Depressione e fobie
E' da molto tempo ormai che credo di soffrire di depressione.
Ho 33 anni ed è da almeno 15 che ho preso consapevolezza della cosa.
Sono sempre stato molto ritirato e riservato.
La mia indole in compagnia a volte appare estroversa, sottolineo "appare", perchè ho imparato col tempo ad esserlo e quasi per abitudine ormai sono rimasto in questo stato, come un'attore che è entrato nella parte e su quella si è fossilizzato.
Passo molto tempo da solo, con l'unico diversivo del mio pc, di internet. Potrei fare un mucchio di altre cose, dato che il tempo non mi manca, infatti non svolgo nessun lavoro, ma non riesco a portare niente avanti in modo assiduo. I miei genitori pensano che io sia pigro, e quando ho manifestato timidamente questo mio disagio esistenziale hanno sbolognato sempre la cosa dandole delle ragioni secondo loro semplici, come la una mancanza di voglia nel prendere certe abitudini. Molto spesso sentivo: "devi abiturti a fare...", "tu non cerchi le persone, devi mantenere i contatti", e tutta una serie di frasi che iniziano col verbo impositivo "DEVI".
E' opprimente...
A volte per la mia reticenza sono anche nati litigi. da li il peggioramento, il senso di oppressione e di totale impotenza, senza trovare una via d'uscita, sapendo di non poter contare su qualcuno.
Non ho più insistito con loro, forse proprio per la rabbia nata dall'incomprensione che hanno sempre manifestato e dalla loro presunzione nel voler dare delle spiegazioni semplici e banali, ma anche per VERGOGNA.
Cerco di nascondere sempre questo mio problema, questo mio mal di vivere, trovando mille scuse per la situazione in cui verso.
La crisi economica, mi sta dando una mano da quel punto di vista.
E' come essere tra l'incudine e il martello, da una parte la paura di esprimere totalmente il disagio verso con chi sei sicuro che non ti capisca, dall'altra il disagio nel sopportare chi ti considera fannullone e inetto.
Purtroppo questo senso di vergogna c'è anche con le altre persone, ho paura di mostrarmi come sono, così, fallimentare, incapace di prendere in mano la mia vita, incapace di provare piacere, con ansia e fobie di essere giudicato, di creare disagio, di non essere accettato evitando il più possibile situazioni che mi mettano in difficoltà. ho anche molta problemi nel difendermi e nell'ottenere ciò che mi spetta o desidero. Mi ritiro, non vivo per paura di frustrazioni, di rifiuti o di delusioni. In passato ho anche fatto brevi lavori ma sempre con enormi difficoltà sociali ed esistenziali.
Ho accumulato qualche risparmio e ora potrei anche concedermi una vacanza, ma non riesco a partire, troppe difficoltà, troppi problemi, troppi rischi.
A volte ho pensato di farla finita, perchè tanto a che serve vivere senza essere capaci di provare piacere? Per scampare malattie, disagi e frustrazioni ?
Ogni mattina è una fatica tremenda alzarsi (tardi), tra pensieri angoscianti sul mio vivere con ansia e tachicardia. Con giornate così monotone, perchè vivere ?
Ho 33 anni ed è da almeno 15 che ho preso consapevolezza della cosa.
Sono sempre stato molto ritirato e riservato.
La mia indole in compagnia a volte appare estroversa, sottolineo "appare", perchè ho imparato col tempo ad esserlo e quasi per abitudine ormai sono rimasto in questo stato, come un'attore che è entrato nella parte e su quella si è fossilizzato.
Passo molto tempo da solo, con l'unico diversivo del mio pc, di internet. Potrei fare un mucchio di altre cose, dato che il tempo non mi manca, infatti non svolgo nessun lavoro, ma non riesco a portare niente avanti in modo assiduo. I miei genitori pensano che io sia pigro, e quando ho manifestato timidamente questo mio disagio esistenziale hanno sbolognato sempre la cosa dandole delle ragioni secondo loro semplici, come la una mancanza di voglia nel prendere certe abitudini. Molto spesso sentivo: "devi abiturti a fare...", "tu non cerchi le persone, devi mantenere i contatti", e tutta una serie di frasi che iniziano col verbo impositivo "DEVI".
E' opprimente...
A volte per la mia reticenza sono anche nati litigi. da li il peggioramento, il senso di oppressione e di totale impotenza, senza trovare una via d'uscita, sapendo di non poter contare su qualcuno.
Non ho più insistito con loro, forse proprio per la rabbia nata dall'incomprensione che hanno sempre manifestato e dalla loro presunzione nel voler dare delle spiegazioni semplici e banali, ma anche per VERGOGNA.
Cerco di nascondere sempre questo mio problema, questo mio mal di vivere, trovando mille scuse per la situazione in cui verso.
La crisi economica, mi sta dando una mano da quel punto di vista.
E' come essere tra l'incudine e il martello, da una parte la paura di esprimere totalmente il disagio verso con chi sei sicuro che non ti capisca, dall'altra il disagio nel sopportare chi ti considera fannullone e inetto.
Purtroppo questo senso di vergogna c'è anche con le altre persone, ho paura di mostrarmi come sono, così, fallimentare, incapace di prendere in mano la mia vita, incapace di provare piacere, con ansia e fobie di essere giudicato, di creare disagio, di non essere accettato evitando il più possibile situazioni che mi mettano in difficoltà. ho anche molta problemi nel difendermi e nell'ottenere ciò che mi spetta o desidero. Mi ritiro, non vivo per paura di frustrazioni, di rifiuti o di delusioni. In passato ho anche fatto brevi lavori ma sempre con enormi difficoltà sociali ed esistenziali.
Ho accumulato qualche risparmio e ora potrei anche concedermi una vacanza, ma non riesco a partire, troppe difficoltà, troppi problemi, troppi rischi.
A volte ho pensato di farla finita, perchè tanto a che serve vivere senza essere capaci di provare piacere? Per scampare malattie, disagi e frustrazioni ?
Ogni mattina è una fatica tremenda alzarsi (tardi), tra pensieri angoscianti sul mio vivere con ansia e tachicardia. Con giornate così monotone, perchè vivere ?
[#1]
Gentile utente,
da come lei descrive la sua situazione appare evidente un ritiro sociale che va accentuandosi sempre più e che le causa notevoli difficoltà di relazione con il suo ambiente famigliare,Penso che il primo passo per poter trovare il bandolo della matassa possa essere una visita specialistica Psichiatrica.Attraverso questa potrà giungere ad una più precisa diagnosi dello stato di sofferenza psichica in cui si trova attualmente,e,forse questo permetterà anche di trovare un diverso modo di relazionarsi con i suoi genitori.
Cordiali saluti
Piergiorgio Biondani.
da come lei descrive la sua situazione appare evidente un ritiro sociale che va accentuandosi sempre più e che le causa notevoli difficoltà di relazione con il suo ambiente famigliare,Penso che il primo passo per poter trovare il bandolo della matassa possa essere una visita specialistica Psichiatrica.Attraverso questa potrà giungere ad una più precisa diagnosi dello stato di sofferenza psichica in cui si trova attualmente,e,forse questo permetterà anche di trovare un diverso modo di relazionarsi con i suoi genitori.
Cordiali saluti
Piergiorgio Biondani.
[#2]
Ex utente
La ringrazio.
Ho già tentato con diversi suoi colleghi, ma della mia zona. Nessuno ne psicologo ne psichiatra ha avuto la capacità di riuscire a trovare quel bandolo e questo ha causato rabbia e maggiore delusione e senso di smarrimento. La speranza le dico che non l'ho persa del tutto. Ho capito di avere una forte consapevolezza di me e una forte individualità (modestia a parte). Leggendo qua e la ho capito che questo rende molto difficile la diagnosi e la terapia, questo non solo per me che risulto essere più "impermeabile" (a volte qualcuno non è curabile), ma anche per lo specialista che di fronte a un modello non standard, non sempre riesce a impegnarsi efficacemente. Il senso di abbandono e rassegnazione sta sempre più prendendo piede anche per questa mancanza di diagnosi definita. MI son rivolto qui per cominciare a capire dove l'ago della bussola della diagnosi punti o debba puntare. Cerco anche di capire a quale specialista in Italia o quale genere di specialista sia più adatto al mio caso, o se esista per me una via d'uscita.
Capisco che il mio disagio non possa essere ben espresso per messaggi online.
Di nuovo la ringrazio.
Ho già tentato con diversi suoi colleghi, ma della mia zona. Nessuno ne psicologo ne psichiatra ha avuto la capacità di riuscire a trovare quel bandolo e questo ha causato rabbia e maggiore delusione e senso di smarrimento. La speranza le dico che non l'ho persa del tutto. Ho capito di avere una forte consapevolezza di me e una forte individualità (modestia a parte). Leggendo qua e la ho capito che questo rende molto difficile la diagnosi e la terapia, questo non solo per me che risulto essere più "impermeabile" (a volte qualcuno non è curabile), ma anche per lo specialista che di fronte a un modello non standard, non sempre riesce a impegnarsi efficacemente. Il senso di abbandono e rassegnazione sta sempre più prendendo piede anche per questa mancanza di diagnosi definita. MI son rivolto qui per cominciare a capire dove l'ago della bussola della diagnosi punti o debba puntare. Cerco anche di capire a quale specialista in Italia o quale genere di specialista sia più adatto al mio caso, o se esista per me una via d'uscita.
Capisco che il mio disagio non possa essere ben espresso per messaggi online.
Di nuovo la ringrazio.
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.3k visite dal 17/05/2013.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Disfunzione erettile
La disfunzione erettile è la difficoltà a mantenere l'erezione. Definita anche impotenza, è dovuta a varie cause. Come fare la diagnosi? Quali sono le cure possibili?