Alcool e alprazolam
Da 9 mesi per dap e ansia assumo cipralex (16 gt al mattino) e alprazolam ora solo la sera (10 gt).Volevo chiedere: di solito quando ceno la sera bevo 2 o 3 bicchieri di vino.Dopo quanto tempo posso assumere alprazolam prima di andare a dormire? io di solito lo assumo a mezzanotte. da dire che con lo psichiatra non mi sento da mesi, lui mi aveva consigliato uno scalaggio dello xanax differente, ma siccome non riesco a dormire perchè sto attraversando un momento di stress, lo xanax mi aiuta a prender sonno
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Sì, secondo me, è importante contattarlo (ed incontrarlo).
Sia l'alcool che l'alprazolam sono le sostanze alle quali dopo un uso abituale prolungato, se si mantengono le stesse dosi (di uno e dell'altro), in una certa fase si sviluppa la tolleranza, compresa la tolleranza ai fenomeni di interazione. Invece quando si aumentano le dosi oppure nella fase nella quale il fegato inizia a patire l'azione tossica di uno o dell'altro di questi due farmaci, loro metabolismo ed il metabolismo di molti altri farmaci può essere più lento, e bisogna tenerne conto. Questa fase può arrivare anche in un modo inavvertito, cioè proprio il primo suo segno può essere l'effetto eccessivo o più prolungato del solito di un farmaco. Perciò, se Lei assume una certa farmacoterapia e se assume quotidianamente l'alcool, per cercare di rispondere con una maggiore obbiettività alla Sua domanda, potrebbe servire anche un controllo dei parametri del funzionamento del fegato. Può parlarne con il Suo specialista. L'entità di tale rallentamento non è comunque universale, ma, se una minima alterazione del funzionamento del fegato c'è, bisogna avere cautela, e ancora meglio sarebbe ridurre l'uso di alcool.
Lei scrive dello stress attuale come di qualcosa che non centra con la malattia e del vino come di una semplice abitudine... Tuttavia, secondo me, come specialista, sbaglia. Perché questo stress ha interferito con il programma di modifica della cura, perché Lei fa ricorso al farmaco per risolvere un problema (insonnia) legato a questo stress e perché agli effetti di alcool si sviluppa una certa abitudine che ha i confini sfumati con una dipendenza, e perché anche l'alcool può avere un effetto ansiolitico o/e coadiuvare l'effetto ipnoinducente: ad esempio, se io Le propongo di ridurre da tre bicchieri di vino a cena a due o ad uno, oppure di prolungare il periodo di tempo fra l'assunzione di alcool e di alprazolam, non sono sicurissimo che Lei stia ottimalmente dal punto di vista psicologico e che riesca a dormire la notte.
Dunque, Le consiglio di lassciare le cose come sono fino alla visita dal Suo specialista (bene, se la fa in qesti giorni). Ma non lasciare le cose andare (così come sono) a lungo, e parlarne con il Suo specialista.
un saluto
Sia l'alcool che l'alprazolam sono le sostanze alle quali dopo un uso abituale prolungato, se si mantengono le stesse dosi (di uno e dell'altro), in una certa fase si sviluppa la tolleranza, compresa la tolleranza ai fenomeni di interazione. Invece quando si aumentano le dosi oppure nella fase nella quale il fegato inizia a patire l'azione tossica di uno o dell'altro di questi due farmaci, loro metabolismo ed il metabolismo di molti altri farmaci può essere più lento, e bisogna tenerne conto. Questa fase può arrivare anche in un modo inavvertito, cioè proprio il primo suo segno può essere l'effetto eccessivo o più prolungato del solito di un farmaco. Perciò, se Lei assume una certa farmacoterapia e se assume quotidianamente l'alcool, per cercare di rispondere con una maggiore obbiettività alla Sua domanda, potrebbe servire anche un controllo dei parametri del funzionamento del fegato. Può parlarne con il Suo specialista. L'entità di tale rallentamento non è comunque universale, ma, se una minima alterazione del funzionamento del fegato c'è, bisogna avere cautela, e ancora meglio sarebbe ridurre l'uso di alcool.
Lei scrive dello stress attuale come di qualcosa che non centra con la malattia e del vino come di una semplice abitudine... Tuttavia, secondo me, come specialista, sbaglia. Perché questo stress ha interferito con il programma di modifica della cura, perché Lei fa ricorso al farmaco per risolvere un problema (insonnia) legato a questo stress e perché agli effetti di alcool si sviluppa una certa abitudine che ha i confini sfumati con una dipendenza, e perché anche l'alcool può avere un effetto ansiolitico o/e coadiuvare l'effetto ipnoinducente: ad esempio, se io Le propongo di ridurre da tre bicchieri di vino a cena a due o ad uno, oppure di prolungare il periodo di tempo fra l'assunzione di alcool e di alprazolam, non sono sicurissimo che Lei stia ottimalmente dal punto di vista psicologico e che riesca a dormire la notte.
Dunque, Le consiglio di lassciare le cose come sono fino alla visita dal Suo specialista (bene, se la fa in qesti giorni). Ma non lasciare le cose andare (così come sono) a lungo, e parlarne con il Suo specialista.
un saluto
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Ex utente
La ringrazio per la risposta, seguirò i suoi consigli, grazie ancora.Un ultima cosa, io sono anche un fumatore (15 sigarette al giorno), anche questo influisce sulla terapia che sto seguendo e può avere effetti tossici sul fegato? Inoltre l'alprazolam da solo, a lungo andare a queste dosi, senza l'uso di alcool ha comunque un'epatossicità? E il cipralex? Ho inteso bene la sua risposta, le mie domande sono solo un chiarimento in attesa di vedere lo psichiatra.Grazie
[#5]
Gentile utente,
l'alprazolam da solo è comunque epatotossico se assunto per tempi protratti. Con una dose che assume Lei questa tossicità può essere minima, ma c'è comunque. A questa dose prevale, secondo me, la problematicità della dipendenza dal farmaco che può cronicizzare la stessa insonnia. Il Cipralex è meno epatotossico. In generale, gli antidepressivi SSRI (ai quali appartiene) sono molto meno epatotossici rispetto alla benzodiazepine (alle quali appartiene l'Alprazolam), e fra gli SSRI il Cipralex è considerato il farmaco più innocuo dal punto di vista degli effetti sul fegato e dal punto di vista degli effetti collaterali metabolici in generale. Ma anche in questo caso, i periodici controlli delle funzioni del fegato non sarebbero superflui.
il fumo delle sigarette non ha effetti tossici abbastanza rilevanti sul fegato, ma è tossico soprattutto a livello delle vie respiratorie. Se Lei mi chiede però dell'influenza del fumo delle sigarette sulla terapia che assume, la risposta è "sì", ma la spiegazione sarebbe lunga, e quello che scriverò sono solo degli accenni.
Il fumo delle sigarette, come l'alcool, può influire anche questo sulla terapia, con le modalità in parte analoghe, ma in gran parte diverse.
Ad esempio, l'alcool è considerato una sostanza soprattutto sedativa, ma in realtà, fino a certe quantità dosaggi può avere un'azione disinibente (conta anche il grado di assuefazione). La nicotina è invece considerata una sostanza stimolante, ma in realtà anche essa può avere effetti sia attivanti e "mobilizzanti", sia, ad esempio, più rilassanti, talvolta anche coadiuvanti il sonno. Anche qui molto dipende dalla concentrazione della sostanza, dalla quantità delle sigarette, ma ancora di più - dall'abitudine svilupata e dall'intervallo fra le assunzioni (!).
Nel caso di entrambe le sostanze, in seguito all'assunzione di una singola dose, queste possono interagire con gli altri farmaci, coadiuvandoli o contrastandoli. Sono comunque gli effetti a breve termine, e non vanno confuse, nel caso della disinibizione o la mobilizzazione che possono dare, con l'azione antidepressiva.
Mentre per l'alcool, oltre al livello recettoriale, anche il metabolismo epatico è il luogo nel quale si determinano le interazioni importanti con gli altri farmaci, posso dire che invece con la nicotina i cambiamenti più rilevanti per l'interazione con altri farmaci avvengono soprattutto a livello dei recettori neuronali. E con la nicotina questi ultimi fenomeni (di adattamento neuronale) si sviluppano molto più velocemente rispetto all'alcool. Anche perché la nicotina ha una durata d'azione più breve rispetto all'alcool, e perché il sistema (dell'Acetilcolina) sul quale in gran parte la nicotina agisce è peculiare (regola molte funzioni che richiedono un'alto livello di esattezza e di coordinazione a livello motorio e cognitivo, e deve "adattarsi" ogni frazione di secondo). Si tratta di adattamento dei recettori alla nicotina che ne diventano meno sensibili (più "pigri") anche a causa del meccanismo a feed-back negativo, che tende fisiologicamente a limitare l'effetto eccessivo di una sostanza, mantenendo l'equilibrio. Questo equilibrio si ottiene in ragione di una certa dose di nicotina abituale. Ma siccome l'effetto della nicotina è molto breve, la persona fumatrice abitudinale si trova nello stato di una "relativa carenza di nicotina" finché non assume la prossima sigaretta. Questo stato di "relativa carenza" significa che i recettori sono sottostimolati (sono "più pigri", perché loro soglia di stimolazione ora è più alta), e questo può determinare una minore sensibilità o tolleranza anche agli effetti di alcuni altri farmaci che hanno le vie d'azione o gli effetti in comune (non solo stimolanti, ma anche alcuni sedativi), mentre dall'altra parte si assiste allo stato di base caratterizzato da, pur non sempre percepibili, sintomi di astinenza da nicotina (una certa irritabilità, una minore efficienza, ecc.), che talvolta possono anche "mimare" una modificazione di carattere o un disturbo d'ansia.
Forse questi fenomeni possono essere una delle possibili spiegazioni dei casi di dipendenza da sostanze associata ai disturbi d'ansia o di depressione, nei quali l'effetto antidepressivo dei farmaci antidepressivi non riesce ad essere pienamente soddisfacente.
Anche lalcool, dopo l'uso prolungato e nel caso di dipendenza può indurre un fenomeno di "stato di base di una carenza relativa" con le ripercussioni secondo uno schema simile, caratterizzati però dalle modificazioni diverse dei neuroni, che vengono compromessi in maniera diversa (si può parlare di una vera e propria tossicità dell'alcool per i neuroni), principali effetti crociati con sostanze sedative e non quelle stimolanti, e gli effetti di astinenza subdole o palese caratteristici di alcool e non di nicotina, e un maggior tempo (rispetto alla nicotina) necessario perché tutto ciò diventa palese.
l'alprazolam da solo è comunque epatotossico se assunto per tempi protratti. Con una dose che assume Lei questa tossicità può essere minima, ma c'è comunque. A questa dose prevale, secondo me, la problematicità della dipendenza dal farmaco che può cronicizzare la stessa insonnia. Il Cipralex è meno epatotossico. In generale, gli antidepressivi SSRI (ai quali appartiene) sono molto meno epatotossici rispetto alla benzodiazepine (alle quali appartiene l'Alprazolam), e fra gli SSRI il Cipralex è considerato il farmaco più innocuo dal punto di vista degli effetti sul fegato e dal punto di vista degli effetti collaterali metabolici in generale. Ma anche in questo caso, i periodici controlli delle funzioni del fegato non sarebbero superflui.
il fumo delle sigarette non ha effetti tossici abbastanza rilevanti sul fegato, ma è tossico soprattutto a livello delle vie respiratorie. Se Lei mi chiede però dell'influenza del fumo delle sigarette sulla terapia che assume, la risposta è "sì", ma la spiegazione sarebbe lunga, e quello che scriverò sono solo degli accenni.
Il fumo delle sigarette, come l'alcool, può influire anche questo sulla terapia, con le modalità in parte analoghe, ma in gran parte diverse.
Ad esempio, l'alcool è considerato una sostanza soprattutto sedativa, ma in realtà, fino a certe quantità dosaggi può avere un'azione disinibente (conta anche il grado di assuefazione). La nicotina è invece considerata una sostanza stimolante, ma in realtà anche essa può avere effetti sia attivanti e "mobilizzanti", sia, ad esempio, più rilassanti, talvolta anche coadiuvanti il sonno. Anche qui molto dipende dalla concentrazione della sostanza, dalla quantità delle sigarette, ma ancora di più - dall'abitudine svilupata e dall'intervallo fra le assunzioni (!).
Nel caso di entrambe le sostanze, in seguito all'assunzione di una singola dose, queste possono interagire con gli altri farmaci, coadiuvandoli o contrastandoli. Sono comunque gli effetti a breve termine, e non vanno confuse, nel caso della disinibizione o la mobilizzazione che possono dare, con l'azione antidepressiva.
Mentre per l'alcool, oltre al livello recettoriale, anche il metabolismo epatico è il luogo nel quale si determinano le interazioni importanti con gli altri farmaci, posso dire che invece con la nicotina i cambiamenti più rilevanti per l'interazione con altri farmaci avvengono soprattutto a livello dei recettori neuronali. E con la nicotina questi ultimi fenomeni (di adattamento neuronale) si sviluppano molto più velocemente rispetto all'alcool. Anche perché la nicotina ha una durata d'azione più breve rispetto all'alcool, e perché il sistema (dell'Acetilcolina) sul quale in gran parte la nicotina agisce è peculiare (regola molte funzioni che richiedono un'alto livello di esattezza e di coordinazione a livello motorio e cognitivo, e deve "adattarsi" ogni frazione di secondo). Si tratta di adattamento dei recettori alla nicotina che ne diventano meno sensibili (più "pigri") anche a causa del meccanismo a feed-back negativo, che tende fisiologicamente a limitare l'effetto eccessivo di una sostanza, mantenendo l'equilibrio. Questo equilibrio si ottiene in ragione di una certa dose di nicotina abituale. Ma siccome l'effetto della nicotina è molto breve, la persona fumatrice abitudinale si trova nello stato di una "relativa carenza di nicotina" finché non assume la prossima sigaretta. Questo stato di "relativa carenza" significa che i recettori sono sottostimolati (sono "più pigri", perché loro soglia di stimolazione ora è più alta), e questo può determinare una minore sensibilità o tolleranza anche agli effetti di alcuni altri farmaci che hanno le vie d'azione o gli effetti in comune (non solo stimolanti, ma anche alcuni sedativi), mentre dall'altra parte si assiste allo stato di base caratterizzato da, pur non sempre percepibili, sintomi di astinenza da nicotina (una certa irritabilità, una minore efficienza, ecc.), che talvolta possono anche "mimare" una modificazione di carattere o un disturbo d'ansia.
Forse questi fenomeni possono essere una delle possibili spiegazioni dei casi di dipendenza da sostanze associata ai disturbi d'ansia o di depressione, nei quali l'effetto antidepressivo dei farmaci antidepressivi non riesce ad essere pienamente soddisfacente.
Anche lalcool, dopo l'uso prolungato e nel caso di dipendenza può indurre un fenomeno di "stato di base di una carenza relativa" con le ripercussioni secondo uno schema simile, caratterizzati però dalle modificazioni diverse dei neuroni, che vengono compromessi in maniera diversa (si può parlare di una vera e propria tossicità dell'alcool per i neuroni), principali effetti crociati con sostanze sedative e non quelle stimolanti, e gli effetti di astinenza subdole o palese caratteristici di alcool e non di nicotina, e un maggior tempo (rispetto alla nicotina) necessario perché tutto ciò diventa palese.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 34.8k visite dal 05/01/2013.
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