Alcolismo e disturbi della personalita

Gentili medici, mia sorella di 38 anni, all'età di 14 anni ha sofferto di una forma grave di anoressia, arrivando a pesare 36 chilogrammi.
Si è ripresa spontaneamente nell'arco di due anni, ma all'età di 19 anni sono subentrati altri problemi psichiatrici, in particolar modo fobie (paura di guidare la macchina da sola, paura di assumere sostanze tossiche, aver bevuto varichina, aver ingerito corpi estranei quali ciltelli forchette ecc., convinzione di essere ammalata in special modo di tumori, eseguendo quindi gastroscopie, colonscopie e tutta un'altra serie di esami, sempre fortunatamente infruttuosa.
In questo frangente, ha iniziato una cura psichiatrica, visitando diversi specialisti in quanto la sua patologia la portava a diffidare delle stesse cure propostegli.
Cure peraltro infruttuose e che nella frequentazione dei vari centri diurni, su consiglio dei loro abituali frequentatori, sono sfociati in una forma di estrema di alcolismo.
Da ormai una decina di anni, intervallati da rari periodi più o meno lunghi di astinenza dall'alcol, indotta dall'uso di pasticche di antabuse e successivamente da due impianti sottocutanei dello stesso, mia sorella si ubriaca regolarmente due o più volte al giorno, incorrendo peraltro in frequenti cadute con relative echimosi e fratture.
Non riusciamo assolutamente a gestirla, in quanto violenta e recalcitrante all'assunzione dell'antabuse, sul quale peraltro ha imparato a bere lostesso.
E' stata più volte ricoverata sia in psichiatria in medicina e in strutture specializzate nella disintossicazione senza alcun risultato in quanto dai vari centri per la disintossicazione, essendo libera di andarsene, non ha mai resistito più di una settimana.
Faccio presente che conviviamo entrambe con mia madre il suo attuale compagno e mio padre separato (alcolista pure lui da almeno 30 anni).
Il comportamento di mia madre nei suoi confronti, è protettivo e compassionevole, il che sicuramente non contribuisce ad una gestione di polzo della situazione.
In conseguenza della sua situazione, è stata riconosciuta invalida al 100% con indennità di accompagnamento.
Dopo tutta questa premessa, vorrei sapere se esiste un centro per la disintossicazione dove non posssa liberamente andarsene dopo pochi giorni, in quanto la situazione stà minando l'equilibrio mentale di tutta la famiglia.
Cordiali saluti ed un ringraziamento anticipato per la vostra risposta.

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Dr. Gaspare Palmieri Psichiatra, Psicoterapeuta 40
Le strutture di ricovero presenti in Italia prendono pazienti ricoverati come volontari (tranne casi particolari in cui si mette in atto un Trattamento Sanitario Obbligatorio). E' fondamentale a riguardo la motivazione che la persona ha di curarsi. Se non c'è motivazione non c'è cura che funziona.
A Modena dove lavoro io ci sono almeno 2 case di cura private convenzionate (accesso con richiesta del MMG, gratuito) che si occupano anche di disintossicazione: Villa Rosa e Villa Igea. Può consultare il sito internet di entrambe.
Cordiali saluti
Dr Palmieri

Gaspare Palmieri

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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
Gentile Utente,
se non si è in presenza di TSO, ricovero coatto,ingiunzione giuridica,, ecc, nessuno può trattenere un paziente in cura. Penso comunque che un primo passo sia quello di rivolgersi ai servizi sociali della vostra zona di residenza, che studieranno attentamente la vostra situazione e sapranno indicarvi le strutture adeguate. Anche se, avendo la sorella già ottenuto l'invalidità al 100%, la situazione sarà certamente già nota.
Detto questo, una farmacoterapia di contenimento dei sintomi psichiatrici sarebbe indicata, sì da poter raggiungere un buon livello motivazionale alla cura. Nel caso in cui la terapia fosse già in atto, mi sembra che i risultati non siano entusiasmanti, quindi o è sbagliata la farmacoterapia o è sbagliato lo psichiatra che ha in cura la sorella, o entrambi.
Mi sembra che manchi anche una forma di supporto psicologico ai familiari, assolutamente indicata in queste situazioni delicate. Il problema non è solo quello di rendere il congiunto "gestibile" ma anche quello di migliorare il modo di gestirlo da parte del familiare.
Cordialmente

Daniel Bulla
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
Gentile utente,

Il T.S.O. non applica nei casi di alcolismo acuto, ne' e' possibile trattenere un paziente e imporgli cure senza il suo consenso. Prima di tutto e' fondamentale che sua sorella abbia la volonta' di curarsi altrimenti nulla accadra'.
Mi consenta di dissentire con il Dr. Daniel Bulla, psicologo, riguardo al giudizio espresso nei confronti dello psichiatra che ha in cura sua sorella e della farmacoterapia.
Considerando anche che uno psicologo non e' un medico e non ha elementi di farmacoterapia adatti da poter esprimere tale giudizio, ritengo che nessuno psichiatra sara' quello adatto per sua sorella, non per incapacita', ma per negazione di malattia da parte della sua congiunta.
Mi chiedo anche dove trova i soldi per comprare tutto questo alcool.
Forse sarebbe il caso di nominare un "amministratore di sostegno" che permettera' anche una maggiore calma nell'ambiente familiare.
Si rivolga alla assistenza sociale del C.S.M. di competenza e proponga anche questa alternativa,
se ha bisogno di delucidazioni mi puo' contattare direttamente.

Dr. F.S.Ruggiero

http://www.francescoruggiero.it

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https://www.instagram.com/psychiatrist72/

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Psichiatra, Psicoterapeuta attivo dal 2005 al 2007
Psichiatra, Psicoterapeuta
Il titolo alcolismo e disturbi della personalità è già inclusivo della maggior parte delle problematiche del caso. La storia di sua sorella quella di un disturbo borderline di personalità che si complica strada facendo con tutta una serie di patologie di asse I. La variabilità e l'eterogeneità del quadro potremmo dre che sono di per sè diqagnostiche. In tali casi gli interventi "duri" non hanno alcun effetto se non quello della stigmatizzazione e della cronicizzazione del quadro clinico che finisce col divenire simbolicamente rappresentativo della totalità della persona.
Dal punto di vista farmacologico l'utilizzo di atipici Aripiprazolo o olanzapina) a basso dosaggio ha dato buoni riultati anche se casi di questo genere necessitano di un trattamento individualizzato. Non mi sbilancerei inoltre in illazioni su eventuali Trattamenti sanitari obbligatori che sebbene possano costutiure un mezzo non possono essere un fine di cura. Direi inoltre al collega Ruggiero che non è necessario essere uno psichiatra per capire che una terapia farmacologica, dopo i tempi necessari per la risèposta, non serve a nulla. E' scontata la necessità in questi casi di un aggancio psicoterapeutico da parte di colleghi esperti nelle agestione di pazienti con disturbi gravi (e questo indubbiasmente lo è).
Consiglio un consulto presso la clinica di Pisa del Professor Cassano per un preciso inquadramento.
Invio i miei più cordiali saluti con l'augurio di una felice risoluzione di un caso così critico.
Francesco Bova
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