non saprei che valutazioni faccia il collega. Qui stiamo parlando di uno schema generale: ci sono dosi standard rispetto a determinati quadri clinici, lo scopo è la prevenzione delle fasi, anche se si inizia dalla fase acuta spesso, perché il disturbo si aggrava attraverso le recidive.
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