Sbalzi d'umore e psicofarmaci
Buona sera.
Ultimamente una mio parente stretta sta andando da un neurologo per problemi legati a scarsa memoria a breve termine, afasia ed altri sintomi. Uno di questi è caratterizzato da sbalzi di umore: ci sono giorni in cui è molto tranquilla e 'normale', altri in cui ha delle fissazioni (ad esempio che qualcuno le abbia rubato qualcosa che in realtà ha spostato lei stessa in precedenza senza ricordarsene), che la portano ad avere comportamente anche violenti (urla, aggressioni, ultimamente tentativi 'più o meno seri' di suicidio). Queste 'crisi' non si manifestano con regolarità, sono del tutto casuali, in famiglia dobbiamo stare attenti ad assecondarla sempre e a non avere normali reazioni di stizza per paura di minare la stabilità psicologica/mentale.
La neurologa alla luce di questi fatti le ha prescritto due farmaci: Depakin Chrono 500mg (una compressa la sera alle ore 20.00) e la Paroxetina. La persona a cui sono stati prescritti non sa il loro reale scopo.
Le mie domande sono le seguenti:
1) Devo aspettarmi significativi cambiamenti nel suo umore? E nella sua personalità? Ho una grande paura di ritrovarmi di fronte una persona diversa da quella che conosco.
2) Questi farmaci causano o possono causare danni al fegato? Andrebbero assunti dopo i pasti? La persona in questione ha in passato preso molti medicinali che glielo hanno danneggiato, vorrei evitarle ulteriori problemi. Inoltre, è proprio necessaria l'assunzione del Depakin alle 20.00 precise?
3) Questi farmaci possono causare danni neurologici?
4) La sospensione (chiaramente graduale) di questi farmaci cosa comporterebbe? La situazione ritornerebbe uguale a come era prima che la persona in questione iniziasse ad assumerli?
Non ho mai dovuto affrontare problemi di questo genere, non so come comportarmi ed ho paura che i farmaci possano peggiorare la situazione. Grazie in anticipo per i Vostri consigli, mi saranno preziosi.
Aggiungo:
-i sintomi (afasia, sbalzi di umore) hanno iniziato a manifestarsi all'incirca 5-6 anni fa. Prima di allora è stata sempre perfettamente autosufficiente.
-la paziente soffre di ipotiroidismo (anche se non ne sono sicura al 100%), per questo assume giornalmente Eutirox 50mg. Non riesco a controllarla ogni mattina quindi non so se lo assume regolarmente, ma è probabile che a volte (o spesso) se ne dimentichi.
-la paziente ha sofferto di fortissimi mal di testa per un decennio che avevano la durata di qualche giorno, durante il periodo del ciclo mestruale. Credo che sia stato intorno ai suoi 20-30 o 30-40 anni. Poi sono cessati.
-intorno ai suoi 50 anni ha iniziato a storpiare talune parole, lo faceva più frequentemente di quanto non capiti 'normalmente' ma riusciva a correggersi. Ora lo fa di continuo ed ha grosse difficoltà nel pronunciare le parole più comuni correttamente, anche se a volte ci riesce.
Ultimamente una mio parente stretta sta andando da un neurologo per problemi legati a scarsa memoria a breve termine, afasia ed altri sintomi. Uno di questi è caratterizzato da sbalzi di umore: ci sono giorni in cui è molto tranquilla e 'normale', altri in cui ha delle fissazioni (ad esempio che qualcuno le abbia rubato qualcosa che in realtà ha spostato lei stessa in precedenza senza ricordarsene), che la portano ad avere comportamente anche violenti (urla, aggressioni, ultimamente tentativi 'più o meno seri' di suicidio). Queste 'crisi' non si manifestano con regolarità, sono del tutto casuali, in famiglia dobbiamo stare attenti ad assecondarla sempre e a non avere normali reazioni di stizza per paura di minare la stabilità psicologica/mentale.
La neurologa alla luce di questi fatti le ha prescritto due farmaci: Depakin Chrono 500mg (una compressa la sera alle ore 20.00) e la Paroxetina. La persona a cui sono stati prescritti non sa il loro reale scopo.
Le mie domande sono le seguenti:
1) Devo aspettarmi significativi cambiamenti nel suo umore? E nella sua personalità? Ho una grande paura di ritrovarmi di fronte una persona diversa da quella che conosco.
2) Questi farmaci causano o possono causare danni al fegato? Andrebbero assunti dopo i pasti? La persona in questione ha in passato preso molti medicinali che glielo hanno danneggiato, vorrei evitarle ulteriori problemi. Inoltre, è proprio necessaria l'assunzione del Depakin alle 20.00 precise?
3) Questi farmaci possono causare danni neurologici?
4) La sospensione (chiaramente graduale) di questi farmaci cosa comporterebbe? La situazione ritornerebbe uguale a come era prima che la persona in questione iniziasse ad assumerli?
Non ho mai dovuto affrontare problemi di questo genere, non so come comportarmi ed ho paura che i farmaci possano peggiorare la situazione. Grazie in anticipo per i Vostri consigli, mi saranno preziosi.
Aggiungo:
-i sintomi (afasia, sbalzi di umore) hanno iniziato a manifestarsi all'incirca 5-6 anni fa. Prima di allora è stata sempre perfettamente autosufficiente.
-la paziente soffre di ipotiroidismo (anche se non ne sono sicura al 100%), per questo assume giornalmente Eutirox 50mg. Non riesco a controllarla ogni mattina quindi non so se lo assume regolarmente, ma è probabile che a volte (o spesso) se ne dimentichi.
-la paziente ha sofferto di fortissimi mal di testa per un decennio che avevano la durata di qualche giorno, durante il periodo del ciclo mestruale. Credo che sia stato intorno ai suoi 20-30 o 30-40 anni. Poi sono cessati.
-intorno ai suoi 50 anni ha iniziato a storpiare talune parole, lo faceva più frequentemente di quanto non capiti 'normalmente' ma riusciva a correggersi. Ora lo fa di continuo ed ha grosse difficoltà nel pronunciare le parole più comuni correttamente, anche se a volte ci riesce.
[#2]
Ex utente
La paziente ha 62 anni. La neurologa ha detto che ci avrebbe dato la sua diagnosi la prossima volta che ci vedremo, tra 10 giorni.
In precedenza ha assunto svariati medicinali ma per altre motivazioni non correlate a questo problema.
Ho aggiornato il messaggio principale aggiungendo informazioni che potrebbero risultare utili.
In precedenza ha assunto svariati medicinali ma per altre motivazioni non correlate a questo problema.
Ho aggiornato il messaggio principale aggiungendo informazioni che potrebbero risultare utili.
[#3]
Gentile utente,
la descrizione dei sintomi che Lei ha dato (compresi i disturbi di memoria a breve termine, afasia) e l'età della paziente suggeriscono la possibile presenza di un disturbo demenziale, del quale "gli sbalzi di umore" potrebbero essere solo una delle manifestazioni, ed il quale, dopo gli opportuni accertamenti e le definizioni diagnostiche avrebbe bisogno delle cure specifiche anti-demenziali, che attualmente non ci sono fra le medicine prescritte. Ma anche nell'ipotesi di un disturbo demenziale le cure atte a stabilizzare l'umore (che attualmente assume) possono essere indicate, perché, senza stabilizzare l'umore, soffre la qualità soggettiva della vita, sono difficili gli approcci riabilitativi, la collaborazione della paziente, ecc. Tuttavia, senza la definizione diagnostica più chiara non posso dire che tali cure attuali sarebbero sufficienti o ottimali. Anzi, è necessaria una attenta valutazione, perché ad esempio i farmaci antidepressivi (come la Paroxetina) nei casi di demenza e nell'età avanzata non sempre agiscono in modo prevedibile e bisogna tenerli d'occhio.
Ma, se la diagnosi deve essere ancora posta, nel caso del sospetto di una demenza bisogna sempre porre la diagnosi differenziale con un disturbo di umore, il quale infatti spesso può essere solo la parte e la conseguenza della demenza, ma ci sono anche molti casi, anche in età avanzata, nei quali il problema principale è il disturbo di umore che "mima" la demenza. Questa seconda ipotesi è senz'altro più ottimista, in questo caso le cure prescritte potrebbero essere anche sufficienti ed indicate da sole.
Ma rispondo alle Sue domande:
<< .. 1) Devo aspettarmi significativi cambiamenti nel suo umore? E nella sua personalità? Ho una grande paura di ritrovarmi di fronte una persona diversa da quella che conosco.>>
- Maggiori e peggiori cambiamenti bisogna invece temere dalla malattia e non da questi farmaci. Questi farmaci, se la diagnosi e la valutazione più scrupolosa dimostreranno che sono indicati, aiuterebbero a ripristinare lo stato più abituale della persona. Ovvero, se usati bene, essi non alterano l'umore, ma contrastano e normalizzano le alterazioni che provengono dalla malattia.
<< .. 2) Questi farmaci causano o possono causare danni al fegato? Andrebbero assunti dopo i pasti? La persona in questione ha in passato preso molti medicinali che glielo hanno danneggiato, vorrei evitarle ulteriori problemi. Inoltre, è proprio necessaria l'assunzione del Depakin alle 20.00 precise?
Qui Lei fa molte domande alle quali deve rispondere lo specialista prescrittore. Non va bene che si prescrive e si accetta la prescrizione di un farmaco senza discutere questi aspetti che Lei solleva.
Per quanto riguarda la tossicità epatica, posso dire che soprattutto il Depakin (cui principio attivo è "l'Acido Valproico") può averla, e sono indicati i periodici controlli della funzionalità epatica. Dipende poi anche dalla dose del farmaco (500 mg è una dose relativamente bassa), ma anche delle condizioni attuali del fegato (è importante sapere quali sono queste ultime, anche nei termini degli esami di laboratorio; senza questo il discorso è piuttosto astratto). Ma questi esami di laboratorio, se li avete fatto, bisogna far vedere non qui, ma allo specialista prescrittore. Spero che lo specialista gli ha visionati o gli ha richiesti e che ha fatto la prescrizione prevedendo anche il monitoraggio di questi esami.
<< .. 3) Questi farmaci possono causare danni neurologici? >>
Non dovrebbero. Tale rischio sarebbe più ragionevole prendere in considerazione in un paziente nell'età evolutiva (infantile), ma non nel vostro caso. Anzi, nella vostra situazione clinica e di età potrebbero avere qualche potenziale neuroprotettivo. La Paroxetina, oltre ad essere un antidepressivo, ha qualche azione antiaggregante (simile all'aspirina), mentre l'Acido Valproico, oltre all'essere uno stabilizzatore di umore, è soprattutto un antiepilettico, e dunque può prevenire i fenomeni di tossicità neuronali legati alla ipereccitazione dei neuroni.
<< .. 4) La sospensione (chiaramente graduale) di questi farmaci cosa comporterebbe? La situazione ritornerebbe uguale a come era prima che la persona in questione iniziasse ad assumerli? >>
Non lo possiamo sapere bene, se non sapiamo ancora di quale malattia si tratta (da quello che Lei scrive, la vostra specialista non ha fatto ancora la diagnosi). In ogni caso, la sospensione dei farmaci (come anche la loro prescrizione) non va decisa autonomamente, ma deve essere sempre concordata con lo specialista curante, il quale prende la decisione anche in base all'andamento e all'evoluzione del quadro clinico.
Se si tratta soprattutto di una demenza, l'impatto di questi farmaci, per quanto non escludo che possa essere positivo su alcune manifestazioni/ sintomi, è comunque limitato, e non arresterebbe la progressione peggiorativa tipica della malattia demenziale, ma può aiutare a superare l'episodio più difficile e mantenere una maggiore qualità soggettiva della vita. Quanto però (sempre nella demenza) tali farmaci siano indispensabili a lungo termine è più discutibile; per mantenere una qualità della vita esistono anche gli altri approcci validi (riabilitativi) non farmacologici. Ma succede che senza una adeguata stabilizzazione di umore e del quadro comportamentale è difficile anche iniziare o mantenere gli altri approcci.
Comunque, come scrivevo all'inizio, nella demenza potrebbero essere inoltre indicate le altre cure farmacologiche, più specifiche nei confronti delle problematiche cognitive, che sono maggiormente in grado di arrestare o rallentare l'ulteriore evoluzione peggiorativa o anche aiutare a ripristinare in qualche parte alcune funzioni cognitive compromesse.
Se invece si trattasse di un disturbo di umore (anche se associato alla demenza, ma che è di origine indipendente), il ruolo di questi farmaci sarebbe più decisivo. Anche in questo caso la loro sospensione va attentamente valutata dallo specialista, perché in alcuni disturbi di umore è ragionevole aspettare di poter fare solo un ciclo di terapia, che permette un compenso duraturo anche dopo la sospensione, mentre negli altri disturbi di umore è necessario mantenere la cura per periodi indeterminati (ovviamente monitorandola periodicamente da parte dello specialista).
Devo notare che, secondo me, Lei non ha ancora abbastanza fiducia nello specialista al quale vi siete rivolti. Bisogna avere più fiducia. Ma porre le domande chiare, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di un deterioramento su base demenziale, organica, sui rispettivi accertamenti e sulle cure specifiche. Anche perché è proprio a causa di questo sospetto e dei rispettivi sintomi, suggestivi della demenza (calo della memoria a breve termine, afasia) che qui serve un neurologo. Se invece il problema principale sospetta fosse un disturbo di umore, non avrei potuto giustificare la scelta di andare dal neurologo (avrebbe servito invece uno psichiatra).
la descrizione dei sintomi che Lei ha dato (compresi i disturbi di memoria a breve termine, afasia) e l'età della paziente suggeriscono la possibile presenza di un disturbo demenziale, del quale "gli sbalzi di umore" potrebbero essere solo una delle manifestazioni, ed il quale, dopo gli opportuni accertamenti e le definizioni diagnostiche avrebbe bisogno delle cure specifiche anti-demenziali, che attualmente non ci sono fra le medicine prescritte. Ma anche nell'ipotesi di un disturbo demenziale le cure atte a stabilizzare l'umore (che attualmente assume) possono essere indicate, perché, senza stabilizzare l'umore, soffre la qualità soggettiva della vita, sono difficili gli approcci riabilitativi, la collaborazione della paziente, ecc. Tuttavia, senza la definizione diagnostica più chiara non posso dire che tali cure attuali sarebbero sufficienti o ottimali. Anzi, è necessaria una attenta valutazione, perché ad esempio i farmaci antidepressivi (come la Paroxetina) nei casi di demenza e nell'età avanzata non sempre agiscono in modo prevedibile e bisogna tenerli d'occhio.
Ma, se la diagnosi deve essere ancora posta, nel caso del sospetto di una demenza bisogna sempre porre la diagnosi differenziale con un disturbo di umore, il quale infatti spesso può essere solo la parte e la conseguenza della demenza, ma ci sono anche molti casi, anche in età avanzata, nei quali il problema principale è il disturbo di umore che "mima" la demenza. Questa seconda ipotesi è senz'altro più ottimista, in questo caso le cure prescritte potrebbero essere anche sufficienti ed indicate da sole.
Ma rispondo alle Sue domande:
<< .. 1) Devo aspettarmi significativi cambiamenti nel suo umore? E nella sua personalità? Ho una grande paura di ritrovarmi di fronte una persona diversa da quella che conosco.>>
- Maggiori e peggiori cambiamenti bisogna invece temere dalla malattia e non da questi farmaci. Questi farmaci, se la diagnosi e la valutazione più scrupolosa dimostreranno che sono indicati, aiuterebbero a ripristinare lo stato più abituale della persona. Ovvero, se usati bene, essi non alterano l'umore, ma contrastano e normalizzano le alterazioni che provengono dalla malattia.
<< .. 2) Questi farmaci causano o possono causare danni al fegato? Andrebbero assunti dopo i pasti? La persona in questione ha in passato preso molti medicinali che glielo hanno danneggiato, vorrei evitarle ulteriori problemi. Inoltre, è proprio necessaria l'assunzione del Depakin alle 20.00 precise?
Qui Lei fa molte domande alle quali deve rispondere lo specialista prescrittore. Non va bene che si prescrive e si accetta la prescrizione di un farmaco senza discutere questi aspetti che Lei solleva.
Per quanto riguarda la tossicità epatica, posso dire che soprattutto il Depakin (cui principio attivo è "l'Acido Valproico") può averla, e sono indicati i periodici controlli della funzionalità epatica. Dipende poi anche dalla dose del farmaco (500 mg è una dose relativamente bassa), ma anche delle condizioni attuali del fegato (è importante sapere quali sono queste ultime, anche nei termini degli esami di laboratorio; senza questo il discorso è piuttosto astratto). Ma questi esami di laboratorio, se li avete fatto, bisogna far vedere non qui, ma allo specialista prescrittore. Spero che lo specialista gli ha visionati o gli ha richiesti e che ha fatto la prescrizione prevedendo anche il monitoraggio di questi esami.
<< .. 3) Questi farmaci possono causare danni neurologici? >>
Non dovrebbero. Tale rischio sarebbe più ragionevole prendere in considerazione in un paziente nell'età evolutiva (infantile), ma non nel vostro caso. Anzi, nella vostra situazione clinica e di età potrebbero avere qualche potenziale neuroprotettivo. La Paroxetina, oltre ad essere un antidepressivo, ha qualche azione antiaggregante (simile all'aspirina), mentre l'Acido Valproico, oltre all'essere uno stabilizzatore di umore, è soprattutto un antiepilettico, e dunque può prevenire i fenomeni di tossicità neuronali legati alla ipereccitazione dei neuroni.
<< .. 4) La sospensione (chiaramente graduale) di questi farmaci cosa comporterebbe? La situazione ritornerebbe uguale a come era prima che la persona in questione iniziasse ad assumerli? >>
Non lo possiamo sapere bene, se non sapiamo ancora di quale malattia si tratta (da quello che Lei scrive, la vostra specialista non ha fatto ancora la diagnosi). In ogni caso, la sospensione dei farmaci (come anche la loro prescrizione) non va decisa autonomamente, ma deve essere sempre concordata con lo specialista curante, il quale prende la decisione anche in base all'andamento e all'evoluzione del quadro clinico.
Se si tratta soprattutto di una demenza, l'impatto di questi farmaci, per quanto non escludo che possa essere positivo su alcune manifestazioni/ sintomi, è comunque limitato, e non arresterebbe la progressione peggiorativa tipica della malattia demenziale, ma può aiutare a superare l'episodio più difficile e mantenere una maggiore qualità soggettiva della vita. Quanto però (sempre nella demenza) tali farmaci siano indispensabili a lungo termine è più discutibile; per mantenere una qualità della vita esistono anche gli altri approcci validi (riabilitativi) non farmacologici. Ma succede che senza una adeguata stabilizzazione di umore e del quadro comportamentale è difficile anche iniziare o mantenere gli altri approcci.
Comunque, come scrivevo all'inizio, nella demenza potrebbero essere inoltre indicate le altre cure farmacologiche, più specifiche nei confronti delle problematiche cognitive, che sono maggiormente in grado di arrestare o rallentare l'ulteriore evoluzione peggiorativa o anche aiutare a ripristinare in qualche parte alcune funzioni cognitive compromesse.
Se invece si trattasse di un disturbo di umore (anche se associato alla demenza, ma che è di origine indipendente), il ruolo di questi farmaci sarebbe più decisivo. Anche in questo caso la loro sospensione va attentamente valutata dallo specialista, perché in alcuni disturbi di umore è ragionevole aspettare di poter fare solo un ciclo di terapia, che permette un compenso duraturo anche dopo la sospensione, mentre negli altri disturbi di umore è necessario mantenere la cura per periodi indeterminati (ovviamente monitorandola periodicamente da parte dello specialista).
Devo notare che, secondo me, Lei non ha ancora abbastanza fiducia nello specialista al quale vi siete rivolti. Bisogna avere più fiducia. Ma porre le domande chiare, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di un deterioramento su base demenziale, organica, sui rispettivi accertamenti e sulle cure specifiche. Anche perché è proprio a causa di questo sospetto e dei rispettivi sintomi, suggestivi della demenza (calo della memoria a breve termine, afasia) che qui serve un neurologo. Se invece il problema principale sospetta fosse un disturbo di umore, non avrei potuto giustificare la scelta di andare dal neurologo (avrebbe servito invece uno psichiatra).
[#4]
Ex utente
Dottore, la ringrazio infinitamente per la sua risposta chiara ed esaustiva. Domani contatterò lo specialista e gli chiederò le motivazioni della terapia prescritta. Mi rattrista dover far assumere psicofarmaci alla suddetta persona, soprattutto ora che è di umore "normale"...ma mi rendo conto che è una fase che probabilmente non durerà ed è mio compito prevenire successive crisi. Se necessario riporterò eventuali aggiornamenti.
Grazie ancora!
P.S.: Secondo Lei, la disfunzione tiroidea può avere avuto un qualche ruolo in questa situazione?
Grazie ancora!
P.S.: Secondo Lei, la disfunzione tiroidea può avere avuto un qualche ruolo in questa situazione?
[#5]
Gentile utente,
ho notato, purtroppo solo ora, le Sue aggiunte al messaggio principali. Da tali aggiunte risulta la presenza dell'ipotiroidismo e della terapia ormonale sostitutiva con l'Eutirox.
In linea generale, le alterazioni di funzionamento della ghiandola tiroidea o/e livelli abnormi degli ormoni tiroidei per altri motivi (ad esempio, sotto- o sovra-dosaggio degli ormoni tiroidei), sono senz'altro da considerare nella valutazione della diagnosi, degli approfondimenti e della terapia.
Gli ormoni tiroidei regolano anche la sfera affettiva, ed, indirettamente, anche la predisposizione a quelle malattie (ad esempio, cardio-vascolari, metaboliche, immunitari) che possono danneggiare il funzionamento del tessuto cerebrale.
Ci sono anche gli effetti più diretti degli ormoni tiroidei sull'emotività e sulla cognizione. Lo stato di ipotiroidismo può compromettere le funzioni cognitive, compresa la memoria, ma anche l'ipertiroidismo in una certa fase può farlo, ed i livelli eccessivi degli ormoni tiroidei possono contribuire all'instabilità di umore e ai sintomi comportamentali.
Il primo accertamento da fare nel contesto della problematica tiroidea è il dosaggio degli ormoni tiroidei, per vedere quale è la loro situazione attuale.
Un altro importante aspetto, che si evince dalle Sue aggiunte, è il carattere graduale dell'instaurarsi delle problematicità:
<<..-i sintomi (afasia, sbalzi di umore) hanno iniziato a manifestarsi all'incirca 5-6 anni fa. Prima di allora è stata sempre perfettamente autosufficiente..>>
<<..-intorno ai suoi 50 anni ha iniziato a storpiare talune parole, lo faceva più frequentemente di quanto non capiti 'normalmente' ma riusciva a correggersi. Ora lo fa di continuo ed ha grosse difficoltà nel pronunciare le parole più comuni correttamente, anche se a volte ci riesce...>>
Questi elementi (il peggioramento graduale nell'arco di più anni) è ancora una volta suggestivo/ tipico di una malattia degenerativa del tessuto cerebrale. Da prendere in considerazione nella valutazione della diagnosi/ degli accertamenti/ e delle cure. L'origine e la natura di tale malattia (ad esempio, se è presente o no anche una componente di lesioni dei vasi cerebrali ?) deve essere accertato, e questo è importante ai fini delle misure di prevenzione dell'ulteriore decadimento.
I disturbi della fasia, ad esempio, per me, sono suggestivi di un probabile danno a carico dei vasi sanguigni in alcune regioni specifiche del cervello.
Possono essere in gioco, come spesso in tali disturbi, più fattori. Anche ormonali, ma anche, appunto, eventualmente, metabolici, cardio-vascolari, cerebro-vascolari. Benché ci sono molti casi di demenza che si sviluppa in modo indipendente da tali fattori (casi puramente degenerativi). I fattori ormonali, metabolici e vascolari (come anche i disturbi di umore !) possono però aggiungersi e aggravare la situazione. Che cosa è venuto prima e che cosa è la conseguenza: questo è da indagare.
La storia delle cefalee nel periodo mestruale potrebbe essere un fenomeno troppo aspecifico per spiegare qualcosa. Sono relativamente comune in un certo periodo della vita della donna. Ma una relazione con le problematiche ormonali o con un disturbo di umore legato al ciclo (non diagnosticato) non lo posso escludere.
Quando Le ho chiesto quali altri medicinali la persona ha assunto in passato, Lei ha risposto che in precedenza ha assunto svariati medicinali ma "per altre motivazioni non correlate a questo problema".
Ecco, queste "altre motivazioni" non è detto che non siano correlate al problema, perché, come ho notato prima, il decadimento delle funzioni cerebrali può essere anche la conseguenza (o ulteriormente peggiorato) in funzione delle malattie negli altri sistemi e negli altri organi del corpo.
ho notato, purtroppo solo ora, le Sue aggiunte al messaggio principali. Da tali aggiunte risulta la presenza dell'ipotiroidismo e della terapia ormonale sostitutiva con l'Eutirox.
In linea generale, le alterazioni di funzionamento della ghiandola tiroidea o/e livelli abnormi degli ormoni tiroidei per altri motivi (ad esempio, sotto- o sovra-dosaggio degli ormoni tiroidei), sono senz'altro da considerare nella valutazione della diagnosi, degli approfondimenti e della terapia.
Gli ormoni tiroidei regolano anche la sfera affettiva, ed, indirettamente, anche la predisposizione a quelle malattie (ad esempio, cardio-vascolari, metaboliche, immunitari) che possono danneggiare il funzionamento del tessuto cerebrale.
Ci sono anche gli effetti più diretti degli ormoni tiroidei sull'emotività e sulla cognizione. Lo stato di ipotiroidismo può compromettere le funzioni cognitive, compresa la memoria, ma anche l'ipertiroidismo in una certa fase può farlo, ed i livelli eccessivi degli ormoni tiroidei possono contribuire all'instabilità di umore e ai sintomi comportamentali.
Il primo accertamento da fare nel contesto della problematica tiroidea è il dosaggio degli ormoni tiroidei, per vedere quale è la loro situazione attuale.
Un altro importante aspetto, che si evince dalle Sue aggiunte, è il carattere graduale dell'instaurarsi delle problematicità:
<<..-i sintomi (afasia, sbalzi di umore) hanno iniziato a manifestarsi all'incirca 5-6 anni fa. Prima di allora è stata sempre perfettamente autosufficiente..>>
<<..-intorno ai suoi 50 anni ha iniziato a storpiare talune parole, lo faceva più frequentemente di quanto non capiti 'normalmente' ma riusciva a correggersi. Ora lo fa di continuo ed ha grosse difficoltà nel pronunciare le parole più comuni correttamente, anche se a volte ci riesce...>>
Questi elementi (il peggioramento graduale nell'arco di più anni) è ancora una volta suggestivo/ tipico di una malattia degenerativa del tessuto cerebrale. Da prendere in considerazione nella valutazione della diagnosi/ degli accertamenti/ e delle cure. L'origine e la natura di tale malattia (ad esempio, se è presente o no anche una componente di lesioni dei vasi cerebrali ?) deve essere accertato, e questo è importante ai fini delle misure di prevenzione dell'ulteriore decadimento.
I disturbi della fasia, ad esempio, per me, sono suggestivi di un probabile danno a carico dei vasi sanguigni in alcune regioni specifiche del cervello.
Possono essere in gioco, come spesso in tali disturbi, più fattori. Anche ormonali, ma anche, appunto, eventualmente, metabolici, cardio-vascolari, cerebro-vascolari. Benché ci sono molti casi di demenza che si sviluppa in modo indipendente da tali fattori (casi puramente degenerativi). I fattori ormonali, metabolici e vascolari (come anche i disturbi di umore !) possono però aggiungersi e aggravare la situazione. Che cosa è venuto prima e che cosa è la conseguenza: questo è da indagare.
La storia delle cefalee nel periodo mestruale potrebbe essere un fenomeno troppo aspecifico per spiegare qualcosa. Sono relativamente comune in un certo periodo della vita della donna. Ma una relazione con le problematiche ormonali o con un disturbo di umore legato al ciclo (non diagnosticato) non lo posso escludere.
Quando Le ho chiesto quali altri medicinali la persona ha assunto in passato, Lei ha risposto che in precedenza ha assunto svariati medicinali ma "per altre motivazioni non correlate a questo problema".
Ecco, queste "altre motivazioni" non è detto che non siano correlate al problema, perché, come ho notato prima, il decadimento delle funzioni cerebrali può essere anche la conseguenza (o ulteriormente peggiorato) in funzione delle malattie negli altri sistemi e negli altri organi del corpo.
[#6]
Ex utente
La ringrazio, di nuovo, per la pazienza e per l'accuratezza delle Sue risposte.
Ieri ho iniziato a somministrare la cura prescritta alla paziente. Mi domandavo una cosa, però: ultimamente ho scoperto che potrebbe non aver assunto con regolarità l'Eutirox, e onestamente ignoro per quanto tempo non l'abbia preso.
Questa scarsa costanza potrebbe aver influito, se non addirittura provocato gli sbalzi d'umore? In tal caso, Lei consiglierebbe lo stesso l'assunzione dei farmaci per il controllo dell'umore prescritti?
Glielo chiedo chiaramente a titolo informativo, so che la mia fonte primaria di informazioni è (o almeno dovrebbe essere) lo specialista, ma essendo ignorante sulla materia vorrei avere almeno un'altra opinione a riguardo.
Ieri ho iniziato a somministrare la cura prescritta alla paziente. Mi domandavo una cosa, però: ultimamente ho scoperto che potrebbe non aver assunto con regolarità l'Eutirox, e onestamente ignoro per quanto tempo non l'abbia preso.
Questa scarsa costanza potrebbe aver influito, se non addirittura provocato gli sbalzi d'umore? In tal caso, Lei consiglierebbe lo stesso l'assunzione dei farmaci per il controllo dell'umore prescritti?
Glielo chiedo chiaramente a titolo informativo, so che la mia fonte primaria di informazioni è (o almeno dovrebbe essere) lo specialista, ma essendo ignorante sulla materia vorrei avere almeno un'altra opinione a riguardo.
[#7]
Ex utente
Aggiungo: mi sono consultata ora con un altro componente della famiglia. La paziente sta assumendo (o dovrebbe assumere) Eutirox da circa 2 anni (ma abbiamo i nostri dubbi sul fatto che lo stia facendo con regolarità), mentre questi comportamenti aggressivi sembrano avere iniziato a manifestarsi da circa 8 mesi, non più di un anno e mezzo comunque.
Secondo Lei questo può avere un qualche significato?
Secondo Lei questo può avere un qualche significato?
[#8]
Gentile utente,
Lei scrive:
<<..ultimamente ho scoperto che potrebbe non aver assunto con regolarità l'Eutirox, e onestamente ignoro per quanto tempo non l'abbia preso. Questa scarsa costanza potrebbe aver influito, se non addirittura provocato gli sbalzi d'umore?..>>
Senz'altro poteva influire, perché gli ormoni tiroidei regolano l'equilibrio anche emotivo. Tuttavia, è importante quali sono i livelli degli ormoni tiroidei (dosabili nel sangue), perché alla fine sono questi che contano:
una persona può non assumere l'ormone, ma per qualche motivo avere i livelli dei propri ormoni non necessaariamente bassi ed insufficienti, ma nei limiti della norma oppure eccessivi rispetto alla norma, e, se fosse così, la reintroduzione dell'assunzione dell'ormone potrebbe non essere indicata;
oppure, se stava proseguendo ad assumere l'ormone (anche se saltuariamente, irregolarmente), i livelli risultanti degli ormoni tiroidei nell'organismo potevano essere (sia in funzione della dose, sia in funzione della funzione della tiroide e del metabolismo) o ancora insufficienti, o normali, o anche eccessivi. Questa ultima eventualità è possibile anche nel caso dell'assunzione irregolare. Mi spiego meglio: è ovvio che l'Eutirox è un farmaco che va assunto con la regolarità secondo uno schema prescritto dall'endocrinologo, ma si tratta di una sostanza che ha una "vita" lunga nell'organismo (di più giorni) prima che sia metabolizzata, e, anche con l'assunzione irregolare può rimanere nell'organismo in una certa concentrazione, benché tali concentrazioni saranno fluttuanti, instabili.
Dunque, prima di tutto bisogna dosare le concentrazioni effettive degli ormoni tiroidei nell'organismo. E per l'eventuale ripresa della terapia con l'Eutirox consultare l'endocrinologo, il quale deciderebbe sia in base ai risultati di tali dosaggi, sia in base alla visita e ad altre sue valutazioni.
Nella decisione che riguarda la ripresa della terapia con l'Eutirox va compartecipato o, ne deve essere almeno avvisato, anche il neurologo che vi segue, perché l'Eutirox è un farmaco che influisce sull'umore e sul comportamento, tendenzialmente nella direzione di maggiore efficienza cognitiva, ma anche di maggiore attivazione e di potenzialmente maggiore instabilità di umore, e l'associazione con un farmaco antidepressivo (Paroxetina), anche esso potenzialmente attivante (benché anche con qualche azione ansiolitica) deve essere valutata con cautela.
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E' sicuramente importante prestare l'attenzione all'aspetto tiroideo (ad esempio, i livelli eccessivi o fluttuanti, instabili possono causare o contribuire all'insbailità emotiva), ma vi invito di vedere la situazione nel suo insieme. E, vista nel suo insieme, molto probabilmente le problematiche di fondo non si limitano solo al disturbo della tiroide o solo all'irregolarità di assunzione del farmaco, ma, come già scrivevo, c'è da valutare attentamente l'ipotesi di un disturbo cerebrale organico.
Lei scrive:
<<..ultimamente ho scoperto che potrebbe non aver assunto con regolarità l'Eutirox, e onestamente ignoro per quanto tempo non l'abbia preso. Questa scarsa costanza potrebbe aver influito, se non addirittura provocato gli sbalzi d'umore?..>>
Senz'altro poteva influire, perché gli ormoni tiroidei regolano l'equilibrio anche emotivo. Tuttavia, è importante quali sono i livelli degli ormoni tiroidei (dosabili nel sangue), perché alla fine sono questi che contano:
una persona può non assumere l'ormone, ma per qualche motivo avere i livelli dei propri ormoni non necessaariamente bassi ed insufficienti, ma nei limiti della norma oppure eccessivi rispetto alla norma, e, se fosse così, la reintroduzione dell'assunzione dell'ormone potrebbe non essere indicata;
oppure, se stava proseguendo ad assumere l'ormone (anche se saltuariamente, irregolarmente), i livelli risultanti degli ormoni tiroidei nell'organismo potevano essere (sia in funzione della dose, sia in funzione della funzione della tiroide e del metabolismo) o ancora insufficienti, o normali, o anche eccessivi. Questa ultima eventualità è possibile anche nel caso dell'assunzione irregolare. Mi spiego meglio: è ovvio che l'Eutirox è un farmaco che va assunto con la regolarità secondo uno schema prescritto dall'endocrinologo, ma si tratta di una sostanza che ha una "vita" lunga nell'organismo (di più giorni) prima che sia metabolizzata, e, anche con l'assunzione irregolare può rimanere nell'organismo in una certa concentrazione, benché tali concentrazioni saranno fluttuanti, instabili.
Dunque, prima di tutto bisogna dosare le concentrazioni effettive degli ormoni tiroidei nell'organismo. E per l'eventuale ripresa della terapia con l'Eutirox consultare l'endocrinologo, il quale deciderebbe sia in base ai risultati di tali dosaggi, sia in base alla visita e ad altre sue valutazioni.
Nella decisione che riguarda la ripresa della terapia con l'Eutirox va compartecipato o, ne deve essere almeno avvisato, anche il neurologo che vi segue, perché l'Eutirox è un farmaco che influisce sull'umore e sul comportamento, tendenzialmente nella direzione di maggiore efficienza cognitiva, ma anche di maggiore attivazione e di potenzialmente maggiore instabilità di umore, e l'associazione con un farmaco antidepressivo (Paroxetina), anche esso potenzialmente attivante (benché anche con qualche azione ansiolitica) deve essere valutata con cautela.
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E' sicuramente importante prestare l'attenzione all'aspetto tiroideo (ad esempio, i livelli eccessivi o fluttuanti, instabili possono causare o contribuire all'insbailità emotiva), ma vi invito di vedere la situazione nel suo insieme. E, vista nel suo insieme, molto probabilmente le problematiche di fondo non si limitano solo al disturbo della tiroide o solo all'irregolarità di assunzione del farmaco, ma, come già scrivevo, c'è da valutare attentamente l'ipotesi di un disturbo cerebrale organico.
[#9]
Ex utente
Buongiorno dottore. Innanzitutto le scrivo per ringraziarla di tutte le utilissime risposte fornitemi.
La diagnosi è stata, alla fine, demenza. La paziente ha seguito scrupolosamente le indicazioni terapeutiche, che prevedevano l'assunzione di paroxetina 20mg alla mattina e Depakin Chrono 500mg la sera, poi ridotto a mezza pillola poichè causava eccessiva sonnolenza. Da lì in poi il suo comportamento è stato assolutamente normale e pacato per svariate settimane.
Qualche settimana fa la paziente ha ripresentato esattamente gli stessi sintomi che accusava prima dell'inizio della terapia, ovvero rabbia e reazioni aggressive in seguito all'auto-convinzione che qualcuno le avesse sottratto del denaro. L'unica spiegazione che riesco a darmi è che proprio quella mattina siamo passati da Paroxetina Ratioharm a Paroxetina di altra marca (con le stesse identiche caratteristiche). Consultato lo specialista siamo tornati alla pillola intera di Depakin e da allora tutto sembra essersi sistemato.
Ieri la paziente ha accusato dolori (non ho capito bene se allo stomaco o al fegato) e contattato il neurologo ci è stato detto in maniera sbrigativa di continuare con la terapia e che forse sarebbero stati prescritti esami del sangue...cosa che mi lascia un po' perplessa.
Un membro della famiglia ha suggerito di interrompere di punto in bianco la terapia, cosa che voglio ASSOLUTAMENTE evitare perchè nonostante non abbia conoscenze in materia posso intuire che sia una cosa estremamente rischiosa oltre che controproducente e dannosa per la paziente (che penso avrebbe qualcosa di molto simile ad una crisi di astinenza).
La mia domanda è: Paroxetina e/o Depakin possono causare danni al fegato e/o stomaco? Il fegato della paziente è comunque danneggiato a causa di medicinali che le erano stati prescritti uno o due decenni fa.
Posso eventualmente dimezzare le dosi di Paroxetina e/o Depakin?
La diagnosi è stata, alla fine, demenza. La paziente ha seguito scrupolosamente le indicazioni terapeutiche, che prevedevano l'assunzione di paroxetina 20mg alla mattina e Depakin Chrono 500mg la sera, poi ridotto a mezza pillola poichè causava eccessiva sonnolenza. Da lì in poi il suo comportamento è stato assolutamente normale e pacato per svariate settimane.
Qualche settimana fa la paziente ha ripresentato esattamente gli stessi sintomi che accusava prima dell'inizio della terapia, ovvero rabbia e reazioni aggressive in seguito all'auto-convinzione che qualcuno le avesse sottratto del denaro. L'unica spiegazione che riesco a darmi è che proprio quella mattina siamo passati da Paroxetina Ratioharm a Paroxetina di altra marca (con le stesse identiche caratteristiche). Consultato lo specialista siamo tornati alla pillola intera di Depakin e da allora tutto sembra essersi sistemato.
Ieri la paziente ha accusato dolori (non ho capito bene se allo stomaco o al fegato) e contattato il neurologo ci è stato detto in maniera sbrigativa di continuare con la terapia e che forse sarebbero stati prescritti esami del sangue...cosa che mi lascia un po' perplessa.
Un membro della famiglia ha suggerito di interrompere di punto in bianco la terapia, cosa che voglio ASSOLUTAMENTE evitare perchè nonostante non abbia conoscenze in materia posso intuire che sia una cosa estremamente rischiosa oltre che controproducente e dannosa per la paziente (che penso avrebbe qualcosa di molto simile ad una crisi di astinenza).
La mia domanda è: Paroxetina e/o Depakin possono causare danni al fegato e/o stomaco? Il fegato della paziente è comunque danneggiato a causa di medicinali che le erano stati prescritti uno o due decenni fa.
Posso eventualmente dimezzare le dosi di Paroxetina e/o Depakin?
[#10]
Gentile utente,
se una persona accusa i dolori al ventre, la situazione va affrontata diversamente.
In primo luogo, bisogna chiedere che un medico visiti la persona, che faccia una visita medica tradizionale. Senza questa non si deve cercare ad indovinare se è lo stomaco o il fegato. La localizzazione del dolore non sempre corrisponde a quel organo che si pensa che si trova dietro. Dunque, senza una visita medica non bisogna presumere a priori né l'organo colpito (stmaco o fegato), né le cause (farmaci o altro). Inoltre, perché pensare subito ai farmaci come alla prima causa del malessere ? I farmaci possono avere gli effetti collaterali, è vero, ma di un dolore alla pancia possono essere tante cause, soprattutto in una persona anziana.
Per cui, a parte il neurologo, sarebbe il caso consultare il medico di base e chiedere a lui di visitare la paziente dal vivo.
Lei chiede:
1) Posso eventualmente dimezzare le dosi di Paroxetina e/o Depakin ?
- Non dovete fare alcuna variazione della farmacoterapia senza consultare lo specialista che ha in cura la paziente, mentre il chiedere via internet nel contesto di questa discussione "l'autorizzazione" per la variazione della farmacoterapia è una cosa sbagliata: lo specialista che può prescrive i cambiamenti della terapia deve essere quello che visita periodicamente la persona.
2) Paroxetina e/o Depakin possono causare danni al fegato e/o stomaco ?
- Entrambi i farmaci possono dare luogo agli effetti collaterali a livello del fegato, ma soprattutto a livello metabolico dei parametri di funzionamento misurabili con gli esami del sangue senza tradursi necessariamente e subito nei sintomi soggettivi. Per cui il vostro neurologo ha ragione nel consigliare gli esami del sangue (deve comunque specificare: quali esami).
- La Paroxetina frequentemente può dare luogo agli effetti collaterali a livello dell'apparato digerente (stomaco, intestino), ma solitamente durante i primi tempi di assunzione. Se compaiono dopo un periodo di buona tlleranza del farmaco, difficilmente sono da attribuire al farmaco. Non posso però escludere che la nuova formulazione della Paroxetina (di un'altra ditta) sia tollerata meno bene: talvolta questo capita (a causa delle differenze anche negli eccepienti). Conviene assumere il farmaco sempre dallo stesso produttore.
3) La diagnosi è stata, alla fine, demenza.
- Proprio questo aspetto mi sembra che sia poco indagato. La cura non corrisponde alla diagnosi di demenza. Inoltre, non è chiaro: di che tipo di demenza si tratta.
un saluto
se una persona accusa i dolori al ventre, la situazione va affrontata diversamente.
In primo luogo, bisogna chiedere che un medico visiti la persona, che faccia una visita medica tradizionale. Senza questa non si deve cercare ad indovinare se è lo stomaco o il fegato. La localizzazione del dolore non sempre corrisponde a quel organo che si pensa che si trova dietro. Dunque, senza una visita medica non bisogna presumere a priori né l'organo colpito (stmaco o fegato), né le cause (farmaci o altro). Inoltre, perché pensare subito ai farmaci come alla prima causa del malessere ? I farmaci possono avere gli effetti collaterali, è vero, ma di un dolore alla pancia possono essere tante cause, soprattutto in una persona anziana.
Per cui, a parte il neurologo, sarebbe il caso consultare il medico di base e chiedere a lui di visitare la paziente dal vivo.
Lei chiede:
1) Posso eventualmente dimezzare le dosi di Paroxetina e/o Depakin ?
- Non dovete fare alcuna variazione della farmacoterapia senza consultare lo specialista che ha in cura la paziente, mentre il chiedere via internet nel contesto di questa discussione "l'autorizzazione" per la variazione della farmacoterapia è una cosa sbagliata: lo specialista che può prescrive i cambiamenti della terapia deve essere quello che visita periodicamente la persona.
2) Paroxetina e/o Depakin possono causare danni al fegato e/o stomaco ?
- Entrambi i farmaci possono dare luogo agli effetti collaterali a livello del fegato, ma soprattutto a livello metabolico dei parametri di funzionamento misurabili con gli esami del sangue senza tradursi necessariamente e subito nei sintomi soggettivi. Per cui il vostro neurologo ha ragione nel consigliare gli esami del sangue (deve comunque specificare: quali esami).
- La Paroxetina frequentemente può dare luogo agli effetti collaterali a livello dell'apparato digerente (stomaco, intestino), ma solitamente durante i primi tempi di assunzione. Se compaiono dopo un periodo di buona tlleranza del farmaco, difficilmente sono da attribuire al farmaco. Non posso però escludere che la nuova formulazione della Paroxetina (di un'altra ditta) sia tollerata meno bene: talvolta questo capita (a causa delle differenze anche negli eccepienti). Conviene assumere il farmaco sempre dallo stesso produttore.
3) La diagnosi è stata, alla fine, demenza.
- Proprio questo aspetto mi sembra che sia poco indagato. La cura non corrisponde alla diagnosi di demenza. Inoltre, non è chiaro: di che tipo di demenza si tratta.
un saluto
[#12]
Ex utente
Gentile dottore, l'aggiorno sulla situazione:
Lo specialista sospettava una demenza fronto-temporale. Effettuati gli esami del liquor, ha sganciato "la bomba": Alzehimer precoce, diagnosi di cui sembrava assolutamente certo dopo aver visto "alterazioni di particolari tipi di proteine tipici di chi ha questa malattia".
Molte cose, però, non mi quadrano. In primis, egli stesso aveva escluso tale diagnosi dopo aver valutato lo stile di vita della paziente, che riesce a cucinare, vestirsi, innaffia le piante, registra e immagazzina nuovi volti e situazioni.
In secondo luogo, molti sintomi sono stati completamente ignorati, a partire dalle forte e prolungate fitte che la paziente accusa all'altezza della tempia sinistra.
Ora ha richiesto altre analisi (del sangue credo) per la verifica di eventuali patologie legate all'ipotiroidismo (ad esempio l'encefalite di Hashimoto), e per questo ha prescritto una terapia di cortisone (prima ad iniezioni giornaliere ora in pillole).
Ciò che mi sembra paradossale è che la paziente ha mostrato netti miglioramenti quando stimolata dai parenti con esercizi di vario genere (farle ricordare nomi di oggetti comuni, prove per incentivare la creatività), riusciva a pronunciare frasi di senso compiuto e la sua cognizione temporale era marcatamente più accurata. Questo prima di iniziare la terapia col cortisone.
Interrotti gli esercizi per motivi vari e continuando semplicemente con le pillole (20mg di Pariet, 50mg di Deltacortene, Paroxetina e Depakin -oltre all'Eutirox-) c'è stato invece un visibile declino.
In buona sostanza, mi chiedo, c'è davvero bisogno che assuma 5 diversi medicinali al giorno, per un totale di 6 pillole?
La ringrazio immensamente per la sua pazienza nel rispondermi, se pongo così tante domande è perchè sto cercando disperatamente di capire.
Lo specialista sospettava una demenza fronto-temporale. Effettuati gli esami del liquor, ha sganciato "la bomba": Alzehimer precoce, diagnosi di cui sembrava assolutamente certo dopo aver visto "alterazioni di particolari tipi di proteine tipici di chi ha questa malattia".
Molte cose, però, non mi quadrano. In primis, egli stesso aveva escluso tale diagnosi dopo aver valutato lo stile di vita della paziente, che riesce a cucinare, vestirsi, innaffia le piante, registra e immagazzina nuovi volti e situazioni.
In secondo luogo, molti sintomi sono stati completamente ignorati, a partire dalle forte e prolungate fitte che la paziente accusa all'altezza della tempia sinistra.
Ora ha richiesto altre analisi (del sangue credo) per la verifica di eventuali patologie legate all'ipotiroidismo (ad esempio l'encefalite di Hashimoto), e per questo ha prescritto una terapia di cortisone (prima ad iniezioni giornaliere ora in pillole).
Ciò che mi sembra paradossale è che la paziente ha mostrato netti miglioramenti quando stimolata dai parenti con esercizi di vario genere (farle ricordare nomi di oggetti comuni, prove per incentivare la creatività), riusciva a pronunciare frasi di senso compiuto e la sua cognizione temporale era marcatamente più accurata. Questo prima di iniziare la terapia col cortisone.
Interrotti gli esercizi per motivi vari e continuando semplicemente con le pillole (20mg di Pariet, 50mg di Deltacortene, Paroxetina e Depakin -oltre all'Eutirox-) c'è stato invece un visibile declino.
In buona sostanza, mi chiedo, c'è davvero bisogno che assuma 5 diversi medicinali al giorno, per un totale di 6 pillole?
La ringrazio immensamente per la sua pazienza nel rispondermi, se pongo così tante domande è perchè sto cercando disperatamente di capire.
Questo consulto ha ricevuto 12 risposte e 14.7k visite dal 05/01/2013.
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