Ansia e attacchi di panico
Gentili dottori,
sono una studentessa di medicina e chirurgia di 23 anni. Da circa un anno ho problemi di ansia: già di mio ho un carattere un po' "particolare" che definirei ansioso e malinconico; e probabilmente questa ansia si è intensificata per le difficoltà nello studio. Per colpa dell'ansia, ho difficoltà a concentrarmi e mi distraggo molto facilmente e questo ha ovviamente ricadute sulle mie performance agli esami, peggiorando ulteriormente la situazione. Prima non ero così. Anche in periodi di relativa tranquillità, lontano dagli esami, non sto mai tranquilla e mi agito anche per le cose più stupide. Mi ritrovo ad avere attacchi di panico, durante i quali ho cardiopalmo, sensazione di soffocare e una sgradevole sensazione di pericolo imminente. La settimana scorsa, per la prima volta, un attacco del genere mi ha svegliata nel bel mezzo della notte e poi sono riuscita a prendere sonno molto più tardi e con estrema difficoltà.
Quest'ansia mi sta dando anche problemi di natura gastroenterologica. Sono stata da una gastroenterologa per problemi di alvo alterno e lei mi ha detto che sicuramente l'ansia è un fattore che favorisce questa condizione, quindi mi ha prescritto 10 gocce di Xanax al bisogno. Ieri, inoltre, mi è stata diagnosticata la malattia da reflusso gastroesofageo e so che anche qui l'ansia ci mette il suo.
Poi ci si mettono un po' anche i miei genitori che, per carità, sono molto comprensivi, ma ogni tanto si lasciano andare a esternazioni che bene non mi fanno, non tanto mio padre quanto mia madre: proprio due giorni fa ho espresso il desiderio di voler uscire per svagarmi un po' (la settimana prossima ho un esame e sto studiando molto), ma mia madre mi ha intimato di assolutamente non tornare tardi, che addirittura secondo lei non sarei dovuta uscire, perché "esci, perdi tempo e poi ti fai venire l'ansia e non passi l'esame". Cioè sono io che "mi faccio venire l'ansia" e alla fine mi sento pure in colpa. Mio padre comprende il mio bisogno di staccare la spina ogni tanto, però non è altrettanto comprensivo sulla mia eventuale necessità di aiuto esterno, da parte di un medico o altro specialista, perché secondo lui "non ne hai bisogno, è solo una fase, vedrai che dopo la laurea passerà".
Quello che vorrei sapere è come comportarmi per far diminuire un po' questo mio stato di continua ansia, perché veramente sta diventando abbastanza invalidante e fastidioso.
Vi ringrazio per la disponibilità.
sono una studentessa di medicina e chirurgia di 23 anni. Da circa un anno ho problemi di ansia: già di mio ho un carattere un po' "particolare" che definirei ansioso e malinconico; e probabilmente questa ansia si è intensificata per le difficoltà nello studio. Per colpa dell'ansia, ho difficoltà a concentrarmi e mi distraggo molto facilmente e questo ha ovviamente ricadute sulle mie performance agli esami, peggiorando ulteriormente la situazione. Prima non ero così. Anche in periodi di relativa tranquillità, lontano dagli esami, non sto mai tranquilla e mi agito anche per le cose più stupide. Mi ritrovo ad avere attacchi di panico, durante i quali ho cardiopalmo, sensazione di soffocare e una sgradevole sensazione di pericolo imminente. La settimana scorsa, per la prima volta, un attacco del genere mi ha svegliata nel bel mezzo della notte e poi sono riuscita a prendere sonno molto più tardi e con estrema difficoltà.
Quest'ansia mi sta dando anche problemi di natura gastroenterologica. Sono stata da una gastroenterologa per problemi di alvo alterno e lei mi ha detto che sicuramente l'ansia è un fattore che favorisce questa condizione, quindi mi ha prescritto 10 gocce di Xanax al bisogno. Ieri, inoltre, mi è stata diagnosticata la malattia da reflusso gastroesofageo e so che anche qui l'ansia ci mette il suo.
Poi ci si mettono un po' anche i miei genitori che, per carità, sono molto comprensivi, ma ogni tanto si lasciano andare a esternazioni che bene non mi fanno, non tanto mio padre quanto mia madre: proprio due giorni fa ho espresso il desiderio di voler uscire per svagarmi un po' (la settimana prossima ho un esame e sto studiando molto), ma mia madre mi ha intimato di assolutamente non tornare tardi, che addirittura secondo lei non sarei dovuta uscire, perché "esci, perdi tempo e poi ti fai venire l'ansia e non passi l'esame". Cioè sono io che "mi faccio venire l'ansia" e alla fine mi sento pure in colpa. Mio padre comprende il mio bisogno di staccare la spina ogni tanto, però non è altrettanto comprensivo sulla mia eventuale necessità di aiuto esterno, da parte di un medico o altro specialista, perché secondo lui "non ne hai bisogno, è solo una fase, vedrai che dopo la laurea passerà".
Quello che vorrei sapere è come comportarmi per far diminuire un po' questo mio stato di continua ansia, perché veramente sta diventando abbastanza invalidante e fastidioso.
Vi ringrazio per la disponibilità.
[#1]
Gentile utente,
Da quanto riferisce sembrerebbe che lei soffra di un Disturbo di Panico e di somatizzazioni dell'ansia. Se non trattato il D. Di Panico tende a peggiorare come confermato dai suoi attacchi che iniziano a presentarsi anche di notte disturbando il riposo. Può diventare invalidante. La bella notizia è che si tratta di un disturbo curabile e guaribile. L'Alprazolam (Xanax) è molto efficacie nel Disturbo di Panico ma deve essere assunto con regolarità 3 volte al giorno per mesi. Inoltre non è sufficiente perché deve essere affiancato da un inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI).
Concordo con la prognosi di suo padre: ne può uscire. Non concordo con il metodo: difficilmente ce la può fare da sola.
Le consiglio quindi di rivolgersi ad un professionista che in prima battuta dovrà confermare la diagnosi, escludere eventuali disturbi concomitanti ed infine le imposterà la terapia. Si tratta peraltro di farmaci con un ottimo profilo di tollerabilità che non dovrebbero interferire con il suo percorso di studi. Anzi le permetteranno di affrontarli con serenità. Sarebbe infine utilissimo affiancare un percorso di psicoterapia, considerata anche la sua giovane età, che potrebbe aiutarla a guarire ed a conoscersi meglio.
Cordiali saluti
Da quanto riferisce sembrerebbe che lei soffra di un Disturbo di Panico e di somatizzazioni dell'ansia. Se non trattato il D. Di Panico tende a peggiorare come confermato dai suoi attacchi che iniziano a presentarsi anche di notte disturbando il riposo. Può diventare invalidante. La bella notizia è che si tratta di un disturbo curabile e guaribile. L'Alprazolam (Xanax) è molto efficacie nel Disturbo di Panico ma deve essere assunto con regolarità 3 volte al giorno per mesi. Inoltre non è sufficiente perché deve essere affiancato da un inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI).
Concordo con la prognosi di suo padre: ne può uscire. Non concordo con il metodo: difficilmente ce la può fare da sola.
Le consiglio quindi di rivolgersi ad un professionista che in prima battuta dovrà confermare la diagnosi, escludere eventuali disturbi concomitanti ed infine le imposterà la terapia. Si tratta peraltro di farmaci con un ottimo profilo di tollerabilità che non dovrebbero interferire con il suo percorso di studi. Anzi le permetteranno di affrontarli con serenità. Sarebbe infine utilissimo affiancare un percorso di psicoterapia, considerata anche la sua giovane età, che potrebbe aiutarla a guarire ed a conoscersi meglio.
Cordiali saluti
Dr. Diego Corazza
Psichiatria - Psicoterapeuta
www.diegocorazza.it
[#2]
Gentile utente
Pare che sino ad ora non sia ancora stata fatta una diagnosi specifica per i sintomi da lei lamentati.
L'utilizzo di benzodiazepine è sconsigliato nel lungo termine e, comunque, non risulta essere un trattamento risolutivo.
Allo stato attuale, sarebbe opportuna una visita specialistica per ricevere una diagnosi appropriata ed un trattamento conseguente adatto alla situazione.
Pare che sino ad ora non sia ancora stata fatta una diagnosi specifica per i sintomi da lei lamentati.
L'utilizzo di benzodiazepine è sconsigliato nel lungo termine e, comunque, non risulta essere un trattamento risolutivo.
Allo stato attuale, sarebbe opportuna una visita specialistica per ricevere una diagnosi appropriata ed un trattamento conseguente adatto alla situazione.
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