Ci si può fare annientare dalla depressione?
Gentile Dott.,
Le scrivo a causa di un pensiero che mi assilla da tempo, forse perchè a volte con la ragione non si arriva a capire cosa scatti nella mente umana. Sto con una persona che è uscito da una storia molto lunga, durata 15 anni, finita anche a causa dell'incontro con me. Lui ha iniziato ad andare da uno pschiatra per sconfiggere i suoi sensi di colpa, ma dopo 2 anni di terapia questi si ripresentano sempre. Così alterna fasi di grande entusiasmo in cui vuorrebbe andare avanti con la sua vita e con me, che dice essere la donna che ha più amato e che più ama; a fasi in cui invece vede tutto nero, in cui non riesce ad andare avanti, si sente in colpa per aver fatto soffrire quell'altra persona e così cambia totalmente: si spegne, pensa che la soluzione sarebbe farla finita, mi allontana da lui perchè dice che così si autopunisce, sostenendo però a spada tratta l'amore per me e venendomi a ricercare quando il suo stato d'animo cambia nuovamente.
Io ho provato a stargli accanto, ma non è semplice.
E alora mi chiedo: può davvero la depressione arrivare a tanto? Può annientare così una persona? E soprattutto se non è riuscito un dottore a farlo star meglio in questi anni, come ne potra mai uscire?
Mi scusi per il mio sfogo, ma è una richiesta di aiuto per una persona a cui voglio tanto bene e che mi dispiace vedere star male.
La ringrazio.
Cordiali Saluti.
Le scrivo a causa di un pensiero che mi assilla da tempo, forse perchè a volte con la ragione non si arriva a capire cosa scatti nella mente umana. Sto con una persona che è uscito da una storia molto lunga, durata 15 anni, finita anche a causa dell'incontro con me. Lui ha iniziato ad andare da uno pschiatra per sconfiggere i suoi sensi di colpa, ma dopo 2 anni di terapia questi si ripresentano sempre. Così alterna fasi di grande entusiasmo in cui vuorrebbe andare avanti con la sua vita e con me, che dice essere la donna che ha più amato e che più ama; a fasi in cui invece vede tutto nero, in cui non riesce ad andare avanti, si sente in colpa per aver fatto soffrire quell'altra persona e così cambia totalmente: si spegne, pensa che la soluzione sarebbe farla finita, mi allontana da lui perchè dice che così si autopunisce, sostenendo però a spada tratta l'amore per me e venendomi a ricercare quando il suo stato d'animo cambia nuovamente.
Io ho provato a stargli accanto, ma non è semplice.
E alora mi chiedo: può davvero la depressione arrivare a tanto? Può annientare così una persona? E soprattutto se non è riuscito un dottore a farlo star meglio in questi anni, come ne potra mai uscire?
Mi scusi per il mio sfogo, ma è una richiesta di aiuto per una persona a cui voglio tanto bene e che mi dispiace vedere star male.
La ringrazio.
Cordiali Saluti.
[#1]
Gentile Utente,
Non si riesce a capire se la condizione psicopatologica sia esclusivamente reattiva a questo particolare "assetto" relazionale; per dire più chiaramente se al di fuori del contesto specifico riferito permanga lo stesso vissuto depressivo o meglio disforico ciclotimico.
Se il suo compagno è d'accordo potrebbe avere anche lei dei colloqui con lo psichiatra che lo sta curando, visto che comunque ne è coinvolta in prima persona.
Cordiali Saluti
Non si riesce a capire se la condizione psicopatologica sia esclusivamente reattiva a questo particolare "assetto" relazionale; per dire più chiaramente se al di fuori del contesto specifico riferito permanga lo stesso vissuto depressivo o meglio disforico ciclotimico.
Se il suo compagno è d'accordo potrebbe avere anche lei dei colloqui con lo psichiatra che lo sta curando, visto che comunque ne è coinvolta in prima persona.
Cordiali Saluti
Dr G. Nicolazzo
Specialista in Psichiatria
Psicoterapeuta
[#2]
Gentile utente,
come già affermato dal collega, non è chiaro se il suo parter è affetto da una depressione (meritevole di trattamenti psicofarmacologici specifici) o se il sintomo depressivo si colloca all'interno di problematiche "caratteriali" e "relazionali" piuttosto complesse, controverse e generali.
Credo che in tutti i casi la sua situazione affettiva sia meritevole di approfondimenti specifici qualora tale contesto relazionale le comporti sofferenza e confusione non superabili solamente con le proprie forze.
Potrebbe rivelarsi opportuna una consulenza più complessiva in ambito psicologico presso un professionista serio. Ne parli con il suo medico curante per l'eventuale indirizzo.
Cordialmente
come già affermato dal collega, non è chiaro se il suo parter è affetto da una depressione (meritevole di trattamenti psicofarmacologici specifici) o se il sintomo depressivo si colloca all'interno di problematiche "caratteriali" e "relazionali" piuttosto complesse, controverse e generali.
Credo che in tutti i casi la sua situazione affettiva sia meritevole di approfondimenti specifici qualora tale contesto relazionale le comporti sofferenza e confusione non superabili solamente con le proprie forze.
Potrebbe rivelarsi opportuna una consulenza più complessiva in ambito psicologico presso un professionista serio. Ne parli con il suo medico curante per l'eventuale indirizzo.
Cordialmente
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
[#3]
Gentile Utente,
la breve ma significatica descrizione relativa all' atteggiamento della persona in oggetto lascia intravedere la presenza di una sintomatologia certamente complessa probabilmente sostenuta da fattori endogeni e da dinamiche relazionali. In questi casi, più che in altri, risulta di particolare importanza un corretto inquadramento diagnostico che prenda in considerazione la possibilità di intervenire attraverso l' utilizzo di trattamenti psicoterapici e psicofarmacologici. Spesso infatti determinati sintomi vengono erroneamente interpretati come "difetti caratteriali" negando così al paziente la possibilità di un rapido e duraturo recupero. Ritengo quindi, in linea con gli altri colleghi, che tali sintomi debbano necessariamente essere contestualizzati all' interno di una precisa categoria diagnostica, onde avitare inutili sofferenze ed inutili perdite di tempo.
Cordiali saluti
la breve ma significatica descrizione relativa all' atteggiamento della persona in oggetto lascia intravedere la presenza di una sintomatologia certamente complessa probabilmente sostenuta da fattori endogeni e da dinamiche relazionali. In questi casi, più che in altri, risulta di particolare importanza un corretto inquadramento diagnostico che prenda in considerazione la possibilità di intervenire attraverso l' utilizzo di trattamenti psicoterapici e psicofarmacologici. Spesso infatti determinati sintomi vengono erroneamente interpretati come "difetti caratteriali" negando così al paziente la possibilità di un rapido e duraturo recupero. Ritengo quindi, in linea con gli altri colleghi, che tali sintomi debbano necessariamente essere contestualizzati all' interno di una precisa categoria diagnostica, onde avitare inutili sofferenze ed inutili perdite di tempo.
Cordiali saluti
Dr. Alberto De Capua
[#4]
Ex utente
Vi ringrazio innanzitutto per l'attenzione che avete posto al mio problema.
Riguardo a lui, ha fatto delle cure con degli psicofarmici, ma a mio avviso scorrette, in quanto li prendeva e poi smetteva senza osservare dei tempi ben determinati. Nel sesno che magari li prendeva per una settimana, poi smetteva, se poi una sera era più agitato, prima di andare a letto, giù un altro. Ma questo avrebbe dovuto dirglielo il suo terapista.
Per quanto attiene alla sua persona, anch'io ho spesso pensato che è come se dentro avesse qualcosa che non riesce a buttare fuori. Non so se può essere significativo, ma lui ha problemi nel parlare nel senso che tartaglia e, sempre a mio avviso, anche questo disagio l'ha portato nel corso degli anni a chiudersi in se stesso.. a tenersi dentro i suoi pensieri magari per paura di non riuscire ad esprimerli.
Cosa intendete quando sostenete che forse il sintomo depressivo si colloca all'interno di problematiche caratteriali? Io non posso pensare che un senso di colpa possa essere talmente grande da far cadere in questo stato.. di ridurre così una persona.
Vi ringrazio nuovamente per il vostro consulto, io credo di poter fare ben poco per lui in quanto nuovamnte mi ha "buttato fuori" dalla sua vita e comunque non ho la capacità; avevo anche pensato di chiamare il medico che lo segue per potergli parlare, ma so che c'è il segreto professionale e che magari ciò andrebbe contro la sua etica.
Cordiali Saluti.
Riguardo a lui, ha fatto delle cure con degli psicofarmici, ma a mio avviso scorrette, in quanto li prendeva e poi smetteva senza osservare dei tempi ben determinati. Nel sesno che magari li prendeva per una settimana, poi smetteva, se poi una sera era più agitato, prima di andare a letto, giù un altro. Ma questo avrebbe dovuto dirglielo il suo terapista.
Per quanto attiene alla sua persona, anch'io ho spesso pensato che è come se dentro avesse qualcosa che non riesce a buttare fuori. Non so se può essere significativo, ma lui ha problemi nel parlare nel senso che tartaglia e, sempre a mio avviso, anche questo disagio l'ha portato nel corso degli anni a chiudersi in se stesso.. a tenersi dentro i suoi pensieri magari per paura di non riuscire ad esprimerli.
Cosa intendete quando sostenete che forse il sintomo depressivo si colloca all'interno di problematiche caratteriali? Io non posso pensare che un senso di colpa possa essere talmente grande da far cadere in questo stato.. di ridurre così una persona.
Vi ringrazio nuovamente per il vostro consulto, io credo di poter fare ben poco per lui in quanto nuovamnte mi ha "buttato fuori" dalla sua vita e comunque non ho la capacità; avevo anche pensato di chiamare il medico che lo segue per potergli parlare, ma so che c'è il segreto professionale e che magari ciò andrebbe contro la sua etica.
Cordiali Saluti.
[#5]
Se il suo compagno non trova il modo (magari perchè non lo cerca veramente) di uscire dalla sua situazione, perchè lei si ostina a riprenderlo ogni volta che, dopo averla "buttata fuori", lui le riapre la porta? La mia domanda cerca di spingere verso una autoriflessione piuttosto che sulla ricerca dei disagi altrui. Ci pensi.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it
[#6]
Ex utente
Lei ha perfettamente ragione. Dopo 3 anni in cui ho cercato di far star bene una persona non riuscendoci perchè, proprio come dice Lei, non credo lo voglia veramente, mi sono resa conto che devo pensare solo a me stessa se non voglio entrare anch'io in un tunnel dal quale poi uscirne sarebbe difficile. Perchè ogni volta gli ho riaperto la porta? Perchè alla base c'era un sentimento che, stupidamente, mi faceva credere alle sue parole "ora sto bene, ora so che voglio stare con te".
Purtroppo tardi ho capito che non era così. Forse sarò una fatalista, ma ci ho creduto e credo ai suoi sentimenti ma il mio chiedere un Vostro parere non è stato altro che un cercare di capire cosa può scattare nella mente umana. Non una ricerca dei disagi altrui ma una conferma del fatto che ci sono alcune situazioni più grandi di noi che non si possono gestire con la ragione.
Forse sono uscita fuori tema.. ma non Vi ho scambiati per una "rubrica dei cuori infranti"!
Cercavo solo delle risposte per me stessa, probabilmente per farmene una ragione.
Vi ringrazio ancora.
Purtroppo tardi ho capito che non era così. Forse sarò una fatalista, ma ci ho creduto e credo ai suoi sentimenti ma il mio chiedere un Vostro parere non è stato altro che un cercare di capire cosa può scattare nella mente umana. Non una ricerca dei disagi altrui ma una conferma del fatto che ci sono alcune situazioni più grandi di noi che non si possono gestire con la ragione.
Forse sono uscita fuori tema.. ma non Vi ho scambiati per una "rubrica dei cuori infranti"!
Cercavo solo delle risposte per me stessa, probabilmente per farmene una ragione.
Vi ringrazio ancora.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 5.7k visite dal 09/05/2008.
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